Dove va l'America?
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Dove va l'America?
Il Super Tuesday è di Clinton e Trump. Ma Cruz tiene e Sanders può sorridere
(reuters)
Liveblog / Il due candidati favoriti ottengono la maggioranza degli Stati. I repubblicani sempre più spaccati, dietro il miliardario: Rubio in molti Stati sotto il 20%. Sanders vince non solo nel suo Vermont, ma in altri tre Stati
dal nostro corrispondente F. RAMPINI, dal nostro inviato M.CONTINI, di A. FLORES D'ARCAIS e V. ZUCCONI. A cura di A. SGHERZA
WASHINGTON - Clinton e Trump sono i vincitori del Super-Tuesday: l'ex segretaria di Stato e il miliardario hanno conquistato 6 Stati ciascuno, mentre in altri il conteggio è ancora in corso. Ma per la candidata democratica - che ha fatto un ampio discorso di vittoria, parlando da candidata già proiettata verso il voto di novembre - ci sono anche segnali meno positivi: Sanders ha vinto in Oklahoma e in Colorado, Stati in cui la Clinton era data per favorita.
SPECIALE: I DELEGATI REPUBBLICANI - DEMOCRATICI
La sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump per la Casa Bianca a novembre comunque è sempre più probabile. Trump continua la sua corsa impetuosa verso la nomination vincendo le primarie repubblicane in diversi Stati, dal Nordest al Sud. Le proiezioni gli assegnano la vittoria in Alabama, Arkansas, Virginia, Georgia, Tennesee e Massachussetts.
E se la vittoria di Cruz in Texas era attesa (è il suo Stato), la conquista dell'Oklahoma da parte del senatore texano non era prevista. Così come arriva a sorpresa anche il sorpasso su Trump nei caucus dell'Alaska: Cruz si aggiudica il 36,4%, appena 627 sopra Trump. Marco Rubio vince invece in Minnesota, la sua prima vittoria elettorale in queste primarie.
STATO PER STATO: REPUBBLICANI Alabama / Alaska / Arkansas / Colorado / Georgia / Massachusetts / Minnesota / North Dakota / Oklahoma / Tennessee / Texas / Vermont / Virginia / Wyomyng
Hillary Clinton conferma la sua schiacciante superiorità negli Stati del Sud, vince o stravince con vantaggi a due cifre in Alabama, Arkansas, Georgia, Massachusetts, Tennessee, Texas e Virginia. Non si vince una nomination democratica senza gli sfro-americani, e il loro verdetto favorisce in modo nettissimo la Clinton. Bernie Sanders porta a casa il suo Vermont (del quale è senatore), l'Oklahoma, il Colorado e il Minnesota. Gli exit poll lo davano in testa anche in Massachusetts, Stato del Nord-Est liberal e molto bianco che fu storicamente la roccaforte dei Kennedy: ma lo spoglio dice che qui la Clinton è in testa.
STATO PER STATO: DEMOCRATICI Alabama / Arkansas / Colorado / Georgia / Massachusetts / Minnesota / Oklahoma / Tennessee / Texas / Vermont / Virginia
Il Trump-ciclone resta il fenomeno più sconvolgente di questa stagione politica. L'ascesa del tycoon newyorchese non è stata fermata, finora, dalla raffica di accuse dei suoi avversari. Non lo hanno danneggiato in modo significativo né le sue ambiguità sull'endorsement di un leader razzista del Ku Klux Klan; né le accuse di aver impiegato illegalmente immigrati clandestini o truffato gli iscritti alla Trump University; né gli attacchi sui guai nascosti nelle sue dichiarazioni fiscali.
Trump è l'avversario "ideale" per Hillary? Lei lo batterebbe con ampio margine: 52% per l'ex segretario di Stato contro il 44% per il magnate immobiliare newyorchese secondo l'ultimo sondaggio della Cnn. La vittoria sarebbe molto più incerta, invece, se in finale arrivassero altri candidati repubblicani, Ted Cruz o Marco Rubio. Ma Trump gode di un vantaggio evidente, finché i voti "contro" di lui continuano a sparpagliarsi su così tanti candidati: Rubio, Cruz, più John Kasich e Ben Carson.
L'artimetica delle primarie è implacabile, gli altri si spartiscono le briciole mentre lui continua ad accumulare delegati per la convention di luglio. E' l'incubo dell'establishment repubblicano che si avvera? All'interno del partito repubblicano la prospettiva di una nomination per Trump provoca una vera crisi, politica e di coscienza. Aumenta la schiera dei repubblicani che invocano una terza candidatura - come Michael Bloomberg - o dichiarano a priori che non voteranno Trump se sarà lui il candidato consacrato dalla convention di luglio.
L'idea però che Trump sia destinato a perdere contro la Clinton, viene contraddetta da un retroscena del New York Times che attinge a fonti del partito democratico. Bill Clinton sarebbe spaventato all'idea che la moglie debba lanciarsi in duelli contro un uomo che padroneggia come pochi l'insulto. Secondo l'ex consigliere strategico di George W. Bush, Matthew Dowd, Hillary ha una'organizzazione che assomiglia a "una nave petroliera", ma affrontare Trump è come "vedersela coi pirati somali".
Usa 2016, Sanders commosso per il risultato in Vermont: "Cambieremo l'America"
Usa 2016, Trump: "Finite le primarie mi scaglierò contro Hillary"
Usa 2016, Cruz: "Sono l'unico a poter battere Trump"
Usa 2016, la vittoria di Hillary: "Niente muri, l'America ha bisogno di unità e di amore"
TRA I DEMOCRATICI
•Clinton vince in Georgia, Virginia, Alabama, Arkansas, Texas, Massachusetts e Tennessee
•Sanders vince nel suo Vermont, in Oklahoma, in Minnesota e in Colorado
TRA I REPUBBLICANI
•Trump vince in Georgia, Alabama, Arkansas, Tennessee, Vermont, Massachusets, Virginia
•Cruz vince nel suo Texas, in Oklahoma e in Alaska
•Rubio vince Minnesota
http://www.repubblica.it/esteri/elezion ... ef=HRER3-1
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Dopo tutto questo mi viene spontanea la solita domanda: Chi fra i ns. nuovi psesudo "sinistrosi" prenderebbe l'aereo per andar a sostenete Sanders?
Domanda legittima la mia o no? Tutto questo per mettere alla luce chi veramente fra i ns. politici e non solo si sente ancora di sinistra o cmq noi li potremmo definire come tali?.
L'America potrebbe diventare un faro per le nuove generazioni che vogliono un cambiamento radicale di questo pianeta?
Se si pensa che anni orsono, sempre negli States, chi si presentava alle primarie con gli stessi ideali oggi espressi da Sanders, veniva immediatamente bruciato fin dall'inizio.
Qualcosa di profondo allora sta' avvenendo anche in questa parte del mondo e se ,questo candidato che si definisce di sinistra e con molti obiettivi socialisti, non prendesse la nomination ma riuscisse a racimolare un gran numero di delegati, non sarebbe gia' un buon risultato?
Lo stesso Trunp all'interno dei repubblicani scompiglia le righe e a molti conservatori questo non sta bene.
Con tuti i sui difetti, essendo di destra, ha dichiarato che mettera' le mani al ceto medio alzando loro i redditi prendendoli dai più ricchi.
Certo, puo essere una mossa elettorale ma non tanto visto che subito tutta l'establements conservatore repubblicano cerca in tutti i modi di metterlo alle corde.
Mah...ne vedremo delle belle o delle brutte. Dipendera' sempre dal punto in cui le vogliamo vedere.
un salutone
(reuters)
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WASHINGTON - Clinton e Trump sono i vincitori del Super-Tuesday: l'ex segretaria di Stato e il miliardario hanno conquistato 6 Stati ciascuno, mentre in altri il conteggio è ancora in corso. Ma per la candidata democratica - che ha fatto un ampio discorso di vittoria, parlando da candidata già proiettata verso il voto di novembre - ci sono anche segnali meno positivi: Sanders ha vinto in Oklahoma e in Colorado, Stati in cui la Clinton era data per favorita.
SPECIALE: I DELEGATI REPUBBLICANI - DEMOCRATICI
La sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump per la Casa Bianca a novembre comunque è sempre più probabile. Trump continua la sua corsa impetuosa verso la nomination vincendo le primarie repubblicane in diversi Stati, dal Nordest al Sud. Le proiezioni gli assegnano la vittoria in Alabama, Arkansas, Virginia, Georgia, Tennesee e Massachussetts.
E se la vittoria di Cruz in Texas era attesa (è il suo Stato), la conquista dell'Oklahoma da parte del senatore texano non era prevista. Così come arriva a sorpresa anche il sorpasso su Trump nei caucus dell'Alaska: Cruz si aggiudica il 36,4%, appena 627 sopra Trump. Marco Rubio vince invece in Minnesota, la sua prima vittoria elettorale in queste primarie.
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Hillary Clinton conferma la sua schiacciante superiorità negli Stati del Sud, vince o stravince con vantaggi a due cifre in Alabama, Arkansas, Georgia, Massachusetts, Tennessee, Texas e Virginia. Non si vince una nomination democratica senza gli sfro-americani, e il loro verdetto favorisce in modo nettissimo la Clinton. Bernie Sanders porta a casa il suo Vermont (del quale è senatore), l'Oklahoma, il Colorado e il Minnesota. Gli exit poll lo davano in testa anche in Massachusetts, Stato del Nord-Est liberal e molto bianco che fu storicamente la roccaforte dei Kennedy: ma lo spoglio dice che qui la Clinton è in testa.
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Il Trump-ciclone resta il fenomeno più sconvolgente di questa stagione politica. L'ascesa del tycoon newyorchese non è stata fermata, finora, dalla raffica di accuse dei suoi avversari. Non lo hanno danneggiato in modo significativo né le sue ambiguità sull'endorsement di un leader razzista del Ku Klux Klan; né le accuse di aver impiegato illegalmente immigrati clandestini o truffato gli iscritti alla Trump University; né gli attacchi sui guai nascosti nelle sue dichiarazioni fiscali.
Trump è l'avversario "ideale" per Hillary? Lei lo batterebbe con ampio margine: 52% per l'ex segretario di Stato contro il 44% per il magnate immobiliare newyorchese secondo l'ultimo sondaggio della Cnn. La vittoria sarebbe molto più incerta, invece, se in finale arrivassero altri candidati repubblicani, Ted Cruz o Marco Rubio. Ma Trump gode di un vantaggio evidente, finché i voti "contro" di lui continuano a sparpagliarsi su così tanti candidati: Rubio, Cruz, più John Kasich e Ben Carson.
L'artimetica delle primarie è implacabile, gli altri si spartiscono le briciole mentre lui continua ad accumulare delegati per la convention di luglio. E' l'incubo dell'establishment repubblicano che si avvera? All'interno del partito repubblicano la prospettiva di una nomination per Trump provoca una vera crisi, politica e di coscienza. Aumenta la schiera dei repubblicani che invocano una terza candidatura - come Michael Bloomberg - o dichiarano a priori che non voteranno Trump se sarà lui il candidato consacrato dalla convention di luglio.
L'idea però che Trump sia destinato a perdere contro la Clinton, viene contraddetta da un retroscena del New York Times che attinge a fonti del partito democratico. Bill Clinton sarebbe spaventato all'idea che la moglie debba lanciarsi in duelli contro un uomo che padroneggia come pochi l'insulto. Secondo l'ex consigliere strategico di George W. Bush, Matthew Dowd, Hillary ha una'organizzazione che assomiglia a "una nave petroliera", ma affrontare Trump è come "vedersela coi pirati somali".
Usa 2016, Sanders commosso per il risultato in Vermont: "Cambieremo l'America"
Usa 2016, Trump: "Finite le primarie mi scaglierò contro Hillary"
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•Cruz vince nel suo Texas, in Oklahoma e in Alaska
•Rubio vince Minnesota
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Domanda legittima la mia o no? Tutto questo per mettere alla luce chi veramente fra i ns. politici e non solo si sente ancora di sinistra o cmq noi li potremmo definire come tali?.
L'America potrebbe diventare un faro per le nuove generazioni che vogliono un cambiamento radicale di questo pianeta?
Se si pensa che anni orsono, sempre negli States, chi si presentava alle primarie con gli stessi ideali oggi espressi da Sanders, veniva immediatamente bruciato fin dall'inizio.
Qualcosa di profondo allora sta' avvenendo anche in questa parte del mondo e se ,questo candidato che si definisce di sinistra e con molti obiettivi socialisti, non prendesse la nomination ma riuscisse a racimolare un gran numero di delegati, non sarebbe gia' un buon risultato?
Lo stesso Trunp all'interno dei repubblicani scompiglia le righe e a molti conservatori questo non sta bene.
Con tuti i sui difetti, essendo di destra, ha dichiarato che mettera' le mani al ceto medio alzando loro i redditi prendendoli dai più ricchi.
Certo, puo essere una mossa elettorale ma non tanto visto che subito tutta l'establements conservatore repubblicano cerca in tutti i modi di metterlo alle corde.
Mah...ne vedremo delle belle o delle brutte. Dipendera' sempre dal punto in cui le vogliamo vedere.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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- Iscritto il: 19/04/2012, 12:04
Re: Dove va l'America?
La corsa è ancora lunga ma il risultato più probabile è che vengano nominati la Clinton e Trump. Questa sfida fino a pochi mesi fa avrebbe garantito a Hillary la presidenza ma alla luce del crescente seguito di Trump (che riesce ad andare incontro alla pancia dell'elettorato mentre la Clinton è vista come un classico elemento dell'apparato politico) le elezioni di Novembre potrebbero regalarci anche una sorpresa.
La mia speranza è che Hillary vada incontro a qualche gaffe particolare come 8 anni fa e perda la corsa contro Sanders (che sembra abbia il supporto del voto giovanile pur essendo 76enne) che in una sfida con Trump avrebbe molte più probabilità di vincere della Clinton.
La mia speranza è che Hillary vada incontro a qualche gaffe particolare come 8 anni fa e perda la corsa contro Sanders (che sembra abbia il supporto del voto giovanile pur essendo 76enne) che in una sfida con Trump avrebbe molte più probabilità di vincere della Clinton.
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Re: Dove va l'America?
Quello che il Dipartimento di Giustizia valutarà se aprire un'indagine penale o no e se eventualmente sara' condannata, questo a mio giudizio non gioverà a Sanders.Maucat ha scritto:La corsa è ancora lunga ma il risultato più probabile è che vengano nominati la Clinton e Trump. Questa sfida fino a pochi mesi fa avrebbe garantito a Hillary la presidenza ma alla luce del crescente seguito di Trump (che riesce ad andare incontro alla pancia dell'elettorato mentre la Clinton è vista come un classico elemento dell'apparato politico) le elezioni di Novembre potrebbero regalarci anche una sorpresa.
La mia speranza è che Hillary vada incontro a qualche gaffe particolare come 8 anni fa e perda la corsa contro Sanders (che sembra abbia il supporto del voto giovanile pur essendo 76enne) che in una sfida con Trump avrebbe molte più probabilità di vincere della Clinton.
L'elettorato che vota la Hilary non si riversera' automaticamente su "compagno". Questo elettorato o gran parte potrebbe votare il candidato repubblicano piu' moderato che certamente non sarà più Chris Christie visto che in tempo ha voluto assicurarsi una poltrona nell'eventualità di una vittoria di Trump.
L'America, quella giovane e non solo questa, ha voluto dare un messaggio forte ai politici. Pensare di poter arrivare ad un "compagno" come presidente della potenza più forte del mondo, vuol dire essere poco realisti.
A me basterebbe potesse arrivare ad una forza tale da condizionare il suo partito e spostarlo il più possibile a sinistra.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Dove va l'America?
La Clinton non ha voti sufficienti fra i bianchi, i giovani e le donne stesse...
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Re: Dove va l'America?
Quindi che intendi? Non puo farcela contro Trump anche con i voti di Sanders?Maucat ha scritto:La Clinton non ha voti sufficienti fra i bianchi, i giovani e le donne stesse...
un salutone
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Re: Dove va l'America?
Non è automatico che chi vota Sanders voti la Clinton, anzi...
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Re: Dove va l'America?
Su questo son d'accodo. Lo sempre pensato ma purtroppo in politica il non votare favorisce sempre l'avversario quando i candidati sono 2. 1 per i democratici e 1 per i repubblicaniMaucat ha scritto:Non è automatico che chi vota Sanders voti la Clinton, anzi...
un salutone
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Re: Dove va l'America?
La situazione in USA non è così radicata come in Europa, la gente si sposta da un partito all'altro in funzione dell'appeal del candidato o dell'antipatia per lo stesso, inoltre votano in pochi circa il 35/38% quindi non mi meraviglierei se dei democratici per Sanders diventassero astenuti o addirittura repubblicani pur di non vedere l'odiata Hillary alla White House.
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Re: Dove va l'America?
Bush-Clinton, abbraccio infernale tra due dinastie pericolose
Scritto il 20/3/16 • nella Categoria: idee
Come volevasi dimostrare. Hillary Clinton è oramai il candidato semi-ufficiale per la poltrona di presidente degli Stati Uniti d’America della famiglia Bush. Il 23 febbraio del 2016, sulle pagine de “Il Moralista”, pubblicavo un articolo titolato “Jeb Bush e Hillary Clinton sono espressione degli stessi centri occulti di potere”. Venerdi 11 marzo, in occasione dei funerali di Nancy Reagan, Hillary e George W., in versione amanti clandestini finalmente usciti allo scoperto, si sono fatti fotografare avvinghiati in un caloroso e complice abbraccio. In politica nulla si fa per caso, e la scelta di veicolare questo tipo di immagine non può essere casuale. D’altronde non c’è molto da stupirsi, dal momento che, al punto in cui siamo, la saldatura di un establishment tanto debole quanto intrinsecamente assassino era pressoché scontata. La dicotomia destra/sinistra, come ripetiamo da tempo, è buona solo per ingannare i tonti, masse di ingenui facilmente impressionabili da una sigla di partito o da un simbolo carico di storia. Dietro i simboli di partito però ci sono sempre gli uomini in carne ed ossa, con cordate al seguito e rispettivi interessi privati da soddisfare.
I “mondi” dei Clinton e dei Bush sono chiaramente comunicanti. Entrambe le dinastie politiche prima citate portano responsabilità gravissime per quanto concerne la distruzione del Medio Oriente, insanguinato da guerre infami e farlocche, avviate dai Bush e poi proseguite dal segretario di Stato Hillary Clinton, notoriamente ossessionata dall’idea di uccidere Gheddafi e Assad per destabilizzare l’intera regione e favorire l’ascesa dei “finti nemici” dell’Isis. Perfino Obama, non certo un cuor di leone, ha avuto modo di denunciare la furia distruttrice di Hillary Clinton, protagonista insieme a Cameron, Sarkozy, Napolitano e altra bella gente dell’insensata e folle guerra alla Libia del 2011, indegna macelleria ammantata di nobili e ipocriti ideali. Bush e Clinton, poi, a differenza di Trump, sono filo-israeliani e fautori della prosecuzione delle sanzioni alla Russia di Putin, colpevole ai loro occhi di avere smontato il giochino del terrorismo islamico globale, costruito con tanta cura e pazienza dai principali e sanguinari network esoterici in voga negli Stati Uniti d’America e non solo.
Al Bagdhadi, sedicente califfo del terrore, è stato appositamente liberato da un campo di prigionia per farne una specie di redivivo Bin Laden, mostro mediatico utilissimo per legittimare e consentire una nuova stagione di “guerre per la libertà” (Orwell, ci sei?) per la gioia di petrolieri alla Dick Cheney e dei signori del famigerato complesso militare e industriale a stelle e strisce. Oltre alle affinità sul tema “terrorismo politico”, le somiglianze tra i Bush e i Clinton non mancano neppure con riferimento al “terrorismo finanziario ed economico”. Fu proprio durante la presidenza di Bill Clinton che venne abolito lo “Steagall Act” di rooseveltiana memoria, linea Maginot che per anni impedì il dilagare dei nazisti tecnocratici di Wall Street ora impuniti e imperanti.
Mentre i Bush sono da sempre fautori della teoria dello “sgocciolamento”, tesi bislacca che tutela i soli interessi dei milionari sull’assunto che, ingrossando le tasche dei pochi “Paperoni”, qualche briciola finirà infine per forza anche sulla tavola dei tanti straccioni. Nel merito delle scelte di indirizzo politico effettivamente intraprese, al netto cioè di ricostruzioni suggestive e non dimostrabili, Bush e Clinton somigliano a due gemelli che fino ad oggi hanno “marciato divisi per colpire uniti” (l’utilizzo di simile immagine è da ritenersi per nulla casuale, ndm). A partire da venerdi 11 marzo a quanto pare – oltre a colpire – uniti ci “marciano” (in tutti i sensi) pure.
Due considerazioni finali. I Clinton e i Bush traducono in concreto visioni e idee maturate all’interno di consessi gnostici, pan-teistici e di fatto di ispirazione satanica. La politica, per elementi simili che puzzano di zolfo lontano un miglio, è poco più che un paravento. Per dimostrare quanto sia amata fuori dai confini americani Hillary Clinton ha pensato bene di vantarsi del sostegno del premier/cazzaro Matteo Renzi. Giusto come nota di cronaca è bene ricordare che uno dei “consulenti strategici” del premier italiano è Michael Ledeen, uomo dal raffinato ingegno organico al primo cerchio di potere riconducibile alla famiglia Bush (di recente Ledeen ha partecipato ad incontri molto interessanti nel sud d’Italia). Un tassello in più che dimostra quale tipo di “triangolazione” si celi dietro “l’innocente abbraccio” tra l’ex first lady e l’ex inquilino della Casa Bianca al tempo degli attentati alle Torri Gemelle.
(Francesco Maria Toscano, “A mali estremi, estremi rimedi: Hillary Clinton e George W. Bush gettano la maschera”, dal blog “Il Moralista” del 15 marzo 2015).
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Dove va l'America?
QUANDO I TRICOLORI SI SBARAZZERANNO DELLO SPIETATO SODOMIZZATORE FIORENTINO????
Sanders e i bari del globalismo-canaglia, da Hillary a Renzi
Scritto il 25/4/16 • nella Categoria: segnalazioni
Gli avvocati del Free Trade cominciano a preoccuparsi per le critiche che piovono sulla globalizzazione selvaggia da tutti i maggiori candidati in corsa per la Casa Bianca, dal repubblicano Trump al democratico-socialista Sanders, senza escludere la democratica moderata Hillary Clinton che, dimentica di quanto sostenuto in passato assieme al marito ultraliberista, oggi corteggia gli elettori radicali di Sanders con dichiarazioni contro il TTIP, temendo che le neghino l’appoggio nel caso quasi certo che sia lei correre per le presidenziali di novembre. Dopo Zuckerberg, che giorni fa ha tuonato contro gli anacronistici costruttori di muri che vorrebbero farci regredire al medioevo, è intervenuta la segaligna managing director del Fmi, Christine Lagarde: «Non entro nelle campagne politiche, ma dico che chi mette in discussione il free trade sbaglia», ha detto, per poi aggiungere: «I commerci internazionali portano benessere per tutti e la loro contrazione costa cara soprattutto ai paesi più poveri». Quindi è stata la volta del boss dei boss Bill Gates, il quale ha dichiarato al “Financial Times”: «Qualcuno dovrà pure ricordare alla gente che gli Stati Uniti sono stati di gran lunga il maggiore beneficiario della globalizzazione».Insomma chi beneficia della globalizzazione: i paesi più poveri? Gli Stati Uniti? Tutti? La risposta sta nel fatto che queste indignate reazioni bersaglino soprattutto il repubblicano Trump e i populismi europei di destra. Questo perché sono bersagli “facili”, a causa del loro sgangherato razzismo contro i migranti. Più difficile misurarsi con Sanders che, nei suoi discorsi, smaschera sia le menzogne dei guru americani della New Economy, dimostrando cifre alla mano che a beneficiare del free trade non è stato il popolo americano (che al contrario ha perso milioni di posti di lavoro, oltre a subire tagli ai salari e al welfare) ma la casta dei super ricchi, sia quella della Lagarde, dimostrando che i presunti “benefici” per i paesi poveri consistono nella schiavizzazione di milioni di lavoratori in fabbriche lager come le maquilladoras messicane e la cinese Foxconn.E la battaglia di Sanders serve a smascherare anche le menzogne degli ex socialdemocratici convertiti al neoliberismo, i quali, da Blair a Renzi, celebrano a loro volta le magnifiche sorti e progressive di un mondo sempre più interconnesso, “libero” e “felice”. Inoltre, nella misura in cui dimostra che si può essere contro la globalizzazione dei flussi finanziari senza demonizzare i flussi migratori, può forse instillare un po’ di saggezza nei cervelli assopiti di quegli intellettuali della “sinistra radicale” che credono che la globalizzazione, ad onta dei “danni collaterali” che provoca, sia cosa buona perché favorisce la modernizzazione, l’innovazione, lo sviluppo delle forze produttive, ecc., alimentando l’equivoco che il cosmopolitismo borghese dei Gates e dei Zuckerberg possa avere qualcosa da spartire con l’alter mondialismo progressista.(Carlo Formenti, “A chi giova la globalizzazione? Il dibattito alle primarie Usa”, da “Micromega” del 20 aprile 2016).
Sanders e i bari del globalismo-canaglia, da Hillary a Renzi
Scritto il 25/4/16 • nella Categoria: segnalazioni
Gli avvocati del Free Trade cominciano a preoccuparsi per le critiche che piovono sulla globalizzazione selvaggia da tutti i maggiori candidati in corsa per la Casa Bianca, dal repubblicano Trump al democratico-socialista Sanders, senza escludere la democratica moderata Hillary Clinton che, dimentica di quanto sostenuto in passato assieme al marito ultraliberista, oggi corteggia gli elettori radicali di Sanders con dichiarazioni contro il TTIP, temendo che le neghino l’appoggio nel caso quasi certo che sia lei correre per le presidenziali di novembre. Dopo Zuckerberg, che giorni fa ha tuonato contro gli anacronistici costruttori di muri che vorrebbero farci regredire al medioevo, è intervenuta la segaligna managing director del Fmi, Christine Lagarde: «Non entro nelle campagne politiche, ma dico che chi mette in discussione il free trade sbaglia», ha detto, per poi aggiungere: «I commerci internazionali portano benessere per tutti e la loro contrazione costa cara soprattutto ai paesi più poveri». Quindi è stata la volta del boss dei boss Bill Gates, il quale ha dichiarato al “Financial Times”: «Qualcuno dovrà pure ricordare alla gente che gli Stati Uniti sono stati di gran lunga il maggiore beneficiario della globalizzazione».Insomma chi beneficia della globalizzazione: i paesi più poveri? Gli Stati Uniti? Tutti? La risposta sta nel fatto che queste indignate reazioni bersaglino soprattutto il repubblicano Trump e i populismi europei di destra. Questo perché sono bersagli “facili”, a causa del loro sgangherato razzismo contro i migranti. Più difficile misurarsi con Sanders che, nei suoi discorsi, smaschera sia le menzogne dei guru americani della New Economy, dimostrando cifre alla mano che a beneficiare del free trade non è stato il popolo americano (che al contrario ha perso milioni di posti di lavoro, oltre a subire tagli ai salari e al welfare) ma la casta dei super ricchi, sia quella della Lagarde, dimostrando che i presunti “benefici” per i paesi poveri consistono nella schiavizzazione di milioni di lavoratori in fabbriche lager come le maquilladoras messicane e la cinese Foxconn.E la battaglia di Sanders serve a smascherare anche le menzogne degli ex socialdemocratici convertiti al neoliberismo, i quali, da Blair a Renzi, celebrano a loro volta le magnifiche sorti e progressive di un mondo sempre più interconnesso, “libero” e “felice”. Inoltre, nella misura in cui dimostra che si può essere contro la globalizzazione dei flussi finanziari senza demonizzare i flussi migratori, può forse instillare un po’ di saggezza nei cervelli assopiti di quegli intellettuali della “sinistra radicale” che credono che la globalizzazione, ad onta dei “danni collaterali” che provoca, sia cosa buona perché favorisce la modernizzazione, l’innovazione, lo sviluppo delle forze produttive, ecc., alimentando l’equivoco che il cosmopolitismo borghese dei Gates e dei Zuckerberg possa avere qualcosa da spartire con l’alter mondialismo progressista.(Carlo Formenti, “A chi giova la globalizzazione? Il dibattito alle primarie Usa”, da “Micromega” del 20 aprile 2016).
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