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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Poltrone & Forchette
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Poltrone & Forchette

Inviato: 16/03/2012, 20:43
da mariok
“L’Espresso” aveva ragione, Rutelli ha incassato
venerdì, 16 marzo 2012

http://www.gadlerner.it/2012/03/16/lesp ... ssato.html

“La Margherita ha devoluto 1,126 mila euro alla fondazione Cfs, ma in questo non vedo nulla di male”. Così parlò lo screanzato Rutelli, rifugiandosi dietro a una legge ingiusta che consente simili appropriazioni. Ma con quale criterio, per decisione di chi e a scapito di chi il partito-fantasma abbia devoluto una somma così elevata a una fondazione così insignificante, Rutelli ha l’ipocrisia di considerarlo un fattarello innocente. Non vedo nulla di male… Quanto ai 284mila euro transitati dalla fondazione Cfs al suo nuovo partito, l’Api, il nostro minimizza: solo un’operazione contabile, si trattava di miei sostenitori. Vergogna. Invece di pubblicare su Fb gli estratti mensili del suo conto corrente personale, Rutelli avrebbe dovuto avere la decenza di rendere note le doviziose fonti pubbliche cui attinge di nascosto per fare politica. Lui e tanti altri. Ma nel frattempo la smetta di fingersi offeso solo perchè “L’Espresso” ha pubblicato la verità sul suo conto, come lui stesso ha dovuto ammettere.

Da Lusi 866 mila euro a Rutelli

di Primo Di Nicola e Emiliano Fittipaldi

L'ex tesoriere della Margherita ha girato una valanga di soldi alla fondazione del leader dell'Api. Proprio quando l'ex sindaco di Roma aveva appena lasciato il Pd per fondare il suo nuovo partito. I versamenti erano sempre sotto i 150 mila euro, per aggirare lo statuto. Ma sono tutti provati dai bonifici bancari

(15 marzo 2012)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2176629//0

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 19/03/2012, 23:32
da mariok
Inchiesta Aler, indagato Romano La Russa

L'ipotesi di accusa è finanziamento illecito


Coinvolti anche il genero Marco Osnato e l'ex consigliere Pdl
al Comune, Gianfranco Baldassarre

MILANO- L'assessore alla sicurezza della regione Lombardia, Romano La Russa, fratello dell'ex ministro della Difesa Ignazio, è indagato per finanziamento illecito ai partiti nell'ambito dell'inchiesta sul caso Aler. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 12 persone indagate a vario titolo per turbativa d'asta , corruzione e illecito contributo elettorale.
LA REAZIONE - «Mi contestano i manifesti per la campagna elettorale della Provincia di Vercelli. Una cosa abbastanza da ridere», ha commentato Romano La Russa non appena appreso dell'indagine.

LE INDAGINI - Nel corso dell'inchiesta, è emerso che due dirigenti dell'Aler, un'azienda pubblica di Milano, avrebbero eluso, in concorso con cinque service manager, «gare ad evidenza pubblica operando il frazionamento degli affidamenti a diverse ditte», mentre l'illecito finanziamento concerne
il contributo elettorale di oltre 10.000 euro corrisposto da un imprenditore per finanziare candidature alle elezioni regionali 2010 e municipali nel 2011.

GLI ALTRI INDAGATI - L'illecito del finanziamento è quello relativo al contributo elettorale di oltre 10mila euro corrisposto da un imprenditore per finanziare la candidatura di Romano La Russa alle elezioni regionali del 2010 e quelle di un altro esponente del Pdl, Marco Osnato, genero di Romano La Russa, alle elezioni per il Comune nel capoluogo lombardo nel 2011.
Coinvolto anche Gianfranco Baldassarre, ex candidato per il Pdl al Comune di Milano nel 2011 e ora assessore a San Donato milanese.

LE OPPOSIZIONI - «Siamo tornati al 1992: c'è ormai un avviso di garanzia a settimana: la giunta Formigoni deve dimettersi subito, si deve ridare la parola ai cittadini senza prendere in giro ulteriormente i lombardi». Le parole di Giuseppe Valditara, coordinatore lombardo di Fli, sintetizzano il pensiero delle opposizioni in Regione Lombardia e che, dopo la notizia dell'indagine che ha coinvolto l'assessore Romano La Russa, è tornata a chiedere al presidente Roberto Formigoni di fare un passo indietro e di andare al voto. Con La Russa, i consiglieri lombardi che al momento risultano indagati sono dieci, sei del Pdl, tre della Lega e un (ex) del Pd, Filippo Penati.

Redazione Online
19 marzo 2012 | 20:59

http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 0559.shtml

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 20/03/2012, 11:16
da mariok
I COSTI DELLA POLITICA

Sui terreni di Stato sbocciano poltrone
In 17 mila ettari un dedalo di enti


Al vertice delle società pubbliche ex parlamentari e rappresentanti dei partiti. Tutto in mano a un ministero che un referendum nel '93 aveva cancellato

ROMA - Rassegniamoci: i 7 milioni di ettari che il magnate brasiliano Cecilio do Rego Almeida comprò nel Mato Grosso sono inarrivabili. Però nemmeno i 338 mila che in Italia secondo la Coldiretti appartengono a soggetti pubblici, sono da buttare via. È una superficie più grande della Valle D'Aosta, con piazzamento assicurato nella top ten dei latifondisti mondiali. Molte terre coltivabili sono di proprietà di Regioni ed enti locali. Ma lo Stato centrale, da solo, ne possiede ben 17 mila ettari. Ossia cinque volte la tenuta di Maccarese, considerata la più grande azienda agricola italiana, ceduta dall'Iri ai Benetton a fine anni Novanta.
Ironia della sorte: proprietario del ben di Dio è un ministero (l'Agricoltura) che gli italiani avevano cancellato per referendum nel 1993. E quei 17 mila ettari, dice un'indagine dei gruppi del Pd nelle Commissioni agricoltura di Senato e Camera guidati da Leana Pignedoli e Nicodemo Oliverio, sono ora uno dei problemi più grossi ereditati dal nuovo ministro Mario Catania insieme a una massa di enti (undici, più un dedalo di società controllate) che fanno capo al suo dicastero. Un groviglio proliferato negli anni per ragioni politiche, che ora i democratici chiedono di sciogliere, riassemblando tutto in soli quattro soggetti, con una proposta di legge per tagliare sovrapposizioni, sprechi e diseconomie.

Prendiamo la ricerca. Il Cra (Consiglio per la ricerca in agricoltura) ha 1.800 dipendenti, 47 centri sparsi per l'Italia e 5.300 ettari a colture sperimentali. Fino al commissariamento è stato in mano all'ex senatore Domenico Sudano, professore di francese già segretario siciliano dell'Udc e in seguito coordinatore locale del Pid, il partito del ministro Francesco Saverio Romano che l'aveva nominato. Però anche l'Inea, con 300 dipendenti e 20 filiali regionali, opera nella ricerca: è presieduto dall'ex consigliere regionale veneto Tiziano Zigiotto, eletto nel 2005 con il listino del governatore e futuro ministro Giancarlo Galan, autore della sua nomina. E fa ricerca pure l'Inran, che ha 160 addetti e un cda dove hanno trovato posto un ex deputato Ds (Giuseppe Rossiello) e un ex candidato azzurro alle regionali venete (Amedeo Gerolimetto).

L'Ismea, 153 dipendenti, finanzia invece l'acquisto dei terreni da parte degli agricoltori. E se gli acquirenti non riescono a rimborsarlo diventa padrone. In questo modo, avendo investito circa 1,5 miliardi, si ritrova proprietario di 11.309 ettari. Non bastasse, l'istituto presieduto da Amedeo Semerari, un tempo esperto agricolo di Forza Italia, controlla altre cinque società. Fra cui Buonitalia, ora in liquidazione. Liquidatore è Alberto Stagno D'Alcontres, fratello del deputato Francesco Stagno D'Alcontres eletto nel 2008 con il Popolo della libertà.
Ma l'Ismea non è l'unica struttura «finanziaria» del ministero. C'è infatti l'Isa, l'Istituto di sviluppo agroalimentare creato nel 2004 dall'ex ministro di An Gianni Alemanno. Ha una quarantina di dipendenti e oltre a finanziare le imprese, detiene una manciata di partecipazioni in aziende agricole. Le risorse investite sono 650 milioni. Denari affidati all'amministratore delegato Annalisa Vessella, consigliere regionale della Campania e consorte del deputato Michele Pisacane, cofondatore del partito di Romano. Con lei, due leghisti (Nicola Cecconato e Giampaolo Chirichelli) e un ex deputato regionale siciliano (Decio Terrana) bocciato alle ultime elezioni.

Il pezzo forte è però l'Agea, che distribuisce i fondi comunitari: sette miliardi l'anno. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, 300 dipendenti, agisce anche come esattore. Il che ha dato luogo a non pochi effetti collaterali. Come un clamoroso doppio ribaltone che ha riportato al vertice, dopo una sentenza del Tar, l'ex senatore della Lega Nord Dario Fruscio silurato dai suoi perché voleva far pagare le multe appioppate da Bruxelles agli allevatori che sforano le quote latte. I contributi sono pagati sulla base dei dati gestiti dalla Sin, società informatica posseduta al 51% ma sulla cui funzionalità esistono serie riserve da parte degli attuali vertici dell'Agea e dello stesso ministro. Rigorosamente bipartisan la governance: presidente l'ex europarlamentare Ds Francesco Baldarelli, vice l'ex presidente della Provincia di Ragusa Concetta Vidigni, candidata Udc alle europee del 2009 e già esponente del partito di Romano. Mentre le verifiche sono all'Agecontrol, che ha 25 sedi periferiche dalla Sicilia al Veneto e risulta paradossalmente controllata dalla stessa Agea, cioè dal soggetto che eroga i contributi. Presidente è l'ex candidato Udc alla presidenza della Provincia di Caltanissetta, Massimo Dell'Utri, e fra i consiglieri c'è l'ex deputato Ds Ugo Malagnino.

Il massimo però è l'Unire, appena ribattezzata Assi, Agenzia per lo sviluppo del settore ippico. Con il tempo è diventata l'ingombrante presenza dello Stato nel mondo delle scommesse ippiche. Settore, peraltro, che versa in una crisi profonda e a quanto pare irreversibile. Gestisce i calendari delle corse e ha anche una televisione che trasmette le immagini degli ippodromi alle agenzie dove si raccolgono le puntate: dal 2006 al 2008, secondo quanto riferisce lo studio del Pd, ha bruciato 110 milioni di soldi pubblici. Occupa 195 persone e attualmente è in mano a un commissario, il consigliere di Stato Claudio Varrone. Il governo di Silvio Berlusconi l'ha nominato mentre ricopriva l'incarico di capo di gabinetto del ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla.

Sergio Rizzo
20 marzo 2012 | 8:20

http://www.corriere.it/economia/12_marz ... d17a.shtml

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 21/03/2012, 19:31
da mariok
Credo che occorrerebbe avere il coraggio di rivedere profondamente il sistema di gestione del Servizio Sanitario Nazionale.

La situazione mi pare insostenibile.

Forse il decentramento a livello regionale non è compatibile con i necessari controlli su sprechi e malaffare.





CRONACA | di Redazione Il Fatto Quotidiano | 21 marzo 2012 Commenti (19)

Nuova bufera sulla sanità pugliese: indagati Tedesco e Marino del Partito democratico

Due nuove inchieste delle procure di Bari e Foggia hanno fornito nuovi elementi sul giro di affari e sugli interessi privati che ruotano intorno alla salute pubblica regionale. Coinvolti l'ex assessore della giunta Vendola e il presidente della commissione regionale alla Sanità. Insieme a loro, altri 44 indagati

Bari e Foggia, due procure a lavoro e un unico comune denominatore. Anzi due: il settore oggetto delle indagini (la sanità pugliese) e il coinvolgimento di esponenti del centrosinistra, in questo caso (come in altri) del Partito democratico. Non nomi di secondo piano, perché a esseri iscritti nel registro degli indagati sono stati il senatore Alberto Tedesco e Dino Marino, consigliere regionale ‘democrat’ nonché presidente della Commissione sanità. Insieme a loro, sono oltre 40 gli altri indagati, per lo più dirigenti delle Asl incriminate.

BARI – Nel primo caso, l’ex assessore pugliese alla Sanità (già salvato in parlamento dalla richiesta d’arresto ai suoi danni) è finito nel mirino dei magistrati nell’inchiesta sugli accreditamenti delle cliniche private nel sistema di convenzioni con il pubblico. Secondo la procura di Bari, la giunta di Nichi Vendola avrebbe accreditato strutture che non ne avevano i requisiti. Il governo regionale, tuttavia, per l’accusa è stato indotto in errore a causa del comportamento di alcuni funzionari e di assessori compiacenti (tra cui appunto Alberto Tedesco), che avrebbero agito per interessi personali. Tutto è nato anni fa da un’indagine sulla clinica Kentron di Putignano, all’epoca oggetto di un’inchiesta coordinata dall’attuale assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro. Successivamente, l’inchiesta è passata ai pm Francesco Bretone e Marcello Quercia, che hanno incrociato i dati emersi da quella attività investigativa con quanto scoperto dai carabinieri sul cosiddetto ‘sistema Tedesco’ e sono arrivati a ricostruire gli intrecci tra interessi privati e macchina amministrativa. La conclusione a cui sono giunti i magistrati è precisa: imprenditori e amministratori si sono arricchiti alle spalle dei contribuenti e delle casse regionali grazie ad una serie forzature sulle convenzioni. Nei giorni scorsi le Fiamme gialle hanno consegnato l’informativa finale nelle mani del procuratore aggiunto Giorgio Lino Bruno, che ora dovrà decidere come procedere.

FOGGIA – Non meno gravi le accuse ai danni del consigliere regionale Pd Dino Marino, coinvolto negli sviluppi dell’inchiesta che a dicembre scorso portò in carcere sei persone (tutti imprenditori, medici e funzionari della Asl di Foggia) con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso e truffa ai danni del servizio sanitario nazionale. In pratica, venivano assegnate forniture ospedaliere per centinaia di migliaia di euro a imprenditori amici grazie ad un modus operandi e a un giro d’interessi ben collaudato: gli imprenditori facevano pressioni sui politici, i politici si ‘rivolgevano’ a funzionari compiacenti, questi ultimi ‘sistemavano’ le pratiche per ottemperare alle richieste dei politici. I magistrati, però, non si sono fermati a quegli arresti. Hanno continuato a scavare nelle carte dell’indagine e nei pc degli accusati e sono riusciti ad arrivare al presidente della commissione Sanità della Regione Puglia. Centrale per la odierna svolta investigativa gli arresti di un anno fa, quando finirono in galera alcuni imprenditori molto noti nel foggiano (tra cui Vincenzo Nuzziello, fratello di Anna Nuzziello, consigliere regionale della lista La Puglia per Vendola) per una gara d’appalto ritenuta totalmente inutile dalla procura di Foggia (280mila euro per ‘marchiare’ i ferri delle sale operatorie degli ospedali di Cerignola, San Severo, Lucera e Manfredonia).

All’epoca vennero perquisiti gli uffici e la direzione generale della Asl di Foggia e le case degli arrestati: da quanto trovato in quelle ‘visite indesiderate’ sarebbe arrivata la svolta investigativa, che secondo i pm ha scoperchiato il ruolo della politica nella vicenda. In particolare, nell’abitazione di Vincenzo Nuzziello gli inquirenti trovarono gli atti della gara incriminata e le offerte delle cinque società che parteciparono. Tutte erano riconducibili a Nuzziello, che, grazie a informazioni privilegiate sui bandi (probabilmente fornite dai politici), in prossimità delle gare creava una serie di società con cui partecipava ai concorsi con la sicurezza di vincerli. ”Notizia destituita di ogni fondamento” ha commentato Marino, secondo cui “nulla, ad oggi, mi è stato notificato dalla magistratura nei cui confronti nutro piena ed incondizionata fiducia e pertanto mi riservo di intraprendere ogni azione utile a tutelare la mia onorabilità”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03 ... no/199119/

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 21/03/2012, 20:06
da paolo11
Bisogna solamente tornare indietro.Tutto il personale ospedaliero deve essere assunto dall'ospedale.I dottori primari ecc.....lo devono fare a tempo pieno il proprio lavoro.
Non avere pure le cliniche private.Per cui si allungano le attese per qualsiasi intervento eccc.....però ti dicono se vieni nella clinica tale lo facciamo domani.
L'unica cosa che lascierei nella struttura ospedagliera alle imprese esterne.La pulizia e i pasti.
Ciao
Paolo11

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 26/03/2012, 12:42
da mariok
Lusi, le bugie di Rutelli

di Primo Di Nicola e Emiliano Fittipaldi

Non è vero che i soldi finiti all'Api dal Cfs sono stati messi nei bilanci. Anzi: non sono stati neppure dichiarati alla Camera, come vuole la legge. Ma c'è molto altro: dalle presunte attività della fondazione 'ambientalista' allo strano modo in cui viene pagata la sede del partito. Fino al ruolo di Barbara Palombelli nelle partire di giro
(23 marzo 2012)

Pubblichiamo qui di seguito un ampio stralcio della nuova inchiesta di Primo Di Nicola ed Emiliano Fittipaldi sul caso Lusi- Rutelli. L'articolo completo è sul numero dell'Espresso in edcola oggi.

Dopo l'inchiesta che spiegava come il tesoriere della Margherita Luigi Lusi avesse girato alla sua fondazione centinaia di migliaia di euro, Francesco Rutelli ha accusato "l'Espresso" di aver scritto «falsità» e di essersi fatto strumento «di una condotta di inquinamento e depistaggio dell'indagine» che la procura di Roma sta svolgendo su Lusi, ormai a rischio arresto. «L'accusa esplicita a Rutelli è assolutamente ridicola», hanno aggiunto i suoi avvocati. «Rutelli non ha avuto personalmente neppure un centesimo dalla Margherita: ha svolto il suo incarico a titolo assolutamente gratuito». Chi ha ragione?

1. Denaro alla politica, non alla persona
Anzitutto "L'Espresso" non ha mai scritto che il senatore ha intascato soldi per suoi interessi privati. Ha spiegato che la Margherita-Dl ha girato denaro al Centro per un futuro sostenibile, fondazione creata e presieduta dal leader dell'Alleanza per l'Italia (Api). Una circostanza che Rutelli ha avvalorato, spiegando di aver ricevuto non solo gli 866 mila euro scoperti da "l'Espresso", ma ben un milione e 126 mila euro.

2. Da dove vengono quei soldi?
Durante la conferenza stampa di giovedì 15 marzo, Rutellli ha di fatto confermato ogni riga dell'inchiesta. Dai soldi alla fondazione alla vicenda dei dirigenti Api pagati ancora dalla Margherita, passando per quella dei 150 mila euro girati dal Cfs all'Alleanza per l'Italia il primo dicembre 2009. «Nessun finanziamento occulto all'Api», ha specificato, «è stata una semplice partita di giro, sono soldi che ho avuto dai miei sostenitori del Comitato Rutelli per le elezioni a sindaco di Roma del 2008. In tutto, 284 mila euro». Denaro, dice Rutelli, che gli spetta di diritto e che può spendere politicamente come vuole. «Una partita di giro documentata, tracciabile, fino all'ultimo centesimo».
Rutelli tuttavia non ha consegnato nessun documento ai giornalisti che confermasse l'asserita tracciabilità dell'operazione. Ha però detto che la cifra era trasparente, addirittura «già presente nei bilanci».

3. Nei bilanci non c'è traccia
"L'Espresso" ha analizzato il bilancio dell'Api 2010 e le dichiarazioni congiunte alla Camera dei deputati, dove devono risultare tutti i versamento ai partiti superiori ai 50 mila euro con i nomi dei soggetti coinvolti, la data e l'importo del contributo. «Tutti i finanziamenti risultano nella contabilità dell'Api, tutti», ha ripetuto fino allo stremo Rutelli. Il quale ha aggiunto che l'Api non ha fatto il bilancio nel 2009, dunque i 150 mila «penso che figurino nel bilancio 2010... sono sotto la voce "altri proventi", se lo vada a guardare, lo scoprirà». "L'Espresso" ha seguito l'invito. Ebbene: dei 150 mila euro che arrivano dalla cassa della fondazione non c'è traccia. Nessuna evidenza del contributo nemmeno nelle dichiarazioni congiunte depositate dall'Api alla Camera.

La voce "altri proventi" non esiste. Nel conto economico 2010 dell'Alleanza per l'Italia ci sono cinque poste in attivo. Oltre ai "proventi da attività editoriali, manifestazioni e altre iniziative", vengono annotate le entrate delle "quote associative" (253.310 ), i rimborsi elettorali (194.490), le contribuzioni da persone fisiche (47.500 euro) e quelle da persone giuridiche, ben 286 mila 800 euro, voce costituita quasi per intero dai contributi dei gruppi parlamentari, quello dei deputati (140 mila euro) e quello dei senatori (93 mila 900). Il totale fa 234 mila euro, restano da attribuire i 52.800 euro mancanti. Minutaglie: si tratta, spiega il bilancio, «di una serie di contribuzioni di soggetti diversi inferiori al limite di legge di 50 mila euro». Morale: i 150 mila versati dal Cfs nel dicembre 2009 nel bilancio 2010 dell'Api non ci sono.

4. Contributo non dichiarato
Anche la ricerca nelle dichiarazioni congiunte alla Camera risulta vana. Alla Tesoreria di Montecitorio, infatti, l'Api nel 2009 non ha dichiarato nulla. Per il 2010 ci sono solo i 234 mila euro ricevuti dai gruppi parlamentari. Per il 2011 ci sono invece altre somme ricevute da Cfs: in tutto 127 mila euro relativi a due versamenti per «servizi locativi» (61.194 euro) e per «acquisto e messa a disposizione di servizi per il 5 agosto 2011» (altri 66 mila euro). Solo una dimenticanza? Sta di fatto che la mancata dichiarazione dei 150 mila euro alla Camera rischia di provocare grattacapi seri a Rutelli. La normativa che regola le dichiarazioni congiunte prevede pesanti sanzioni per coloro che non la rispettano: l'omissione dell'obbligo comporta una multa da due a sei volte l'ammontare del contributo non dichiarato, sia per l'erogante (in questo caso Cfs) che per il ricevente (l'Api). Cioè per entrambe le creature dell'ex leader della Margherita.

5. Cosa nasconde il Cfs
Passiamo ora al Cfs. "L'Espresso" ha visionato tutti i bonifici tra il marzo del 2009 e il luglio del 2011. Non solo. Ha ottenuto anche il bilancio del Cfs del 2010.

Sappiamo che il Centro presieduto da Rutelli ha avuto dalla Margherita oltre un milione di euro in totale. Altri soldi li ha ricevuti dal Comitato Rutelli 2008 (in tutto 284 mila euro, usati poi per l'attività politica dell'Api), altri ancora (150 mila nel 2009) dalla defunta associazione Cento Città, di cui Lusi era tesoriere (a proposito, sarebbe interessante sapere se i vecchi soci di Cento Città - da Ermete Realacci a Massimo Cacciari - fossero a conoscenza dell'esistenza di una cassa ancora attiva e di questa elargizione). Ora, come ha speso la fondazione di Rutelli tutti questi denari? «Ho destinato fondi a un'attivita bella come l'ambiente, un tema che mi appassiona da anni! Non dico che mi dovreste elogiare, però...», ha detto in tv. «L'attività del Cfs come vedete dal sito è venuta crescendo negli anni», ha aggiunto ancora il presidente dell'Api in conferenza stampa. In realtà, nel 2009 sul sito del Cfs si contano appena tre incontri: due organizzati in sale del Parlamento, uno dedicato a un libro della sconosciuta fondazione Telos. Nei dodici mesi del 2010 viene invece organizzato un solo evento pubblico, al Senato. Quell'anno forse si poteva fare qualcosa di più per l'ambiente.

La voce in entrata "contributi da altri" segna infatti 473 mila euro, cifra identica alla somma dei versamenti elargiti quell'anno da Lusi. Le altre entrate registrate dal Centro aggiungono poco: 15 mila euro arrivano da una raccolta fondi, altri 34 mila da una "sublocazione" (attenzione a questa voce, la ritroveremo più avanti). Del mezzo milione incassato, però, pochissimo viene investito per l'ambiente. Alla voce "spese" risultano 60 mila euro per i costi della sede, 36 mila euro di "acquisti" vari e meno di 10 mila euro di consulenze. Nient'altro.

La musica non cambia nel 2011. Se le spese sono ridotti all'osso e i convegni sono appena tre (e uno di questi si tiene proprio durante la festa dell'Api), i contributi che arrivano dalla Margherita restano generosi. Alla fine della fiera a marzo 2011 il saldo del conto della fondazione è arrivato a superare gli 801 mila euro. Altri 200 mila arriveranno dalla Margherita a luglio 2011.

6. E l'affitto chi lo paga?
Insomma il Cfs e l'Api sembrano - diciamo così - due entità molto, vicine. Anche perché le sole uscite importanti dal forziere del Cfs, le cui casse sono rimpinzate quasi per intero dalle erogazioni di Lusi, riguardano versamenti all'Api. Ogni mese, a partire dal dicembre 2009, la fondazione paga 5 mila euro ai fratelli Alberto e Domenico Giusti De Marle, proprietari degli uffici dell'Api nel centro storico di Roma, a largo di Fontanella di Borghese. «Chi paga la sede dell'Api? Alleanza per l'Italia», ha detto Rutelli in risposta alla domanda di una giornalista. In realtà, i bonifici visionati da "l'Espresso" raccontano un'altra storia. I proprietari della sede dell'Api vengono infatti pagati direttamente dal Cfs. La fondazione, a partire da giugno 2010, ha poi praticamente subaffittato all'Api, che restituisce la pigione alla fondazione di Rutelli. Ecco spiegati i 34 mila euro della voce "sublocazione" dentro il bilancio 2010 del Csf. Ecco perché nelle dichiarazioni congiunte (del 2011) risulta che l'Api ha avuto 61.194 euro. Ma qual è la logica di quest'operazione? L'Api nasce nel novembre 2009 e ha un suo conto corrente ormai da anni. Perché sub-loca dal Cfs?

7. Una partita di giro anche per Barbara
I subaffitti, però, non si fermano qui: a febbraio e marzo 2011 il Centro per un futuro sostenibile ha fatto due bonifici alla consorte del senatore, Barbara Palombelli, da 1.804 euro. La giustificazione? L'utilizzo dei locali di via Tacito, la strada dove ha sede la fondazione. Gli uffici sono di Federico Rossi di Medelana, proprietario di tutto il palazzo, che da tempo aveva affittato a un prezzo di favore - così ha detto Rutelli e così confermano alla fondazione - alla moglie del leader. A sua volta, Palombelli subaffitta al Cfs che la rimborsa. Un'altra partita di giro. «Un politico deve essere tracciabile dalla A alla Z», ha detto Rutelli in tv. Tra partite di giro e finanziamenti border-line, però, la trasparenza non sembra centrata, mentre l'amore per l'ambiente è perlopiù a parole. Per quanto riguarda le accuse a "l'Espresso" di scrivere «falsità», lasciamo al lettore il giudizio finale.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2177109//0

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 27/03/2012, 23:47
da mariok
L'INCHIESTA

Lusi per sei ore dal magistrato
"Vertici Margherita sapevano"


Lungo interrogatorio per l'ex tesoriere. "Ho chiarito tutto". Battute all'arrivo in procura: "Le mie note spese? Qualcuno avrà usato la mia carta di credito..."

ROMA - Le parole di Lusi ai magistrati che si occupano della "sparizione" 1 dei fondi ricevuti dal finanziamento pubblico della ex Margherita sono pesanti come pietre. "I vertici del partito sapevano". E per vertici del partito, si intende in primo luogo Francesco Rutell 2i. Che già nei giorni scorsi aveva respinto sdegnato ogni tipo di coinvolgimento nella vicenda 3.

"Si è parlato di conti, solo di conti. Ho risposto a tutte le domande dei pm". Lo ha detto l'ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, al termine del lungo interrogatorio, sei ore, al quale è stato sottoposto in procura. Alla domanda se vi sono state fatte nuove contestazioni il parlamentare ha risposto: "chiedete ai pm, io ho chiarito tutto".

Il difensore Luca Petrucci, ha dichiarato che nel corso dell'atto "è stato definito tutto il quadro" e che Lusi è "sollevato e sereno".

La prossima tappa della vicenda sarà la discussione, davanti al tribunale del riesame, il 5 aprile prossimo, del ricorso presentato dal senatore contro il sequestro di sei immobili (cinque a Capistrello nell'aquilano, uno ad Ariccia) e di due milioni di euro. Il decreto di sequestro è stato emesso nelle scorse settimane dai pm Caperna e Pesci, e convalidato dal gip Simonetta D'Alessandro.

Le battute all'arrivo. Al suo arrivo a piazzale Clodio il senatore, espulso dal Pd dopo l'esplosione dello scandalo, aveva risposto a qualche domanda dei cronisti: "Si vede che qualcuno ha usato la mia carta di credito", ha detto ad un giornalista che chiedeva il suo parere sulla pubblicazione di ricevute e di note spese relative a vacanze, pranzi ed altro, pagati con i soldi della Margherita.

(27 marzo 2012)

http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 29/03/2012, 9:05
da mariok
I VERBALI
L'ultima verità di Luigi Lusi

"Alcuni nella Margherita sapevano"

"Non rubavo, investivo": l'ex tesoriere del partito di Rutelli, poi confluito nel Pd, si difende così dall'accusa di essersi appropriato di 25 milioni di euro ai danni del partito. "Ho svolto un'attività fiduciaria". E sugli acquisti di immobili, c'era qualcuno informato. "Ma non faccio nomi"

di CARLO BONINI

ROMA - Cosa ha raccontato esattamente Luigi Lusi al procuratore capo Giuseppe Pignatone, all'aggiunto Alberto Caperna, al pm Stefano Pesci? Quali parole ha usato, quali circostanze ha indicato che interpellano l'ex vertice della Margherita?

"FIDUCIARIO PER CONTO DEL PARTITO"
Sostiene a verbale il senatore di non essere "il predone" di 25 milioni di euro. Di "aver operato come tesoriere della Margherita per creare una serie di posizioni finanziarie e immobiliari di carattere fiduciario". "Non rubavo", dice. "Investivo" per conto del Partito, utilizzando le società "Luigia ltd." e "TTT srl.".

Ed "era inteso", aggiunge, che "quando la Margherita avesse esaurito la sua liquidità di cassa, le ville con tenuta di Genzano e Ariccia, l'immobile in via Monserrato acquistati con i soldi del Partito sarebbero stati dismessi e liquidati a vantaggio e nell'interesse della Margherita".

Prova ne sia, aggiunge, la decisione (formalizzata ieri dal suo avvocato Luca Petrucci) di cedere alla Margherita le quote della Luigi ltd., la sua cassaforte immobiliare. "Fiduciari", a suo dire anche i "prestiti infruttiferi e in contanti" (mai restituiti) per oltre 500 mila euro al fratello Angelo, ai nipoti, ad alcuni amici, così come "le spese di ristrutturazione per gli immobili di Capistrello". Mentre, del tutto ignari, e dunque "innocenti", sarebbero sua moglie Giovanna Petricone, suo genero, i suoi nipoti Emanuele e Micol.

"ALCUNI SAPEVANO"
Quanto alla consapevolezza dei vertici della Margherita della sua "attività fiduciaria", racconta: "Dopo il 2007, quando il Partito confluì nel Pd, si pose il problema di assicurare un futuro ai rimborsi elettorali, ingenti, destinati in futuro alla Margherita. Per gli immobili, nessuno mi conferì un mandato specifico. Mi fu detto in generale di investire la liquidità nei migliori modi possibili. Per altro, dell'acquisto degli immobili alcuni sapevano, ma preferisco non farne i nomi, perché so bene che nessuno confermerebbe quanto dico".

Del resto, a suo dire, il vertice della Margherita, a cominciare da Rutelli, aveva fiducia in lui perché "garante" di un "patto" sull'uso delle risorse destinate alla politica, stretto sempre nel 2007. "C'era un accordo, di cui ero considerato garante, per la ripartizione dei fondi e delle spese tra Popolari e rutelliani. Il 60% ai primi. Il 40% ai secondi. I Popolari sapevano bene come le risorse erano distribuite tra di loro. Lo sapeva anche Rutelli. Mentre i Popolari non sapevano quanto aveva Rutelli. Bocci e Rutelli erano attenti alle rispettive spese. Forse, tra le due correnti, Rutelli ha avuto qualcosa in più, perché con lui eravamo in sodalizio politico da sempre ed era comunque il Presidente".

"NON SO COME ABBIANO SPESO I SOLDI"
Il "Patto", il "garante", "gli investimenti fiduciari". E' una difesa che tutto vuole riportare alla dimensione "politica" dell'affare. Spaghetti al caviale e convegni. Ville, viaggi e uso delle risorse di un Partito. I pm, scettici e a tratti increduli, sollecitano l'ex tesoriere. "Qualcuno, nella Margherita" ha utilizzato le risorse del Partito per usi diversi dalla politica? "Non lo so", risponde Lusi. "Quando si sarebbero dovuti vendere gli immobili di Genzano, Ariccia, Monserrato?". "Presto, perché la liquidità del Partito si stava esaurendo". "Era davvero così conveniente investire in immobili, pagandoci anche 5 milioni di tasse?". "Si. Se oggi rivendessimo gli immobili otterremmo una cifra superiore".

ANNOTAZIONI E ASSEGNI
Lusi dice di non avere prove del "patto", né del mandato "fiduciario". La sua parola, insomma, contro quella degli ex compagni di strada. Sugli assegni con beneficiario in bianco, tratti dal conto del Partito (parte dei quali utilizzati per comprare la villa di Ariccia) fa fede la sua memoria. Sulla ripartizione delle risorse della Margherita, spiega, "dal 2009 ho annotato quanto distribuivo proprio per garantire che l'accordo fosse rispettato". Quanto poi alla contabilità opaca, "Non la posso negare. Ma l'opacità non era una mia esigenza. E' propria di tutti i partiti ed era necessaria a mascherare le operazioni fiduciarie".

I PRESTITI
Per dimostrare ai pm di non avere più nulla da nascondere, l'ex tesoriere indica ai pm operazioni effettuate con denaro del Partito, sin qui non individuate dall'indagine. Prestiti infruttiferi e sin qui non restituiti. A suo dire, anche queste curiose "operazioni fiduciarie". "Ho prestato 100 mila euro a mio fratello Angelo, 120 mila a mio nipote Emanuele, circa 360 mila a Giovanna Meloni e Roberto Canulli (due amici ndr.), 130 mila a mio nipote Giovanni Tuteri".

VIAGGI? MI SPETTAVA UN COMPENSO
Lusi tuttavia sa bene di dover spiegare cose che con gli investimenti fiduciari davvero non hanno nulla a che fare. I viaggi, gli hotel, i ristoranti, nonché il denaro che dal conto di sua moglie, Giovanna Petricone (1 milione e 600 mila euro) e dalla "TTT" (273 mila euro) arriva alla società canadese "Filor", che - ammette - "vengono impiegati per un mio investimento privato. La costruzione di una casa nel paese in cui è nata mia moglie".

La mette così: "Le mie spese per viaggi stanno nel sistema di cui ho parlato. Quanto alle mie spese personali, alla fine del mio incarico di tesoriere avrei fatto un conto tra quanto avevo speso e quanto ritengo che il Partito mi avrebbe dovuto versare come spettanza". Un compenso "implicito". Ma concordato con chi? "Ritengo di non rispondere", dice.

I FONDI DEL TERREMOTO
C'è un ultimo capitolo di questa storia che i pm affrontano: 85 mila euro che Lusi raccoglie per i terremotati dell'Aquila. Che all'Aquila non sono mai arrivati e che si spostano da un conto di Lusi a quello del fratello Antonino (sindaco pd di Capistrello). "Mi ero sposato - spiega - e chiesi come regalo di nozze un contributo per i terremotati. Sono soldi che intendo dare al sindaco dell'Aquila Cialente, che ho incontrato nel dicembre scorso, per realizzare un parco dell'acqua. Sono stati depositati per un periodo sul conto di mio fratello per evitare che fossero oggetto di un'esecuzione da parte di Atac nei miei confronti".

(29 marzo 2012)

http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -32375832/

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 30/03/2012, 15:48
da mariok
ARCHIVIO CARTACEO | di David Perluigi | 30 marzo 2012 Commenti (13)

Roma, case del Comune svendute e rivendute.
Ecco come si specula sul patrimonio


Inchiesta sugli immobili del Comune di Roma. Nelle carte anche un questore della Camera, Antonio Mazzocchi (Pdl), sodale del sindaco Gianni Alemanno. E' lui insieme alla moglie a firmare nel 2005 l'atto di compravendita di un appartamento di oltre 120 mq a piazza Mazzini al prezzo stracciato di 250 mila, valore di mercato: 880 mila euro. La casa solo poche ore prima era stata venduta dal Campidoglio a due vecchietti de l'Aquila a poco più di 206 mila euro. E ora l'avvocatura comunale chiede i danni

Il quartiere Prati con la sua piazza Mazzini è il cuore della “city romana”. Ma può considerarsi anche il cuore di un’intricata vicenda di case di pregio, oltre 120 metri quadri dal valore alto, fino a 900 mila euro di euro, ma svendute al prezzo di un monolocale in una zona semicentrale. In un bellissimo stabile di via Andreoli 2 (che si affaccia su piazza Mazzini), ben 22 appartamenti sui 90 cartolarizzati dal Comune a partire dal 2005 sono stati prima venduti agli inquilini a prezzi di saldo e poi rivenduti dagli stessi in violazione di una norma locale, la 139 del 2001, che vietava espressamente la rivendita prima di una certa data dal rogito.

Compravendite realizzate in circostanze tutte da chiarire e ora al centro di una complicata vicenda giudiziaria. La norma vietava agli inquilini – nella maggior parte dipendenti pubblici che alloggiavano negli stabili comunali a canoni agevolati – che avevano acquistato dal Campidoglio gli appartamenti con sconti dal 30 al 45 %, di rivendere prima dei 10 anni. Questo per evitare speculazioni da parte di chi aveva usufruito dei generosi sconti. L’uomo incaricato dall’ex sindaco Walter Veltroni di occuparsi di una delle più importati operazioni di dismissione immobiliare degli ultimi 20 anni in Italia è stato Claudio Minelli, ex assessore capitolino della Margherita al Patrimonio immobiliare dal 2001 al 2008, oggi desaparecidos della politica.

In ballo 7500 immobili da cartolarizzare e un processo di vendita (fermato dalla giunta Alemanno) a soli 775 immobili venduti e 150 milioni di euro entrati nelle casse del Comune. Una cifra modesta. “Io mi ricordo le pressioni che mi arrivavano da tutti i partiti, le commissioni, i comitati di inquilini, per fare maggiori sconti – racconta al Fatto Minelli – mi sembravo un punching ball in quel periodo. Fu una lotta incredibile, e non escludo che palazzi in zone importanti della Capitale siano finiti a prezzi troppo scontati”.

In piazza Mazzini nel 2005 i prezzi di mercato al metro quadro, secondo i dati dei broker immobiliari, variavano tra i 6. 700 e i 7. 700 euro, ma nello stabile di via Andreoli 2, gli appartamenti sono stati venduti in molti casi a poco più di 1. 700 euro al mq. “Io ho comprato 100 mq con due balconi al piano nobile più cantina nel 2006 al prezzo di 360 mila euro – racconta Bruna D’Eustachio, inquilina anziana del palazzo – ma appena comprato si sono presentate delle persone che dichiaravano di essere ‘ ben collegate’: mi offrivano fino a 860 mila euro per ricomprare subito il mio appartamento. Ho risposto loro che c’era il vincolo dei 10 anni, ma loro insistevano che lo si poteva aggirare – continua la donna –. Quella era una speculazione indegna verso il Comune che così tanto ci aveva agevolati. Li ho fatti scappare a gambe levate”.

Ma altri se ne sono fregati della norma e hanno rivenduto al doppio o al triplo a medici, notai, imprenditori, avvocati. Un inquilino che vuole restate anonimo racconta: “Molti qui dentro hanno fatto un giro strano, l’inquilino legittimo comprava a prezzo scontato anche se non aveva i soldi, però glieli dava un terzo, il secondo compratore, magari in cambio di una generosa buonuscita che poteva arrivare a un sacco di soldi”. Così, a partire dal 2009, l’avvocatura comunale avvia una serie di cause giudiziarie. “Laddove accerteremo che vi sono state speculazioni a danno del Comune, cercheremo di tornare in possesso anche degli immobili” dichiara il sindaco Alemanno al Fatto.

Intanto è rimasto impigliato nella vicenda un sodale di Alemanno, un big della politica romana, il deputato Pdl Antonio Mazzocchi, uno dei tre questori della Camera dei deputati, presidente dei Cristiano riformisti, ex presidente della federazione romana di An, ex assessore e consigliere capitolino, padre di Erder Mazzocchi consigliere regionale Pdl. È lui, il pomeriggio del 19 ottobre 2005, a mettere la firma insieme alla moglie, Bianca Mingoli, sull’atto di compravendita di un appartamento al primo piano nello stabile – 121 mq più cantina – al costo stracciato di 250 mila euro. L’appartamento era stato acquistato solo poche ore prima da due pensionati de l’Aquila, che avevano comprato l’alloggio a poco meno di 207 mila euro. L’avvocatura comunale, in rappresentanza del sindaco Alemanno, ritiene che i primi compratori, i coniugi Mazzocchi e il loro notaio, N. V., abbiano compiuto una speculazione ai danni delle casse comunali e chiede loro un cospicuo risarcimento, pari al prezzo del valore di mercato dell’appartamento, stimato al 2005 tra gli 860 mila e gli 880 mila euro.

Gli avvocati del sindaco hanno trascinato tutti in tribunale. Mazzocchi, interpellato dal Fatto, replica: “Ho pagato il prezzo del valore di mercato. Sì, è vero, siamo in comunione dei beni, ma sono stato trascinato dentro la causa anche se a comprare con propri soldi è stata mia moglie. Io ero solo la persona che doveva attestare questo al momento del rogito”. Ecco perché chiede un milione di euro di danni al Comune: “Capirete bene, sono deputato e questore della Camera. Comunque la compravendita è regolare, per l’immobile abbiamo interrogato il ministero dei Beni Culturali, loro – prosegue Mazzocchi – hanno un diritto di prelazione, se non lo esercitano il privato può rivendere”. Ma il Comune la pensa al contrario, è un immobile di un ente locale, nulla c’entra il Mibac. “Siamo arrivati a quella norma dopo un grande lavoro e studio – replica Minelli – nessuno poteva rivendere prima dei limiti imposti dalla legge, chi lo ha fatto deve pagare”.

L’immobile contestato è stato affittato ad uno studio medico, ma sul punto il parlamentare è balbettante: “Da oggi è libero, l’ho sfittato ieri”. Il deputato dell’Idv Francesco Barbato chiede le dimissioni da questore della Camera di Mazzocchi. “Come può amministrare le casse della Camera dei Deputati se si regola in questo modo? Chiederò oggi d’incontrare il presidente Fini e sottoporgli la “scandalosa” posizione dell’on.Mazzocchi e la conseguente rimozione da questore della Camera”.

Intanto, a distanza di oltre un anno dall’istituzione di una commissione di inchiesta sulle vendite del patrimonio immobiliare capitolino voluta da Alemanno, c’è buio fitto su nomi e dati. Il consigliere comunale di Sel, Gemma Azuni, annuncia un’interrogazione urgente per oggi in Campidoglio: “Vogliamo dati e nomi di chi ha speculato. Alemanno deve rendere pubblici i lavori della commissione da lui tanto voluta”.

Da Il Fatto Quotidiano del 30 marzo 2012, aggiornato da redazione web alle 12,20

Re: Poltrone & Forchette

Inviato: 31/03/2012, 9:15
da mariok
CRONACA | di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 marzo 2012

Milano, corsie preferenziali ingorgate da “vip”
4000 pass per politici, banchieri, giornalisti


Mezza famiglia Berlusconi, deputati, senatori, il consiglio regionale al completo hanno libero accesso ai percorsi riservati a mezzi pubblici e d'emergenza. Compresi il napoletano Bocchino e l'imperiese Scajola. E tante altre "personalità", da Colaninno al cardinale Scola. Intesa San Paolo fa incetta di 75 permessi, in compagnia di centinaia di aziende pubbliche e private. Per la carta stampata svettano Belpietro, Sallusti e Fede

L’elenco inizia con Marina Berlusconi, poi seguono oltre quattromila nomi. Sono tutti quelli a cui, negli anni passati, il Comune di Milano ha concesso un pass per viaggiare in auto nelle corsie preferenziali, di norma destinate a mezzi pubblici, ambulanze, forze dell’ordine e simili. Ai quali si sono via via aggiunti politici, imprenditori, giornalisti, vertici di sindacati e associazioni di categoria. E centinaia di permessi rilasciati a banche, aziende pubbliche e private, associazioni di ogni genere. La platea dei beneficiati si è talmente allargata negli anni che è ormai difficile comprendere quale criterio separi le auto libere di sfrecciare tra le strisce gialle dai comuni mortali rassegnati all’ingorgo. Ora l’assessore al traffico della giunta Pisapia, Pierfrancesco Maran, promette di sfoltire quell’elenco del 60 per cento.

I “VIP”. Alla voce “Autorità dello Stato-Alte personalità” l’elenco, diffuso da Repubblica.it riporta oltre a Marina, suo zio Paolo Berlusconi, fratello dell’ex premier Silvio (quest’ultimo presente alla voce “deputati”). Ma anche Roberto Colaninno, Gabriele Galateri, Massimo Ponzellini, Umberto Veronesi, il giudice Guido Salvini e Maria Rosa Moratti, sorella di Massimo e Gianmarco. Nell’elenco figurano anche il vescovo di Milano Angelo Scola e il suo predecessore Dionigi Tettamanzi.

I POLITICI. L’elenco riporta i nomi di 60 deputati, 26 senatori e degli 80 consiglieri regionali lombardi, naturalmente di tutte i partiti, più nove parlamentari europei. Anche non milanesi, come il napoletano Italo Bocchino, la lecchese Maria Vittoria Brambilla, il novarese Roberto Cota, l’imperiese Claudio Scajola e tanti altri. Ma non è tutto, perché il diritto di giungere alla meta più rapidamente dei comuni cittadini è riconosciuto anche a 36 tra partiti e sindacati, con assegnazioni multiple. La Cgil ha 17 pass, contro i 3 della Cisl. Il Pdl ne ha 4, come il Pd, poca cosa contro gli 11 degli ex alleati leghisti (divisi tra Lega nord e Lega lombarda). Svettano i sei pass di Sinistra per Pisapia, i 4 dell’esiguo Partito repubblicano, i 3 del Movimento sociale-Fiamma Tricolore. Da segnalare il record del consigliere regionale Romano La Russa, fratello dell’ex ministro Ignazio, titolare di ben 5 pass.

BANCHE E AZIENDE. Essere banchieri ha i suoi privilegi. Così Intesa San Paolo fa incetta di 75 pass, segue Unicredit con 64, ma sono una settantina i nomi del firmamento del credito che hanno a disposizione uno o (spesso) più permessi di transito sulle corsie preferenziali. Le banche sono in compagnia di qualche centinaio di aziende private e municipalizzate. Ad personam il pass per Niccolò Querci, consigliere di Mediaset e strettissimo collaboratore di Silvio Berlusconi.

CAMERA DI COMMERCIO. Tra gli enti non politici, spicca la Camera di commercio: sono una trentina i nomi di dirigenti e funzionari beneficiati dal lasciapassare. Tra questi, diversi personaggi noti, come Bruno Ermolli, altro fedelissimo di Berlusconi, il presidente di Assimpredil Claudio De Albertis, alcuni politici lombardi era Prima repubblica come Massimo Ferlini e Antonio Intiglietta.

ENTI E ASSOCIAZIONI. Via libera tra le strisce gialle a una miriade di enti, associazioni, onlus, università, organizzazioni di categoria. E qui il panorama è quanto mai vario. Dalla Compagnia delle opere alla Caritas, da Mondo Gatto all’Arci Caccia, da Assomoda a Federlegno, dall’Ordine dei Cavalieri di Malta a Emergency.

GIORNALISTI. I giornalisti godono spesso di privilegi nella circolazione stradale, dovendo muoversi per documentare quello che succede in città. Ma tra i beneficiari di pass nominativi (cioè non intestati alla società editrice) per le corsie riservate compaiono nomi che assai raramente hanno l’esigenza di precipitarsi sulla scena di un fatto di cronaca. Per esempio il direttore di Libero Maurizio Belpietro, l’ex vicedirettore dell’Espresso Chiara Beria Di Argentine, l’ex conduttore Mediaset (ed ex assessore provinciale) Cesare Cadeo, l’ex (da poco) direttore del Tg4 Emilio Fede, l’attuale direttore di Tgcom24 Mario Giordano, il direttore di Panorama Giorgio Mulé, il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, il suo vice Nicola Porro. Nell’elenco non figurano giornalisti del Fatto Quotidiano.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03 ... ti/201239/