Renzi
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Re: Renzi
..FORZA MERLI....
Bevevano i nostri padri,
bevevan le nostre madri,
e noi che figli siamo beviam beviam beviamo
e noi che figli siamo beviam beviam beviam
POTREMMO SOSTITUIRLA CON:
Bevevano i nostri padri,
bevevan le nostre madri,
e noi che merli siamo beviam beviam beviamo
e noi che merli siamo beviam beviam beviam
Palazzi & Potere | Di T. Mackinson
Manovrina, l’emendamento Pd ripristina
doppi incarichi per 143mila politici locali
Via il divieto previsto da Monti nel 2012
Bevevano i nostri padri,
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Manovrina, l’emendamento Pd ripristina
doppi incarichi per 143mila politici locali
Via il divieto previsto da Monti nel 2012
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Re: Renzi
UncleTom ha scritto:Titolo dalla terza pagina de "LA STAMPA", oggi in edicola:
La rabbia di Angelino:
"Renzi è un serial killer"
Il ministro: "Si illude di governare con Berlusconi
non ce la farà. Ma l'unica chance resta Calenda
«Renzi è un serial killer», sibila con i suoi Angelino Alfano dopo il teso incontro al Nazareno con il segretario del Pd che non è disposto a ritoccare e abbassare lo sbarramento dal 5% al 4%. Una percentuale che farebbe fuori il partito del ministro degli Esteri. E non solo. L’ex premier, forte dell’accordo con i 5 Stelle e Forza Italia, lascia al loro destino gli alleati che però non intendono uscire dal governo: sarebbe un regalo al leader del Pd che dovrà mettere le impronte digitali sulla s...continua
AMEDEO LA MATTINA
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Re: Renzi
LA FIGLIA SEGRETA DI RENZUSCONI????????
Neonata "cammina" pochi minuti dopo la nascita: le immagini lasciano senza parole
1/52
Il Mattino
16 ore fa
CONDIVIDI
Ha pochi minuti di vita e già inizia a camminare. Una neonata ha lasciato tutti senza parole dopo aver mostrato quanta forza possano avere i bambini anche piccolissimi. Il filmato viene dal Brasile e mostra un'infermiera tenere la piccola, nata da pochissimo, con un braccio mentre lei muove le gambine come se stesse camminando.
© Scansione
Nel video si sente la voce della mamma che esclama incredula: «Mia figlia sa già camminare», poi si sentono gli altri infermieri e le ostetriche stupite, mentre la donna che lo tiene in braccio afferma ironicamente: «Vorrei farle il bagno, ma continua a tenere le gambine rigide e non vuole fare altro che camminare.
Il video, dolce, ma anche molto divertente, è diventato ben presto virale, come riporta anche il Sun. Solitamente un bambino impiega un anno di vita per imparare a muovere i primi passi, ma sembra che la bimba voglia bruciare le tappe. Indubbiamente, farà molta strada di questo passo.
ALTRO SU MSN:
Il primo shampoo, la reazione della neonata è favolosa (Corriere Tv)
Neonata "cammina" pochi minuti dopo la nascita: le immagini lasciano senza parole
1/52
Il Mattino
16 ore fa
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Ha pochi minuti di vita e già inizia a camminare. Una neonata ha lasciato tutti senza parole dopo aver mostrato quanta forza possano avere i bambini anche piccolissimi. Il filmato viene dal Brasile e mostra un'infermiera tenere la piccola, nata da pochissimo, con un braccio mentre lei muove le gambine come se stesse camminando.
© Scansione
Nel video si sente la voce della mamma che esclama incredula: «Mia figlia sa già camminare», poi si sentono gli altri infermieri e le ostetriche stupite, mentre la donna che lo tiene in braccio afferma ironicamente: «Vorrei farle il bagno, ma continua a tenere le gambine rigide e non vuole fare altro che camminare.
Il video, dolce, ma anche molto divertente, è diventato ben presto virale, come riporta anche il Sun. Solitamente un bambino impiega un anno di vita per imparare a muovere i primi passi, ma sembra che la bimba voglia bruciare le tappe. Indubbiamente, farà molta strada di questo passo.
ALTRO SU MSN:
Il primo shampoo, la reazione della neonata è favolosa (Corriere Tv)
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Re: Renzi
LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.
Un Macron italiano: i poteri forti vogliono sostituire Renzi
Scritto il 31/5/17 • nella Categoria: idee Condividi
Girano voci, riprese da giornali come il “Foglio”, su chi potrebbe essere il Macron italiano in un prossimo futuro. I nomi più gettonati sono tre: lo scontatissimo Mario Draghi, il ministro dell’interno Marco Minniti e l’editore Urbano Cairo. «Dire Macron – sottolinea Aldo Giannuli – significa dire una cosa: un nuovo partito “liquido” (anzi gassoso) che si presenti come “né di destra né di sinistra”, ma “della nazione”, raccolto intorno ad un personaggio con simpatie trasversali e che si presenti in rottura delle tradizioni politiche precedenti». Di solito, aggiunge il politologo dell’ateneo milanese, «questi discorsi preparano un partito di destra», sostanzialmente «tutto interno al sistema neoliberista», non nuovo ma «solo ben truccato». Ma chi potrebbe interpretare questo ruolo? E con quali probabilità di successo? Soprattutto: che impatto ha già, sul sistema, il semplice fatto che se ne parli? Per Giannuli, in pole position è saldamente il supremo tecnocrate della Bce, che Gioele Magaldi (nel libro “Massoni”, del 2014) presenta come autorevole leader della supermassoneria internazionale reazionaria, espressione dell’élite neo-feudale che, con l’ideologia del rigore, ha azzerato gli storici diritti sociali conquistati negli anni ‘70.
Minniti? «Sembra solo una boutade», scrive Giannuli nel suo blog. «Anche se Macron non era esattamente vergine di impegno politico, essendo stato più volte ministro, Minniti è una vecchia stella del varietà che calca le scene da un quarto di secolo: a spacciarlo per nuovo non riuscirebbe nemmeno Paolo Rossi in preda al brandy». E poi il ministro dell’interno «non ha nemmeno “le phisique du role”: dote essenziale di questi nuovi politici è di essere giovani e bellocci». La vera novità sarebbe invece Cairo, che non è giovanissimo ma «ha un esercito mediatico dietro le spalle, una immagine di successo». Inoltre «non si è mai compromesso né a destra né a sinistra (o meglio: né con Berlusconi né con Renzi) e potrebbe andar bene per tutte le stagioni». Ma sia Draghi che Cairo, aggiunge Giannuli, non è detto che ci stiano: il primo potrebbe puntare verso il Fmi o altro incarico finanziario di livello mondiale, il secondo «potrebbe avere la tentazione di essere un nuovo Murdoch e consolidare a livello europeo il suo ruolo di grande tycoon: e fare il presidente del Consiglio in Italia, con i tempi che arrivano, non è che sia una prospettiva così eccitante».
Possibilità di successo della manovra? «Intanto dobbiamo vedere quanto dura la popolarità del Macron originale, cosa della quale è lecito dubitare», continua Giannuli. «Ma poi, sono anni che dura questa infatuazione esterofila degli italiani che di volta in volta hanno cercato il Blair italiano, il Sarkozy italiano, lo Zapatero italiano, persino lo Tsipras italiano (e qualcuno ci ha addirittura intestato la sua lista elettorale), ma la cosa non ha mai prodotto particolari risultati, proprio per il carattere artificiale ed effimero del tentativo». Copione che non cambierà nemmeno stavolta: probabilmente sforneranno «un prodotto vendibile fra gli elettori italioti», la platea del “Partito della Nazione” già ventilato da Renzi. Piuttosto, Giannuli si concentra sul motivo di queste voci insistenti: può significare che «i poteri forti e le centrali di sistema non si fidino più di Renzi e diano per spacciato Berlusconi che, con i suoi 80 suonati, non ha più prospettive neanche di medio periodo». Si cerca «qualcosa di apparentemente nuovo, che rompa anche con l’ombra delle tradizionali famiglie politiche», considerando che «i partiti della Seconda Repubblica furono pallide imitazioni di quelli della Prima».
La vera novità, ragiona Giannuli, «è la liquidazione dei partiti come forme di partecipazione organizzata stabilmente sul territorio, sostituiti dal ruolo di personalità apparentemente carismatiche». Ma oggi nessuno degli aspiranti a questo ruolo sarebbe pronto per le prossime elezioni, per cui «la prossima legislatura sarà solo un intermezzo per permettere la costituzione dei nuovi soggetti e sgombrare il terreno da quelli attuali». Tutto questo, conclude Giannuli, «ha come suo avversario dichiarato il M5S (il “populismo” italiano)». Ma la manovra di riassetto dei poteri forti «probabilmente si avventerà prima di tutto sulla Lega, la cui presenza è di forte disturbo ad una operazione del genere». In altre parole, queste «sono le doglie del parto della Terza Repubblica». E nessuno (a parte Salvini con i suoi slogan) si prenota per l’unica vera battaglia utile: affrontare di petto la distorsione dell’assetto Ue, con Bruxelles che impone agli Stati i suoi diktat, suggeriti dall’élite finanziaria. Lo stesso Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt, sta pensando a un nuovo soggetto politico, il Partito Democratico Progressista, guidato da un economista come Nino Galloni. «La prima cosa da fare? Eliminare il pareggio di bilancio dalla Costituzione, andare a Bruxelles e dire, a muso duro: o riscriviamo i trattati europei, o l’Italia abbandona l’Ue».
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Un Macron italiano: i poteri forti vogliono sostituire Renzi
Scritto il 31/5/17 • nella Categoria: idee Condividi
Girano voci, riprese da giornali come il “Foglio”, su chi potrebbe essere il Macron italiano in un prossimo futuro. I nomi più gettonati sono tre: lo scontatissimo Mario Draghi, il ministro dell’interno Marco Minniti e l’editore Urbano Cairo. «Dire Macron – sottolinea Aldo Giannuli – significa dire una cosa: un nuovo partito “liquido” (anzi gassoso) che si presenti come “né di destra né di sinistra”, ma “della nazione”, raccolto intorno ad un personaggio con simpatie trasversali e che si presenti in rottura delle tradizioni politiche precedenti». Di solito, aggiunge il politologo dell’ateneo milanese, «questi discorsi preparano un partito di destra», sostanzialmente «tutto interno al sistema neoliberista», non nuovo ma «solo ben truccato». Ma chi potrebbe interpretare questo ruolo? E con quali probabilità di successo? Soprattutto: che impatto ha già, sul sistema, il semplice fatto che se ne parli? Per Giannuli, in pole position è saldamente il supremo tecnocrate della Bce, che Gioele Magaldi (nel libro “Massoni”, del 2014) presenta come autorevole leader della supermassoneria internazionale reazionaria, espressione dell’élite neo-feudale che, con l’ideologia del rigore, ha azzerato gli storici diritti sociali conquistati negli anni ‘70.
Minniti? «Sembra solo una boutade», scrive Giannuli nel suo blog. «Anche se Macron non era esattamente vergine di impegno politico, essendo stato più volte ministro, Minniti è una vecchia stella del varietà che calca le scene da un quarto di secolo: a spacciarlo per nuovo non riuscirebbe nemmeno Paolo Rossi in preda al brandy». E poi il ministro dell’interno «non ha nemmeno “le phisique du role”: dote essenziale di questi nuovi politici è di essere giovani e bellocci». La vera novità sarebbe invece Cairo, che non è giovanissimo ma «ha un esercito mediatico dietro le spalle, una immagine di successo». Inoltre «non si è mai compromesso né a destra né a sinistra (o meglio: né con Berlusconi né con Renzi) e potrebbe andar bene per tutte le stagioni». Ma sia Draghi che Cairo, aggiunge Giannuli, non è detto che ci stiano: il primo potrebbe puntare verso il Fmi o altro incarico finanziario di livello mondiale, il secondo «potrebbe avere la tentazione di essere un nuovo Murdoch e consolidare a livello europeo il suo ruolo di grande tycoon: e fare il presidente del Consiglio in Italia, con i tempi che arrivano, non è che sia una prospettiva così eccitante».
Possibilità di successo della manovra? «Intanto dobbiamo vedere quanto dura la popolarità del Macron originale, cosa della quale è lecito dubitare», continua Giannuli. «Ma poi, sono anni che dura questa infatuazione esterofila degli italiani che di volta in volta hanno cercato il Blair italiano, il Sarkozy italiano, lo Zapatero italiano, persino lo Tsipras italiano (e qualcuno ci ha addirittura intestato la sua lista elettorale), ma la cosa non ha mai prodotto particolari risultati, proprio per il carattere artificiale ed effimero del tentativo». Copione che non cambierà nemmeno stavolta: probabilmente sforneranno «un prodotto vendibile fra gli elettori italioti», la platea del “Partito della Nazione” già ventilato da Renzi. Piuttosto, Giannuli si concentra sul motivo di queste voci insistenti: può significare che «i poteri forti e le centrali di sistema non si fidino più di Renzi e diano per spacciato Berlusconi che, con i suoi 80 suonati, non ha più prospettive neanche di medio periodo». Si cerca «qualcosa di apparentemente nuovo, che rompa anche con l’ombra delle tradizionali famiglie politiche», considerando che «i partiti della Seconda Repubblica furono pallide imitazioni di quelli della Prima».
La vera novità, ragiona Giannuli, «è la liquidazione dei partiti come forme di partecipazione organizzata stabilmente sul territorio, sostituiti dal ruolo di personalità apparentemente carismatiche». Ma oggi nessuno degli aspiranti a questo ruolo sarebbe pronto per le prossime elezioni, per cui «la prossima legislatura sarà solo un intermezzo per permettere la costituzione dei nuovi soggetti e sgombrare il terreno da quelli attuali». Tutto questo, conclude Giannuli, «ha come suo avversario dichiarato il M5S (il “populismo” italiano)». Ma la manovra di riassetto dei poteri forti «probabilmente si avventerà prima di tutto sulla Lega, la cui presenza è di forte disturbo ad una operazione del genere». In altre parole, queste «sono le doglie del parto della Terza Repubblica». E nessuno (a parte Salvini con i suoi slogan) si prenota per l’unica vera battaglia utile: affrontare di petto la distorsione dell’assetto Ue, con Bruxelles che impone agli Stati i suoi diktat, suggeriti dall’élite finanziaria. Lo stesso Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt, sta pensando a un nuovo soggetto politico, il Partito Democratico Progressista, guidato da un economista come Nino Galloni. «La prima cosa da fare? Eliminare il pareggio di bilancio dalla Costituzione, andare a Bruxelles e dire, a muso duro: o riscriviamo i trattati europei, o l’Italia abbandona l’Ue».
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Re: Renzi
GLI ITALIANI SEGUACI DELLA RELIGIONE BUNGA-BUNGA, NON SOLO SONO MASOCHISTI, MA SONO ATTRATTI DALLA SODOMIA CONTINUATA, PRATICATA A TUTTO SPIANO DAL GRAN SACERDOTE SU VASTA SCALA.
POLITICA
Abbiamo provato Bob, la nuova app del Partito Democratico. Ed è un disastro totale
Il Pd ha pubblicato il nuovo software per smartphone che, nelle intenzioni di Matteo Renzi, dovrebbe essere la risposta alle strategie digitali del Movimento 5 Stelle. Ma, al momento, è solo un prodotto malfunzionante
DI FABIO CHIUSI
31 maggio 2017
Il "primo passo" del progetto Bob è realtà. Ed è un passo falso. La nuova applicazione per smartphone del Partito Democratico è pubblicizzata nell’app store come "un ecosistema digitale unico, inclusivo, collaborativo e, per chi lo vuole, la possibilità di essere protagonista". Ma è una fake news, come direbbe Matteo Renzi. Perché, nelle versione disponibile al lancio, non lo è.
Le aspettative erano alte. Il segretario democratico, dopo l’annuncio al Lingotto, aveva presentato Bob come la "controffensiva" web del Pd contro i Cinque Stelle e la loro "piattaforma" - lo stesso termine usato dall’ex premier - Rousseau. Un tentativo di sedurre l’elettorato più giovane, quello cioè più esposto alle campagne a base di hashtag e memi del movimento di Beppe Grillo.
E una mossa ambiziosa, dunque, che cerca di combattere il M5S sfondando nel suo territorio: la propaganda sui social network, la democrazia digitale, l’organizzazione "dal basso" - ma, anche e soprattutto, una consapevolezza più forte dell’influsso degli smartphone nella formazione del consenso. Per Renzi, come per tutti i liberal dell’Occidente, significa puntare il dito contro i portatori (malsani) di "post-verità" e "fake news", il tempo cioè e i modi in cui il vero si confonde scientificamente al falso, per fare engagement. BOB nasce "contro le falsità di chi ha fatto credere che fosse politica far diventare virali le fake news, guadagnandoci con la pubblicità",scriveva nell’enews del 2 maggio . E chi se non i Cinque Stelle?
E dove, se non sui social network, sugli iPhone? Renzi sembra essersi convinto siano soprattutto questi ultimi, i luoghi da pattugliare. E allora eccolo dotarsi di una app personale. Ecco la app del PD.
Una buona idea? Difficile dirlo, perché è difficile capire quale idea, esattamente, ci sia dietro la sua realizzazione. Sono le Pagine Gialle dei circoli locali del partito? D’accordo, non sono cliccabili ma ci sono. È un’altra sede per i comunicati e i video del governo, o la propaganda di governo? Bene, grazie, ma preferisco il giornalismo. Oppure è uno strumento di fact-checking, come nella sezione dedicata a sbufalare la "fake del giorno", immancabilmente di provenienza grillina? Non sembra esserci la terzietà richiesta.
È uno strumento di partecipazione? Ecco, questo vorrebbe essere. Ma, almeno nella sua incarnazione iniziale, manca clamorosamente di soddisfare le potenzialità di coinvolgimento democratico di uno strumento come una app per smartphone del 2017.
La sezione "Partecipa" è un catalogo di orrori. A partire dalla premessa: per entrare in quella che Renzi definisce "una porta aperta a tutti" bisogna in realtà per forza rispondere affermativamente, sempre in un click, al comando: "Accetti la carta dei valori e intendi votare PD?"
Io accetto, mentendo, e mi trovo di fronte a tre sezioni. Lancio "Le idee di oggi" dal mio iPhone e appaiono alcune notizie e annunci di governo con un pollice verso e uno in alto. A dire: "mi piace", "non mi piace". Accanto c’è una piccola "i", dove ottengo alcune informazioni in più. Ma poche.
Insomma, è la tanto detestata click democracy che il PD ha sempre imputato a Grillo - solo, peggiore, perché per esempio il sistema non mi consente di cliccare sui due pollici - un bug di cui naturalmente non conosco l’estensione - ma soprattutto non mi fornisce abbastanza informazioni su cosa sto valutando, e perché. A volte poi l’italiano è terribilmente faticoso; altre compaiono gli asili nido "pubblici privati", e non si capisce se manca una congiunzione o una contrapposizione.
"Approvata la legge per il contrasto del ‘cyberbullismo’", dice per esempio una voce. Segue un riassunto di - letteralmente - sette righe, una trentina di parole in tutto. Nessun link alla norma; nessuna possibilità di approfondimento della notizia; nessuna possibilità di confronto sui dettagli. Solo "mi piace" o "non mi piace". E queste sarebbero le "idee", penso.
Poi si arriva ai "sondaggi", e qui Bob è già in autoanalisi e mi chiede cosa penso di lui, della sua stessa esistenza. "Cosa ti aspetti da questa app?", domanda, e le risposte sono a numero chiuso, quattro - ma di nuovo, per un fastidioso bug, non riesco a completare di leggere nemmeno quali siano le mie opzioni di risposta. Clicco, ma la frase resta sospesa: "Soprattutto notizie e informa…" lo capisco; "Soprattutto aggiornamento d…", invece, no. Scelgo a caso e passo oltre. Anzi, "Si è verificato un problema", dice un alert, "Riprova più tardi".
Le domande nei sondaggi non si leggono per intero.
Quando cerco di inviare le risposte restituisce un errore.#Bobpic.twitter.com/TOJv7R52fj
— Fabio Chiusi (@fabiochiusi) 30 maggio 2017
Quando poi mi riesce di completarlo, scopro che il sondaggio è fatto di tre domande identiche: che ti aspetti da Bob, che ti aspetti da questa app - che peraltro, in un climax di confusione e genio involontario, si chiama a sua volta Bob - e soprattutto, "ti piacerebbe poterti iscrivere al PD via app?"
"Con questa?", vorrei poter rispondere. Ma non posso, e anche se potessi leggere le possibili risposte, non potrei inviarle al sistema a causa dell’errore di sistema. Anche qui, grazie per la sezione in cui tenete in conto la mia opinione, scriverei - se potessi commentare.
Poi c’è "condividiamo": una serie di ulteriore propaganda renziana-governativa però immediatamente condivisibile su Facebook.
Un focus sulle #magliettegialle.
Degli eventi di cui non si capisce l’orario, perché ci si confonde con l’ora - ben visibile, invece - in cui ne è stata data notizia. Nessun luogo è cliccabile. Nessuna integrazione con le mappe del cellulare. Nessun link attivo. Niente.
Fine della partecipazione.
Anzi, no. Cliccando su un aeroplano di carta in alto, in home, si accede a "Proponi". Pensi: chissà che avrà inventato il PD, dopo anni di critiche affilatissime ai meccanismi dell’iperdemocrazia di Casaleggio, quella dei "plebisciti" sul blog, delle epurazioni, dei complottismi e delle bufale. Poi di fronte ti trovi un banale form, come quelli di qualunque sito di tutta Internet, con titolo e spazio per scrivere la proposta. E "Invia". A chi? "Alla redazione". Come la valuterà? Chi altro la valuterà? Chi è "la redazione"? Che peso avranno le mie parole?
Non si sa. Da anni si ripetono esempi, sempre più ben documentati in letteratura, di danni prodotti da falsa partecipazione, promesse di "inclusione" in mirabolanti utopie digitali che poi si traducono in meri strumenti propagandistici all’interno di una campagna di immagine e comunicazione.
Vale anche per il M5S, che tuttavia propone un’alternativa molto più strutturata, per quanto criticabile; capace di creare community, e dunque consenso.
Bob, o quanto ne sappiamo finora, mostra che il PD ha fatto scarso tesoro delle sue stesse critiche agli odiati avversari a Cinque Stelle; e che se è chiaro quanto ne detesti la visione, manca ancora di qualunque "piattaforma" strutturata che ne possa incarnare una diversa.
Perché magari Bob evolverà in modi innovativi e inediti. Diventando una sorta di canale per palinsesti di propaganda video in streaming, con veri e propri format televisivi - come nell’idea di Renzi. Collegando in qualche modo in una rete sociale, e in una app, le organizzazioni locali, rendendone la comunicazione più efficiente. O magari stupendoci con qualche software partecipativo degno dell’era in cui la sofisticazione raggiunge e supera Liquid Feedback.
Ma per ora ci sono bug grossolani. E gli utenti, sui social network, se ne accorgono eccome - come dimostra lo spettacolare fallimento delle stesse ore di un meme pubblicato dal PD su Facebook, in cui la propaganda riporta un passaggio del New York Times sull’addio di Francesco Totti ma lo strumentalizza dimenticando di riportare che le affermazioni riguardano l’ultimo decennio, non la sola Virginia Raggi.
Poi fanno i convegni sulle fake news https://t.co/tkQeRIXMfu
— Valigia Blu (@valigiablu) 30 maggio 2017
Ecco: al momento, chiudendo la app resta solo la stessa sensazione di inganno.
http://espresso.repubblica.it/visioni/t ... =HEF_RULLO
POLITICA
Abbiamo provato Bob, la nuova app del Partito Democratico. Ed è un disastro totale
Il Pd ha pubblicato il nuovo software per smartphone che, nelle intenzioni di Matteo Renzi, dovrebbe essere la risposta alle strategie digitali del Movimento 5 Stelle. Ma, al momento, è solo un prodotto malfunzionante
DI FABIO CHIUSI
31 maggio 2017
Il "primo passo" del progetto Bob è realtà. Ed è un passo falso. La nuova applicazione per smartphone del Partito Democratico è pubblicizzata nell’app store come "un ecosistema digitale unico, inclusivo, collaborativo e, per chi lo vuole, la possibilità di essere protagonista". Ma è una fake news, come direbbe Matteo Renzi. Perché, nelle versione disponibile al lancio, non lo è.
Le aspettative erano alte. Il segretario democratico, dopo l’annuncio al Lingotto, aveva presentato Bob come la "controffensiva" web del Pd contro i Cinque Stelle e la loro "piattaforma" - lo stesso termine usato dall’ex premier - Rousseau. Un tentativo di sedurre l’elettorato più giovane, quello cioè più esposto alle campagne a base di hashtag e memi del movimento di Beppe Grillo.
E una mossa ambiziosa, dunque, che cerca di combattere il M5S sfondando nel suo territorio: la propaganda sui social network, la democrazia digitale, l’organizzazione "dal basso" - ma, anche e soprattutto, una consapevolezza più forte dell’influsso degli smartphone nella formazione del consenso. Per Renzi, come per tutti i liberal dell’Occidente, significa puntare il dito contro i portatori (malsani) di "post-verità" e "fake news", il tempo cioè e i modi in cui il vero si confonde scientificamente al falso, per fare engagement. BOB nasce "contro le falsità di chi ha fatto credere che fosse politica far diventare virali le fake news, guadagnandoci con la pubblicità",scriveva nell’enews del 2 maggio . E chi se non i Cinque Stelle?
E dove, se non sui social network, sugli iPhone? Renzi sembra essersi convinto siano soprattutto questi ultimi, i luoghi da pattugliare. E allora eccolo dotarsi di una app personale. Ecco la app del PD.
Una buona idea? Difficile dirlo, perché è difficile capire quale idea, esattamente, ci sia dietro la sua realizzazione. Sono le Pagine Gialle dei circoli locali del partito? D’accordo, non sono cliccabili ma ci sono. È un’altra sede per i comunicati e i video del governo, o la propaganda di governo? Bene, grazie, ma preferisco il giornalismo. Oppure è uno strumento di fact-checking, come nella sezione dedicata a sbufalare la "fake del giorno", immancabilmente di provenienza grillina? Non sembra esserci la terzietà richiesta.
È uno strumento di partecipazione? Ecco, questo vorrebbe essere. Ma, almeno nella sua incarnazione iniziale, manca clamorosamente di soddisfare le potenzialità di coinvolgimento democratico di uno strumento come una app per smartphone del 2017.
La sezione "Partecipa" è un catalogo di orrori. A partire dalla premessa: per entrare in quella che Renzi definisce "una porta aperta a tutti" bisogna in realtà per forza rispondere affermativamente, sempre in un click, al comando: "Accetti la carta dei valori e intendi votare PD?"
Io accetto, mentendo, e mi trovo di fronte a tre sezioni. Lancio "Le idee di oggi" dal mio iPhone e appaiono alcune notizie e annunci di governo con un pollice verso e uno in alto. A dire: "mi piace", "non mi piace". Accanto c’è una piccola "i", dove ottengo alcune informazioni in più. Ma poche.
Insomma, è la tanto detestata click democracy che il PD ha sempre imputato a Grillo - solo, peggiore, perché per esempio il sistema non mi consente di cliccare sui due pollici - un bug di cui naturalmente non conosco l’estensione - ma soprattutto non mi fornisce abbastanza informazioni su cosa sto valutando, e perché. A volte poi l’italiano è terribilmente faticoso; altre compaiono gli asili nido "pubblici privati", e non si capisce se manca una congiunzione o una contrapposizione.
"Approvata la legge per il contrasto del ‘cyberbullismo’", dice per esempio una voce. Segue un riassunto di - letteralmente - sette righe, una trentina di parole in tutto. Nessun link alla norma; nessuna possibilità di approfondimento della notizia; nessuna possibilità di confronto sui dettagli. Solo "mi piace" o "non mi piace". E queste sarebbero le "idee", penso.
Poi si arriva ai "sondaggi", e qui Bob è già in autoanalisi e mi chiede cosa penso di lui, della sua stessa esistenza. "Cosa ti aspetti da questa app?", domanda, e le risposte sono a numero chiuso, quattro - ma di nuovo, per un fastidioso bug, non riesco a completare di leggere nemmeno quali siano le mie opzioni di risposta. Clicco, ma la frase resta sospesa: "Soprattutto notizie e informa…" lo capisco; "Soprattutto aggiornamento d…", invece, no. Scelgo a caso e passo oltre. Anzi, "Si è verificato un problema", dice un alert, "Riprova più tardi".
Le domande nei sondaggi non si leggono per intero.
Quando cerco di inviare le risposte restituisce un errore.#Bobpic.twitter.com/TOJv7R52fj
— Fabio Chiusi (@fabiochiusi) 30 maggio 2017
Quando poi mi riesce di completarlo, scopro che il sondaggio è fatto di tre domande identiche: che ti aspetti da Bob, che ti aspetti da questa app - che peraltro, in un climax di confusione e genio involontario, si chiama a sua volta Bob - e soprattutto, "ti piacerebbe poterti iscrivere al PD via app?"
"Con questa?", vorrei poter rispondere. Ma non posso, e anche se potessi leggere le possibili risposte, non potrei inviarle al sistema a causa dell’errore di sistema. Anche qui, grazie per la sezione in cui tenete in conto la mia opinione, scriverei - se potessi commentare.
Poi c’è "condividiamo": una serie di ulteriore propaganda renziana-governativa però immediatamente condivisibile su Facebook.
Un focus sulle #magliettegialle.
Degli eventi di cui non si capisce l’orario, perché ci si confonde con l’ora - ben visibile, invece - in cui ne è stata data notizia. Nessun luogo è cliccabile. Nessuna integrazione con le mappe del cellulare. Nessun link attivo. Niente.
Fine della partecipazione.
Anzi, no. Cliccando su un aeroplano di carta in alto, in home, si accede a "Proponi". Pensi: chissà che avrà inventato il PD, dopo anni di critiche affilatissime ai meccanismi dell’iperdemocrazia di Casaleggio, quella dei "plebisciti" sul blog, delle epurazioni, dei complottismi e delle bufale. Poi di fronte ti trovi un banale form, come quelli di qualunque sito di tutta Internet, con titolo e spazio per scrivere la proposta. E "Invia". A chi? "Alla redazione". Come la valuterà? Chi altro la valuterà? Chi è "la redazione"? Che peso avranno le mie parole?
Non si sa. Da anni si ripetono esempi, sempre più ben documentati in letteratura, di danni prodotti da falsa partecipazione, promesse di "inclusione" in mirabolanti utopie digitali che poi si traducono in meri strumenti propagandistici all’interno di una campagna di immagine e comunicazione.
Vale anche per il M5S, che tuttavia propone un’alternativa molto più strutturata, per quanto criticabile; capace di creare community, e dunque consenso.
Bob, o quanto ne sappiamo finora, mostra che il PD ha fatto scarso tesoro delle sue stesse critiche agli odiati avversari a Cinque Stelle; e che se è chiaro quanto ne detesti la visione, manca ancora di qualunque "piattaforma" strutturata che ne possa incarnare una diversa.
Perché magari Bob evolverà in modi innovativi e inediti. Diventando una sorta di canale per palinsesti di propaganda video in streaming, con veri e propri format televisivi - come nell’idea di Renzi. Collegando in qualche modo in una rete sociale, e in una app, le organizzazioni locali, rendendone la comunicazione più efficiente. O magari stupendoci con qualche software partecipativo degno dell’era in cui la sofisticazione raggiunge e supera Liquid Feedback.
Ma per ora ci sono bug grossolani. E gli utenti, sui social network, se ne accorgono eccome - come dimostra lo spettacolare fallimento delle stesse ore di un meme pubblicato dal PD su Facebook, in cui la propaganda riporta un passaggio del New York Times sull’addio di Francesco Totti ma lo strumentalizza dimenticando di riportare che le affermazioni riguardano l’ultimo decennio, non la sola Virginia Raggi.
Poi fanno i convegni sulle fake news https://t.co/tkQeRIXMfu
— Valigia Blu (@valigiablu) 30 maggio 2017
Ecco: al momento, chiudendo la app resta solo la stessa sensazione di inganno.
http://espresso.repubblica.it/visioni/t ... =HEF_RULLO
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Re: Renzi
Dalla prima pagina di oggi de LA STAMPA:
La direzione Pd approva la proposta: astenuti 33 orlandiani. Alfano: aggregherò il centro e supereremo il 5%
Renzi: il candidato premier sarò io
“Sì al sistema tedesco anche se non era la nostra idea”. Intesa per votare la legge elettorale il 7 luglio
La direzione Pd approva la proposta: astenuti 33 orlandiani. Alfano: aggregherò il centro e supereremo il 5%
Renzi: il candidato premier sarò io
“Sì al sistema tedesco anche se non era la nostra idea”. Intesa per votare la legge elettorale il 7 luglio
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Re: Renzi
31 mag 2017 13:35
da non perdere fotomontaggio di dagospia:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 148913.htm
Il Duce e la nuova Claretta Petacci
IL DUCETTO vuole TORNARE A PALAZZO CHIGI. CE LA FARA’? CON LE LARGHE INTESE NON E’ DETTO
– NELLA TRATTATIVA DOPO IL VOTO, BERLUSCONI LANCERA’ CALENDA (IL MINISTRO SI STA AGITANDO DA MATTI), CON IL RISCHIO DI BRUCIARLO
– A QUEL PUNTO LE PREFERENZE DEL COLLE RICADREBBERO NUOVAMENTE SUL GRIGIO GENTILONI. E PER RENZI SI APRIREBBE LA FARNESINA
Federico Geremicca per La Stampa
«Un ritorno al passato. Ma sì, lo conosco il ritornello: col proporzionale si torna all’antico. È una stupidaggine, perché il ritorno al passato è accaduto il 4 dicembre non oggi, con l’adozione di un sistema elettorale che, date le condizioni, è il migliore possibile. Non è la legge che avrei voluto, certo: ma il resto rischiava di esser peggio». Sono le 9 della sera e, prima ancora di replicare in Direzione, Matteo Renzi ha un po’ di cose da chiarire.
La prima riguarda, appunto, il tramonto dell’era del maggioritario, e perfino di quella vocazione maggioritaria che fu l’acqua con la quale venne battezzata - giusto dieci anni fa - la nascita del Pd. Quella scelta politico-strategica produsse (è storia) la crisi del governo Prodi: precisamente come oggi la scelta inversa - quella del proporzionale alla tedesca - sta segnando la fine dell’esecutivo Gentiloni.
«Bellissima la vocazione maggioritaria: condivisi quell’intuizione con entusiasmo - annota Renzi -. Ma poi bisogna fare i conti con la realtà: quando abbiamo potuto praticarla? Prodi per governare ha avuto bisogno di Mastella. E Letta, io e Gentiloni abbiamo dovuto chiedere aiuto a Berlusconi prima e ad Alfano e a Verdini poi. Questa è la verità, altro che le ricostruzioni di comodo che sento in giro».
Né avrebbe prodotto risultati tener duro, andare al braccio di ferro, difendere fino all’ultimo la scelta maggioritaria. «Avremmo finito per votare col sistema consegnatoci dalla Corte Costituzionale - assicura il leader pd -. E tradito l’appello di Mattarella, che ha chiesto una nuova legge e omogeneità tra Camera e Senato. Ripeto: il sistema tedesco non è ciò a cui puntava il Pd: ma alla fine i conti si fanno con quel che c’è, con quel che è possibile. E quel che c’è permetterà ai democratici - giura il segretario - di fare una buona campagna elettorale».
Lo schema, secondo Renzi, è chiaro: «Sarà una partita a quattro: volete Renzi, Di Maio, Berlusconi o Salvini? E in Parlamento ci saranno quattro o al massimo cinque gruppi. Si vota, si contano i consensi e poi ci si allea per fare un governo». Detta così, sembra tutto perfetto: ma il rischio di fare una campagna elettorale sotto il tiro incrociato di Grillo e dei “sovranisti” - che già ora gridano all’inciucio Pd-Forza Italia - non è troppo alto per il Pd?
«Quello è un ritornello che avrebbero intonato comunque. Andiamo alla sostanza, invece: quasi l’80 per cento del Parlamento voterà la nuova legge - dice Renzi -. È un risultato che era impensabile. Da questo punto di vista si può esser soddisfatti. E spero lo sia anche il presidente Mattarella. Chi mi dipingeva come uno che non sa unire, ora farà fatica. Noi, intanto, ci prepariamo ad una grande campagna elettorale. Con la soglia al 5% punteremo sul voto utile e ovunque sarà possibile sul territorio faremo liste civiche con personalità indipendenti, uomini e donne della società civile».
Dunque: il sistema tedesco non è il preferito, ma Renzi già ragiona su una sorta di “istruzioni per l’uso” della legge in gestazione. Strano, piuttosto, che sottovaluti un aspetto che - pure - dovrebbe stargli a cuore: la scelta del capo del governo. E sì che amici e compagni di partito hanno già lanciato l’allarme: «Attento Matteo, che per fare maggioranza con noi c’è chi chiederà che non sia tu a guidare l’esecutivo». Nella Prima Repubblica funzionava così.
Un pericolo davvero? Renzi non sembra pensarlo. Oppure non ha voglia di parlarne. Ma ad insistere si capisce quale sarà la linea sulla quale si attesterà: «Il sistema tedesco - dice - significa sistema tedesco: e quindi il segretario del primo partito è il candidato a guidare il governo». Inutile insistere, invece, su elezioni anticipate e data del voto. Renzi si cuce la bocca: ma che si debbano aprire le urne il prima possibile, per lui è nient’altro che un sottinteso.
da non perdere fotomontaggio di dagospia:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 148913.htm
Il Duce e la nuova Claretta Petacci
IL DUCETTO vuole TORNARE A PALAZZO CHIGI. CE LA FARA’? CON LE LARGHE INTESE NON E’ DETTO
– NELLA TRATTATIVA DOPO IL VOTO, BERLUSCONI LANCERA’ CALENDA (IL MINISTRO SI STA AGITANDO DA MATTI), CON IL RISCHIO DI BRUCIARLO
– A QUEL PUNTO LE PREFERENZE DEL COLLE RICADREBBERO NUOVAMENTE SUL GRIGIO GENTILONI. E PER RENZI SI APRIREBBE LA FARNESINA
Federico Geremicca per La Stampa
«Un ritorno al passato. Ma sì, lo conosco il ritornello: col proporzionale si torna all’antico. È una stupidaggine, perché il ritorno al passato è accaduto il 4 dicembre non oggi, con l’adozione di un sistema elettorale che, date le condizioni, è il migliore possibile. Non è la legge che avrei voluto, certo: ma il resto rischiava di esser peggio». Sono le 9 della sera e, prima ancora di replicare in Direzione, Matteo Renzi ha un po’ di cose da chiarire.
La prima riguarda, appunto, il tramonto dell’era del maggioritario, e perfino di quella vocazione maggioritaria che fu l’acqua con la quale venne battezzata - giusto dieci anni fa - la nascita del Pd. Quella scelta politico-strategica produsse (è storia) la crisi del governo Prodi: precisamente come oggi la scelta inversa - quella del proporzionale alla tedesca - sta segnando la fine dell’esecutivo Gentiloni.
«Bellissima la vocazione maggioritaria: condivisi quell’intuizione con entusiasmo - annota Renzi -. Ma poi bisogna fare i conti con la realtà: quando abbiamo potuto praticarla? Prodi per governare ha avuto bisogno di Mastella. E Letta, io e Gentiloni abbiamo dovuto chiedere aiuto a Berlusconi prima e ad Alfano e a Verdini poi. Questa è la verità, altro che le ricostruzioni di comodo che sento in giro».
Né avrebbe prodotto risultati tener duro, andare al braccio di ferro, difendere fino all’ultimo la scelta maggioritaria. «Avremmo finito per votare col sistema consegnatoci dalla Corte Costituzionale - assicura il leader pd -. E tradito l’appello di Mattarella, che ha chiesto una nuova legge e omogeneità tra Camera e Senato. Ripeto: il sistema tedesco non è ciò a cui puntava il Pd: ma alla fine i conti si fanno con quel che c’è, con quel che è possibile. E quel che c’è permetterà ai democratici - giura il segretario - di fare una buona campagna elettorale».
Lo schema, secondo Renzi, è chiaro: «Sarà una partita a quattro: volete Renzi, Di Maio, Berlusconi o Salvini? E in Parlamento ci saranno quattro o al massimo cinque gruppi. Si vota, si contano i consensi e poi ci si allea per fare un governo». Detta così, sembra tutto perfetto: ma il rischio di fare una campagna elettorale sotto il tiro incrociato di Grillo e dei “sovranisti” - che già ora gridano all’inciucio Pd-Forza Italia - non è troppo alto per il Pd?
«Quello è un ritornello che avrebbero intonato comunque. Andiamo alla sostanza, invece: quasi l’80 per cento del Parlamento voterà la nuova legge - dice Renzi -. È un risultato che era impensabile. Da questo punto di vista si può esser soddisfatti. E spero lo sia anche il presidente Mattarella. Chi mi dipingeva come uno che non sa unire, ora farà fatica. Noi, intanto, ci prepariamo ad una grande campagna elettorale. Con la soglia al 5% punteremo sul voto utile e ovunque sarà possibile sul territorio faremo liste civiche con personalità indipendenti, uomini e donne della società civile».
Dunque: il sistema tedesco non è il preferito, ma Renzi già ragiona su una sorta di “istruzioni per l’uso” della legge in gestazione. Strano, piuttosto, che sottovaluti un aspetto che - pure - dovrebbe stargli a cuore: la scelta del capo del governo. E sì che amici e compagni di partito hanno già lanciato l’allarme: «Attento Matteo, che per fare maggioranza con noi c’è chi chiederà che non sia tu a guidare l’esecutivo». Nella Prima Repubblica funzionava così.
Un pericolo davvero? Renzi non sembra pensarlo. Oppure non ha voglia di parlarne. Ma ad insistere si capisce quale sarà la linea sulla quale si attesterà: «Il sistema tedesco - dice - significa sistema tedesco: e quindi il segretario del primo partito è il candidato a guidare il governo». Inutile insistere, invece, su elezioni anticipate e data del voto. Renzi si cuce la bocca: ma che si debbano aprire le urne il prima possibile, per lui è nient’altro che un sottinteso.
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