Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Terrorismo, caos al Senato: prima governo battuto con i voti di Ap e Verdiniani. Poi manca il numero legale
Politica
Brutto messaggio per la maggioranza di governo, sconfitta 102 a 91 su un emendamento al ddl in discussione a Palazzo Madama. Falanga (Ala): "Non eravamo d'accordo". Zanda (Pd): "Si tratta di un'evidentissima manovra politica".Brunetta (Fi): "Primo pizzino di Verdini a Renzi"
di F. Q. | 23 giugno 2016
COMMENTI (8)
Brutto messaggio per la maggioranza di governo, battuta al Senato grazie ai voti contrari dei Verdiniani e di Area Popolare. Nel day after delle amministrative, il governo di Matteo Renzi si fa sorprendere a Palazzo Madama, dove Forza Italia riesce a far passare un emendamento, primo firmatario Giacomo Caliendo, al disegno di legge Antiterrorismo. Fondamentale per la sconfitta della maggioranza sono stati i voti dei senatore di Area Popolare e quelli di Ala che in pratica hanno votato insieme alle opposizione, battendo il governo 102 a 92. Secondo i dati delle votazioni forniti da esponenti della maggioranza, su 113 parlamentari del Pd erano presenti solo in 80, ma è da Ncd che arriva quello che il Pd definisce “un segnale preciso“: su 31 senatori che fanno parte del gruppo, 9 hanno votato con Forza Italia e 15 risultano assenti.
“Si tratta di un’evidentissima manovra politica che non ha niente a che vedere con il contenuto dell’emendamento. Non è la prima volta che questioni in provvedimenti passati all’esame della commissione Giustizia, che vengono non trattate o trattate marginalmente, sono poi sollevate in aula. Ma allora le commissioni che ce le abbiamo a fare?”, ha commentato il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, scatenando le proteste sui banchi delle opposizioni, che hanno quindi chiesto una sospensione dell’esame del provvedimento, arrivato a Palazzo Madama per la sua seconda lettura parlamentare dopo il via libera ricevuto a Montecitorio. “Nessun significato politico per il voto di questa mattina solo che su quel determinato punto Ala non era d’accordo”, ha invece detto in aula il senatore verdianiano Ciro Falanga. “Non avete i numeri senza Ala quindi o li fate entrare al governo o la finite con questa ipocrisia. La verità è che i voti di Ala sono determinanti”, ha attaccato invece il forzista Nitto Palma. Lapidario, invece, il commento di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, che su twitter ha scritto: “Governo battuto in Aula Senato su un emendamento Forza Italia. Ala e parte Ncd votano con opposizione. Primo pizzino di Verdini a Matteo Renzi?”
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Renato Brunetta ✔ @renatobrunetta
Governo battuto in Aula Senato su un emendamento ForzaItalia. Ala e parte Ncd votano con opposizione. Primo pizzino di Verdini @matteorenzi?
12:03 - 23 Giu 2016
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Nel dettaglio l’emendamento approvato modifica la pena prevista per chiunque, con finalità di terrorismo: procura a sé o ad altri materia radioattiva; crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso. In pratica la condanna compresa tra i sei e i dodici anni di carcere per tali reati viene adesso sostituita con una “non inferiore ad anni quindici“. Con questa modifica il ddl Antiterrorismo – che nelle intenzione della maggioranza avrebbe dovuto essere approvato in via definitiva – dovrà tornare all’esame della Camera.
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Re: Diario della caduta di un regime.
ASILO ETRURIA
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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/06/ ... to/537465/
CON 1072 COMMENTI DELLA VOX POPULI
23 giugno 2016 | di Irene Buscemi
Raggi e Boschi, gelo all’università pontificia. La ministra ignora la sindaca neoeletta
A Roma è in corso il giubileo ma si respira aria di guerra fredda. E’ gelo tra la ministra Maria Elena Boschi e il sindaco Virginia Raggi al suo primo evento pubblico con tanto di fascia tricolore. All’Università Pontificia Lateranense si celebra il giubileo degli uomini e delle donne delle istituzioni pubbliche, però il clima non è pacifico né sereno come ci si aspetterebbe. La ministra entra in sala ed ignora del tutto la prima cittadina appena eletta. Si danno le spalle, qualche occhiata fugace durante i canti liturgici, nulla di più, si fa finta che l’altro non esista. Anche il ministro Angelino Alfano, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato passano davanti al neo-sindaco senza degnarla di uno sguardo. Il ministra Marianna Madia in un primo momento glissa, ma poi cede al disgelo istituzionale per l’occasione pubblica. Più formali e cordiali il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e il ministro Beatrice Lorenzin, stretta di mano e due chiacchiere come si conviene. Solo in serata, quando ministra e sindaca si ritroveranno sedute l’una accanto all’altra alla celebrazione eucaristica giubilare presso la Basilica di San Giovanni in Laterano, scatterà una stretta di mano. O, chissà, un segno di pace
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23 giugno 2016 | di Irene Buscemi
Raggi e Boschi, gelo all’università pontificia. La ministra ignora la sindaca neoeletta
A Roma è in corso il giubileo ma si respira aria di guerra fredda. E’ gelo tra la ministra Maria Elena Boschi e il sindaco Virginia Raggi al suo primo evento pubblico con tanto di fascia tricolore. All’Università Pontificia Lateranense si celebra il giubileo degli uomini e delle donne delle istituzioni pubbliche, però il clima non è pacifico né sereno come ci si aspetterebbe. La ministra entra in sala ed ignora del tutto la prima cittadina appena eletta. Si danno le spalle, qualche occhiata fugace durante i canti liturgici, nulla di più, si fa finta che l’altro non esista. Anche il ministro Angelino Alfano, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato passano davanti al neo-sindaco senza degnarla di uno sguardo. Il ministra Marianna Madia in un primo momento glissa, ma poi cede al disgelo istituzionale per l’occasione pubblica. Più formali e cordiali il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e il ministro Beatrice Lorenzin, stretta di mano e due chiacchiere come si conviene. Solo in serata, quando ministra e sindaca si ritroveranno sedute l’una accanto all’altra alla celebrazione eucaristica giubilare presso la Basilica di San Giovanni in Laterano, scatterà una stretta di mano. O, chissà, un segno di pace
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Re: Diario della caduta di un regime.
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ANALISI
Doppio assalto al premier dopo il voto choc
Conquistate Roma e Torino, il Movimento 5 Stelle prepara la strategia per prendere Palazzo Chigi. Ma Renzi deve guardarsi pure dalle manovre di chi nel Pd e nella maggioranza vuole modificare l'Italicum. Anche a costo di cambiare governo
DI MARCO DAMILANO
23 giugno 2016
Doppio assalto al premier dopo il voto choc
Matteo Renzi è di fronte a un doppio assalto, come spieghiamo nell'analisi di copertina sull'Espresso in edicola venerdì 24 giugno. Il primo non lo sorprende: quello del Movimento 5 Stelle è un attacco atteso, anche se la vittoria alle elezioni comunali non era prevista dal premier in queste proporzioni. E ora M5S prepara le prossime mosse. «Presto», spiegano, «passeremo alle Regioni». Prima fra tutte la Sicilia, nel 2017: M5S guida ormai nove comuni, l’isola governata da Rosario Crocetta è sotto osservazione. «Puntiamo senza mezzi termini a Palazzo d’Orléans», chiarisce il portavoce siciliano Giancarlo Cancelleri.
ESPRESSO+ LEGGI L'ANALISI INTEGRALE
I comuni a Cinque Stelle passano da 17 a 40 e avanza una nuova nomenclatura.
A Roma, con il direttorio a cinque, dominato da Luigi Di Maio, favorito per la corsa a Palazzo Chigi, e da Alessandro Di Battista, grande vincitore della sfida romana. Nei comuni d’Italia, con una nuova classe dirigente: fatta di tecnici, accademici, e di professionisti trentenni, avvocati, molte donne. E a sorvegliare tutto la Casaleggio associati guidata dal figlio di Gian Roberto Davide.
Il secondo assedio, molto insidioso per Renzi, arriva dall’interno. Dal Partito democratico, e non solo dalla minoranza di Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo o dall’ira vendicativa di Massimo D’Alema. Dentro la maggioranza, con i partitini centristi in subbuglio, inesistenti o quasi nelle preferenze elettorali ma numerosi in Parlamento e nel governo.
In Europa, dove la narrazione dell’unico politico continentale che ha in tasca la ricetta per fermare i partiti populisti ha incontrato una pesante smentita.
E tra le istituzioni di garanzia, dov’è già scattato l’allarme per l’indebolimento politico del governo, ma anche per la determinazione del premier a non voler cambiare strada rispetto all’agenda fissata mesi fa: il referendum sulla riforma costituzionale previsto per autunno trasformato in un voto pro o contro Renzi. Una scommessa che i risultati di Roma, Torino e Napoli ora trasformano in un azzardo.
E in molti consigliano a Renzi di cambiare atteggiamento, di tornare indietro sulla scelta più importante, quella su cui ruota tutta la sua strategia: la nuova legge elettorale Italicum che con il premio di maggioranza di 340 seggi consegna al vincitore delle elezioni l’intera posta in gioco, la possibilità di governare un’intera legislatura senza allearsi con nessuno. Perché la legge prevede che il premio scatti per la lista (o il partito) che supera il 40 per cento dei voti al primo turno o che vince il ballottaggio al secondo turno.
Niente coalizioni, nessuna intesa con altri partiti, né larga né piccola. Sembrava fatta su misura per Renzi. Invece ora rischia di consegnare il Paese a M5S. Per questo la legge elettorale va modificata. Anche a costo di cambiare governo.
L'analisi integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 24 giugno e online su Espresso+
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Doppio assalto al premier dopo il voto choc
Conquistate Roma e Torino, il Movimento 5 Stelle prepara la strategia per prendere Palazzo Chigi. Ma Renzi deve guardarsi pure dalle manovre di chi nel Pd e nella maggioranza vuole modificare l'Italicum. Anche a costo di cambiare governo
DI MARCO DAMILANO
23 giugno 2016
Doppio assalto al premier dopo il voto choc
Matteo Renzi è di fronte a un doppio assalto, come spieghiamo nell'analisi di copertina sull'Espresso in edicola venerdì 24 giugno. Il primo non lo sorprende: quello del Movimento 5 Stelle è un attacco atteso, anche se la vittoria alle elezioni comunali non era prevista dal premier in queste proporzioni. E ora M5S prepara le prossime mosse. «Presto», spiegano, «passeremo alle Regioni». Prima fra tutte la Sicilia, nel 2017: M5S guida ormai nove comuni, l’isola governata da Rosario Crocetta è sotto osservazione. «Puntiamo senza mezzi termini a Palazzo d’Orléans», chiarisce il portavoce siciliano Giancarlo Cancelleri.
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I comuni a Cinque Stelle passano da 17 a 40 e avanza una nuova nomenclatura.
A Roma, con il direttorio a cinque, dominato da Luigi Di Maio, favorito per la corsa a Palazzo Chigi, e da Alessandro Di Battista, grande vincitore della sfida romana. Nei comuni d’Italia, con una nuova classe dirigente: fatta di tecnici, accademici, e di professionisti trentenni, avvocati, molte donne. E a sorvegliare tutto la Casaleggio associati guidata dal figlio di Gian Roberto Davide.
Il secondo assedio, molto insidioso per Renzi, arriva dall’interno. Dal Partito democratico, e non solo dalla minoranza di Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo o dall’ira vendicativa di Massimo D’Alema. Dentro la maggioranza, con i partitini centristi in subbuglio, inesistenti o quasi nelle preferenze elettorali ma numerosi in Parlamento e nel governo.
In Europa, dove la narrazione dell’unico politico continentale che ha in tasca la ricetta per fermare i partiti populisti ha incontrato una pesante smentita.
E tra le istituzioni di garanzia, dov’è già scattato l’allarme per l’indebolimento politico del governo, ma anche per la determinazione del premier a non voler cambiare strada rispetto all’agenda fissata mesi fa: il referendum sulla riforma costituzionale previsto per autunno trasformato in un voto pro o contro Renzi. Una scommessa che i risultati di Roma, Torino e Napoli ora trasformano in un azzardo.
E in molti consigliano a Renzi di cambiare atteggiamento, di tornare indietro sulla scelta più importante, quella su cui ruota tutta la sua strategia: la nuova legge elettorale Italicum che con il premio di maggioranza di 340 seggi consegna al vincitore delle elezioni l’intera posta in gioco, la possibilità di governare un’intera legislatura senza allearsi con nessuno. Perché la legge prevede che il premio scatti per la lista (o il partito) che supera il 40 per cento dei voti al primo turno o che vince il ballottaggio al secondo turno.
Niente coalizioni, nessuna intesa con altri partiti, né larga né piccola. Sembrava fatta su misura per Renzi. Invece ora rischia di consegnare il Paese a M5S. Per questo la legge elettorale va modificata. Anche a costo di cambiare governo.
L'analisi integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 24 giugno e online su Espresso+
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA RESA DEI CONTI E' ARRIVATA???
‘Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari
Ora diremo no alle cose che non ci convincono’
La minoranza avverte il premier. Speranza: ‘Non c’è più fiducia che tenga’. Guerini: ‘Così nega il partito’
Rissa interna nel Pd. Madia: ‘I cittadini ci rottamano’. Richetti: ‘I cerchi magici non rovinino anche Renzi’
Politica
Dopo la batosta elettorale il Partito democratico si prepara al dibattito nella direzione di venerdì. La ministra Madia attacca Orfini: : “I cittadini ci rottamano, si dimetta”. Guerini difende il commissario di Roma: “Dobbiamo solo ringraziarlo” (leggi). Mentre Emanuele Fiano, molto vicino al premier, ne annuncia una “riflessione per cambiare l’Italicum”. Intanto, in aula al Senato, il governo è sconfitto su un emendamento al ddl terrorismo. Brunetta (Fi): “Primo pizzino di Verdini a Renzi” (leggi). Speranza: “Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali. Governare è decidere, ma anche ascoltare” (leggi)
Pd, Speranza: “Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari. Ora diremo no alle cose che non ci convincono”
Politica
L'esponente della sinistra del partito: "Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali. Governare è decidere, ma anche ascoltare"
di F. Q. | 23 giugno 2016
COMMENTI (81)
“Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari. Ora diremo no alle cose che non ci piacciono”. La sconfitta elettorale del Pd fa alzare la testa alla sinistra del partito. Alla vigilia della direzione in programma al Nazareno a parlare è uno dei principali esponenti di Sinistra Riformista, Roberto Speranza, all’assemblea della corrente. “In questi mesi”, ha detto, “abbiamo spesso votato cose che non ci convincevano, ad esempio per togliere la tassa sulla casa in maniera indistinta, anche ai miliardari. Chiediamo un cambio profondo e diciamo basta. Non siamo più disponibili, sulle questioni sociali si deve invertire la rotta e non c’è più voto di fiducia che tenga. Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali, perché così consegneremo il Paese alle destre e ai Cinque stelle“. La sconfitta è stata “dura”, “non si può minimizzare”, ma “non vogliamo fare il processo a nessuno”. Ma serve una “svolta nell’azione di governo” che non si deve tradurre, spiega Speranza, in posti nei ministeri o in segreteria. “Non siamo più disponibili – spiega il deputato -Si deve invertire la rotta e sulle questioni sociali non c’è voto di fiducia che tenga”.
Il passaggio delle elezioni amministrative “hanno rappresentato il funerale del partito della nazione, che è stato tentato follemente in Comuni importanti. Che angoscia e che rabbia vederci alleati a Napoli con chi tutti i giorni insultava Saviano. Abbiamo visto i risultati e visto che solo il centrosinistra largo, aperto e che non si chiude riesce a vincere. Basta con alleanze improprie e con tentativi di sfondamento a destra: il Pd torni con coraggio a fare il cardine di un nuovo centrosinistra aperto al civismo“.
Poi un messaggio che è evidentemente indirizzato al presidente del Consiglio. “Governare è sì decidere, ma è anche ascoltare – afferma Speranza – Si può governare unendo il Paese, invece che dividendolo. E’ più faticoso ma si ottengono risultati migliori”. Per esempio, “basta cogliere ogni occasione per dare calci ai sindacati: è un errore gravissimo che stiamo già pagando a caro prezzo. Speriamo che il tavolo sulle pensioni rappresenti un’inversione vera di tendenza”, ha aggiunto. E “mai più l’intollerabile arroganza del ‘ciaone‘”. E’ un concetto già espresso da Richetti, che ha detto che i cerchi magici hanno già rovinato altri leader in passato (da Bossi a Berlusconi). “Non serve un partito megafono di Palazzo Chigi – prosegue Speranza – Non fa bene neanche a Palazzo Chigi. Non basta un modello in cui c’è un leader carismatico che va in tv e tanti comitati elettorali più o meno efficaci sul territorio. Non funziona il doppio incarico. Non ha funzionato la logica dei commissariamenti senza limite. Sono posizioni note”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... o/2855266/
‘Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari
Ora diremo no alle cose che non ci convincono’
La minoranza avverte il premier. Speranza: ‘Non c’è più fiducia che tenga’. Guerini: ‘Così nega il partito’
Rissa interna nel Pd. Madia: ‘I cittadini ci rottamano’. Richetti: ‘I cerchi magici non rovinino anche Renzi’
Politica
Dopo la batosta elettorale il Partito democratico si prepara al dibattito nella direzione di venerdì. La ministra Madia attacca Orfini: : “I cittadini ci rottamano, si dimetta”. Guerini difende il commissario di Roma: “Dobbiamo solo ringraziarlo” (leggi). Mentre Emanuele Fiano, molto vicino al premier, ne annuncia una “riflessione per cambiare l’Italicum”. Intanto, in aula al Senato, il governo è sconfitto su un emendamento al ddl terrorismo. Brunetta (Fi): “Primo pizzino di Verdini a Renzi” (leggi). Speranza: “Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali. Governare è decidere, ma anche ascoltare” (leggi)
Pd, Speranza: “Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari. Ora diremo no alle cose che non ci convincono”
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L'esponente della sinistra del partito: "Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali. Governare è decidere, ma anche ascoltare"
di F. Q. | 23 giugno 2016
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“Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari. Ora diremo no alle cose che non ci piacciono”. La sconfitta elettorale del Pd fa alzare la testa alla sinistra del partito. Alla vigilia della direzione in programma al Nazareno a parlare è uno dei principali esponenti di Sinistra Riformista, Roberto Speranza, all’assemblea della corrente. “In questi mesi”, ha detto, “abbiamo spesso votato cose che non ci convincevano, ad esempio per togliere la tassa sulla casa in maniera indistinta, anche ai miliardari. Chiediamo un cambio profondo e diciamo basta. Non siamo più disponibili, sulle questioni sociali si deve invertire la rotta e non c’è più voto di fiducia che tenga. Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali, perché così consegneremo il Paese alle destre e ai Cinque stelle“. La sconfitta è stata “dura”, “non si può minimizzare”, ma “non vogliamo fare il processo a nessuno”. Ma serve una “svolta nell’azione di governo” che non si deve tradurre, spiega Speranza, in posti nei ministeri o in segreteria. “Non siamo più disponibili – spiega il deputato -Si deve invertire la rotta e sulle questioni sociali non c’è voto di fiducia che tenga”.
Il passaggio delle elezioni amministrative “hanno rappresentato il funerale del partito della nazione, che è stato tentato follemente in Comuni importanti. Che angoscia e che rabbia vederci alleati a Napoli con chi tutti i giorni insultava Saviano. Abbiamo visto i risultati e visto che solo il centrosinistra largo, aperto e che non si chiude riesce a vincere. Basta con alleanze improprie e con tentativi di sfondamento a destra: il Pd torni con coraggio a fare il cardine di un nuovo centrosinistra aperto al civismo“.
Poi un messaggio che è evidentemente indirizzato al presidente del Consiglio. “Governare è sì decidere, ma è anche ascoltare – afferma Speranza – Si può governare unendo il Paese, invece che dividendolo. E’ più faticoso ma si ottengono risultati migliori”. Per esempio, “basta cogliere ogni occasione per dare calci ai sindacati: è un errore gravissimo che stiamo già pagando a caro prezzo. Speriamo che il tavolo sulle pensioni rappresenti un’inversione vera di tendenza”, ha aggiunto. E “mai più l’intollerabile arroganza del ‘ciaone‘”. E’ un concetto già espresso da Richetti, che ha detto che i cerchi magici hanno già rovinato altri leader in passato (da Bossi a Berlusconi). “Non serve un partito megafono di Palazzo Chigi – prosegue Speranza – Non fa bene neanche a Palazzo Chigi. Non basta un modello in cui c’è un leader carismatico che va in tv e tanti comitati elettorali più o meno efficaci sul territorio. Non funziona il doppio incarico. Non ha funzionato la logica dei commissariamenti senza limite. Sono posizioni note”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Brexit, rinviata la direzione nazionale del Partito democratico
Politica
Prima dell'esito del referendum sulla cosiddetta Brexit, il premier aveva anticipato alla Stampa il suo intervento: "Mi viene da sorridere a guardare la piccola folla che pensa di scendere dal carro del presunto sconfitto, con la stessa rapidità con la quale ci era salita"
di F. Q. | 24 giugno 2016
COMMENTI (7)
Era prevista per oggi pomeriggio alle 15. Non ci sarà. E’ stata rinviata a data da destinarsi la direzione nazionale del Partito democratico, convocata lunedì scorso dal premier Matteo Renzi dopo il pessimo risultato del Pd ai ballottaggi delle elezioni amministrative del 19 giugno scorso. Nelle intenzioni del presidente del Consiglio e di tutte le anime interne del partito, quella di oggi doveva essere l’occasione per fare il punto della situazione e dello stato di salute del Pd. L’esito del referendum sull’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea e soprattutto la vittoria del fronte ‘Leave’ ha però scompaginato tutti i piani: la direzione oggi non ci sarà e forse, secondo quanto fatto filtrare da ambienti vicini alla segreteria, sarà riconvocata tra una settimana, probabilmente venerdì primo luglio.
Pubblicità
Nel frattempo e prima dell’esito del referendum sulla cosiddetta Brexit, il premier aveva anticipato alla Stampa il suo intervento. “Mi viene da sorridere a guardare la piccola folla che pensa di scendere dal carro del presunto sconfitto, con la stessa rapidità con la quale ci era salita” ha detto il presidente del Consiglio. Al “suo partito” il premier voleva fare “un discorso chiaro: un discorso che somiglierà ad una sfida“, sottolineando che non si tornerà al Pd dei “caminetti” tra capicorrente. Nell’ultimo anno, ha spiegato Renzi, “il Pd è finito sui giornali soprattutto per questioni interne: ora, se qualcuno pensa che si possano conquistare voti con una costante presa di distanze dal segretario o dall’attività di governo, pensa una cosa stramba davvero”. “Questo partito, in passato, aveva smesso di funzionare ed era diventato ostaggio delle correnti nazionali, per cui il luogo della sintesi erano i ‘caminettì. Dunque: finché io faccio il segretario del Pd, ‘caminettì non se ne fanno. Volete il partito delle correnti? Allora cacciate me”. Gestione e segreteria sono unitarie, ha sottolineato: “Vogliamo cambiare? Io non ho preclusioni”. Per ora lo Statuto non prevede un segretario che si occupi a tempo pieno del Pd, dice, e anche in questo caso Renzi invita chi ha “un modello alternativo” a proporlo.
Sul referendum costituzionale il premier ha affermato che votare per il Sì “è la scelta più anti-establishment possibile” perché “significa ridurre le poltrone alla politica e tagliarne notevolmente i costi” e non vede perché “gli elettori di Grillo non dovrebbero dire sì”. Un eventuale slittamento? “Il referendum avrà la tempistica prevista dalla Cassazione. Punto e basta”.
Quanto alle amministrative il voto non è stato solo i ballottaggi, dove una vittoria dei Cinque Stelle è “evidente, innegabile e netta”. “Si è votato in 1.500 comuni e in 20 hanno vinto i Cinque Stelle. In 7-800 comuni abbiamo vinto noi e negli altri, non pochi, l’ha spuntata il centrodestra, che dunque c’è. Il dato politico è che ha perso la Lega”. Renzi non accetta la lettura secondo cui il partito in alcuni casi è stato penalizzato in ragione della politica di governo o di alleanze con Verdini: “Se noi stessi trasmettiamo agli elettori un’idea di inaffidabilità del Pd, mi pare complesso poi riuscire a vincere delle elezioni“. Sulla questione delle crescenti disuguaglianze sollevata da Romano Prodi, Renzi ha ammesso che il tema è “enorme” e ha sottolineato che il Pd sta provando a risolverla “con il Jobs Act“. Il premier ha anche ammesso che “una riflessione” su se stesso e su come è “percepito” la deve fare: “Devo cambiare qualcosa? Certamente ho qualcosa da cambiare anch’io. Magari nei toni, nello stile, vedremo”, “ormai rinuncio alle battute”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... o/2856455/
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Prima dell'esito del referendum sulla cosiddetta Brexit, il premier aveva anticipato alla Stampa il suo intervento: "Mi viene da sorridere a guardare la piccola folla che pensa di scendere dal carro del presunto sconfitto, con la stessa rapidità con la quale ci era salita"
di F. Q. | 24 giugno 2016
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Era prevista per oggi pomeriggio alle 15. Non ci sarà. E’ stata rinviata a data da destinarsi la direzione nazionale del Partito democratico, convocata lunedì scorso dal premier Matteo Renzi dopo il pessimo risultato del Pd ai ballottaggi delle elezioni amministrative del 19 giugno scorso. Nelle intenzioni del presidente del Consiglio e di tutte le anime interne del partito, quella di oggi doveva essere l’occasione per fare il punto della situazione e dello stato di salute del Pd. L’esito del referendum sull’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea e soprattutto la vittoria del fronte ‘Leave’ ha però scompaginato tutti i piani: la direzione oggi non ci sarà e forse, secondo quanto fatto filtrare da ambienti vicini alla segreteria, sarà riconvocata tra una settimana, probabilmente venerdì primo luglio.
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Nel frattempo e prima dell’esito del referendum sulla cosiddetta Brexit, il premier aveva anticipato alla Stampa il suo intervento. “Mi viene da sorridere a guardare la piccola folla che pensa di scendere dal carro del presunto sconfitto, con la stessa rapidità con la quale ci era salita” ha detto il presidente del Consiglio. Al “suo partito” il premier voleva fare “un discorso chiaro: un discorso che somiglierà ad una sfida“, sottolineando che non si tornerà al Pd dei “caminetti” tra capicorrente. Nell’ultimo anno, ha spiegato Renzi, “il Pd è finito sui giornali soprattutto per questioni interne: ora, se qualcuno pensa che si possano conquistare voti con una costante presa di distanze dal segretario o dall’attività di governo, pensa una cosa stramba davvero”. “Questo partito, in passato, aveva smesso di funzionare ed era diventato ostaggio delle correnti nazionali, per cui il luogo della sintesi erano i ‘caminettì. Dunque: finché io faccio il segretario del Pd, ‘caminettì non se ne fanno. Volete il partito delle correnti? Allora cacciate me”. Gestione e segreteria sono unitarie, ha sottolineato: “Vogliamo cambiare? Io non ho preclusioni”. Per ora lo Statuto non prevede un segretario che si occupi a tempo pieno del Pd, dice, e anche in questo caso Renzi invita chi ha “un modello alternativo” a proporlo.
Sul referendum costituzionale il premier ha affermato che votare per il Sì “è la scelta più anti-establishment possibile” perché “significa ridurre le poltrone alla politica e tagliarne notevolmente i costi” e non vede perché “gli elettori di Grillo non dovrebbero dire sì”. Un eventuale slittamento? “Il referendum avrà la tempistica prevista dalla Cassazione. Punto e basta”.
Quanto alle amministrative il voto non è stato solo i ballottaggi, dove una vittoria dei Cinque Stelle è “evidente, innegabile e netta”. “Si è votato in 1.500 comuni e in 20 hanno vinto i Cinque Stelle. In 7-800 comuni abbiamo vinto noi e negli altri, non pochi, l’ha spuntata il centrodestra, che dunque c’è. Il dato politico è che ha perso la Lega”. Renzi non accetta la lettura secondo cui il partito in alcuni casi è stato penalizzato in ragione della politica di governo o di alleanze con Verdini: “Se noi stessi trasmettiamo agli elettori un’idea di inaffidabilità del Pd, mi pare complesso poi riuscire a vincere delle elezioni“. Sulla questione delle crescenti disuguaglianze sollevata da Romano Prodi, Renzi ha ammesso che il tema è “enorme” e ha sottolineato che il Pd sta provando a risolverla “con il Jobs Act“. Il premier ha anche ammesso che “una riflessione” su se stesso e su come è “percepito” la deve fare: “Devo cambiare qualcosa? Certamente ho qualcosa da cambiare anch’io. Magari nei toni, nello stile, vedremo”, “ormai rinuncio alle battute”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
E' stata rinviata a data da destinarsi la direzione nazionale del Partito democratico, convocata lunedì scorso dal premier Matteo Renzi dopo il pessimo risultato del Pd ai ballottaggi
DATO CHE E' INESPERTO IN TUTTO, MUSSOLONI-BOMBA,
MANEGGIANDO IL LANCIAFIAMME PROMESSO, SI E' BRUCIATO LE CHIAPPE.
ADESSO SARA' AMOREVOLMENTE SEGUITO DALLE CROCEROSSINE, PETACCI-BOSCHI, SERRACCHIANI, MADIA, CHE LO COSPARGERANNO DI UNGUENTI.
MA SARA' DIFFICILE SEDERSI PROSSIMAMENTE SULLA POLTRONA DI 'ALAZZO CHIGI.
GLI TELEFONERA' IL SUO AMICO SILVIETTO?????
DATO CHE E' INESPERTO IN TUTTO, MUSSOLONI-BOMBA,
MANEGGIANDO IL LANCIAFIAMME PROMESSO, SI E' BRUCIATO LE CHIAPPE.
ADESSO SARA' AMOREVOLMENTE SEGUITO DALLE CROCEROSSINE, PETACCI-BOSCHI, SERRACCHIANI, MADIA, CHE LO COSPARGERANNO DI UNGUENTI.
MA SARA' DIFFICILE SEDERSI PROSSIMAMENTE SULLA POLTRONA DI 'ALAZZO CHIGI.
GLI TELEFONERA' IL SUO AMICO SILVIETTO?????
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- Iscritto il: 09/01/2015, 10:40
Re: Diario della caduta di un regime.
Non capiscono proprio.
Sono convinti che la sconfitta sia dovuta all'immagine negativa dei dissenzienti.
Invece è un'ondata antiliberista.
La gente vuole speranza e lavoro buono e dignitoso.
E il rottamatore a questo non ci pensa minimamente.
Pensa ai voucher e alle passerelle.
Ma anche fosse il problema è enormemente più grande.
Ha origini nella UE liberista e nell'adesione acritica al modello WTO.
Renzi non ha la statura per risolverlo.
Nessuno ce l'ha in questo momento storico.
Forse solo Merkel, se non che è al governo proprio coi liberisti.
Mo' so ccazzi.
Vorranno tutti uscire uno dopo l'altro con la speranza
che blocchiamo l'immigrazione e in pochi anni facciamo
ripartire un sistema produttivo, ormai morto e sepolto.
soloo42001
Sono convinti che la sconfitta sia dovuta all'immagine negativa dei dissenzienti.
Invece è un'ondata antiliberista.
La gente vuole speranza e lavoro buono e dignitoso.
E il rottamatore a questo non ci pensa minimamente.
Pensa ai voucher e alle passerelle.
Ma anche fosse il problema è enormemente più grande.
Ha origini nella UE liberista e nell'adesione acritica al modello WTO.
Renzi non ha la statura per risolverlo.
Nessuno ce l'ha in questo momento storico.
Forse solo Merkel, se non che è al governo proprio coi liberisti.
Mo' so ccazzi.
Vorranno tutti uscire uno dopo l'altro con la speranza
che blocchiamo l'immigrazione e in pochi anni facciamo
ripartire un sistema produttivo, ormai morto e sepolto.
soloo42001
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- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Diario della caduta di un regime.
Buon giorno!
Comunque sia è un nuovo giorno.
Vedremo se sarà... un buon giorno.
Potrebbe esserlo!
Tutto da verificare!
Ci sarebbe bisogno di una... “FOLLIA VIRTUOSA”
“(...)Ma se si passa alla società, cioè ai comportamenti e al sentire di milioni di uomini, ogni paese si allontanerà dal vicino e in ogni paese sarà più a rischio l’unità interna. La Scozia e l’Irlanda del Nord si separeranno dall’Inghilterra. La Catalogna dalla Spagna, la provincia francese da Parigi, la Napoli di De Magisteri si allontanerà dalla Milano di Sala. Al contrario servirebbe uno scatto in avanti. Pretendere subito una vera Europa, solidale e democratica, che ristrutturi il debito greco e induca i tedeschi a comprare di più, che vari a tempo di record un piano europeo per il lavoro giovanile e per la ricerca. Che combatta le guerre in Medio Oriente, nonché i paesi che le provocano, e appresti un piano Marshall per l’Africa. “Follie, delirio vano è questo”, direbbe la Violetta di Verdi e di Piave. Molto, molto più folle è proseguire con i tatticismi delle attuali classi dirigenti, con gli ammiccamenti insinceri alle opinioni nazionali. Non mi piace fare il catastroifista, ma l’attuale crisi dell’Europa, esorcizzata e alla fine subita, ricorda la disintegrazione degli imperi che accese la prima guerra mondiale aprendo il Secolo Breve.” Corradino Mineo)
Un saluto!
Comunque sia è un nuovo giorno.
Vedremo se sarà... un buon giorno.
Potrebbe esserlo!
Tutto da verificare!
Ci sarebbe bisogno di una... “FOLLIA VIRTUOSA”
“(...)Ma se si passa alla società, cioè ai comportamenti e al sentire di milioni di uomini, ogni paese si allontanerà dal vicino e in ogni paese sarà più a rischio l’unità interna. La Scozia e l’Irlanda del Nord si separeranno dall’Inghilterra. La Catalogna dalla Spagna, la provincia francese da Parigi, la Napoli di De Magisteri si allontanerà dalla Milano di Sala. Al contrario servirebbe uno scatto in avanti. Pretendere subito una vera Europa, solidale e democratica, che ristrutturi il debito greco e induca i tedeschi a comprare di più, che vari a tempo di record un piano europeo per il lavoro giovanile e per la ricerca. Che combatta le guerre in Medio Oriente, nonché i paesi che le provocano, e appresti un piano Marshall per l’Africa. “Follie, delirio vano è questo”, direbbe la Violetta di Verdi e di Piave. Molto, molto più folle è proseguire con i tatticismi delle attuali classi dirigenti, con gli ammiccamenti insinceri alle opinioni nazionali. Non mi piace fare il catastroifista, ma l’attuale crisi dell’Europa, esorcizzata e alla fine subita, ricorda la disintegrazione degli imperi che accese la prima guerra mondiale aprendo il Secolo Breve.” Corradino Mineo)
Un saluto!
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Re: Diario della caduta di un regime.
Prodi ha detto pochi minuti fa: "in momenti eccezionali ci vogliono misure eccezionali che vadano oltre i limiti imposti dai trattati..."
Penso he sia giunto il momento di mettere da parte almeno momentaneamente i limiti tipo 3% del debito/PIL, investire anche se a debito in un piano di rilancio del lavoro serio e non di sfruttamento, ripensare seriamente il WTO, abbandonare il TTIP, varare quanto prima gli Eurobond, dare molti più poteri al Parlamento europeo e formare un vero Governo Europeo, stabilire sistemi di ridistribuzione delle risorse fra stati membri, varare un piano di welfare europeo che inverta la rotta seguita invece negli ultimi 20 anni dal capital/consumismo dilagante.
Penso he sia giunto il momento di mettere da parte almeno momentaneamente i limiti tipo 3% del debito/PIL, investire anche se a debito in un piano di rilancio del lavoro serio e non di sfruttamento, ripensare seriamente il WTO, abbandonare il TTIP, varare quanto prima gli Eurobond, dare molti più poteri al Parlamento europeo e formare un vero Governo Europeo, stabilire sistemi di ridistribuzione delle risorse fra stati membri, varare un piano di welfare europeo che inverta la rotta seguita invece negli ultimi 20 anni dal capital/consumismo dilagante.
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Re: Diario della caduta di un regime.
UNA SITUAZIONE ALTAMENTE DINAMICA.
La statua del colosso d'argilla si sta crepando.
24 GIU 2016 13:35
VERDINEXIT! - DENIS E ANGELINO MANDANO UN AVVISO DI SFRATTO A RENZI: MAGGIORANZA BATTUTA AL SENATO SU UN EMENDAMENTO DI FORZA ITALIA GRAZIE AI VOTI DI ALA E AP. IL CAZZONE BARCOLLA E I CENTRISTI SI PREPARANO A SCARICARLO DEFINITIVAMENTE -
A scardinare la maggioranza provvede un emendamento firmato dai forzisti Giacomo Caliendo e Francesco Nitto Palma. Vincenzo D’Anna (Ala): “Noi non facciamo parte della maggioranza, non abbiamo vincoli di governo…”
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 127464.htm
La statua del colosso d'argilla si sta crepando.
24 GIU 2016 13:35
VERDINEXIT! - DENIS E ANGELINO MANDANO UN AVVISO DI SFRATTO A RENZI: MAGGIORANZA BATTUTA AL SENATO SU UN EMENDAMENTO DI FORZA ITALIA GRAZIE AI VOTI DI ALA E AP. IL CAZZONE BARCOLLA E I CENTRISTI SI PREPARANO A SCARICARLO DEFINITIVAMENTE -
A scardinare la maggioranza provvede un emendamento firmato dai forzisti Giacomo Caliendo e Francesco Nitto Palma. Vincenzo D’Anna (Ala): “Noi non facciamo parte della maggioranza, non abbiamo vincoli di governo…”
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 127464.htm
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