THE CATHOLIC QUESTION
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
LA FUGA DI NOTIZIE DALLA SANTA SEDE
«Vaticanleaks» , è il maggiordomo del Papa
il corvo che ha fatto uscire dal Vaticano le carte
Il responsabile della Sala Stampa: «La Gendarmeria ha individuato una persona con carte riservate, fermato»
MILANO - È il maggiordomo del Papa il "corvo" che ha fatto uscire dal Vaticano le carte segrete. Si tratta, secondo l'Ansa, di Paolo Gabriele, aiutante di camera della famiglia pontificia, in sostanza il cameriere del Pontefice. Questa mattina Gabriele sarebbe stato ascoltato in un interrogatorio dal promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. Le autorità vaticane avevano dato notizia, in mattinata, del fermo di una persona «in possesso illecito di documenti riservati». Almeno così aveva riferito il responsabile della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, senza però rivelare il nome del "corvo".
IL MAGGIORDOMO - Ma anche se dal Vaticano non arrivano ancora conferme, la persona tratta in arresto sarebbe proprio Gabriele, che nell'Annuario Pontificio figura con la qualifica di «aiutante di camera» del Papa tra i «familiari» di Sua Santità. Fa parte del ristretto gruppo di persone ammesse all'interno della cosiddetta «famiglia pontificia». Una selezionatissima cerchia di persone che lavorano a contatto con Benedetto XVI, uno staff di collaboratori in cui figurano anche quattro laiche, coordinate da una suora tedesca. Gabriele, conosciuto come Paoletto in ambienti vaticani, sarebbe uno dei pochi laici ammessi all'interno delle stanze degli appartamenti papali.
IL LIBRO DI NUZZI - «L'attività di indagine avviata dalla Gendarmeria secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia - aveva annunciato in mattinata Padre Lombardi - ha permesso di individuare una persona in possesso illecito di documenti riservati». «Questa persona si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti», ha aggiunto. Nei giorni scorsi il Vaticano aveva definito «atto criminoso» la pubblicazione di documenti riservati e di lettere private al Papa in un libro del giornalista Gianluigi Nuzzi.
GOTTI TEDESCHI - Si tratta solo dell'ultimo capitolo dello scontro interno al Vaticano degli ultimi giorni: giovedì la discussa sfiducia al presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Il banchiere guidava l'Istituto per le opere di religione - la cosiddetta banca vaticana - dal 2009, un periodo relativamente breve ma denso di avvenimenti e tensioni.
Redazione Online
25 maggio 2012 | 15:50
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere.it
«Vaticanleaks» , è il maggiordomo del Papa
il corvo che ha fatto uscire dal Vaticano le carte
Il responsabile della Sala Stampa: «La Gendarmeria ha individuato una persona con carte riservate, fermato»
MILANO - È il maggiordomo del Papa il "corvo" che ha fatto uscire dal Vaticano le carte segrete. Si tratta, secondo l'Ansa, di Paolo Gabriele, aiutante di camera della famiglia pontificia, in sostanza il cameriere del Pontefice. Questa mattina Gabriele sarebbe stato ascoltato in un interrogatorio dal promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. Le autorità vaticane avevano dato notizia, in mattinata, del fermo di una persona «in possesso illecito di documenti riservati». Almeno così aveva riferito il responsabile della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, senza però rivelare il nome del "corvo".
IL MAGGIORDOMO - Ma anche se dal Vaticano non arrivano ancora conferme, la persona tratta in arresto sarebbe proprio Gabriele, che nell'Annuario Pontificio figura con la qualifica di «aiutante di camera» del Papa tra i «familiari» di Sua Santità. Fa parte del ristretto gruppo di persone ammesse all'interno della cosiddetta «famiglia pontificia». Una selezionatissima cerchia di persone che lavorano a contatto con Benedetto XVI, uno staff di collaboratori in cui figurano anche quattro laiche, coordinate da una suora tedesca. Gabriele, conosciuto come Paoletto in ambienti vaticani, sarebbe uno dei pochi laici ammessi all'interno delle stanze degli appartamenti papali.
IL LIBRO DI NUZZI - «L'attività di indagine avviata dalla Gendarmeria secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia - aveva annunciato in mattinata Padre Lombardi - ha permesso di individuare una persona in possesso illecito di documenti riservati». «Questa persona si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti», ha aggiunto. Nei giorni scorsi il Vaticano aveva definito «atto criminoso» la pubblicazione di documenti riservati e di lettere private al Papa in un libro del giornalista Gianluigi Nuzzi.
GOTTI TEDESCHI - Si tratta solo dell'ultimo capitolo dello scontro interno al Vaticano degli ultimi giorni: giovedì la discussa sfiducia al presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Il banchiere guidava l'Istituto per le opere di religione - la cosiddetta banca vaticana - dal 2009, un periodo relativamente breve ma denso di avvenimenti e tensioni.
Redazione Online
25 maggio 2012 | 15:50
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Coraggio Benedetto, dicci una buona volta chi è stato a UCCIDERE Papa Luciani, visto che il tuo predecessore ci ha messo 30 secondi per far dimenticare a tutti...
E anche dov'è finita la Orlandi, visto che ci siamo.
E anche tante altre cose poco chiare: giri di soldi, potere, intrallazzi.
Ma se lassù c'è qualcuno, sarà contento di tutta 'sta roba?
Non credo.
Su, dicci tutto...
E anche dov'è finita la Orlandi, visto che ci siamo.
E anche tante altre cose poco chiare: giri di soldi, potere, intrallazzi.
Ma se lassù c'è qualcuno, sarà contento di tutta 'sta roba?
Non credo.
Su, dicci tutto...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Perché il Vaticano teme “Sua Santità”. Parla Gianluigi Nuzzi
Intervista a Gianluigi Nuzzi di Mariagloria Fontana
Gianluigi Nuzzi, firma del quotidiano ‘Libero’ e volto del programma televisivo in onda la scorsa stagione su la7 ‘Gli intoccabili’, dopo le inchieste “Vaticano Spa” e “Metastasi”, torna a raccontare i segreti del Vaticano. Questa volta lo fa con il libro "Sua Santità" (ed. Chiarelettere) in cui svela intrighi di potere, corruzione e intrecci tra il Governo italiano e la Chiesa, attraverso carte segrete di Papa Benedetto XVI, inedite e private, al centro di polemiche in queste ore dopo l'arresto dell'uomo che secondo il Vaticano avrebbe trafugato i documenti riservati.
Immediatamente dopo la pubblicazione del suo libro ‘Sua Santità’, il Vaticano ha comunicato che agirà per vie legali.
Questa è una risposta oscurantista da parte del Vaticano. Il giornalista ha il dovere deontologico di rendere pubbliche le notizie che trova. Io ho fatto solo il mio mestiere. Mi fa ridere pensare che il Vaticano chieda aiuto ai magistrati italiani dopo che non ha mai risposto alle rogatorie che ha ricevuto su tante vicende. Gliene indico solo una: l’omicidio del banchiere Roberto Calvi. Lo stesso pm del caso Calvi ha detto che alcune rogatorie sono rimaste del tutto inevase. Da una parte, sulle vicende di sangue, il Vaticano non risponde. Dall’altra, dopo l’uscita del mio libro, ricorre alla magistratura italiana per stanare le mie fonti.
Non c’è stata nessuna violazione della privacy?
Ma sta scherzando? Qui si tratta di dovere di cronaca. Quando si entra in possesso di un memorandum del Papa in occasione dell’incontro con il Presidente Napolitano, credo che il dovere di cronaca sia preminente. Capire chi sono stati i congiurati che hanno fatto fuori Boffo, secondo le sue stesse parole, è prioritario. Sapere che c’è stato un lavoro diplomatico che si è sviluppato tra l’Italia e il Vaticano per evitare che il Vaticano pagasse una multa sugli arretrati della tassa dell’Ici e che questa trattativa si è sviluppata in incontri tra Tremonti e l’ex presidente della Banca dello Ior Gotti Tedeschi, interessa tutti gli italiani che pagano le tasse. Come pure il memorandum sulle leggi da modificare che finisce nelle mani del Santo Padre alla vigilia dell’incontro con il Presidente Giorgio Napolitano. È interessante sapere che il Vaticano è intervenuto perché l’Eta deponesse le armi. Sono storie che non riguardano solo il Vaticano, ma tutta la politica italiana e internazionale, si intrecciano con essa e con le scelte economiche. Ci sono vicende singolari, come quella dell’automobile targata ‘Stato Città del Vaticano’ condotta da alcuni gendarmi del Vaticano che vanno a cena con colleghi dell’Interpol e quando escono ritrovano la macchina crivellata di colpi. Vogliamo rassicurarci dicendo che sicuramente è stato un balordo? Cos’è successo? Non lo sappiamo.
I ‘reati’ imputati dal Vaticano sono furto e ricettazione.
La ricettazione di notizie è un brutto segnale, indica un bavaglio all’informazione. È curioso che in un Paese, il Vaticano, dove hanno introdotto soltanto nel 2009 la legge antiriciclaggio, proprio loro indichino alle autorità italiane il reato di ricettazione. È surreale. Comunque in Italia per la Cassazione non esiste la ricettazione di notizie. Se io avessi dei documenti e li tenessi nel cassetto, farei un altro mestiere. Ancora peggio se tenessi per me una parte dei documenti senza pubblicarli, qualora li reputassi ‘compromettenti’, perché sarei da considerare un ricattatore che distilla notizie per il suo tornaconto. I cassetti dei giornalisti devono essere vuoti.
Si aspettava tanto clamore o è abituato, date le tematiche del suo precedente libro ‘Vaticano spa’?
‘Vaticano Spa’ non ha sortito alcuna reazione del Vaticano. Hanno cercato di far passare tutto sotto silenzio nonostante avessi migliaia di documenti e parlassi di come la maxi tangente Enimont fosse passata per lo Ior, la banca vaticana. Anche lì c’erano tante lettere, ma forse non davano fastidio ad altri.
Perché ‘Sua Santità’ indispettisce il Vaticano?
Per la prima volta abbiamo occasione di conoscere il dietro le quinte delle attività tra l’ Italia e il Vaticano. Sappiamo dei timori del Vaticano rispetto alla situazione economica mondiale, soprattutto in relazione alla crisi delle offerte. Inoltre, veniamo a conoscenza del conto personale del Papa nella banca vaticana, lo Ior. Si sono adirati perché abbiamo una molteplice varietà di notizie e di informazioni. Ma non con me, mi auguro, perché sarebbe un brutto segnale per la libertà di stampa. Ce l’hanno con le mie ‘fonti’. Ora cercheranno di individuare chi ha passato i documenti.
Nel suo libro sostiene che una delle priorità del papato attuale è di tenere unita la Chiesa. Fino a che punto?
È un tentativo dal Santo Padre rispetto alla crisi dei fedeli, che, certo, di questi tempi non aumentano. C’è l’impegno di tenere unite le varie anime della chiesa, tutti i movimenti interni: da Comunione e Liberazione all’Opus Dei e altri. C’è anche un tentativo di dialogo con la chiesa ufficiale cinese. Poi c’è stata un’apertura anche quando il Papa ha revocato la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Benedetto XVI cerca di recuperare lo scisma che c’è stato con tutti i gruppi, anche con i Legionari di Cristo emerge in maniera forte il tentativo di non criminalizzarli. Peccato che poi ci sia molto disagio e subbuglio all’interno di questi movimenti.
Lei dedica anche un capitolo alle offerte destinate al Vaticano. Ci sono varie personalità, tra cui Bruno Vespa, che versa un assegna di 10.000 euro.
Trovavo interessante questo viavai di oboli che arriva in Vaticano la vigilia di Natale. Volevo evidenziare il flusso di denaro proveniente da tante personalità. Credo che il fatto che Bruno Vespa ceni a casa sua con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone non sia un fatto proprio usuale. C’è un mondo, che non conosciamo, che dialoga con il Vaticano, un mondo di relazioni che è emblematico e che si manifesta anche con quell’assegno. Mi piaceva e mi interessava il fatto che Vespa chiedesse un appuntamento a Papa Benedetto XVI nella stessa lettera in cui versa diecimila euro. Letta, Geronzi, Bisignani, sono tutti uomini che hanno ruotato in quel mondo, tutta quella rete relazionale è stata un pezzo importante del potere politico ed economico in Italia ed era giusto raccontarlo. Vespa rappresenta un’interfaccia mediatica. Mi incuriosiva perché lui chiede un appuntamento con il Papa e c’è un’attenzione che normalmente, se lei scrive al Papa o a chi per lui, certo non le rivolgono, non valutano la sua lettera.
A suo avviso, quali sono le differenze tra il papato di Benedetto XVI e quello del suo predecessore Giovanni Paolo II?
Benedetto XVI cerca di cambiare le cose, al contrario del precedente pontificato, però incontra tante resistenze. La priorità per Giovanni Paolo II era soprattutto far cadere il comunismo nei Paesi dell’Est e liberare la sua Polonia con qualsiasi mezzo, anche finanziario. Benedetto XVI è molto meno simpatico, mediaticamente parlando. Però ha compiuto dei cambiamenti importanti. Durante il papato di Giovanni Paolo II, la pedofilia non era perseguita come oggi. Questo papa ha rimosso cinquanta vescovi, Giovanni Paolo II ha coperto la pedofilia. Inoltre, ho notato da questi documenti che nel precedente papato rivolgersi a Giovanni Paolo II era un fatto raro ed eccezionale, ci si rivolgeva alla Segreteria di Stato. Oggi invece molti scavalcano la Segreteria di Stato e si rivolgono direttamente al Santo Padre. Anzi, indicano nella Segreteria di Stato una sorta di ‘problema’. C’è un’ipoteca sulla Segreteria di Stato da parte di diversi cardinali. Tant’è che andarono a Castel Gandolfo per chiedere al Papa di dimettere Bertone.
Il Segretario di Stato Tarcisio Bertone è una figura chiave.
È Il numero due del Vaticano. La Digos scandaglia anche il rapporto tra lui e Benedetto XVI, è interessante capirne le radici e comprendere che tipo di rapporto c’è tra il Papa e lui. Benedetto XVI lo ha voluto fortemente, si fida di lui, lo ha avuto con sé dal 1995 al 2003 come segretario della Congregazione per la Dottrina di Fede, quando il Papa era ancora prefetto. Bertone è fondamentale per i suoi legami e i contatti con il mondo della politica italiana.
Quali scenari politici ed economici odierni spaventano il Vaticano?
La paura oggi non viene dal patto di Varsavia, naturalmente siamo in un altro periodo storico. Il timore oggi è rappresentato dalla Cina e dai paesi emergenti. La preoccupazione, come si deduce dai documenti che ho pubblicato, è di vedere i paesi occidentali impoverirsi a causa della crisi economica e del sistema che stanno soffocando l’economia americana, italiana, spagnola, tradizionalmente i paesi più generosi nei confronti della Chiesa.
Mentre i paesi che sarebbero da evangelizzare, come l’India e la Cina, stanno diventando la locomotiva economica del mondo. L’allarme è che la Cina, oltre a questa sua bulimia finanziaria, economica, industriale, metta le mani sull’estrazione delle materie prime, controlli le borse e i fondi di investimento, compri il debito dei paesi e, oltre a tutto questo, esporti l’ateismo, lo diffonda. Questo spaventa i sacri palazzi.
Il ‘caso Boffo’ rivela scuole di pensiero distinte, all’interno del Vaticano, nei confronti della politica dell’ex governo Berlusconi.
Non riduciamo la questione a pro e contro Berlusconi. Ci sono davvero tante individualità all’interno del Vaticano. Sicuramente c’è Dino Boffo che afferisce alla scuola di Ruini e di Bagnasco, i quali sostengono che la Chiesa deve avere un ruolo attivo nei confronti della politica italiana perché la missione politica e sociale fa parte del compito della Chiesa stessa. Dall’altra parte, c’è una scuola più tradizionale che dice il contrario, cioè che non ci deve essere questa ‘ingerenza’. In realtà, vediamo che i rapporti sono strettissimi. In Vaticano ci sono tante anime che si sovrappongono, non è una partita di calcio. Il caso Boffo è stata un’operazione partita all’interno del Vaticano che è finita sul tavolo di Vittorio Feltri con tanto di documenti. Mi perdonerete, ma io credo che Feltri fosse in buona fede, aveva verificato la sua ‘fonte’, non aveva motivo di dubitarne. Ha fatto il suo ‘scoop’ in una logica per taluni discutibile: Boffo criticava di malcostume Berlusconi, poi lo stesso Boffo era condannato per molestie omosessuali. Essendo il giornale di Feltri di proprietà di Berlusconi, è evidente che questa cosa ha assunto un rilievo politico tutto italiano. Si è detto: Berlusconi e Feltri attaccano Boffo, da lì ‘il metodo Boffo’ e si è vissuta questa vicenda nel solito dramma agrodolce all’italiana, senza chiedersi chi avesse portato questo documento a Feltri e perché. Oggi Boffo indica dei nomi, sono quelli veri? Non lo so, lo dice Boffo. Di certo, lui è stato riammesso all’interno della Chiesa e gli è stato dato un altro ruolo di grande rilievo, la direzione della tv della Cei, Tv 2000. Se io dico delle falsità il mio datore di lavoro non mi promuove, ma nemmeno mi riassume. Dall’altra parte anche le persone che accusa Boffo sono rimaste tutte ai loro posti. È una situazione gemella a quella di Viganò e troviamo le stesse persone coinvolte nella faccenda. I congiurati sono sempre gli stessi.
Quali sono stati gli uomini politici del Governo Berlusconi che hanno mediato con il Vaticano e quali sono quelli del Governo Monti?
Il governo Berlusconi aveva due ‘alfieri’, due diplomatici a cui era legata l’attività di confronto con il Vaticano: Gianni Letta e Giulio Tremonti.
Oggi il Vaticano può contare su ministri che prima di dire sì al Governo Monti hanno chiesto il beneplacito all’interno dei Sacri Palazzi.
Hanno chiesto a Padre Georg Ganswein se potevano accettare l’incarico di diventare Ministri. Uno su tutti: Andrea Riccardi, il fondatore della comunità di Sant’Egidio, che è esattamente Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione. Poi ci sono i ministri Lorenzo Ornaghi e Corrado Passera. Per dirlo con una battuta: questo è uno tra i governi ‘tecnicamente’ più filo vaticani che abbiamo mai avuto. Mi riferisco a questo secolo, perché naturalmente Andreotti e la Dc battevano tutti.
Sul caso Emanuela Orlandi lei, fino a qualche tempo fa, diceva che non sarebbe stata mai aperta la tomba del boss della Magliana Renato De Pedis sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare.
Sono cambiati gli scenari. Quando ho detto che il Vaticano non l’avrebbe mai aperta, è perché non sapevo che fosse indagato Don Vergari. Il fatto che l’ex rettore della basilica di Sant’Apollinare sia indagato mette il Vaticano in una posizione che non può ostacolare lo sviluppo delle indagini, quindi ha dato un nulla osta, non indispensabile, ma importante, perché venga fatta chiarezza. Quello che emerge dalle carte è che il prelato Giampiero Gloder, capo dei ghotstwriters del Papa, scrive al Santo Padre di non intervenire sulla vicenda durante l’omelia dell’Angelus, perché sarebbe un riconoscimento indiretto del problema. Comunque, credo che si debba sempre ragionare sulla vicenda Orlandi ricordandosi di Mirella Gregori. Entrambe le ragazze sono scomparse a un mese di distanza. Penso che questa sia la giusta chiave di lettura.
Lei racconta di una ‘nota preparatoria’ scritta da monsignor Dominique Manberti, ministro degli Esteri della Santa Sede, per Benedetto XVI in occasione di una cena segreta con il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Nella nota, Dominique Manberti indica al Papa una serie di appunti relativi all’incontro del 19 gennaio 2009, giorno in cui vedrà Napolitano. Il primo paragrafo è dedicato a una biografia di Napolitano. Ho trovato ‘divertente’ il fatto che sottolinei che Napolitano si è sposato con rito civile e non con quello religioso. Poi si entra più nel dettaglio nel secondo paragrafo, perché si introducono i temi di interesse della Santa Sede e della Chiesa in Italia. Si evidenzia la centralità e il valore della famiglia e, in seguito, i temi eticamente sensibili. In questi appunti è scritto che si devono evitare equiparazioni legislative e amministrative tra le famiglie fondate sul matrimonio e altri tipi di unione. Magari il Papa non li ha neanche usati, ma il fatto stesso che siano stati evidenziati questi temi è grave. Non hanno evidenziato il problema della fame nel mondo, la disoccupazione, le tasse. Hanno sottolineato i problemi legati a temi eticamente sensibili. C’è scritto, inoltre, che riguardo all’ipotesi di intervento legislativo in materia di fine vita e di fine trattamento, si deve evitare che l’eutanasia passi. Poi si parla anche di parità scolastica e di calo demografico. Ci sono indicazioni precise. il Papa deve fare leva su Napolitano. Lei si immagini Napolitano che fa pressione su Obama su delle leggi americane. Perché lo stato vaticano può far pressione sullo stato italiano? Perché uno stato sì e l’altro non può farlo? La mia è una provocazione, ma credo che qui ci sia una rilevanza della notizia.
Il Vaticano ha paura di essere delegittimato dalle rivelazioni contenute nel suo libro?
Ma scusi, sono io che delegittimo le Sacre Istituzioni o sono loro che si autodelegittimano con l’omicidio Calvi, con Emanuela Orlandi, con la strage delle guardie svizzere, con la banca dello Ior?
(25 maggio 2012)
La Repubblica.it
Intervista a Gianluigi Nuzzi di Mariagloria Fontana
Gianluigi Nuzzi, firma del quotidiano ‘Libero’ e volto del programma televisivo in onda la scorsa stagione su la7 ‘Gli intoccabili’, dopo le inchieste “Vaticano Spa” e “Metastasi”, torna a raccontare i segreti del Vaticano. Questa volta lo fa con il libro "Sua Santità" (ed. Chiarelettere) in cui svela intrighi di potere, corruzione e intrecci tra il Governo italiano e la Chiesa, attraverso carte segrete di Papa Benedetto XVI, inedite e private, al centro di polemiche in queste ore dopo l'arresto dell'uomo che secondo il Vaticano avrebbe trafugato i documenti riservati.
Immediatamente dopo la pubblicazione del suo libro ‘Sua Santità’, il Vaticano ha comunicato che agirà per vie legali.
Questa è una risposta oscurantista da parte del Vaticano. Il giornalista ha il dovere deontologico di rendere pubbliche le notizie che trova. Io ho fatto solo il mio mestiere. Mi fa ridere pensare che il Vaticano chieda aiuto ai magistrati italiani dopo che non ha mai risposto alle rogatorie che ha ricevuto su tante vicende. Gliene indico solo una: l’omicidio del banchiere Roberto Calvi. Lo stesso pm del caso Calvi ha detto che alcune rogatorie sono rimaste del tutto inevase. Da una parte, sulle vicende di sangue, il Vaticano non risponde. Dall’altra, dopo l’uscita del mio libro, ricorre alla magistratura italiana per stanare le mie fonti.
Non c’è stata nessuna violazione della privacy?
Ma sta scherzando? Qui si tratta di dovere di cronaca. Quando si entra in possesso di un memorandum del Papa in occasione dell’incontro con il Presidente Napolitano, credo che il dovere di cronaca sia preminente. Capire chi sono stati i congiurati che hanno fatto fuori Boffo, secondo le sue stesse parole, è prioritario. Sapere che c’è stato un lavoro diplomatico che si è sviluppato tra l’Italia e il Vaticano per evitare che il Vaticano pagasse una multa sugli arretrati della tassa dell’Ici e che questa trattativa si è sviluppata in incontri tra Tremonti e l’ex presidente della Banca dello Ior Gotti Tedeschi, interessa tutti gli italiani che pagano le tasse. Come pure il memorandum sulle leggi da modificare che finisce nelle mani del Santo Padre alla vigilia dell’incontro con il Presidente Giorgio Napolitano. È interessante sapere che il Vaticano è intervenuto perché l’Eta deponesse le armi. Sono storie che non riguardano solo il Vaticano, ma tutta la politica italiana e internazionale, si intrecciano con essa e con le scelte economiche. Ci sono vicende singolari, come quella dell’automobile targata ‘Stato Città del Vaticano’ condotta da alcuni gendarmi del Vaticano che vanno a cena con colleghi dell’Interpol e quando escono ritrovano la macchina crivellata di colpi. Vogliamo rassicurarci dicendo che sicuramente è stato un balordo? Cos’è successo? Non lo sappiamo.
I ‘reati’ imputati dal Vaticano sono furto e ricettazione.
La ricettazione di notizie è un brutto segnale, indica un bavaglio all’informazione. È curioso che in un Paese, il Vaticano, dove hanno introdotto soltanto nel 2009 la legge antiriciclaggio, proprio loro indichino alle autorità italiane il reato di ricettazione. È surreale. Comunque in Italia per la Cassazione non esiste la ricettazione di notizie. Se io avessi dei documenti e li tenessi nel cassetto, farei un altro mestiere. Ancora peggio se tenessi per me una parte dei documenti senza pubblicarli, qualora li reputassi ‘compromettenti’, perché sarei da considerare un ricattatore che distilla notizie per il suo tornaconto. I cassetti dei giornalisti devono essere vuoti.
Si aspettava tanto clamore o è abituato, date le tematiche del suo precedente libro ‘Vaticano spa’?
‘Vaticano Spa’ non ha sortito alcuna reazione del Vaticano. Hanno cercato di far passare tutto sotto silenzio nonostante avessi migliaia di documenti e parlassi di come la maxi tangente Enimont fosse passata per lo Ior, la banca vaticana. Anche lì c’erano tante lettere, ma forse non davano fastidio ad altri.
Perché ‘Sua Santità’ indispettisce il Vaticano?
Per la prima volta abbiamo occasione di conoscere il dietro le quinte delle attività tra l’ Italia e il Vaticano. Sappiamo dei timori del Vaticano rispetto alla situazione economica mondiale, soprattutto in relazione alla crisi delle offerte. Inoltre, veniamo a conoscenza del conto personale del Papa nella banca vaticana, lo Ior. Si sono adirati perché abbiamo una molteplice varietà di notizie e di informazioni. Ma non con me, mi auguro, perché sarebbe un brutto segnale per la libertà di stampa. Ce l’hanno con le mie ‘fonti’. Ora cercheranno di individuare chi ha passato i documenti.
Nel suo libro sostiene che una delle priorità del papato attuale è di tenere unita la Chiesa. Fino a che punto?
È un tentativo dal Santo Padre rispetto alla crisi dei fedeli, che, certo, di questi tempi non aumentano. C’è l’impegno di tenere unite le varie anime della chiesa, tutti i movimenti interni: da Comunione e Liberazione all’Opus Dei e altri. C’è anche un tentativo di dialogo con la chiesa ufficiale cinese. Poi c’è stata un’apertura anche quando il Papa ha revocato la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Benedetto XVI cerca di recuperare lo scisma che c’è stato con tutti i gruppi, anche con i Legionari di Cristo emerge in maniera forte il tentativo di non criminalizzarli. Peccato che poi ci sia molto disagio e subbuglio all’interno di questi movimenti.
Lei dedica anche un capitolo alle offerte destinate al Vaticano. Ci sono varie personalità, tra cui Bruno Vespa, che versa un assegna di 10.000 euro.
Trovavo interessante questo viavai di oboli che arriva in Vaticano la vigilia di Natale. Volevo evidenziare il flusso di denaro proveniente da tante personalità. Credo che il fatto che Bruno Vespa ceni a casa sua con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone non sia un fatto proprio usuale. C’è un mondo, che non conosciamo, che dialoga con il Vaticano, un mondo di relazioni che è emblematico e che si manifesta anche con quell’assegno. Mi piaceva e mi interessava il fatto che Vespa chiedesse un appuntamento a Papa Benedetto XVI nella stessa lettera in cui versa diecimila euro. Letta, Geronzi, Bisignani, sono tutti uomini che hanno ruotato in quel mondo, tutta quella rete relazionale è stata un pezzo importante del potere politico ed economico in Italia ed era giusto raccontarlo. Vespa rappresenta un’interfaccia mediatica. Mi incuriosiva perché lui chiede un appuntamento con il Papa e c’è un’attenzione che normalmente, se lei scrive al Papa o a chi per lui, certo non le rivolgono, non valutano la sua lettera.
A suo avviso, quali sono le differenze tra il papato di Benedetto XVI e quello del suo predecessore Giovanni Paolo II?
Benedetto XVI cerca di cambiare le cose, al contrario del precedente pontificato, però incontra tante resistenze. La priorità per Giovanni Paolo II era soprattutto far cadere il comunismo nei Paesi dell’Est e liberare la sua Polonia con qualsiasi mezzo, anche finanziario. Benedetto XVI è molto meno simpatico, mediaticamente parlando. Però ha compiuto dei cambiamenti importanti. Durante il papato di Giovanni Paolo II, la pedofilia non era perseguita come oggi. Questo papa ha rimosso cinquanta vescovi, Giovanni Paolo II ha coperto la pedofilia. Inoltre, ho notato da questi documenti che nel precedente papato rivolgersi a Giovanni Paolo II era un fatto raro ed eccezionale, ci si rivolgeva alla Segreteria di Stato. Oggi invece molti scavalcano la Segreteria di Stato e si rivolgono direttamente al Santo Padre. Anzi, indicano nella Segreteria di Stato una sorta di ‘problema’. C’è un’ipoteca sulla Segreteria di Stato da parte di diversi cardinali. Tant’è che andarono a Castel Gandolfo per chiedere al Papa di dimettere Bertone.
Il Segretario di Stato Tarcisio Bertone è una figura chiave.
È Il numero due del Vaticano. La Digos scandaglia anche il rapporto tra lui e Benedetto XVI, è interessante capirne le radici e comprendere che tipo di rapporto c’è tra il Papa e lui. Benedetto XVI lo ha voluto fortemente, si fida di lui, lo ha avuto con sé dal 1995 al 2003 come segretario della Congregazione per la Dottrina di Fede, quando il Papa era ancora prefetto. Bertone è fondamentale per i suoi legami e i contatti con il mondo della politica italiana.
Quali scenari politici ed economici odierni spaventano il Vaticano?
La paura oggi non viene dal patto di Varsavia, naturalmente siamo in un altro periodo storico. Il timore oggi è rappresentato dalla Cina e dai paesi emergenti. La preoccupazione, come si deduce dai documenti che ho pubblicato, è di vedere i paesi occidentali impoverirsi a causa della crisi economica e del sistema che stanno soffocando l’economia americana, italiana, spagnola, tradizionalmente i paesi più generosi nei confronti della Chiesa.
Mentre i paesi che sarebbero da evangelizzare, come l’India e la Cina, stanno diventando la locomotiva economica del mondo. L’allarme è che la Cina, oltre a questa sua bulimia finanziaria, economica, industriale, metta le mani sull’estrazione delle materie prime, controlli le borse e i fondi di investimento, compri il debito dei paesi e, oltre a tutto questo, esporti l’ateismo, lo diffonda. Questo spaventa i sacri palazzi.
Il ‘caso Boffo’ rivela scuole di pensiero distinte, all’interno del Vaticano, nei confronti della politica dell’ex governo Berlusconi.
Non riduciamo la questione a pro e contro Berlusconi. Ci sono davvero tante individualità all’interno del Vaticano. Sicuramente c’è Dino Boffo che afferisce alla scuola di Ruini e di Bagnasco, i quali sostengono che la Chiesa deve avere un ruolo attivo nei confronti della politica italiana perché la missione politica e sociale fa parte del compito della Chiesa stessa. Dall’altra parte, c’è una scuola più tradizionale che dice il contrario, cioè che non ci deve essere questa ‘ingerenza’. In realtà, vediamo che i rapporti sono strettissimi. In Vaticano ci sono tante anime che si sovrappongono, non è una partita di calcio. Il caso Boffo è stata un’operazione partita all’interno del Vaticano che è finita sul tavolo di Vittorio Feltri con tanto di documenti. Mi perdonerete, ma io credo che Feltri fosse in buona fede, aveva verificato la sua ‘fonte’, non aveva motivo di dubitarne. Ha fatto il suo ‘scoop’ in una logica per taluni discutibile: Boffo criticava di malcostume Berlusconi, poi lo stesso Boffo era condannato per molestie omosessuali. Essendo il giornale di Feltri di proprietà di Berlusconi, è evidente che questa cosa ha assunto un rilievo politico tutto italiano. Si è detto: Berlusconi e Feltri attaccano Boffo, da lì ‘il metodo Boffo’ e si è vissuta questa vicenda nel solito dramma agrodolce all’italiana, senza chiedersi chi avesse portato questo documento a Feltri e perché. Oggi Boffo indica dei nomi, sono quelli veri? Non lo so, lo dice Boffo. Di certo, lui è stato riammesso all’interno della Chiesa e gli è stato dato un altro ruolo di grande rilievo, la direzione della tv della Cei, Tv 2000. Se io dico delle falsità il mio datore di lavoro non mi promuove, ma nemmeno mi riassume. Dall’altra parte anche le persone che accusa Boffo sono rimaste tutte ai loro posti. È una situazione gemella a quella di Viganò e troviamo le stesse persone coinvolte nella faccenda. I congiurati sono sempre gli stessi.
Quali sono stati gli uomini politici del Governo Berlusconi che hanno mediato con il Vaticano e quali sono quelli del Governo Monti?
Il governo Berlusconi aveva due ‘alfieri’, due diplomatici a cui era legata l’attività di confronto con il Vaticano: Gianni Letta e Giulio Tremonti.
Oggi il Vaticano può contare su ministri che prima di dire sì al Governo Monti hanno chiesto il beneplacito all’interno dei Sacri Palazzi.
Hanno chiesto a Padre Georg Ganswein se potevano accettare l’incarico di diventare Ministri. Uno su tutti: Andrea Riccardi, il fondatore della comunità di Sant’Egidio, che è esattamente Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione. Poi ci sono i ministri Lorenzo Ornaghi e Corrado Passera. Per dirlo con una battuta: questo è uno tra i governi ‘tecnicamente’ più filo vaticani che abbiamo mai avuto. Mi riferisco a questo secolo, perché naturalmente Andreotti e la Dc battevano tutti.
Sul caso Emanuela Orlandi lei, fino a qualche tempo fa, diceva che non sarebbe stata mai aperta la tomba del boss della Magliana Renato De Pedis sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare.
Sono cambiati gli scenari. Quando ho detto che il Vaticano non l’avrebbe mai aperta, è perché non sapevo che fosse indagato Don Vergari. Il fatto che l’ex rettore della basilica di Sant’Apollinare sia indagato mette il Vaticano in una posizione che non può ostacolare lo sviluppo delle indagini, quindi ha dato un nulla osta, non indispensabile, ma importante, perché venga fatta chiarezza. Quello che emerge dalle carte è che il prelato Giampiero Gloder, capo dei ghotstwriters del Papa, scrive al Santo Padre di non intervenire sulla vicenda durante l’omelia dell’Angelus, perché sarebbe un riconoscimento indiretto del problema. Comunque, credo che si debba sempre ragionare sulla vicenda Orlandi ricordandosi di Mirella Gregori. Entrambe le ragazze sono scomparse a un mese di distanza. Penso che questa sia la giusta chiave di lettura.
Lei racconta di una ‘nota preparatoria’ scritta da monsignor Dominique Manberti, ministro degli Esteri della Santa Sede, per Benedetto XVI in occasione di una cena segreta con il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Nella nota, Dominique Manberti indica al Papa una serie di appunti relativi all’incontro del 19 gennaio 2009, giorno in cui vedrà Napolitano. Il primo paragrafo è dedicato a una biografia di Napolitano. Ho trovato ‘divertente’ il fatto che sottolinei che Napolitano si è sposato con rito civile e non con quello religioso. Poi si entra più nel dettaglio nel secondo paragrafo, perché si introducono i temi di interesse della Santa Sede e della Chiesa in Italia. Si evidenzia la centralità e il valore della famiglia e, in seguito, i temi eticamente sensibili. In questi appunti è scritto che si devono evitare equiparazioni legislative e amministrative tra le famiglie fondate sul matrimonio e altri tipi di unione. Magari il Papa non li ha neanche usati, ma il fatto stesso che siano stati evidenziati questi temi è grave. Non hanno evidenziato il problema della fame nel mondo, la disoccupazione, le tasse. Hanno sottolineato i problemi legati a temi eticamente sensibili. C’è scritto, inoltre, che riguardo all’ipotesi di intervento legislativo in materia di fine vita e di fine trattamento, si deve evitare che l’eutanasia passi. Poi si parla anche di parità scolastica e di calo demografico. Ci sono indicazioni precise. il Papa deve fare leva su Napolitano. Lei si immagini Napolitano che fa pressione su Obama su delle leggi americane. Perché lo stato vaticano può far pressione sullo stato italiano? Perché uno stato sì e l’altro non può farlo? La mia è una provocazione, ma credo che qui ci sia una rilevanza della notizia.
Il Vaticano ha paura di essere delegittimato dalle rivelazioni contenute nel suo libro?
Ma scusi, sono io che delegittimo le Sacre Istituzioni o sono loro che si autodelegittimano con l’omicidio Calvi, con Emanuela Orlandi, con la strage delle guardie svizzere, con la banca dello Ior?
(25 maggio 2012)
La Repubblica.it
Re: THE CATHOLIC QUESTION
Il pontificato lezioso andrà avanti finché potrà, poi non ci sarà il diluvio ma una pioggia da palude piena di rane, zanzare e qualche anitra selvatica. Quanto di peggio per tutti.
L'EDITORIALE
Da Pacelli a Ratzinger
la lunga crisi della Chiesa
di EUGENIO SCALFARI
La vecchia Italia affondò durante una giornata gonfia di tempesta e di presagi, nell'autunno del 1958: Papa Pio XII moriva in mezzo a una corte disfatta di cardinali decrepiti, di astuti procacciatori d'affari, di monache fanatiche, di nipoti parassiti. Nel palazzo papale di Castel Gandolfo, mentre il temporale gonfiava le acque del lago e lo scirocco spalancava le imposte e si ingolfava tra le tende e nei corridoi, dignitari laici ed ecclesiastici si preparavano a sgombrare. Ciascuno cercava di portar via, anche fisicamente, quanto più poteva; ma soprattutto ciascuno brigava per conservare qualche beneficio; una carica lucrosa, una fetta, per piccola che fosse, di quel potere che fino a quel momento da oltre dieci anni era stato amministrato senza scrupoli e senza concorrenze. L'affanno era visibile dovunque, nelle sale di ricevimento, nelle anticamere e fino intorno al letto del moribondo che, già in agonia, veniva impudicamente fotografato dal suo medico e dalla sua suora assistente, con la cannula dell'ossigeno in bocca, e i tratti del volto devastati dalle ombre della morte. Non era l'affanno della pietà; era l'affanno della cupidigia e della paura perché tutti sapevano, entro il palazzo, che non moriva un Papa ma finiva un regno.
Nel salotto privato del Papa, circondato dai porporati più anziani e potenti, dai capi del Sant'Uffizio, delle Missioni, del Tesoro, dei Seminari, il Camerlengo della Chiesa rappresentava l'ultimo anello d'una continuità che stava per spezzarsi definitivamente. Aveva, come sempre, un volto assolutamente inespressivo; non era un uomo ma una carica, una funzione, una pausa del cerimoniale. Ma intorno a quella carica e all'uomo che ci stava dentro si andava tessendo proprio in quelle ore e in quel luogo la trama del conclave. Aloisi Masella, il Camerlengo, fu il primo e forse decisivo mediatore insieme ad Agagianian, il prefetto di propaganda Fide, tra il gruppo dei cardinali stranieri e i curiali. Cominciò di lì la ricerca che si sarebbe conclusa qualche settimana dopo sotto le volte della Sistina con un risultato che avrebbe sconvolto tutti i programmi, di un terzo uomo, un Papa che avrebbe dovuto essere al tempo stesso abbastanza pastorale per assorbire le irrequietezze della cattolicità, abbastanza diplomatico per non dimenticare le leggi del potere, abbastanza umile per restituire al Collegio e agli Episcopati le prerogative che Pacelli aveva confiscato. E abbastanza vecchio per non durare troppo a lungo.
Quando in quell'alba di tuoni e di vento il medico del Papa, Galeazzi Lisi, ne ebbe dichiarato la morte clinica, dignitari, curiali, camerieri segreti, banchieri, politici, fuggirono verso Roma su grandi automobili nere per preparare l'incerto avvenire. Uno stuolo di corvi abbandonava le strutture corrose d'un luogo dal quale una monarchia assoluta aveva governato un paese.
* * *
Il brano che avete letto è tratto da un mio libro intitolato L'autunno della Repubblica del 1969, nel pieno del movimento studentesco. Il capitolo qui citato s'intitola "La fine d'un regno" e racconta appunto la morte di Papa Pacelli, Pio XII, che impersonò per lunghi anni la Chiesa trionfante e combattente che conteneva però fin da allora quella crisi sistemica di cui parla il cattolico Alberto Melloni, uno degli storici della Chiesa più accreditati in questa materia.
Gli avvenimenti in corso segnano il momento culminate di questa crisi: la destituzione di Gotti Tedeschi dalla guida dello Ior, l'arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, la sorda lotta in corso tra le diverse fazioni curiali e anticuriali, la posizione sempre più traballante del Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Infine, la disperazione di Papa Ratzinger, chiuso nelle sue stanze e manifestamente incapace di tener ferma la barra in un mondo pervaso da cupidigie, ambizioni, complotti e contrastanti visioni della Chiesa futura.
Non mi occuperò tuttavia delle inchieste in corso, che il nostro giornale ha già ampiamente trattato in questi giorni e ancora oggi con tutti gli aggiornamenti di cronaca. Mi interessa invece - e spero interessi i nostri lettori - di dare un'occhiata di insieme ai pontificati che si sono susseguiti da Pacelli a Ratzinger. Sono stati attraversati tutti dal filo rosso del confronto tra la Chiesa e la modernità. Perciò questi pontificati meritano una speciale attenzione per capire quale sia l'essenza di questa crisi sistemica che avviene sotto i nostri occhi.
* * *
Il conclave che elesse Giovanni XXIII venne dopo la monarchia assoluta ma molto avveduta di Pio XII, un diplomatico per eccellenza che governò la Chiesa in tempi durissimi, con la guerra in corso e poi a guerra finita con la ricostruzione della democrazia e il governo della Dc degasperiana.
Pacelli ebbe tutti i difetti e tutte le qualità dei grandi pontefici. Abbiamo detto che eccelse nelle capacità diplomatiche e lo dimostrò ampiamente, soprattutto nel tormentatissimo periodo dell'occupazione nazista di Roma. Ma non mancava di pastoralità e neppure di grandi capacità sceniche. È ancora negli occhi di tutti i suoi contemporanei la sua visita al quartiere di San Lorenzo in Roma distrutto dal bombardamento americano, dove la sua veste bianca fu macchiata di sangue quando s'inoltrò tra le rovine per benedire i morti e soccorrere i feriti ancora distesi nelle strade devastate.
Il partito conservatore era anche allora asserragliato in Curia. Il Papa si guardò bene dal disperderlo, anzi lo rafforzò purché si sottomettesse. Decideva lui quando era il caso di farlo emergere o di farlo tacere. Del resto chi parlava per lui era il gesuita padre Lombardi, detto "il microfono di Dio" che combatteva i socialcomunisti a spada sguainata. Un'altra spada era nelle mani di Gedda e dei comitati civici che sconfessavano addirittura la politica di De Gasperi che non fu più ricevuto in Vaticano in udienza privata.
Ma Pacelli era anche nepotista nel senso classico e familista del termine. Era un principe e come tale si comportò e come tutti i principi indulse anche al populismo: riceveva ogni sorta di categorie della società civile: medici, avvocati, giornalisti cattolici, ciclisti e calciatori, casalinghe, poliziotti e militari, attori e operai, imprenditori e barbieri. Il populismo di Berlusconi fa ridere rispetto a quello di Pio XII che ora è in predicato di santità.
* * *
Papa Giovanni fu l'esatto contrario sia pure con alcuni condizionamenti. Fu eletto con una condizione: che restituisse alla Curia la sua indipendenza funzionale. A questo mandato si tenne fedele ma i curiali non avevano messo in conto che il Papa era comunque in grado di procedere a nuove nomine quando la morte avesse aperto vuoti nella gerarchia. C'era bisogno d'un Papa soprattutto pastorale e lo ebbero nel senso più pieno della parola. Giovanni fu molto più pastore che Romano Pontefice. Il fisico lo aiutava e l'eloquio anche ma soprattutto lo aiutò l'anima sua o se volete lo Spirito Santo. Amava i bimbi, le mamme, la famiglia, i poveri, gli esclusi.
Richiamò Montini alla Segreteria di Stato e convocò il Concilio Vaticano II dove affluirono i vescovi di tutto il mondo cattolico. Era passato un secolo dal Vaticano I che si radunò a poca distanza di tempo dalla fine del potere temporale dei Papi. Lì fu proclamato il Papa-Re, infallibile quando parla dalla cattedra, e fu elevata a dogma la verginità di Maria.
Il Vaticano II proclamò invece la necessità che la Chiesa si confrontasse con la modernità. Fu una rivoluzione, avviata ma ovviamente non compiuta. Fu la scelta d'un tema che doveva essere portato avanti a cominciare dalla modernizzazione della Chiesa, lo sconvolgimento della liturgia, la messa recitata nelle lingue correnti e non più in latino, col sacerdote rivolto ai fedeli e non più di spalle; l'apertura del dibattito sul ruolo dei laici e delle donne. Infine, il disinteresse del Vaticano nei confronti della politica italiana e quindi l'autonomia dei cattolici impegnati.
Ma su un punto i curiali avevano visto giusto: nel suo quarto anno di pontificato il Papa si ammalò, nel quinto anno morì.
Ricordo ancora i funerali: una folla immensa che dalla piazza arrivava al Tevere ed oltre, tutte le vie gremite da piazza Cavour e da Villa Pamphili, tutto Borgo Pio. Un Papa come lui non si era visto da gran tempo e non s'è più visto da allora.
* * *
Poi venne Montini. Di dire che ebbe qualità pastorali sarebbe dir troppo. Diplomatico, certo. Di populismo neppure l'ombra. Fu un politico, forse fin troppo. Ma non conservatore.
Il confronto con la modernità non lo portò avanti ma impedì che ci fossero ulteriori arretramenti. Fu un pontificato con fasi drammatiche in quegli anni di piombo culminati con l'assassinio di Aldo Moro, del quale officiò la messa funebre in Laterano.
Fu un Papa di interregno.
Forse Papa Luciani aveva con Papa Giovanni qualche lontana somiglianza ma morì dopo appena un mese. Dopo di lui salì in cattedra un cavallo di razza, un grande, grandissimo attore. Non so se la Chiesa avesse bisogno d'un attore, ma lui lo fu dalla testa ai piedi, nel momento dell'elezione, nel momento dell'attentato, nel momento della rivoluzione in Polonia, nel momento della caduta del Muro, nei suoi viaggi continui intorno al globo, nel Giubileo del 2000 e nella lunga fase della malattia e poi della morte.
Quando il Camerlengo pronunciò il suo nome dopo la fumata bianca dal camino della Sistina, tutta la piazza pensò che avessero eletto un Papa africano. Solo quando si affacciò si capì che era un bianco ma non italiano. "Se mi sbaglio mi corrigerete" ricevette un'ovazione da stadio e così cominciò.
Fino a Solidarnosc e poi alla caduta del Muro di Berlino, Wojtyla fu il Papa della libertà religiosa contro il totalitarismo comunista. In Occidente ebbe l'appoggio dei conservatori, dei liberali, dei democratici. Caduto il comunismo accentuò la sua critica verso il capitalismo ma contemporaneamente represse la "nuova teologia" e l'esperienza dei preti operai. L'indifferenza nei confronti dell'assassinio del vescovo Romero mentre officiava la messa in Salvador fu una delle pagine sgradevoli del suo pontificato, compensata tuttavia dalla sua peregrinazione ininterrotta in tutti gli angoli del mondo dove gli fu possibile arrivare.
Tentò d'avviare la riunificazione delle Chiese cristiane senza tuttavia compiere passi avanti significativi. Riconobbe le colpe storiche della Chiesa a cominciare dall'accusa di deicidio contro gli ebrei e dalla condanna di Galileo e di Giordano Bruno.
L'agonia fu molto lunga e scenicamente grandiosa. Non certo per calcolo ma per autentica vocazione. "Santo subito" fu l'invocazione della folla immensa che anche per lui occupò mezza città.
Un bilancio? I problemi della Chiesa alla sua morte erano gli stessi: potere della gerarchia, emarginazione del popolo di Dio, crisi delle vocazioni, crisi della fede in tutto l'Occidente, nessuna modernizzazione all'interno della Chiesa. Ma una modifica sì, si era nel frattempo verificata: il messaggio del Vaticano II non solo non aveva fatto passi avanti, ma li aveva fatti all'indietro. Non a caso al Conclave i martiniani furono marginalizzati fin dalla prima votazione e dalla seconda emerse Ratzinger mentre Ruini era pronto a intervenire se Ratzinger fosse stato battuto.
* * *
Benedetto XVI non è un grande Papa anche se l'ingegno e la dottrina non gli mancano. Non è un attore, anzi è il suo contrario. Wojtyla aveva un guardaroba grandioso perché tutto era grandioso in lui. Il guardaroba di Ratzinger è invece lezioso perché è il Papa stesso ad esser lezioso, come si veste, come parla, come cammina. Scrive bene, questo sì, i suoi libri sul Cristo si fanno leggere, le sue encicliche non sono prive di aperture ed anche alcuni suoi discorsi. La sua rivalutazione di Lutero ha suscitato sorpresa e qualche speranza di progresso verso la modernità, contraddetto però dalle sue scelte operative, dalla conferma di Sodano in segreteria e poi all'avvicendamento con Bertone: dal mediocre al peggio. Bertone: un Ruini senza l'intelligenza e la duttilità dell'ex vicario ed ex presidente della Cei. La gerarchia è ridiventata onnipotente ma spaccata in molti pezzi. L'ecumenismo è ormai è un fiore appassito anzitempo.
Benedetto XVI ha riesumato in pieno la tomistica di Tommaso d'Aquino con tanti saluti ad Origene, Anselmo d'Aosta e Bernardo. Agostino sembrava uno degli ispiratori di Ratzinger, ma quale Agostino? Il manicheo, il coadiutore di Ambrogio o l'autore delle Confessioni? Agostino fu molte cose insieme arrivando fino a Calvino, a Giansenio e a Pascal. Se volesse dire qualche cosa di veramente attuale Papa Ratzinger dovrebbe dare inizio alla beatificazione di Pascal ma mi rendo conto che nel mondo dei Bertone, della Curia romana e delle attuali Congregazioni, questo sì, sarebbe un gesto radicale verso la modernità. Non lo faranno mai.
Il pontificato lezioso andrà avanti finché potrà, poi non ci sarà il diluvio ma una pioggia da palude piena di rane, zanzare e qualche anitra selvatica. Quanto di peggio per tutti.
(27 maggio 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ref=HREA-1
L'EDITORIALE
Da Pacelli a Ratzinger
la lunga crisi della Chiesa
di EUGENIO SCALFARI
La vecchia Italia affondò durante una giornata gonfia di tempesta e di presagi, nell'autunno del 1958: Papa Pio XII moriva in mezzo a una corte disfatta di cardinali decrepiti, di astuti procacciatori d'affari, di monache fanatiche, di nipoti parassiti. Nel palazzo papale di Castel Gandolfo, mentre il temporale gonfiava le acque del lago e lo scirocco spalancava le imposte e si ingolfava tra le tende e nei corridoi, dignitari laici ed ecclesiastici si preparavano a sgombrare. Ciascuno cercava di portar via, anche fisicamente, quanto più poteva; ma soprattutto ciascuno brigava per conservare qualche beneficio; una carica lucrosa, una fetta, per piccola che fosse, di quel potere che fino a quel momento da oltre dieci anni era stato amministrato senza scrupoli e senza concorrenze. L'affanno era visibile dovunque, nelle sale di ricevimento, nelle anticamere e fino intorno al letto del moribondo che, già in agonia, veniva impudicamente fotografato dal suo medico e dalla sua suora assistente, con la cannula dell'ossigeno in bocca, e i tratti del volto devastati dalle ombre della morte. Non era l'affanno della pietà; era l'affanno della cupidigia e della paura perché tutti sapevano, entro il palazzo, che non moriva un Papa ma finiva un regno.
Nel salotto privato del Papa, circondato dai porporati più anziani e potenti, dai capi del Sant'Uffizio, delle Missioni, del Tesoro, dei Seminari, il Camerlengo della Chiesa rappresentava l'ultimo anello d'una continuità che stava per spezzarsi definitivamente. Aveva, come sempre, un volto assolutamente inespressivo; non era un uomo ma una carica, una funzione, una pausa del cerimoniale. Ma intorno a quella carica e all'uomo che ci stava dentro si andava tessendo proprio in quelle ore e in quel luogo la trama del conclave. Aloisi Masella, il Camerlengo, fu il primo e forse decisivo mediatore insieme ad Agagianian, il prefetto di propaganda Fide, tra il gruppo dei cardinali stranieri e i curiali. Cominciò di lì la ricerca che si sarebbe conclusa qualche settimana dopo sotto le volte della Sistina con un risultato che avrebbe sconvolto tutti i programmi, di un terzo uomo, un Papa che avrebbe dovuto essere al tempo stesso abbastanza pastorale per assorbire le irrequietezze della cattolicità, abbastanza diplomatico per non dimenticare le leggi del potere, abbastanza umile per restituire al Collegio e agli Episcopati le prerogative che Pacelli aveva confiscato. E abbastanza vecchio per non durare troppo a lungo.
Quando in quell'alba di tuoni e di vento il medico del Papa, Galeazzi Lisi, ne ebbe dichiarato la morte clinica, dignitari, curiali, camerieri segreti, banchieri, politici, fuggirono verso Roma su grandi automobili nere per preparare l'incerto avvenire. Uno stuolo di corvi abbandonava le strutture corrose d'un luogo dal quale una monarchia assoluta aveva governato un paese.
* * *
Il brano che avete letto è tratto da un mio libro intitolato L'autunno della Repubblica del 1969, nel pieno del movimento studentesco. Il capitolo qui citato s'intitola "La fine d'un regno" e racconta appunto la morte di Papa Pacelli, Pio XII, che impersonò per lunghi anni la Chiesa trionfante e combattente che conteneva però fin da allora quella crisi sistemica di cui parla il cattolico Alberto Melloni, uno degli storici della Chiesa più accreditati in questa materia.
Gli avvenimenti in corso segnano il momento culminate di questa crisi: la destituzione di Gotti Tedeschi dalla guida dello Ior, l'arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, la sorda lotta in corso tra le diverse fazioni curiali e anticuriali, la posizione sempre più traballante del Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Infine, la disperazione di Papa Ratzinger, chiuso nelle sue stanze e manifestamente incapace di tener ferma la barra in un mondo pervaso da cupidigie, ambizioni, complotti e contrastanti visioni della Chiesa futura.
Non mi occuperò tuttavia delle inchieste in corso, che il nostro giornale ha già ampiamente trattato in questi giorni e ancora oggi con tutti gli aggiornamenti di cronaca. Mi interessa invece - e spero interessi i nostri lettori - di dare un'occhiata di insieme ai pontificati che si sono susseguiti da Pacelli a Ratzinger. Sono stati attraversati tutti dal filo rosso del confronto tra la Chiesa e la modernità. Perciò questi pontificati meritano una speciale attenzione per capire quale sia l'essenza di questa crisi sistemica che avviene sotto i nostri occhi.
* * *
Il conclave che elesse Giovanni XXIII venne dopo la monarchia assoluta ma molto avveduta di Pio XII, un diplomatico per eccellenza che governò la Chiesa in tempi durissimi, con la guerra in corso e poi a guerra finita con la ricostruzione della democrazia e il governo della Dc degasperiana.
Pacelli ebbe tutti i difetti e tutte le qualità dei grandi pontefici. Abbiamo detto che eccelse nelle capacità diplomatiche e lo dimostrò ampiamente, soprattutto nel tormentatissimo periodo dell'occupazione nazista di Roma. Ma non mancava di pastoralità e neppure di grandi capacità sceniche. È ancora negli occhi di tutti i suoi contemporanei la sua visita al quartiere di San Lorenzo in Roma distrutto dal bombardamento americano, dove la sua veste bianca fu macchiata di sangue quando s'inoltrò tra le rovine per benedire i morti e soccorrere i feriti ancora distesi nelle strade devastate.
Il partito conservatore era anche allora asserragliato in Curia. Il Papa si guardò bene dal disperderlo, anzi lo rafforzò purché si sottomettesse. Decideva lui quando era il caso di farlo emergere o di farlo tacere. Del resto chi parlava per lui era il gesuita padre Lombardi, detto "il microfono di Dio" che combatteva i socialcomunisti a spada sguainata. Un'altra spada era nelle mani di Gedda e dei comitati civici che sconfessavano addirittura la politica di De Gasperi che non fu più ricevuto in Vaticano in udienza privata.
Ma Pacelli era anche nepotista nel senso classico e familista del termine. Era un principe e come tale si comportò e come tutti i principi indulse anche al populismo: riceveva ogni sorta di categorie della società civile: medici, avvocati, giornalisti cattolici, ciclisti e calciatori, casalinghe, poliziotti e militari, attori e operai, imprenditori e barbieri. Il populismo di Berlusconi fa ridere rispetto a quello di Pio XII che ora è in predicato di santità.
* * *
Papa Giovanni fu l'esatto contrario sia pure con alcuni condizionamenti. Fu eletto con una condizione: che restituisse alla Curia la sua indipendenza funzionale. A questo mandato si tenne fedele ma i curiali non avevano messo in conto che il Papa era comunque in grado di procedere a nuove nomine quando la morte avesse aperto vuoti nella gerarchia. C'era bisogno d'un Papa soprattutto pastorale e lo ebbero nel senso più pieno della parola. Giovanni fu molto più pastore che Romano Pontefice. Il fisico lo aiutava e l'eloquio anche ma soprattutto lo aiutò l'anima sua o se volete lo Spirito Santo. Amava i bimbi, le mamme, la famiglia, i poveri, gli esclusi.
Richiamò Montini alla Segreteria di Stato e convocò il Concilio Vaticano II dove affluirono i vescovi di tutto il mondo cattolico. Era passato un secolo dal Vaticano I che si radunò a poca distanza di tempo dalla fine del potere temporale dei Papi. Lì fu proclamato il Papa-Re, infallibile quando parla dalla cattedra, e fu elevata a dogma la verginità di Maria.
Il Vaticano II proclamò invece la necessità che la Chiesa si confrontasse con la modernità. Fu una rivoluzione, avviata ma ovviamente non compiuta. Fu la scelta d'un tema che doveva essere portato avanti a cominciare dalla modernizzazione della Chiesa, lo sconvolgimento della liturgia, la messa recitata nelle lingue correnti e non più in latino, col sacerdote rivolto ai fedeli e non più di spalle; l'apertura del dibattito sul ruolo dei laici e delle donne. Infine, il disinteresse del Vaticano nei confronti della politica italiana e quindi l'autonomia dei cattolici impegnati.
Ma su un punto i curiali avevano visto giusto: nel suo quarto anno di pontificato il Papa si ammalò, nel quinto anno morì.
Ricordo ancora i funerali: una folla immensa che dalla piazza arrivava al Tevere ed oltre, tutte le vie gremite da piazza Cavour e da Villa Pamphili, tutto Borgo Pio. Un Papa come lui non si era visto da gran tempo e non s'è più visto da allora.
* * *
Poi venne Montini. Di dire che ebbe qualità pastorali sarebbe dir troppo. Diplomatico, certo. Di populismo neppure l'ombra. Fu un politico, forse fin troppo. Ma non conservatore.
Il confronto con la modernità non lo portò avanti ma impedì che ci fossero ulteriori arretramenti. Fu un pontificato con fasi drammatiche in quegli anni di piombo culminati con l'assassinio di Aldo Moro, del quale officiò la messa funebre in Laterano.
Fu un Papa di interregno.
Forse Papa Luciani aveva con Papa Giovanni qualche lontana somiglianza ma morì dopo appena un mese. Dopo di lui salì in cattedra un cavallo di razza, un grande, grandissimo attore. Non so se la Chiesa avesse bisogno d'un attore, ma lui lo fu dalla testa ai piedi, nel momento dell'elezione, nel momento dell'attentato, nel momento della rivoluzione in Polonia, nel momento della caduta del Muro, nei suoi viaggi continui intorno al globo, nel Giubileo del 2000 e nella lunga fase della malattia e poi della morte.
Quando il Camerlengo pronunciò il suo nome dopo la fumata bianca dal camino della Sistina, tutta la piazza pensò che avessero eletto un Papa africano. Solo quando si affacciò si capì che era un bianco ma non italiano. "Se mi sbaglio mi corrigerete" ricevette un'ovazione da stadio e così cominciò.
Fino a Solidarnosc e poi alla caduta del Muro di Berlino, Wojtyla fu il Papa della libertà religiosa contro il totalitarismo comunista. In Occidente ebbe l'appoggio dei conservatori, dei liberali, dei democratici. Caduto il comunismo accentuò la sua critica verso il capitalismo ma contemporaneamente represse la "nuova teologia" e l'esperienza dei preti operai. L'indifferenza nei confronti dell'assassinio del vescovo Romero mentre officiava la messa in Salvador fu una delle pagine sgradevoli del suo pontificato, compensata tuttavia dalla sua peregrinazione ininterrotta in tutti gli angoli del mondo dove gli fu possibile arrivare.
Tentò d'avviare la riunificazione delle Chiese cristiane senza tuttavia compiere passi avanti significativi. Riconobbe le colpe storiche della Chiesa a cominciare dall'accusa di deicidio contro gli ebrei e dalla condanna di Galileo e di Giordano Bruno.
L'agonia fu molto lunga e scenicamente grandiosa. Non certo per calcolo ma per autentica vocazione. "Santo subito" fu l'invocazione della folla immensa che anche per lui occupò mezza città.
Un bilancio? I problemi della Chiesa alla sua morte erano gli stessi: potere della gerarchia, emarginazione del popolo di Dio, crisi delle vocazioni, crisi della fede in tutto l'Occidente, nessuna modernizzazione all'interno della Chiesa. Ma una modifica sì, si era nel frattempo verificata: il messaggio del Vaticano II non solo non aveva fatto passi avanti, ma li aveva fatti all'indietro. Non a caso al Conclave i martiniani furono marginalizzati fin dalla prima votazione e dalla seconda emerse Ratzinger mentre Ruini era pronto a intervenire se Ratzinger fosse stato battuto.
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Benedetto XVI non è un grande Papa anche se l'ingegno e la dottrina non gli mancano. Non è un attore, anzi è il suo contrario. Wojtyla aveva un guardaroba grandioso perché tutto era grandioso in lui. Il guardaroba di Ratzinger è invece lezioso perché è il Papa stesso ad esser lezioso, come si veste, come parla, come cammina. Scrive bene, questo sì, i suoi libri sul Cristo si fanno leggere, le sue encicliche non sono prive di aperture ed anche alcuni suoi discorsi. La sua rivalutazione di Lutero ha suscitato sorpresa e qualche speranza di progresso verso la modernità, contraddetto però dalle sue scelte operative, dalla conferma di Sodano in segreteria e poi all'avvicendamento con Bertone: dal mediocre al peggio. Bertone: un Ruini senza l'intelligenza e la duttilità dell'ex vicario ed ex presidente della Cei. La gerarchia è ridiventata onnipotente ma spaccata in molti pezzi. L'ecumenismo è ormai è un fiore appassito anzitempo.
Benedetto XVI ha riesumato in pieno la tomistica di Tommaso d'Aquino con tanti saluti ad Origene, Anselmo d'Aosta e Bernardo. Agostino sembrava uno degli ispiratori di Ratzinger, ma quale Agostino? Il manicheo, il coadiutore di Ambrogio o l'autore delle Confessioni? Agostino fu molte cose insieme arrivando fino a Calvino, a Giansenio e a Pascal. Se volesse dire qualche cosa di veramente attuale Papa Ratzinger dovrebbe dare inizio alla beatificazione di Pascal ma mi rendo conto che nel mondo dei Bertone, della Curia romana e delle attuali Congregazioni, questo sì, sarebbe un gesto radicale verso la modernità. Non lo faranno mai.
Il pontificato lezioso andrà avanti finché potrà, poi non ci sarà il diluvio ma una pioggia da palude piena di rane, zanzare e qualche anitra selvatica. Quanto di peggio per tutti.
(27 maggio 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ref=HREA-1
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Oggi c'erano anche i politici al corteo, Alemanno, Veltroni, ma la famiglia Orlandi ha lottato da sola e,
se non avesse avuto l'appoggio della Sciarelli, De Pedis sarebbe ancora là.
Il papa ha chiesto l'aiuto dello Spirito Santo.
Forse basterebbe che ascoltasse qualche voce dalla base:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 4142.shtml
se non avesse avuto l'appoggio della Sciarelli, De Pedis sarebbe ancora là.
Il papa ha chiesto l'aiuto dello Spirito Santo.
Forse basterebbe che ascoltasse qualche voce dalla base:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 4142.shtml
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Oh, tra l'altro il corteo era stato fermato, poi è stato fatto passare a condizione che venissero ripiegati gli striscioni.
Però ai papa boys del polacco fu consentito di aggredire gente che promuoveva la contraccezione per frenare le malattie e altri problemi connessi.
E oggi la polizia italiana (pagata coi nostri soldi) ferma una manifestazione pacifica ma "scomoda".
E brava la signora ministro dell'interno.
Il Pd chiederà di riferire su quanto accaduto?
Mi sa di no, poi Rosi Bindi si arrabbia, eh...
Però ai papa boys del polacco fu consentito di aggredire gente che promuoveva la contraccezione per frenare le malattie e altri problemi connessi.
E oggi la polizia italiana (pagata coi nostri soldi) ferma una manifestazione pacifica ma "scomoda".
E brava la signora ministro dell'interno.
Il Pd chiederà di riferire su quanto accaduto?
Mi sa di no, poi Rosi Bindi si arrabbia, eh...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
peanuts ha scritto:http://www.corriere.it/cronache/12_magg ... c662.shtml
Io ne avrei veramente, ma veramente, ma veramente le scatole piene.
Trent'anni a farsi dire da un polacco scassapalle cosa dovevamo o non dovevamo fare.
Papa boys che aggredivano la gente che promuoveva la contraccezione.
Ma quando la finiamo?
Siamo uno stato laico o no?
E allora BASTA CON LE INTROMISSIONI.
Una cosa è esprimere un parere legittimo, per carità.
Ma questi signori vogliono CONDIZIONARE. Non ci sto. Basta.
Pd, sveglia! Una volta che si può trovare un accordo trovatelo e fregatevene.
Il cardinal Bagnasco contro "peanuts"
Il nuovo manifesto dei cattolici di Todi
"Determineremo le politiche di governo"
Da La Repubblica di venerdì 25 maggio 2012 - Pagina 13
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
IL CASO
Lettera aperta di Formigoni
"Non cederò a questo ricatto"
Il governatore replica alle accuse contenute nei verbali del faccendiere Daccò
"Questi attacchi continueranno ma falliranno come sono sempre falliti finora"
"Questi attacchi falliranno come sono falliti finora: non cederò al ricatto". Lo sostiene Roberto Formigoni, in una lettera aperta, a proposito delle indiscrezioni sui verbali dell'imprenditore Daccò, in carcere a seguito delle inchieste sulla Fondazione Maugeri e il San Raffaele. "Prosegue con grande clamore la pubblicazione di atti coperti da segreto istruttorio e riguardanti interrogatori di persone detenute - inizia la lettera del governatore lombardo - Verbali che talvolta assumono forme diverse e che sono anche interpretati in maniera diversa a seconda di chi li pubblica".
"Ad esempio - prosegue la lettera - quando Daccò dice 'non ho mai avuto nulla in cambio da Formigoni', è chiaro che intende dire che non ha mai avuto favori in cambio, ma c'è sempre qualcuno che per ricondurre la realtà ai suoi fini lo interpreta come 'non ho avuto da Formigoni rimborso dei soldi anticipati'. Probabilmente - scrive ancora Formigoni - la pubblicazione illegale di tali atti continuerà anche nei prossimi giorni, con sempre nuovi particolari impossibili da verificare. Tali atti non contengono nulla di penalmente rilevante nè a carico mio, nè di miei collaboratori, ma danno spazio a speculazioni e attacchi politici senza precedenti, infondati, che hanno l'evidente scopo di minare la credibilità mia e del governo di Regione Lombardia. Dico subito che questi attacchi falliranno come sono falliti finora: non cederò al ricatto".
Nella sua lettera, il presidente risponde su alcuni punti: "Mi limito a correggere o smentire - scrive Formigoni - alcune delle più importanti falsità che sono state scritte in questi giorni. Primo: sono stato talora ospite sulla barca Ad Maiora di Antonio Simone, amico da 40 anni, sempre su suo invito, spesso in compagnia di parenti o amici di Simone e di Daccò o di loro stessi: qualche weekend di giugno o luglio, alcuni giorni durante le vacanze di agosto. Altro che barche a totale disposizione per mesi e mesi! Secondo: le spese al Meeting di Piero Daccò mi riguardano solo molto parzialmente: ho partecipato a tutte le 31 edizioni del Meeting e sono stato a colazioni o a cene con centinaia di ospiti; con Daccò soltanto 2 o 3 volte in tutto. E basta. Terzo mai stato a Rio de Janeiro con Piero Daccò. Quarto le spese attribuite a Daccò nei resoconti giornalistici non riguardano certo me o solo me".
(27 maggio 2012)
La Repubblica
Lettera aperta di Formigoni
"Non cederò a questo ricatto"
Il governatore replica alle accuse contenute nei verbali del faccendiere Daccò
"Questi attacchi continueranno ma falliranno come sono sempre falliti finora"
"Questi attacchi falliranno come sono falliti finora: non cederò al ricatto". Lo sostiene Roberto Formigoni, in una lettera aperta, a proposito delle indiscrezioni sui verbali dell'imprenditore Daccò, in carcere a seguito delle inchieste sulla Fondazione Maugeri e il San Raffaele. "Prosegue con grande clamore la pubblicazione di atti coperti da segreto istruttorio e riguardanti interrogatori di persone detenute - inizia la lettera del governatore lombardo - Verbali che talvolta assumono forme diverse e che sono anche interpretati in maniera diversa a seconda di chi li pubblica".
"Ad esempio - prosegue la lettera - quando Daccò dice 'non ho mai avuto nulla in cambio da Formigoni', è chiaro che intende dire che non ha mai avuto favori in cambio, ma c'è sempre qualcuno che per ricondurre la realtà ai suoi fini lo interpreta come 'non ho avuto da Formigoni rimborso dei soldi anticipati'. Probabilmente - scrive ancora Formigoni - la pubblicazione illegale di tali atti continuerà anche nei prossimi giorni, con sempre nuovi particolari impossibili da verificare. Tali atti non contengono nulla di penalmente rilevante nè a carico mio, nè di miei collaboratori, ma danno spazio a speculazioni e attacchi politici senza precedenti, infondati, che hanno l'evidente scopo di minare la credibilità mia e del governo di Regione Lombardia. Dico subito che questi attacchi falliranno come sono falliti finora: non cederò al ricatto".
Nella sua lettera, il presidente risponde su alcuni punti: "Mi limito a correggere o smentire - scrive Formigoni - alcune delle più importanti falsità che sono state scritte in questi giorni. Primo: sono stato talora ospite sulla barca Ad Maiora di Antonio Simone, amico da 40 anni, sempre su suo invito, spesso in compagnia di parenti o amici di Simone e di Daccò o di loro stessi: qualche weekend di giugno o luglio, alcuni giorni durante le vacanze di agosto. Altro che barche a totale disposizione per mesi e mesi! Secondo: le spese al Meeting di Piero Daccò mi riguardano solo molto parzialmente: ho partecipato a tutte le 31 edizioni del Meeting e sono stato a colazioni o a cene con centinaia di ospiti; con Daccò soltanto 2 o 3 volte in tutto. E basta. Terzo mai stato a Rio de Janeiro con Piero Daccò. Quarto le spese attribuite a Daccò nei resoconti giornalistici non riguardano certo me o solo me".
(27 maggio 2012)
La Repubblica
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Poi dicono che uno è anticlericalecamillobenso ha scritto:peanuts ha scritto:http://www.corriere.it/cronache/12_magg ... c662.shtml
Io ne avrei veramente, ma veramente, ma veramente le scatole piene.
Trent'anni a farsi dire da un polacco scassapalle cosa dovevamo o non dovevamo fare.
Papa boys che aggredivano la gente che promuoveva la contraccezione.
Ma quando la finiamo?
Siamo uno stato laico o no?
E allora BASTA CON LE INTROMISSIONI.
Una cosa è esprimere un parere legittimo, per carità.
Ma questi signori vogliono CONDIZIONARE. Non ci sto. Basta.
Pd, sveglia! Una volta che si può trovare un accordo trovatelo e fregatevene.
Il cardinal Bagnasco contro "peanuts"
Il nuovo manifesto dei cattolici di Todi
"Determineremo le politiche di governo"
Da La Repubblica di venerdì 25 maggio 2012 - Pagina 13
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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