IL LAVORO

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UncleTom
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Re: IL LAVORO

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CHISSA' SE GLI ITALIANI SI RICORDERANNO AL MOMENTO DEL VOTO, COME E' PASSATO IL RITORNO DEI VOUCHER, USCITI DALLA PORTA E RIENTRATI DALLA FINESTRA?

SE NON SE LO RICORDERANNO, SARA' L'ENNESIMA PROVA CHE QUESTO DANNATO PAESE, NON E' ADATTO ALLA DEMOCRAZIA.




I nuovi voucher passano con i voti di Fi e Lega
Mdp contro. Orlandiani astenuti, Pd si spacca

Ok della commissione Bilancio con 19 sì e 6 no. Ex democratici: “Rapporto con governo è a rischio”
CRITICHE DELLA CGIL: “NORME SONO UN INCENTIVO ALL’ABUSO. FACILE AGGIRARLE”
(di V. Valentini)

Politica
Forza Italia che vota con il Pd. Il Pd che perde altri pezzi. Cuperlo che cita Euripide. Mdp che minaccia di non votare la fiducia al governo. Il via libera della commissione Bilancio della Camera alle nuove norme sul lavoro accessorio, lacera ulteriormente il Partito democratico e allarga la crepa con gli scissionisti di Mdp, scandendo rumorosamente il conto alla rovescia del governo Gentiloni. Il testo ottiene 19 sì e 6 no. Ma pesa il voto contrario di Mdp e il non voto degli orlandiani. L’ala vicina al ministro della Giustizia ha preferito abbandonare i lavori, non partecipando al voto. A favore invece Ap, Scelta Civica, Lega e Forza Italia
di F. Q.
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Re: IL LAVORO

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IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Manuela Campitelli




Donne

Lavoro, neomamma licenziata. Perché gli unici a difenderla sono i colleghi?


di Manuela Campitelli | 27 maggio 2017

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Manuela Campitelli

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Quando ho ascoltato Renzi, all’assemblea nazionale del Pd, pronunciare quelle tre parole, “lavoro, casa e mamme”, per indicare i tre punti strategici da cui far ripartire il Paese, mi sono chiesta: ma lo ha detto davvero? Lavoro e casa lo abbiamo sentito tante volte, ma mamme proprio no, per lo meno non in questi termini, non con questa declinazione così confidenziale e neo melodica e non di certo dal palco dell’assemblea nazionale di un partito.

Quell’eccezione mammesca dell’agenda politica, affiancata all’altra grande emergenza italiana, il lavoro, mi è tornata in mente dopo aver letto la notizia del licenziamento di una neo mamma appena rientrata dalla maternità . Fino a qui, ahimè, niente in regola ma nulla di nuovo, in un Paese dove la maternità viene considerata solo in termini di costi aziendali e ricadute produttive. Solo che, in questo caso, per quella mamma trentenne è scattato lo sciopero immediato di tutti e 230 lavoratori delle fabbrica dove era impiegata. Ribadisco: 230 colleghi hanno incrociato le braccia per una sola collega. Senza preavviso e senza indugio, hanno presidiato i cancelli del posto di lavoro, restituendo in un gesto tutto il significato perso alla parola maternità.


Essere mamme, in Italia, non è mai stato facile. Ma oggi sembra essere ancora più difficile perché ci predono per il culo. Ci fanno sentire un priorità su tre, uno dei punti chiave da cui far ripartire il Paese, ci fanno entrare dalla porta d’onore sul palcoscenico della politica, ma poi ci cacciano dalla finestre dei luoghi di lavoro. La verità è che, per parlare di “mamme”, bisogna ripartire dalla parola ‘tutela’. Tutela del proprio ruolo e della propria condizione, qualunque essa sia, perché le condizioni di vita sono mutevoli, all’interno di un contesto lavorativo che deve saperle accettare. Le domande da porsi sono semplici e dirette: com’è stato possibile licenziare una neo mamma appena rientrata dalla maternità? Quali leggi lo hanno permesso e di quali tutele godeva lei, se non delle braccia incrociate dei suoi 230 colleghi?

La verità, invece, è che questo Paese non tutela: né le donne lavoratrici, in primis, che guadagnano sempre e comunque meno rispetto agli uomini, né le mamme lavoratrici, imprigionate in una scelta obbligata tra lavoro o figli, per non parlare delle libere professioniste, il cui lavoro viene considerato un hobby, uno sfizio da togliersi. Lo racconta bene l’ultimo rapporto sulla maternità pubblicato da Save the Children. Si chiama le Equilibriste e fotografa l’immagine di una maternità funambola dove chi lascia il lavoro alla nascita del primo o del secondo figlio lo fa per non cadere nel vuoto.

E allora, per far ripartire il Paese, accanto alle parole lavoro e casa, non parliamo di mamme ma di maternità. Perché essere mamme è una condizione, mentre la maternità è un diritto.
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Re: IL LAVORO

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27 mag 2017 11:55


UNO PER TUTTI, TUTTI PER UNA


- ALLA “REGGIANI EFI” DI BERGAMO PARTE LO SCIOPERO DI 230 DIPENDENTI CONTRO IL LICENZIAMENTO DI UNA 36ENNE APPENA RIENTRATA DALLA MATERNITA’


- L’AZIENDA, RILEVATA DALLA CALIFORNIANA “ELECTRONICS FOR IMAGING”, HA MANDATO VIA LA DONNA SENZA BATTERE CIGLIO: “LA SUA MANSIONE NON ESISTE PIÙ”


- ECCO LA MOTIVAZIONE




Fabio Paravisi per il “Corriere della Sera”


Era da poco tornata alla sua scrivania dopo la maternità. Aveva lasciato dalla nonna i due figli piccoli, aveva organizzato i turni con il marito, sapeva di dover affrontare qualche difficoltà ma era tranquilla sul suo futuro: sedeva nell' ufficio che occupava da quindici anni e vedeva attorno a sé un' azienda in crescita. Fino a quando le è stata consegnata la lettera: «La sua mansione non esiste più, verrà aperta una procedura di licenziamento». Poche parole che hanno spalancato un baratro davanti alla giovane mamma che si è vista cancellare ogni prospettiva, e hanno scatenato la solidarietà dei suoi colleghi, subito scesi in sciopero.

Era tutto bloccato, ieri mattina, davanti ai 22 mila metri quadrati della Reggiani Efi, azienda di Grassobbio (hinterland di Bergamo) fra i principali produttori di macchine per la stampa e il finissaggio del settore tessile. L' azienda ha 230 dipendenti e un fatturato intorno ai 100 milioni di euro. Nel luglio di due anni fa è stata acquisita dalla californiana Electronics For Imaging, gruppo da 790 milioni di dollari di fatturato e 2.700 dipendenti. E sono state proprio le modalità molto spicce del licenziamento ad avere spaventato i lavoratori, che temono di vedersi applicati sistemi poco italiani e molto americani.

La lavoratrice, 36 anni, di Bergamo, impiegata nel settore pagamenti e rientrata al lavoro dopo la seconda maternità lo scorso agosto, per ora preferisce non parlare: la procedura di licenziamento non è ancora conclusa e teme di pregiudicare eventuali spazi di trattativa. Entrata in Reggiani nell' ottobre del 2002, ha ricevuto la lettera di licenziamento mercoledì e si è rivolta ai sindacati.


I quali per il pomeriggio di ieri avevano in previsione una riunione con l' azienda sul contratto interno, e per parlarne prima con i lavoratori avevano convocato un' assemblea. È stato qui che hanno spiegato l' accaduto. Sono bastate poche parole per suscitare una protesta di massa di operai e impiegati: un' ora di sciopero e tutti a manifestare ai cancelli.

«Noi lo vediamo come un test - ipotizza Andrea Agazzi della Fiom-Cgil -. Gli americani vogliono intraprendere politiche del lavoro simili a quelle in uso da loro, senza sapere che da noi certe cose non si fanno, soprattutto non in quel modo, cioè senza una motivazione convincente e senza il coinvolgimento dei sindacati».


La riunione ha quindi cambiato ordine del giorno: «Ci hanno spiegato che dopo una riorganizzazione non esisteva più il lavoro della signora, ma non si capisce come in un'azienda con 230 dipendenti di cui 130 impiegati non si sia trovata una collocazione alternativa - aggiunge Emanuele Fantini della Fim Cisl -. Ne discuteremo ancora».

Diversa la versione dell'amministratore delegato della Reggiani Efi Adele Genoni, membro del «Women' s leadership development council» per il sostegno alle donne manager: «Non posso entrare nel caso specifico, ma siamo una società in crescita che investe molto in assunzioni e investimenti, i posti di lavoro non sono a rischio. Noi facciamo crescere i dipendenti e integriamo al meglio le colleghe che rientrano dalla maternità. Ma a volte può capitare che non sia possibile. È un caso singolo: le competenze della persona non erano tali da poter trovare una ricollocazione, come è stato fatto tantissime volte e come faremo ancora. Può succedere che una persona possa essere licenziata».
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Re: IL LAVORO

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Genova, il Papa incontra i dipendenti Ilva: “Lavoro per tutti, un assegno non risolve. La politica incoraggia chi specula”





Il Papa incontra gli operai a Genova


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Cronaca

Bergoglio ha detto che la dignità non sta nel salario ma nell'occupazione e ha citato la Costituzione: "Togliere il posto o sfruttare la gente con il lavoro indegno o malpagato è anticostituzionale". Non ha risparmiato critiche a "regolamenti e leggi pensati per i disonesti che finiscono per penalizzare gli onesti". Poi la provocazione ai cardinali: "Quando si parla dell'8 per mille subito torna l'attenzione..."

di F. Q. | 27 maggio 2017

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“L’obiettivo non è un reddito per tutti ma un lavoro per tutti”. Durante la sua visita a Genova, Papa Francesco ha incontrato gli operai dell’Ilva di Cornigliano e ha parlato di lavoro, dignità ed etica. Nel suo intervento ha ribadito più volte che non è nel salario che l’uomo trova dignità, ma nel lavoro: “Un assegno statale mensile che ti faccia portare avanti la famiglia non risolve il problema“, ha detto Bergoglio entrando a gamba tesa nel dibattito politico sul reddito di cittadinanza per il quale lo scorso 9 maggio i Cinque Stelle hanno sfilato ad Assisi definendosi “i francescani di oggi”. “Non bisogna rassegnarsi all’ideologia che sta prendendo piede ovunque, che solo la metà o i due terzi dei lavoratori lavoreranno, gli altri invece mantenuti da un assegno sociale“, ha aggiunto il pontefice. “Senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”. Non è mancata una citazione della Costituzione italiana: “Possiamo dire che togliere il lavoro alla gente o sfruttare la gente con il lavoro indegno o malpagato è anticostituzionale. Se non fosse fondata sul lavoro, l’Italia non sarebbe una democrazia”. Il comico Maurizio Crozza, in un videomessaggio mandato in onda su Tv2000, ha commentato: “Ciao Papa, ciao Franci. Benvenuto a Genova, la mia città e di chi dice di essere il più grande francescano vivente, Beppe Grillo, il francescano di Sant’Ilario. Dì la verità, sei venuto per scomunicarlo…”.

VIDEO:
05:55
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... e/3617870/

La Cei favorevole al “reddito di inclusione” – Il no del Papa al reddito di cittadinanza sembra in contraddizione con l’appello ad accelerare nell’attuazione del reddito di inclusione o Rei (quello per le famiglie povere) arrivato lo scorso gennaio dall’ex presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco: l’ultima proposta dell’M5S delinea infatti il reddito di cittadinanza come un “minimo garantito” che ingloberebbe il Rei. I più poveri riceverebbero 780 euro mensili mentre chi ha già un reddito, per quanto basso, avrebbe diritto alla somma che manca per arrivare alla soglia di 780. Inoltre non ridurrebbe l’incentivo a lavorare, perché il beneficiario lo perderebbe se rifiuta più di tre proposte di contratto. Si tratta quindi di qualcosa di simile al “reddito minimo di dignità della persona umana” di cui ha parlato il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, commentando con il Corriere la marcia grillina di Assisi. La priorità al lavoro rispetto al reddito è condivisa invece dal nuovo numero uno della Cei Gualtiero Bassetti, secondo cui “quando manca il lavoro si toglie la dignità”.

Renzi: “La pensiamo come il Papa”. M5S: “Strumentalizzazione” -Nel pomeriggio Matteo Renzi ha commentato scrivendo su Facebook: “Non sussidi e assistenzialismo, ma crescita e lavoro: questo il messaggio che nel nostro piccolo vogliamo rilanciare con forza”. La portavoce M5S al Senato Nunzia Catalfo, prima firmataria del ddl sul reddito di cittadinanza, ha risposto con una nota in cui accusa il leader Pd di “strumentalizzare le parole del Pontefice sul reddito, cosa assolutamente disdicevole” perché “è chiaro ormai a tutti che il disegno di legge del M5S è collegato e condizionato al lavoro. Proprio per tale motivo abbiamo previsto un investimento di oltre 2 miliardi di euro per rendere efficienti i Centri per l’impiego in modo da migliorare l’incrocio tra domanda e l’offerta di lavoro”. E ancora: “Renzi anziché esultare si dovrebbe vergognare visto che è stato proprio lui ed il suo governo ad ammazzare l’art.1 della nostra Costituzione favorendo i licenziamenti di massa e rendendo più precario quello che una volta, invece, era ritenuto lavoro stabile”.

“La politica incoraggia chi specula sul lavoro e non chi investe” – Il Papa, parlando a braccio ai 3.500 lavoratori che si sono radunati nella sede del siderurgico per ascoltarlo, ha poi ampliato il discorso auspicando che le imprese tengano conto delle conseguenze sociali delle proprie decisioni e non solo del profitto. “L’imprenditore non deve essere uno speculatore, quello che il Vangelo chiama mercenario”, ha ammonito. “Lo speculatore non ama la sua azienda e i suoi lavoratori, ma li vede solo come uno strumento per fare profitto”. Poi ha sentenziato: “Chi pensa di risolvere i problemi della sua impresa licenziando la gente non è un buon imprenditore. Quando l’economia passa nelle mani degli speculatori tutto si rovina. Dietro alle decisioni dello speculatore non ci sono persone. E’ un’economia senza volto e quindi un’economia spietata“. Duro attacco anche al sistema politico che “sembra incoraggiare chi specula sul lavoro e non chi investe e crede nel lavoro. Crea burocrazia e controlli partendo dall’ipotesi che tutti siano speculatori. Così, chi non lo è rimane svantaggiato e chi lo è riesce a trovare soluzioni per eludere i controlli“. Conclusione: “Si sa che regolamenti e leggi pensati per i disonesti finiscono per penalizzare gli onesti”.

Il Pontefice infine ha chiamato in causa la dignità non solo di chi è stato licenziato, ma anche di chi va in pensione pur potendo ancora lavorare: “Si deve andare in pensione all’età giusta”, ha ribadito, e non prima magari usufruendo di un assegno. “Ho per mangiare? Sì. Ho la dignità? No, perché non ho il lavoro”, ha spiegato.
Un riferimento diretto, apparentemente, all‘Anticipo pensionistico (Ape) promesso dal governo Renzi e appena entrato in vigore (almeno nella forma “social“, quella pagata dallo Stato).

“La meritocrazia non legittimi la disuguaglianza” – Il discorso del Papa si è soffermato anche sui valori che vengono chiamati in causa quando si parla di occupazione, soprattutto la meritocrazia: “È una parola bella perché usa il merito, ma sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza. Il nuovo capitalismo, tramite la meritocrazia, dà una veste morale alla diseguaglianza perché interpreta i talenti non come un dono ma come un merito, determinando un sistema di vantaggi e svantaggi cumulativi. Così, se due bambini nascono diversi per talenti, opportunità e possibilità economiche, il sistema legge queste differenze come un merito e così quando i due andranno in pensione questa differenza sarà moltiplicata”. “Il povero è considerato un demeritevole e quindi la sua povertà è una colpa. E se la povertà è colpa del povero, i ricchi sono legittimati a non fare niente”, ha concluso

Ai cardinali: “State attenti solo quando si parla dell’8 per mille” – Bergoglio ha poi citato Luigi Einaudi: “Migliaia, milioni di individui – è il passaggio citato da Bergoglio – lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge”. Dopo la visita all’Ilva il Papa ha incontrato i cardinali nella Cattedrale di Genova, dove ha rivolto una preghiera speciale per i cristiani copti uccisi in un’attentato in Egitto. E non ha mancato di bacchettare anche i porporati: “Quante volte parla il mio fratello, e io sono in orbita coi miei pensieri sulle cose che devo fare domani. Ma se il vescovo dice ‘sapete che dall’anno prossimo crescerà l’apporto dell’8 per mille per i preti’, lì subito torna l’attenzione. Lì c’è qualcosa che tocca il cuore. Questo interessa”.


di F. Q. | 27 maggio 2017
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Re: IL LAVORO

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28 mag 2017 13:01
BERGOGLIO RIFILA UN “PAPAGNO” A BERLUSCONI!

- DURANTE LA RECITA DELL’ANGELUS, IL PAPA FA UN APPELLO PER I DIPENDENTI MEDIASET DI ROMA IN LOTTA CONTRO IL TRASFERIMENTO A MILANO: “NON C’È SOLO IL PROFITTO BISOGNA RISPETTARE I DIRITTI DI TUTTI. NON BISOGNA DIVIDERE LE FAMIGLIE”

- MENTRE LA RAGGI TACE, BERGOGLIO E’ L’UNICO AD ALZARE LA VOCE CONTRO L’IMPOVERIMENTO DELLA CAPITALE



Ester Palma per www.corriere.it

Il ricordo e la preghiera per le giovani vittime dell’attentato di Manchester e per i «martiri» egiziani uccisi dai terroristi per il loro coraggio nel non rinnegare la fede cristiana. E l’appello per i dipendenti romani di Mediaset, in lotta contro il ventilato trasferimento a Milano. Sono stati questi i temi del commento di Papa Francesco doo il suo «Regina Coeli» domenicale in piazza San Pietro, invasa dal sole e dai pellegrini di tutto il mondo, compresi i cattolici del Colorado e i gruppi folkloristici bavaresi.

«Saluto i lavoratori di Mediaset Roma, con l’auspicio che la loro situazione lavorativa possa risolversi, avendo come finalità il vero bene dell’azienda, non limitandosi al mero profitto ma rispettando i diritti di tutte le persone coinvolte. Il primo è il diritto al lavoro». Francesco, senza mezzi termini come sempre, ha invitato l’azienda a non dividere le famiglie, ma a rispettare il loro diritto all’occupazione, concetto che aveva ribadito anche nella visita di ieri a Genova .

L’appello del Papa cade proprio nella Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che ha quest’anno come tema: «Non temere perché io sono con te». «I mezzi di comunicazione sociale offrono - ha sottolineato il Santo Padre - la possibilità di condividere e diffondere all’istante le notizie in modo capillare; queste notizie possono essere belle o brutte, vere o false. Preghiamo perché la comunicazione, in ogni sua forma, sia effettivamente costruttiva, al servizio della verità rifiutando i pregiudizi, e diffonda speranza e fiducia nel nostro tempo».

Francesco ha chiesto a Dio di «convertire il cuore dei terroristi: «Desidero esprimere nuovamente la mia vicinanza al caro fratello papa Tawadros II e a tutta la nazione egiziana, che due giorni fa ha subito un altro atto di feroce violenza. Il Signore accolga nella sua pace questi coraggiosi testimoni, tra cui c’erano anche dei bambini». E ha chiesto alla folla in piazza di pregare «per le vittime dell’orribile attentato di lunedì scorso a Manchester, dove tante giovani vite sono state crudelmente spezzate. Sono vicino ai familiari e a quanti ne piangono la scomparsa».

«Oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra l’Ascensione di Gesù al cielo, avvenuta quaranta giorni dopo la Pasqua. Si tratta del termine della missione che il Figlio ha ricevuto dal Padre e l’avvio della prosecuzione di tale missione da parte della Chiesa. Da questo momento, infatti, la presenza di Cristo nel mondo è mediata dai suoi discepoli, da quelli che credono in Lui e lo annunciano.

Questa missione durerà fino alla fine della storia e godrà ogni giorno dell’assistenza del Signore risorto, che ci promesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Ecco perché esiste la Chiesa: per annunciare il Vangelo. La Chiesa siamo tutti noi battezzati. Oggi siamo invitati a comprendere meglio che Dio ci ha dato la grande dignità e responsabilità di annunciarlo al mondo, di renderlo accessibile all’umanità. Questa è la nostra dignità, questo è il più grande onore nella Chiesa».
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Re: IL LAVORO

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....SENZA VASELINA....





notizie dal mondo della Finanza


1

Inps
Buco pensioni, al lavoro fino a 70 anni

Condannati a lavorare fino a 70 anni e forse anche più oppure a ricevere assegni previdenziali minimi.


Inps© Newpress Inps È quanto emerge da un'analisi del World economic forum secondo cui il gap pensionistico (cioè il buco fra contributi versati e prestazioni erogate) nei principali sei sistemi pensionistici occidentali più Cina e India passerà dai 70mila miliardi di dollari del 2015 a 400mila miliardi nel 2050. Una crescita esponenziale legata a doppio filo all'incremento dell'aspettativa di vita.

Le stime dell'organizzazione si basano su un assegno pensionistico pari al 70% dell'ultima retribuzione. In quest'ottica i sei più grandi sistemi pensionistici del mondo (Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Olanda, Canada e Australia) registreranno un gap di 224mila miliardi, mentre il resto riguarderà sostanzialmente Cina e India. Questa prospettiva dovrebbe determinare, quindi, un buco pari a 300mila dollari a persona nel 2050, tutto a carico degli Stati, dei dipendenti e dei datori di lavoro. Da notare come il gap in India passerà da 3mila a 85mila miliardi di dollari, mentre la Cina si avvicinerà agli Usa nel 2050 con 119mila miliardi mancanti contro 137mila. Secondo lo studio, nel 2066 un quarto della popolazione sarà over 65: necessario perciò lavorare più a lungo, ma soprattutto facilitare il risparmio previdenziale.
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Re: IL LAVORO

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Ilva: non si sa ancora chi la prende
Ma sono già certi 6 mila licenziati


CASULA E DI FOGGIA A PAG. 15



Come minimo Pinocchio Mussoloni ha perso di colpo 6 mila voti.

Il resto a seguire.
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Re: IL LAVORO

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…………….TODOS BANDIDOS……………..


10 ore fa
658
• 641
• 3
• 14
In pensione a 67 anni:
c'è il piano del governo

Franco Grilli
UncleTom
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Re: IL LAVORO

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UncleTom ha scritto:…………….TODOS BANDIDOS……………..


10 ore fa
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In pensione a 67 anni:
c'è il piano del governo

Franco Grilli




Il governo studia nuovo piano pensioni: via a 67 anni


In pensione sempre più tardi. Il governo è pronto a innalzare il limite di età per poter lasciare il lavoro: dal 2019 limite a 67 anni

Franco Grilli - Dom, 18/06/2017 - 10:51

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In pensione sempre più tardi. Il governo è pronto a innalzare il limite di età per poter lasciare il lavoro.


Secondo gli studi in mano all'esecutivo l'apsettativa di vita è aumentata e così dal 2019 per andare in pensione bisogna lavorare fino a 67 anni. Ben 5 mesi in più rispetto a quanto previsto con le attuali norme in vigore. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il decreto per ritoccare l'età pensonabile arriverà subito dopo l'estate. Una mossa dunque in tempi brevi da parte del governo, il tutto nel silenzio estivo mentre gli italiani si godono le ferie. Le cifre sulle aspettative di vita sono stati forniti al governo dai tecnici del ministero dell'Economia. Secondo via XX settembre la speranza di vita oltre i 65 anni sarebbe arrivata a 19,1 anni per gli uomini e a 22,4 anni per le donne. L'innalzamento dell'età pensionabile a quanto pare porrebbe l'Italia acnora in cima alle classifiche per l'uscita dal lavoro a livello europeo. Infatti il nostro Paese è tra quelli in cui si va in pensione più tardi...
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Re: IL LAVORO

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LA VITA DI EX LAVORATORI



REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO

DALLA GUERRA DI LIBERAZIONE ALLA GUERRA DI DISINTEGRAZIONE





Come potremmo chiamarli i pensionati Made in Italy, se non migranti economici di necessità?

Ma gli STRUMPTRUPPEN dov’erano nell’ultimo quarto di secolo quando il fenomeno ha iniziato a prendere forma, ed a ingrossarsi in maniera esponenziale con il passa parola?

Non sono stati loro, prevalentemente al governo di questo Paese?

Oggi, come alieni appena sbarcati da Marte, denunciano il fatto.

Tutto va bene nel pentolone della propaganda per creare malessere generale, per riprendersi il potere.




"In Italia troppo tasse". I pensionati fuggono all'estero: "A Tenerife vivo con mille euro"
I nostri pensionati lasciano il Belpaese e vanno a vivere all'estero dove la vita costa meno. Il boom a Tenerife: un affitto da 650 euro e altri mille euro per vivere
Giovanni Neve - Gio, 20/07/2017 - 11:02
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Oltre un miliardo di euro l'anno. Tanto spende l'Inps per pagare le pensioni degli italiani all'estero.
A dirlo è il presidente dell'Inps, Tito Boeri, incontrando alla commissione Esteri della Camera il Comitato permanente sugli italiani nel mondo. "Le pensioni pagate all'estero dall'Inps nel 2016, in circa 160 Paesi, sono 373.265 per un importo complessivo di poco superiore a 1 miliardo di euro". Ma perché i nostri pensionati fuggono all'estero? La risposta è piuttosto semplice: in Italia si pagano troppe tasse.
Incontrando alla commissione Esteri della Camera il Comitato permanente sugli italiani nel mondo, Boeri segnala che l'Italia trasferisce soldi all'estero che non derivano da una base contributiva adeguata e che non fanno girare l'economia del Belpaese. "Annualmente - dichiara l'economista - vengono erogati a soggetti residenti all'estero integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali che costituiscono un'uscita per lo Stato italiano e che non rientrano sotto forma di consumi". Eppure la colpa - se di colpa si deve parlare - non è certo dei nostri pensionati che, non riuscendo a tirare a fine mese, decidono di trasferirsi in Paesi dove la pressione fiscale è di gran lunga più bassa rispetto a quella italiana. Ne è un esempio Franze Macelloni che ha raccontato la propria storia al Corriere della Sera: "Volevamo vivere meglio, io e mia moglie. Ma solo con la mia pensione da 1.630 euro netti, tolto il mutuo da 500 euro al mese, altri 400 euro per la spesa al supermercato e 100-150 euro per le bollette, era dura. Qui a Tenerife stiamo meglio - rivela - sono contento e non penso di tornare in Italia".
Oggi Franze Macelloni ha 62 anni. Nel 2011, a 56 anni, è andato in pensione da Rfi con oltre quarant'anni di contributi alle spalle. Dopo aver passato anni a cercare di far quadrare i conti, ha deciso di trasferirsi a Tenerife. "Ora - racconta al Corriere della Sera - farò richiesta di pagare qui le tasse e così dovrei risparmiare un bel po' perché alle Canarie i redditi da pensione sono esenti fino a 20mila euro e posso scalare pure l'affitto". In Italia l'Inps gli trattiene 6.900 euro l'anno. Un po' troppo per le sue tasche. A Tenerife, invece, può permettersi una casa con piscina condominiale in affitto a Los Cristianos, una zona piuttosto centrale a pochi passi dal mare e molto richiesta. "Pago 650 euro, ma è tutto compreso - spiega - condominio, luce e le altre bollette". In questo modo gli restano circa mille euro per vivere "senza preoccupazioni". "Per la spesa spendiamo 250 euro al mese - racconta Macelloni al Corriere della Sera - il gasolio per la macchina 75-80 centesimi al litro, l'assicurazione 290 euro l’anno". E ancora: "Una serata al ristorante in due (costa, ndr) 30-35 euro, un ombrellone e due lettini 9-12 euro".
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 22576.html
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