Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Re: Renzi

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17 mag 2017 16:24

CULATELLO MANNARO

- BERSANI DURISSIMO CONTRO RENZI DOPO L’INTERCETTAZIONE COL PADRE: "RENZI IN QUEI 20 KM TRA PARENTI, AMICI, MAMME, BABBI E CONOSCENZE D’INFANZIA HA CREATO UN GROVIGLIO DI RELAZIONI CHE E' ENTRATO NEL CUORE DEL SISTEMA. E NON VA AFFATTO BENE. IN QUESTA STORIA C’È QUALCUNO CHE NON RACCONTA LA VERITA'"






FILE AUDIO-VIDEO:

http://www.rtl.it/redazione/4/Non_Stop_ ... a_Non_Stop



"Se Renzi l'avesse scippato solo a me non sarebbe un grande problema, ma purtroppo il Pd l'hanno scippato a molti elettori di sinistra che non lo vogliono più votare". Così Pierluigi Bersani di Artico 1, ospite di "Non Stop News" su Rtl 102.5, risponde al conduttore Pierluigi Diaco che gli chiede se sente di essere stato "scippato" del partito che lo stesso Bersani ha contribuito a costruire.


Poi aggiunge: "Mi auguro che il governo Gentiloni arrivi fino al 2018 perchè l'Italia ha molti problemi". Sulla pubblicazione dell'intercettazione tra Renzi e suo padre Tiziano, Bersani dichiara: "In quei 20 km, tra parenti, amici, mamme, babbi e conoscenze d'infanzia, si è creato un groviglio di relazioni che è stato pari pari trasferito a Roma nel cuore del sistema e questo non va affatto bene. Il nostro paese non può stare dietro gli affari di famiglia. Chi fa politica abbia la dignità di dire la verità.



A me non sarebbe mai successo una cosa del genere: ho un fratello chirurgo che non hai mai fatto un concorso in Emilia Romagna perchè io facevo l'amministrarore. Io non mi sarei mai messo in certe condizioni. Adesso, se continua così, verrà fuori un cugino, un altro amico, ecc...C'è qualcuno che in questa storia non la racconta giusta"
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Re: Renzi

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La società dei magnaccioni - Lando Fiorini

Fatece largo che passamo noi

sti giovanotti de' sta Roma bella

semo ragazzi fatti cor pennello

e le ragazze famo innamorà

e le ragazze famo innamorà

Ma che ce frega ma che ce 'mporta

se l'oste ar vino ci ha messo l'acqua

e noi je dimo e noi je famo

c'hai messo l'acqua

nun te pagamo ma però

noi semo quelli

che j'arrisponnemmo 'n coro

e' mejo er vino de li Castelli

de questa zozza società

E si per caso vi è er padron de casa

de botto te la chiede la pigione

e noi jarrispondemo a sor padrone

t'amo pagato e 'n te pagamo più

t'amo pagato e 'n te pagamo più

Che ce arifrega che ce arimporta

se l'oste ar vino ci ha messo l'acqua

e noi je dimo e noi je famo

c'hai messo l'acqua

nun te pagamo ma però

noi semo quelli

che j'arrisponnemmo 'n coro

e' mejo er vino de li Castelli

de questa zozza società

Ce piacciono li polli

li abbacchi e le galline

perché son senza spine

nun so' come er baccala'

La societa' dei magnaccioni

la societa' della gioventù

a noi ce piace de magna e beve

e nun ce piace de lavora'

Portace 'nantro litro

che noi se lo bevemo

e poi jarrisponnemo

embe' embe' che c'è

E quanno er vino embe'

c'arriva al gozzo embe'

ar gargarozzo embe'

ce fa 'n figozzo embe'

pe falla corta pe falla breve

mio caro oste portace da beve

da beve da beve



ADESSO SOSTITUITE LA PAROLA “MAGNACCIONI” CON “PINOCCHIONI”, E CE RISEMO!!!!!


Intercettazioni, il presidente Pd come Berlusconi
“Gogna mediatica? È attacco alla democrazia”

Matteo Orfini accusa il Fatto e ipotizza il complotto. Napolitano: “Quanta ipocrisia”. Ed evoca il bavaglio
“Luca” e vuoti di memoria, 3 domande a Renzi – Lui torna sui social: zitto sulla bugia conclamata su Lillo



Politica
Il presidente del Pd Matteo Orfini sulla telefonata di Matteo Renzi con il padre Tiziano pubblicata il 16 maggio dal Fatto Quotidiano: “Oltre la gogna mediatica, l’unico obiettivo è colpire il principale partito del Paese”. Speranza, esponente di Mdp: “Il Pd ormai usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi”. Ha ragione. Ecco alcune frasi storiche sul tema pronunciate dall’ex Cavaliere
di F. Q.
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Re: Renzi

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PER CHI SUONA LA POLTRONA


Versione riveduta e corretta del celebre film : Per chi suona la campana

Tratto dal romanzo del 1940 di Ernest Hemingway.


Consip, “attacco alla democrazia”: Orfini (Pd) accusa il Fatto. E sulle intercettazioni dice le stesse cose che diceva Berlusconi

di F. Q. | 17 maggio 2017

Politica
Il presidente del Pd sulla telefonata di Matteo Renzi con il padre Tiziano pubblicata il 16 maggio dal nostro giornale: "Oltre la gogna mediatica, l'unico obiettivo è colpire il principale partito del Paese". Speranza, esponente di Mdp: "Il Pd ormai usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi". Ha ragione: "Siamo tutti spiati, questa non è vera democrazia", attaccava il 16 giugno 2010 l'allora leader del Popolo delle Libertà". Napolitano: "Insopportabile violazione della libertà"
di F. Q. | 17 maggio 2017



Più informazioni su: Matteo Orfini, Matteo Renzi, PD, Tiziano Renzi

su: Matteo Orfini, Matteo Renzi, PD, Tiziano Renzi
Martedì aveva usato una cauta ironia. Ventiquattro ore dopo, Matteo Orfini apre il suo arsenale dialettico e rispolvera l’artiglieria: “Credo sia un errore parlare di gogna mediatica – dice il presidente del Pd in un’intervista all’Huffington Post, commentando l’intercettazione della telefonata di Matteo Renzi con il padre Tiziano pubblicata il 16 maggio dal Fatto Quotidiano – perché qui c’è qualcosa di più profondo dell’aggressione al Pd e al suo segretario. Qui c’è qualcosa che riguarda il funzionamento della democrazia italiana e che dovrebbe allarmare tutti quanti. Un attacco alla democrazia“, affonda l’ex Giovane Turco, aggiungendo che “l’unico obiettivo è colpire il principale partito del Paese”. Qualche riga dopo Orfini avalla, quindi, la tesi del complotto ricordando un’intervista rilasciata allo stesso sito il 3 marzo: “Stanno provando a liquidare il Pd”, diceva allora l’ex dalemiano diventato renziano. A cosa si riferiva? Pochi giorni prima Michele Emiliano, allora avversario di Renzi alle primarie, aveva destato scandalo in ambienti dem mostrando a Marco Lillo alcuni sms in cui Luca Lotti invitava il governatore della Puglia a incontrare l’imprenditore Carlo Russo, indagato nell’inchiesta Consip.
“Vi siete messi a parlare come i berlusconiani“, fa notare l’intervistatore a Orfini. Rilevo che poco dopo la pubblicazione dell’intervista arriva da un ex membro del Partito Democratico: “La storia che abbiamo vissuto e pensavamo fosse chiusa, di chi denunciava accanimento delle procure e attacchi alla democrazia, sembra tornare nelle dichiarazioni di Orfini su Consip. E’ sorprendente e dimostra com’è cambiata la natura del Pd”, risponde Roberto Speranza, esponente di Mdp – il Pd ormai usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi qualche anno fa: c’è una strana convergenza tra le affermazioni di autorevoli esponenti Pd e quelle che un tempo faceva Berlusconi”.
Speranza ha ragione. “Questa non è vera democrazia – attaccava il 16 giugno 2010 l’allora leader del Popolo delle Libertà all’Assemblea di Confcommercio, in uno dei suoi numerosi interventi contro le intercettazioni – non c’è la tutela della libertà di parola”. In Italia ”siamo tutti spiati, ci sono 150mila telefoni sotto controllo” e questo è ”intollerabile”, sottolineava Berlusconi. Lo stesso concetto espresso due anni prima: “E’ chiaro che questa non è democrazia – spiegava al telefono il 19 dicembre 2008 a una festa di Forza Italia – in democrazia il bene maggiore è la privacy e la riservatezza”. Il 2 ottobre 2009, poi, tornava ad argomentare: “In una democrazia la privacy e la riservatezza sono un bene primario di ogni cittadino – spiegava alla Festa della Libertà di Benevento – perché il primo diritto è quello della privatezza e della inviolabilità delle conversazioni e corrispondenza: in Italia questo diritto non è tutelato e posso dire anzi che è quasi calpestato, le intercettazioni sono una patologia tutta italiana“.
Nella polemica interviene, e a gamba tesa, anche Giorgio Napolitano. Evocando il bavaglio: “Tutti adesso gridano contro l’abuso delle intercettazioni e l’abuso della pubblicazione – sottolinea l’ex presidente della Repubblica – un’ipocrisia paurosa perché è una questione aperta da anni e anni con sollecitazioni frequenti e molto forti da parte delle alte istituzioni. Io personalmente ho messo il dito in questa piaga e non c’è mai stata una manifestazione di volontà politica per concordare provvedimenti che avessero messo termine a questa insopportabile violazione della libertà dei cittadini, dello stato di diritto e degli equilibri istituzionali”. Come a dire: ve lo avevo detto quando ero capo dello Stato di intervenire, ma non lo avete fatto.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... a/3593313/
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Re: Renzi

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QUESTA USCITA ESTEMPORANEA DI NAPOLITANO RICHIEDE UNA RIFLESSIONE POLITICA



Napolitano a gamba tesa:
"Da Renzi ipocrisia paurosa"


Re Giorgio contro l'ex premier: "Tutti adesso gridano all'abuso delle intercettazioni. Ma non fecero nulla per fermarle"

di Chiara Sarra

1 ora fa
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Re: Renzi

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Media & Regime

Consip: il figlio, il padre e noi

di Antonello Caporale | 17 maggio 2017

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Il bunga bunga, ricordate? Per denigrare la stampa che ne rivelò l’esistenza fu definito voyeurismo giornalistico, fu bollato come l’età evolutiva del giornalista moralista e ipocrita, fu spiegato che non avesse nulla di penalmente rilevante e dunque valesse solo a suscitare intrigo morboso e curiosità sfacciata. Fu scelta come definizione la “gogna mediatica”, lama che trafigge l’incolpevole di turno.

Le serate del bunga bunga svelarono invece un tratto identitario di Silvio Berlusconi. Altro che giudizio morale! In gioco non c’erano i suoi gusti sessuali, le abitudini di casa e ogni altro aspetto privato del tutto privo di interesse pubblico. In gioco c’era la bandiera italiana che Berlusconi (nessun altro premier si è permesso di imitarlo per fortuna) volle issare sul portone di casa sua, trasformando le mura domestiche in una residenza ufficiale abitata e frequentata da decine e decine di persone, molte delle quali pubblici ufficiali. In gioco c’erano i ricatti – che in seguito avremmo visto quanto persuasivi – verso il presidente del Consiglio dei ministri da parte di persone senza molti scrupoli, in gioco ci fu la sua immagine e quella del Paese che rappresentava. E i ricatti – magari conosciuti anche da terzi – rendevano più forte o più debole Berlusconi? Più autorevole o meno?





Oggi, come ieri, la storia si ripete. Si derubrica a innocente e privata la conversazione di un figlio con un padre – anch’essa irrilevante ai fini penali – conducendola nell’orlo della sempiterna gogna. Dimenticando colpevolmente che quella conversazione, grazie al lavoro e alle capacità di Marco Lillo, rivela l’istantanea di un grumo di potere e di affari, l’opacità di un padre – genitore dell’ex premier – e il terrore di un figlio – in corsa per il bis – nel disvelarla.

Non si era detto che tirare in ballo il nome di Tiziano Renzi nella vicenda Consip era un modo, obliquo e giornalisticamente vergognoso, di gettare fango sul figlio, tirarlo dentro un guaio, coinvolgerlo in una inchiesta pur di fargli del male?






La telefonata, organizzata o meno, pianificata o no, è così utile e giornalisticamente preziosa perché riscatta la verità di quei giornali, anzitutto il Fatto Quotidiano, che avevano riferito del coinvolgimento di Tiziano Renzi. E’ proprio il figlio che teme le bugie del padre, il figlio che sospetta che neanche a lui la verità abbia voluta dirla e continui a tacerla (“non dire bugie”). E’ il figlio che chiede di non coinvolgere anche la mamma, è il figlio che lo accusa di stare dentro “il giro di merda” degli adoratori della madonnina di Medjugorje.

E’ dunque non solo il Fatto Quotidiano ma anche Matteo, il figlio, che sospetta del padre, ed è infine il figlio che ha paura che quell’iperattivismo (traffico di influenze?) sia nocivo per la propria carriera politica.

E’ Matteo Renzi che ristabilisce la verità elementare: Tiziano Renzi è finito nell’inchiesta Consip grazie al proprio talento. Di Tiziano il merito di infilarsi nei guai, frequentare le persone sbagliate, incontrare alla bettola o al bar chi non dovrebbe.

Aver pubblicato questa telefonata – ancorché penalmente irrilevante – è una medaglia al merito, è il contributo più rilevante che un giornalista può dare alla conoscenza dell’opinione pubblica. Ciascuno potrà giudicare e valutare. Ma ora si sa con certezza quel che fino a ieri era l’incerto, il plausibile, il probabile. Cos’altro deve fare un giornalista?
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Re: Renzi

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LA TRAGICOMMEDIA ALL'ITALIANA



IlFattoQuotidiano.it / Politica




Consip, sulle intercettazioni è lite nel Pd tra Napolitano e Orfini. “Insinuazioni malevole”. “Ti sbagli, tutto vero”

Politica


Il presidente Dem ricorda che l'allora senatore a vita non salì sulle barricate quando, nel dicembre 2005, il Giornale pubblicò il dialogo tra Fassino e Consorte sulla scalata di Unipol a Bnl ("Abbiamo una banca?"). L'ex capo dello Stato ribatte: "Ecco i documenti". Ma Orfini non ci sta: "Grazie, ma sono relativi a un periodo successivo". E ha ragione: le prime dichiarazioni sul tema risalgono a dopo l'ingresso al Quirinale

di F. Q. | 18 maggio 2017

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Più informazioni su: Giorgio Napolitano, Matteo Orfini, Unipol


Il presidente del Pd Matteo Orfini contro l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. Oggetto del contendere, ancora una volta, la pubblicazione sul Fatto Quotidiano della telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano sulla vicenda Consip. Mercoledì Napolitano, intervenendo nella polemica su quella che Orfini aveva definito “gogna mediatica”, ha rivendicato di avere “da anni” messo “il dito nella piaga” di “questa insopportabile violazione della libertà dei cittadini, dello stato di diritto e degli equilibri istituzionali”. Ma Orfini non ci sta e ricorda che l’allora senatore a vita non salì sulle barricate quando, il 31 dicembre 2005, sul Giornale comparve la conversazione in cui il segretario Ds Piero Fassino chiedeva all’ad di Unipol Giovanni Consorte (impegnato a scalare Bnl) “Abbiamo una banca?“. Napolitano ribatte e chiede le sue scuse. È Orfini, però, ad avere ragione.


Il deputato Pd giovedì ha ritwittato un commento che ricordava: “La ‘pubblicazione a strascico’ di intercettazioni irrilevanti e/o illegali parte col caso Unipol. E non ricordo altolà di Napolitano, allora”. Immediata la reazione dell’ex inquilino del Colle, che ha fatto sapere di aver “inviato all’onorevole Matteo Orfini, incerto nella memoria ma pronto ad alimentare insinuazioni malevole, dei riferimenti documentali relativi a quel che dichiarai circa le ‘pubblicazioni di intercettazioni irrilevanti sul caso Unipol”. “Lo ringrazio”, ha risposto a stretto giro Orfini, “per avermi inviato privatamente documenti che ho letto con attenzione. Pur tuttavia sono relativi a un periodo successivo a quello a cui facevo riferimento io. Non ho alcuna difficoltà nel riconoscere un’evoluzione positiva nel pensiero del Presidente e un’impeccabile fermezza sul tema, soprattutto durante la sua presidenza. Ma nel periodo a cui mi riferivo le cose andarono diversamente. Allora eravamo dirigenti di un altro partito e avemmo posizioni differenti al riguardo. Non vedo cosa ci sia di malevolo nel ricordarlo”.

E in effetti gli archivi dell’Ansa gli danno ragione. Nel gennaio 2006 l’ex esponente Pci, nominato senatore a vita nel settembre 2005, si limitò a commentare la vicenda Unipol nel merito. Ammonendo la sinistra a “non scegliere di parteggiare per uno dei soggetti dando l’impressione di avere propri punti di riferimento o di volersi dotare di leve di intervento per influire sugli assetti di potere”. Solo dopo l’elezione al Colle, il 15 maggio 2006, Napolitano prese esplicitamente posizione sulle intercettazioni. Il 28 settembre, per esempio, durante la consegna del premio Saint Vincent disse ai giornalisti che l’unico limite della libertà di stampa sta “nel comune impegno contro l’illegalità compresa la violazione del diritto alla privacy”.

Il 5 ottobre 2007, durante un convegno sul tema all’Università Bocconi, ribadì che la loro disciplina ”impone l’accorto bilanciamento tra diverse esigenze, collegate, in particolare, alla necessità di accertamento dei reati, alla tutela della sfera di riservatezza individuale, al rispetto del segreto investigativo e del diritto di cronaca”. Bisogna però aspettare il successivo 22 novembre per un intervento più tranchant: “Le intercettazioni sarebbe bene che restassero dove devono restare, in linea di principio, almeno fino a che c’è il segreto istruttorio”. Posizione che negli anni della presidenza rafforzò ulteriormente: il 20 luglio 2009, nel giorno in cui l’Espresso divulgava in esclusiva sul suo sito le conversazioni tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la escort Patrizia D’Addario, ammonì a trovare ”soluzioni appropriate e il più possibile condivise” (in Parlamento era in discussione una riforma) per mettere fine alla ”spettacolarizzazione delle vicende giudiziarie e dei processi”. E chiese ai media di ”a non farsi condizionare dal timore della concorrenza nello scandalismo, anche il più volgare”.
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Re: Renzi

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19 mag 2017 17:02

MARIA ELENA TI SCRIVO… LA COSTAMAGNA FA LE PULCI ALLA BOSCHI SUL CASO ETRURIA: PERCHE’ NON ARRIVA LA QUERELA A DE BORTOLI? PERCHE’ NON DIFENDE LA SUA ONORABILITA' IN TRIBUNALE? RICORDI COSA HAI DETTO PER LA CANCELLIERI? “NON CI POSSONO ESSERE CORSIE PREFERENZIALI PER GLI AMICI DEGLI AMICI”…







Luisella Costamagna per il Fatto Quotidiano



» Commenti
venerdì 19/05/2017

Banca Etruria, quello della Boschi è un silenzio-assenso


di Luisella Costamagna | 19 maggio 2017


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Cara Maria Elena Boschi, a una settimana dalla rivelazione di De Bortoli sulla sua presunta richiesta all’ad di Unicredit di acquistare Banca Etruria (“Domanda inusuale da parte di un membro del governo all’amministratore delegato di una banca quotata”, scrive nel suo libro), il direttore conferma e si augura che la sua querela arrivi e non sia solo un annuncio.



video :04:25
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... la-boschi/



L’altro protagonista, Ghizzoni, non smentisce e usa parole – le sole consentite dal vincolo di riservatezza che lo lega alla sua ex Unicredit – che suonano chiaramente come una conferma indiretta:
1) “Normale che politici e banchieri si parlino, specie nelle situazioni di crisi”; perché avrebbe dovuto dirlo se non vi foste parlati?
2) “Adesso non parlo, perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo”; quindi se parlasse confermerebbe De Bortoli, solo questo avrebbe conseguenze sul governo;
3) “Sono disposto a rispondere a tutte le domande della commissione parlamentare d’inchiesta. Ho letto che partirà presto, mi auguro sia vero”; anche lui sembra aver fretta di chiarire come sono andate le cose. Tutti, tranne lei.

Perché dopo aver smentito piccata la richiesta di acquistare Banca Etruria, ma confermato l’incontro con Ghizzoni (già questo pone una domanda cruciale: perché un ministro per le Riforme costituzionali e i Rapporti col Parlamento – rapporti col Parlamento non con le banche – per di più in conflitto d’interessi, avendo il padre vicepresidente di una banca, avrebbe dovuto incontrare l’ad della principale banca italiana, quotata in Borsa?), ha detto di aver messo tutto nelle mani dei suoi legali (nientemeno che l’ex ministro Severino, che sarebbe stato bello veder difendere i risparmiatori truffati, dalla parte degli ultimi invece che dei primi) perché “la misura è colma”, ma dopo l’annuncio di querela niente.

Cara Boschi, tra vero e falso tertium non datur, allora chi dice la verità tra lei e De Bortoli? Lui conferma, lei perché fugge? Se sono menzogne, perché non difende in tribunale la sua onorabilità? In mancanza di risposte chiare non possiamo non pensare che lei davvero sia intervenuta presso Ghizzoni (e non nascondiamoci dietro il “nessuna pressione politica”, perché la parola di un ministro è sempre e comunque “premente”), che la sua querela non arriverà perché altrimenti l’ex ad sarà sentito come testimone e confermerà De Bortoli, e non vedremo neanche la fantomatica commissione d’inchiesta sulle banche, annunciata da un anno e mezzo e mai realizzata (fa il paio con la sua promessa di lasciare la politica se al referendum avesse vinto il No).

Senza chiarezza non possiamo non pensare al suo conflitto d’interessi (che peraltro lei stessa ammise, uscendo dal Cdm che salvò anche la banca del suo babbo), che mentì al Parlamento e agli italiani in quel dicembre 2015, quando disse che non si era mai occupata di Etruria e non c’era stato nessun favoritismo nei confronti di suo padre, se no “sarei la prima a dimettermi” e che “l’immagine di un Paese in cui ci sono corsie preferenziali per gli amici degli amici”, da lei rinfacciata all’ex ministro Cancellieri quando ne chiese le dimissioni, si riflette in lei con eguale conclusione: la necessità di fare un passo indietro.

Un cordiale saluto.
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Re: Renzi

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Lillo sfida Renzi: “L’aspetto
a un confronto tv sui fatti”


Lunedì 22 Maggio 2017 | IL FATTO QUOTIDIANO |



Subito, di corsa. Pinocchio Mussoloni si sta facendo la barba, per essere pronto tra un ora e mezzo (le 05,00) davanti agli studi di Salsa Rubra.
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Re: Renzi

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Giustizia & Impunità
Consip, a scuola da Renzi per imparare a fare i furbi


• 515


Più informazioni su: Consip, Il Fatto Quotidiano, Maria Elena Boschi, Matteo Renzi, PD

Daniela Gaudenzi
Esperta di giustizia, liberacittadinanza.it
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Alla scuola politica del PdR, intitolata senza imbarazzo a Pier Paolo Pasolini, quella che forma le nuove promesse del partito che hanno come bussola l’impareggiabile percorso di Maria Elena Boschi e dunque sono già in direzione come la diciannovenne Arianna Furi, Matteo Renzi doveva dire qualcosa di particolarmente memorabile su Consip o meglio contro l’inchiesta, tacendo tenacemente sui fatti.
Ai giovani che ambiscono all’onore di sedere prima o poi accanto a personalità come Ernesto Carbone, Alessandra Moretti o Micaela Campana, quella che ai pm di Mafia Capitale ha risposto 39 volte “non ricordo” e inviava baci al “grande capo” Salvatore Buzzi, il segretario del partito ha ritenuto di non dare nemmeno qualche parvenza di risposta sull’affollamento e l’attivismo di parenti ed amici targati “Giglio Magico” attorno a Consip e Banca Etruria. E tanto meno ha ritenuto di entrare nel merito per fugare gli elementari dubbi che suscitano anche nell’ascoltatore ben disposto alcuni passaggi cruciali della conversazione tra lui e il padre alla vigilia dell’interrogatorio di Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze. La pubblicazione della telefonata, scandalosa in quanto “illegale“, viene evocata solo per parlar d’altro, per additare il presunto dibattito sulle intercettazioni come “arma di distrazione di massa” e per mettere sul banco degli imputati, pur senza nominarli direttamente, il pubblico ufficiale del Noe Scafarto, “il braccio” che ha compiuto materialmente le presunte falsificazioni, e più ancora “la mente” il Pm anticamorra, Henry Woodcock, che le avrebbe commissionate.
Il duo di “malfattori” che rappresenta, mutatis mutandis, una riedizione aggiornata della coppia diabolica De Magistris-Genchi contro cui si era scatenata tutta la filiera partitico-mediatica ai tempi di Why Not, viene accusato senza perifrasi dall’ex presidente del Consiglio di essere “un pezzo delle istituzioni che fabbrica prove false contro rappresentanti delle istituzioni”. Non importa che riguardo alla telefonata tra Renzi jr e Renzi senior, a caldo, lo stesso Matteo avesse esultato per “l’autogol” dei “manettari” del Fatto e si fosse autocompiaciuto per la bellissima figura di figlio che incita il padre maneggione a dire la verità, tutta la verità anche se si guarda bene dall’approfondire il riferimento a Luca, presumibilmente Lotti tuttora ministro, chiamato da lui in causa senza dare alcuna spiegazione.
Ma il fatto che Renzi e tutta la sua “magica” costellazione facciano a gara a chi la spara più grossa per dimostrare che il Pd non è succube del “giustizialismo” denunciando con parole di fuoco “il complotto in atto” (il segretario), “l’attacco alla democrazia” (Matteo Orfini, il presidente), “l’accanimento giudiziario” (Gennaro Migliore, il sottosegretario alla giustizia), “il dolo di una strategia concepita a tavolino” (Alessia Morani, vicecapogruppo già responsabile giustizia del Pd) non è solo una riconferma delle affinità con l’ex sodale del Nazareno ma anche una buona premessa per il dopo voto. Non a caso in questi giorni ci sono indizi sempre concreti sull’intesa Pd-FI per una legge elettorale che li “costringerebbe” ad un governo di coalizione.
In questo contesto è davvero molto difficile immaginare che Matteo Renzi, a parole sempre aperto a qualsiasi confronto, accetti la sfida che gli ha lanciato, anche dal salone di Torino Marco Lillo autore Di padre in figlio, diventato oggetto di attacchi concentrici a prescindere dal contenuto,

cioè dai fatti, da parte del mondo dell’informazione non meno che dalla politica.
02:58

Ma più ancora delle reazioni politico-mediatiche che sono ormai da molto tempo omologate e spesso indistinguibili nei confronti dei giornalisti e ancora di più dei magistrati “troppo zelanti”, a sconcertare sono le non reazioni o le condanne più o meno implicite da parte delle istituzioni, dei colleghi, delle associazioni di categoria e dell’organo di autogoverno, come ha rilevato in una solitudine più assoluta del solito Marco Travaglio sul Fatto di domenica 21.
Il riferimento è al trattamento riservato a Woodcock, già oggetto del procedimento disciplinare da parte del Pg della Cassazione Pasquale Ciccolo (non prepensionato a differenza di molti coetanei) e che i renziani vorrebbero a tutti i costi mettere sotto la lente degli ispettori ministeriali. Intanto, mentre il Csm prende tempo si è pronunciato il vice presidente Giovanni Legnini (Pd) in un’intervista molto rilassata con il sempreverde Giovanni Minoli affermando che responsabili della fuga di notizie sono sempre i pm o la polizia giudiziaria, con la postilla, non irrilevante che “anche quando è responsabile la polizia giudiziaria c’è una sorta di silenzio assenso da parte dei pm che procedono”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... i/3600156/
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Re: Renzi

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27 mag 2017 15:04


AVVISO AI NAVIGATI: “REPUBBLICA” SI SCHIERA CONTRO RENZI SULLE ELEZIONI ANTICIPATE


- CALABRESI: “SONO PERICOLOSE E SEMBRANO UN MODO PER NON CHIARIRE POSIZIONI E ALLEANZE, MA SOLO PER SOTTOPORRE AI CITTADINI UN NUOVO REFERENDUM: VOLETE ME O GRILLO? UNA SORTA DI RIVINCITA SUL REFERENDUM COSTITUZIONALE CON LA SPERANZA CHE FUNZIONI ANCHE IN ITALIA L'EFFETTO MACRON”




Mario Calabresi per “la Repubblica”

Le elezioni anticipate sono sbagliate, sarebbero un errore pericoloso e una mossa sconsiderata. Eppure stanno prendendo quota in questi giorni, tanto da non essere più da considerarsi come un gioco di immaginazione ma come una possibilità reale. Chi le vuole ha già cominciato a diffondere una seducente narrativa, che parla la lingua dell' efficienza e del buon senso.



La tesi fatta circolare in queste ore dai fautori del ricorso alle urne suona più o meno così: «Cosa può fare realmente questo governo? Non vedete che è ormai paralizzato e senza spinta propulsiva e con una maggioranza sempre meno unita? Meglio votare subito per dare un nuovo esecutivo capace di rilanciare il Paese». C' è sicuramente del vero in questa posizione ma le cose non sono così semplici e lineari e soprattutto non si prendono minimamente in considerazione le conseguenze del gesto.


Votare subito significherebbe sciogliere le Camere quest' estate, fare le liste e cominciare la campagna elettorale prima ancora che riaprano le scuole, ma soprattutto rinviare l'approvazione della manovra. Quest' ultimo dato è cruciale e non può essere sottovalutato. Con le elezioni a ottobre non riusciremmo ad avere un Parlamento nel pieno delle sue funzioni prima di novembre e con l' attuale frammentazione partitica (che ci regalerà perlomeno cinque aree politiche) la formazione di un governo, ma prima di tutto di una maggioranza, sarà operazione complicatissima se non quasi impossibile.



Pensare che in queste condizioni si sia in grado di approvare una legge di bilancio è un pericoloso azzardo. Non approvare la manovra significa andare all' esercizio provvisorio e questo vuol dire mandare un messaggio forte e chiaro al mondo e agli speculatori: l' Italia ha non solo il debito pubblico più alto di tutta Europa ma quest' anno non indica nemmeno cosa vuole fare con i suoi conti. La prima conseguenza certa sarebbe l' entrata in vigore delle cosiddette clausole di salvaguardia, a partire dall' aumento automatico dell' Iva al 25 per cento.

Molti indicatori mostrano finalmente i segni di una ripresa (certamente debole e insufficiente se paragonata al resto del Continente), lo si legge nelle richieste di prestiti per investimenti fatta dalle aziende così come nella crescita dei mutui per comprare case. L'aumento dell' Iva avrebbe l' effetto immediato di tornare a gelare i consumi, con conseguenze depressive.



Teniamo poi conto del fatto che sembra ineluttabile un disimpegno della Banca centrale europea negli acquisti di titoli di stato, cosa che da sola stimolerà un incremento dello spread. Sommare questi ingredienti ci porta su una strada pericolosa, dalle conseguenze imprevedibili e, pur senza evocare l' arrivo della Troika a commissariarci, possiamo ben dire che sarebbe una mossa sconsiderata. Abbiamo bisogno di tutto questo?


Abbiamo bisogno di una accelerazione innaturale dettata prima di tutto dalla necessità di tornare sulla scena, in un abbraccio francamente imbarazzante, di Renzi e Berlusconi?

L'Italia ha bisogno di normalità, non di emergenza, non di ulteriori rotture e accelerazioni. La scadenza naturale è già alle porte, la legislatura finirà a febbraio dell' anno prossimo, si può e si deve votare all' inizio della primavera, in quella stagione in cui lo si è sempre fatto nella nostra storia. Non è certo una questione di tradizioni, è una questione di sana prudenza e di senso di responsabilità.



Di fronte al richiamo alla prudenza si potrebbe rispondere portando l' esempio britannico: Theresa May ha indetto nuove elezioni all' improvviso, senza troppi riti e tentennamenti. Ma in quel caso l' intenzione è di confermare una maggioranza che c'è già, sperando di rafforzarla per darle l' autorità necessaria ad affrontare le trattative per l'uscita dall' Europa. Da noi si tratta invece di accelerare la rincorsa per un salto nel buio.


Dobbiamo allora rassegnarci a vivere nella palude e trascinarci stancamente fino all' inizio del prossimo anno? No. Questi mesi di fine legislatura potrebbero invece essere preziosi, si potrebbe con buon senso sfruttarli per portare a termine una serie di riforme necessarie.


Si potrebbe provare a uscire dalla palude approvando quei provvedimenti che sono in attesa di un voto finale, si va dalla cittadinanza ai ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, una saggia risposta di inclusione in tempi di paure e terrorismo, alle liberalizzazioni, alle norme sul fine-vita, alle riforme su prescrizioni dei processi e regole delle intercettazioni fino all' inserimento nel nostro ordinamento del reato di tortura.

E dovrebbe essere il tempo per preparare un programma politico degno di questo nome. Che idee hanno il partito democratico e il suo segretario per il futuro dell'Italia? Su che basi pensano si possa costruire una grande coalizione? Oggi è tutto nebuloso, indistinto, e le elezioni anticipate, o forse sarebbe più giusto chiamarle "elezioni accelerate", sembrano un modo per non chiarire posizioni e alleanze, ma solo per sottoporre ai cittadini un nuovo referendum: volete me o Grillo?


Una sorta di rivincita sul referendum costituzionale con la speranza che funzioni anche in Italia l' effetto Macron. Nello stesso tempo non abbiamo chiaro cosa vogliono i 5 Stelle. Sappiamo che propongono di non rubare e non è poco, ma questo non è un programma politico: è una precondizione necessaria.



VIA COL VENTO RENZI E BERLUSCONI
VIA COL VENTO RENZI E BERLUSCONI

ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE LA VISIONE

http://www.dagospia.com/mediagallery/Da ... 521599.htm


Ma che intenzioni hanno sull' euro, l' Europa, l' immigrazione, le politiche sociali, le alleanze internazionali? Abbiamo il diritto di saperlo prima di andare alle urne, così come abbiamo il diritto di conoscere il nome del candidato premier. C' è già sufficiente oscurità in un movimento che è guidato da un blogger, che resta chiuso in casa sua e rifiuta ogni rito democratico di confronto, e da una società inaccessibile di consulenze informatiche.



E poi chi è Berlusconi oggi, cosa vuole: intende tornare a sottoscrivere un patto con la Lega oppure si è inventato una nuova vita da spalla di Renzi e del Pd?

E Pisapia? Come si riorganizzerà e con quali idee e prospettive l' area che sta a sinistra del Pd? Sono risposte necessarie, fondamentali per provare a costruire una legislatura che non sia l' ennesima occasione sprecata. I cittadini hanno diritto ad essere informati e poter esprimere un voto consapevole. L' unica cosa decente e preziosa che possiamo augurarci è di sottrarci all' ordalia. Non abbiamo voglia di una resa dei conti fatta sulla nostra pelle.
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