Uranio impoverito nostri soldati

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paolo11
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... i/1717116/
Uranio impoverito, Difesa condannata: “Sapeva dei rischi, soldati non tutelati”
Sentenza definitiva della Corte d’Appello. Sul caso di un sottufficiale morto di cancro dopo la missione in Kosovo. Con “l'inequivoca certezza” del nesso di causalità tra esposizione alla sostanza tossica e la malattia. L’avvocato Tartaglia: “Dimostrato che i vertici militari conoscevano i pericoli e non hanno fatto nulla per prevenirli”. Leggiero (Osservatorio militare) chiede un incontro a Mattarella (che declina)
di Antonio Pitoni | 26 maggio 2015
E’ una storia di silenzi, omissioni e verità nascoste. Ma anche di morte e sofferenza. La racconta la prima pronuncia della corte d’appello di Roma, definitiva dal 20 maggio, sui casi dei decessi legati all’uso dell’uranio impoverito in Kosovo. Ed è una sentenza dirompente. Non solo per l’entità del risarcimento record (quasi 1 milione 300mila euro oltre al danno da ritardato pagamento) accordato ai familiari di un militare italiano ammalatosi e deceduto per un tumore contratto dopo aver partecipato proprio a quella missione. Ma anche per le motivazioni con le quali il ministero della Difesa è stato condannato a pagare. Innanzitutto, perché la decisione della prima sezione civile della corte d’appello di Roma conferma, come già accertato dal tribunale, “in termini di inequivoca certezza, il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale”. Ma, sanziona, come già fatto dal giudice di primo grado, anche la condotta dei vertici delle Forze Armate per aver omesso di informare i soldati “circa lo specifico fattore di rischio connesso dell’esposizione all’uranio impoverito”.
DIFESA A RISCHIO In pratica, come spiega al ilfattoquotidiano.it l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, che rappresentava in giudizio i familiari del sottufficiale morto dopo aver prestato servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, la sentenza “ha accertato non solo che i vertici militari erano a conoscenza dei rischi derivanti dall’esposizione all’uranio impoverito, ma anche che non hanno fatto nulla per prevenirli“. E a niente sono valse, sul punto, le doglianze del ministero della Difesa. Perché perdere la vita in guerra per una pallottola -è il senso della sentenza- fa parte dei rischi del mestiere di un militare. Ma altro conto è morire contraendo un tumore per l’esposizione a sostanze tossiche ignorandone i possibili effetti che, invece, come sostiene la sentenza, erano noti ai vertici della Difesa.

TUTTI IN PROCURA “Fino alla decisione della corte d’Appello, anche sulla base delle conclusioni delle varie commissioni parlamentari che si sono occupate dei casi di tumore da esposizione all’uranio impoverito che hanno coinvolto diversi militari italiani, il nesso di causalità era confinato nel campo della probabilità – aggiunge l’avvocato Tartaglia – Questa sentenza, invece, stabilisce il principio dell’inequivoca certezza, cioè che la causa della malattia contratta dal militare poi deceduto è proprio l’esposizione a questa sostanza”. Aprendo, adesso che è passata in giudicato, scenari giudiziari imprevedibili. “Perché si tratta di una decisione – prosegue il legale – che potrebbe dar luogo a responsabilità penale per reati gravi perseguibili anche d’ufficio”. Insomma, non è da escludere che la decisione del giudice civile e la condotta dei vertici militari diventino materia d’interesse anche per la Procura della Repubblica.

SILENZI COLPOSI Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado avevano ripercorso alcune tappe della vicenda legate alla missione in Kosovo poste poi a fondamento delle rispettive decisioni. L’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito (cosiddetti DU) “era stato confermato dal memorandum del Department of the Army – Office of Surgeon General” del 16 agosto 1993, “dalla Conferenza di Bagnoli del luglio 1995″, dalla “relazione della commissione d’inchiesta del Senato approvata in data 13 febbraio 2006″ e “dalla deposizione del dottor Armando Benedetti”, esperto qualificato in radio protezione del Cisam (il Centro interforze studi per le applicazioni militari) ascoltato proprio dalla commissione parlamentare in merito all’utilizzo del DU in Kosovo ed alla riscontrata presenza della sostanza nella catena alimentare. Tutti elementi dai quali «poteva evincersi che il ministero della Difesa fosse a conoscenza dell’esistenza dell’uranio impoverito durante la missione di pace o quanto meno sul serio rischio del suo utilizzo nell’area, nonché degli effetti del DU per la salute umana”. Insomma, secondo i giudici, sussistevano “tutti i requisiti per configurare una responsabilità del ministero della Difesa… per avere colposamente omesso di adottare tutte le opportune cautele atte a tutelare i propri militari dalle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito”.

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SCAMBI AL VERTICE Ma nella vicenda c’è anche un risvolto extragiudiziario sollevato da Domenico Leggiero, responsabile del comparto Difesa dell’Osservatorio militare del personale delle forze armate. Riguarda gli scambi di informazione che ci furono sul tema tra vertici militari e politici. E che interessa anche l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, prima vice presidente del Consiglio (dal 21 ottobre 1998 al 22 dicembre 1999) e poi ministro della Difesa (dal 22 dicembre 1999 all’11 giugno 2001) nei governi D’Alema e Amato.

Quando il militare deceduto, della cui vicenda si occupa la sentenza della Corte d’Appello, prestava servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, l’attuale capo dello Stato non rivestiva più alcuna carica di governo. “Ma da ministro”, ricorda Leggiero, “sulla questione delle munizioni arricchite con uranio impoverito impiegate nella guerra dell’ex Jugoslavia era intervenuto più volte dopo i primi casi di leucemia che avevano iniziato ad abbattersi sui reduci delle missioni nei Balcani”. Il 27 settembre 2000, Mattarella in effetti rispose in Parlamento ad un’interrogazione relativa a due episodi di decessi verificatisi tra i militari italiani. “Nel primo caso il giovane, vittima della malattia, non era mai stato impiegato all’estero – spiegò l’allora ministro della Difesa – Nel secondo caso il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, a Sarajevo precisamente, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito”. Circostanza poi rivelatasi non vera. Perché in Bosnia, zona di Sarajevo compresa, gli aerei americani scaricarono 10.800 proiettili all’uranio impoverito. E lo stesso Mattarella, tre mesi dopo, il 21 dicembre 2000, ne prese atto.

PROTEZIONE ASSICURATA Il 10 gennaio 2001, Mattarella intervenne di nuovo al Senato: “Per quanto riguarda il Kosovo, come è noto da allora, la Nato, nel maggio 1999, ha fatto sapere di aver utilizzato in quella regione munizionamento all’uranio impoverito… L’ingresso delle nostre truppe in Kosovo è avvenuto successivamente alla notizia pubblica – ripeto – dell’uso di munizioni all’uranio impoverito… Di conseguenza, fin dall’ingresso dei nostri militari in Kosovo si sono potute adottare misure di protezione adeguate”. Messaggio rassicurante, ma che adesso non trova riscontro nella sentenza della Corte d’Appello di Roma passata in giudicato. Secondo la quale, anzi, il vertice militare ha “colposamente omesso” di adottare misure adeguate per tutelare i nostri soldati. Per cui, domanda Leggiero: “I vertici militari non hanno informato il ministro? Cosa molto probabile. Hanno sdrammatizzato la situazione convinti di controllare le conseguenze della vicenda? Cosa probabile. O, infine, i vertici militari hanno detto la verità al ministro, che quindi sapeva? Cosa molto poco probabile”.
INCONTRO DECLINATO Comunque siano andate le cose, Leggiero ha scritto una lettera al capo dello Stato per avere un incontro e discutere della vicenda dell’uranio impoverito. Richiesta però declinata da un suo collaboratore: “Sono spiacente di doverle comunicare”, recita la risposta dal Quirinale, “che l’agenda presidenziale, per i prossimi mesi, è fitta di impegni istituzionali”.
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Metterei sotto accusa tutti i governi che si sono succeduti dall'intervento in Jugoslavia e via di seguito Iraq Afganistan ecc...
Franca Rame quando era parlamentare seguiva proprio i soldati deceduti per L'Uranio impoverito.Gli USA avevano avvisato tutti i governi che partecipavano a questi conflitti che sganciavano bombe all'uranio impoverito.
Noi siamo rimasi all'epoca della guerra in Russia dove facevano gli scarponi di cartone.
Vorrei dire delle parolacce ma mi astengo.Ieri sera ho visto dei genitori nelle TV non di regime che parlavano dei loro figli morti di tumore ecc...
Ciao
Paolo11
paolo11
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Re: Uranio impoverito nostri soldati

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URANIO IMPOVERITO: LE MENZOGNE DEL MINISTRO MATTARELLA, I MILITARI ITALIANI MORTI E MALATI DI CANCRO
Per non dimenticare e rinfrescare la memoria allucinata a qualche caporione avariato. Allora, il governo italiano ha sempre negato l’evidenza, compreso l'attuale capo dello Stato Mattarella. E quando alla fine degli anni '90, dopo che i governi italidioti avevano autorizzato i bombardamenti della Jugoslavia non solo della NATO ma anche da parte del sesto stormo AMI di stanza a Ghedi, pochi giornalisti osavano andare contro corrente - come adesso per la guerra ambientale non convenzionale - e venivano etichettati per anti-yankee. A "babbo morto", si è giunti qualche giorno fa, all'ennesima sentenza di condanna del ministero della guerra tricolore.

Uranio impoverito e tumori dei soldati, "nesso certo". La "Sindrome dei Balcani" ha un colpevole. Si conferma la strada del risarcimento per i militari che si sono ammalati al ritorno dalle missioni in Iraq, Balcani, Afghanistan e Libano. La sentenza della Corte d'Appello di Roma sul caso di un sottufficiale morto di cancro dopo la missione in Kosovo. La causa è l'esposizione all'uranio, l'effetto l'insorgenza di tumori. E' una sentenza storica quella emessa, a carico del ministero della Difesa, dalla Corte d'appello di Roma in cui viene decretata la "inequivocabile certezza" del nesso causale tra espo­si­zione a ura­nio impo­ve­rito e insor­genza di malattie tumorali.

Salvatore Vacca, ad appena 23 anni muore di leucemia all’ospedale oncologico di Cagliari il 9 settembre 1999. Il caporal maggiore nativo di Nuxis era stato inviato in missione di guerra (151° Reggimento fanteria della brigata Sassari) nella Bosnia dal novembre 1998 al 12 aprile 1999. Questo è il primo nome iscritto nella lunga lista di vittime civili e militari della cosiddetta “sindrome dei Balcani”. Della serie: quando uno Stato fa ammalare e morire i suoi militari. Dal 1999 al 2001 è stato ministro della Difesa sotto i governi D’Alema e Amato, tale Sergio Mattarella, attuale capo del Quirinale (eletto da un parlamento di abusivi, almeno secondo la sentenza della Corte costituzionale numero 1 dell’anno 2014). Sia lo Stato maggiore della difesa sia i governi tricolore sapevano di tali pericoli, eppure nessuno si è premurato di avvertire i giovani soldati italiani spediti in una finta missione di pace.


La NATO ha bombardato con 10.800 ordigni all’uranio impoverito il territorio attorno a Sarajevo, ma non solo. In materia sono stati presentati ben 334 atti parlamentari. Attualmente, secondo i dati ufficiali, più di 4 mila militari italiani risultano gravemente ammalati di cancro, secondo contare i numerosi morti, soprattutto giovani.

Il sergente maggiore Andrea Antonaci è morto all’spedale di Firenze il 12 dicembre 2000. All’epoca il ministero della Difesa rispose così in un comunicato: «La malattia di cui soffre il sergente maggiore non può essere collegata in alcun modo, per ragioni di tempo e di luogo, alla vicenda dell’uso di munizioni a uranio impoverito. Questo tipo di materiale è stato utilizzato in Kosovo, durante le operazioni che si sono svolte tra la fine di marzo del 1999 e i primi giorni di giugno dello stesso anno. Il sergente maggiore Antonacci ha operato nell’ambito dei contingenti di pace non in Kosovo ma in Bosnia, più precisamente nella città di Sarajevo, dal 30 agosto 1998 al 4 marzo 1999, dunque in periodi precedenti e al di fuori delle zone di operazioni nel corso delle quali i Paesi Alleati hanno utilizzato munizionamento a uranio impoverito contro i carri armati della Federazione Jugoslava» (Ansa: “Difesa: Ministero, caso di Striscia non dipende da uranio”; Roma, 14 novembre 2000). Appena un mese più tardi, il 21 dicembre 2000, durante un’audizione alla commissione difesa della Camera il ministro Mattarella Sergio fu costretto a smentirsi perché in Bosnia, furono utilizzati i proiettili con uranio impoverito. «Devo manifestare rammarico – disse in quell’occasione Mattarella – per il fatto che organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora e per nostra richiesta un’informazione importante per la sicurezza della comunità bosniaca così come per quella internazionaleAnsa, “Uranio: Mattarella, da Nato dati sui proiettili in Bosnia”, Roma, 21 dicembre 2000). Ma l’Alleanza atalntica no aveva informato solo allora il governo italiano. Infatti, le parole del ministro bellico italiano furono smentite fulmineamente dalla stessa NATO, secondo cui «la questione dell’uso di munizioni con uranio impoverito al momento delle operazioni “Deny Flight” e 2Deliberate force” - dichiarò il portavoce Otan Mark Laity - non costituiva argomento di alcun contrasto e rappresentava solo una delle tante opzioni di utilizzo di armamenti nel teatro delle operazioni. Dunque, non è mai stata oggetto in seno all’alleanza di particolare dibattito o di particolari procedure informative» (Ansa, “Uranio: portavoce Nato, uso proiettili mai oggetto contrasti”, Bruxelles, 22 dicembre 2000). Peraltro i velivoli A 10 dell’US Air Force erano decollati da Aviano.

Il 27 settembre 2000 ecco cosa aveva ribadito il ministro Mattarella:

«Desidero anzitutto riaffermare che ad oggi nessun militare del nostro contingente in Kosovo è stato rimpatriato perché affetto da leucemia e che non sono mai emersi casi sospetti di questa malattia. In questo senso si sono già espressi nei giorni scorsi i comandi competenti e lo stesso procuratore militare di Roma che dal gennaio scorso ha avviato un monitoraggio in seguito a segnalazioni su possibili rischi di inquinamento e di contaminazione.

Va escluso anche che siano collegabili all'uranio impoverito i due casi letali di leucemia acuta che si sono verificati nelle Forze armate, il primo sei anni fa, il secondo l'anno passato. Nel primo caso, il giovane vittima della malattia non era stato mai impiegato all'estero; nel secondo caso, il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, precisamente a Sarajevo, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito.
Sul piano generale, desidero ricordare quanto ho già fatto presente in Parlamento nei mesi scorsi; fin dall'ingresso dei nostri soldati in Kosovo, si sono adottate misure di protezione: monitoraggio ambientale, ampia attività informativa, bonifica con reparti specializzati nella protezione e decontaminazione di persone e di materiali. Sono stati svolti controlli ulteriori approfonditi da parte di esperti in fisica del Centro interforze di studi. Tutte queste misure, come ho già detto l'altra volta in Parlamento, hanno permesso di confermare che i livelli di inquinamento radioattivo nelle aree dove operano i nostri soldati sono al di sotto dei limiti di sicurezza previsti dalle norme italiane per il nostro territorio».

Di seguito le “comunicazioni del Governo sulla vicenda dell'uranio impoverito. Approvazione della proposta di risoluzione n. 63 e, con modificazioni, della proposta di risoluzione n. 60. Reiezione delle proposte di risoluzione nn. 59 e 61”:

«PRESIDENTE. Dà comunicazione dei tempi assegnati ai singoli Gruppi parlamentari per la discussione. (v. Resoconto stenografico).

MATTARELLA, ministro della difesa. Sulla vicenda dell'uranio impoverito è necessario evitare sia la costruzione di tesi precostituite o di verità di tipo politico o militare, sia il moltiplicarsi di notizie senza riscontro, garantendo invece il prioritario accertamento delle diverse patologie verificatesi che hanno riguardato militari che hanno operato in Bosnia e in Kosovo. Lo scorso 22 dicembre è stata istituita una Commissione di indagine medico-scientifica, cui è stata assicurata piena possibilità di accesso alle fonti di informazione. È stato altresì creato un Gruppo operativo di assistenza sanitaria ai militari. Inoltre, è stato definito una nuovo protocollo di controlli, reiterati nel tempo, da effettuare prima e dopo le missioni all'estero, che verrà applicato anche a tutti i militari impegnati in passato; si è previsto il mantenimento in servizio del personale ammalato, mentre occorrerà quanto prima prestare attenzione al personale civile impiegato nelle stesse zone. Inoltre, il monitoraggio e la bonifica del territorio interessato dai bombardamenti hanno consentito di verificare che i livelli di inquinamento sono inferiori alle soglie di rischio e non riguardano le acque ed il terreno circostante. L'ONU e l'Italia sono state informate dell'impiego di tali munizionamenti in Bosnia nel 1994 e nel 1995 soltanto in tempi recenti e a seguito di esplicite richieste di chiarimenti da parte italiana. In merito alla potenziale pericolosità dell'uranio impoverito, su cui è necessario effettuare tutti i dovuti accertamenti, il Governo italiano ha fornito immediata informazione al Parlamento e si è fatto promotore di un processo di riflessione a livello internazionale sulle procedure, sulle reciproche informazioni e sulla trasparenza in ambito NATO; nel Comitato politico l'Italia ha avanzato precise richieste, il cui esame sarà affrontato nell'odierna riunione del Consiglio atlantico. Non esiste comunque attualmente alcun tipo di contrasto tra l'Italia e la NATO. La dislocazione del contingente italiano in determinate zone del Kosovo rispondeva a esigenze di continuità con altre truppe italiane già presenti in Albania. Le missioni di pace in Bosnia e in Kosovo sono state indispensabili per promuovere un processo di stabilizzazione nella ex Jugoslavia e di pacificazione dei Balcani, ed in tal senso occorre ribadire riconoscenza ai militari impegnati, ai quali è comunque necessario garantire le condizioni di massima sicurezza possibile.


RUSSO SPENA (Misto-RCP). L'esposizione del Ministro della difesa è apparsa deludente ed ipocrita, alla luce dei numerosi strumenti di sindacato ispettivo presentati nel corso di questi anni sull'utilizzo delle armi ad uranio impoverito, cui il Governo ha risposto negando o minimizzando il problema. Peraltro, non risponde a verità l'affermazione che tali armi siano consentite dal diritto internazionale, poiché il loro utilizzo dovrebbe essere escluso dagli articoli 35 e 55 del protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1977. Di fronte agli effetti devastanti dell'uranio impoverito sulla popolazione civile e sui territori, oltre che sui militari impegnati nell'area, il Governo italiano ne deve chiedere l'immediata messa al bando ed il divieto di uso nei poligoni di tiro e di stoccaggio. Inoltre è necessario attribuire alle patologie rilevate negli ultimi mesi lo status di malattia di servizio, assicurare un adeguato indennizzo alle famiglie colpite, bonificare le aree interessate ed approntare misure di protezione sanitaria per le popolazioni».

Il 30 luglio 2003 viene depositata l’interrogazione a risposta scritta 4/07182 :

«Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che: risulta agli interroganti che gia' otto militari in missione di pace «Enduring Freedom» in Afghanistan sono stati rimpatriati ed inviati presso il reparto oncologico dell'ospedale di Siena sotto le cure del professor Nobile con i sintomi gia' riscontrati a molti militari reduci dal Kosovo ed imputabili agli effetti cagionati dall'esplosione di proiettili all'uranio impoverito; sempre con riferimento alle vicende legate all'uranio impoverito il giudice per le indagini preliminari, dottor Roberto Cau, in considerazione del decesso del caporal maggiore Salvatore Vacca, in missione in Bosnia, ha previsto l'ipotesi di reato per omicidio colposo nei confronti di ignoti, ipotizzando la mancata attuazione delle misure di sicurezza previste per i militari impiegati sul teatro operativo; le ultime notizie destano la forte preoccupazione che dall'ipotesi di omicidio colposo si possa essere a quella di strage, visto l'alto numero dei decessi -: se e quanti militari impiegati nelle missioni di pace in Afghanistan e in Iraq sono rientrati per ragioni di salute e se si' quanti di questi sono curati per patologie di tipo oncologico; quante e quali misure di sicurezza siano state adottate dai nostri militari nei due nuovi teatri operativi in considerazione dell'esperienza maturata con i reduci dei Balcani; se non si ritenga opportuno procedere alla verifica sui vari teatri circa i reali effetti dell'uranio impoverito inviando specialisti per monitorare gli effetti di tali utilizzi».
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URANIO IMPOVERITO: LE MENZOGNE DEL MINISTRO MATTARELLA, I MILITARI ITALIANI MORTI E MALATI DI CANCRO
Per non dimenticare e rinfrescare la memoria allucinata a qualche caporione avariato. Allora, il governo italiano ha sempre negato l’evidenza, compreso l'attuale capo dello Stato Mattarella. E quando alla fine degli anni '90, dopo che i governi italidioti avevano autorizzato i bombardamenti della Jugoslavia non solo della NATO ma anche da parte del sesto stormo AMI di stanza a Ghedi, pochi giornalisti osavano andare contro corrente - come adesso per la guerra ambientale non convenzionale - e venivano etichettati per anti-yankee. A "babbo morto", si è giunti qualche giorno fa, all'ennesima sentenza di condanna del ministero della guerra tricolore.

Uranio impoverito e tumori dei soldati, "nesso certo". La "Sindrome dei Balcani" ha un colpevole. Si conferma la strada del risarcimento per i militari che si sono ammalati al ritorno dalle missioni in Iraq, Balcani, Afghanistan e Libano. La sentenza della Corte d'Appello di Roma sul caso di un sottufficiale morto di cancro dopo la missione in Kosovo. La causa è l'esposizione all'uranio, l'effetto l'insorgenza di tumori. E' una sentenza storica quella emessa, a carico del ministero della Difesa, dalla Corte d'appello di Roma in cui viene decretata la "inequivocabile certezza" del nesso causale tra espo­si­zione a ura­nio impo­ve­rito e insor­genza di malattie tumorali.

Salvatore Vacca, ad appena 23 anni muore di leucemia all’ospedale oncologico di Cagliari il 9 settembre 1999. Il caporal maggiore nativo di Nuxis era stato inviato in missione di guerra (151° Reggimento fanteria della brigata Sassari) nella Bosnia dal novembre 1998 al 12 aprile 1999. Questo è il primo nome iscritto nella lunga lista di vittime civili e militari della cosiddetta “sindrome dei Balcani”. Della serie: quando uno Stato fa ammalare e morire i suoi militari. Dal 1999 al 2001 è stato ministro della Difesa sotto i governi D’Alema e Amato, tale Sergio Mattarella, attuale capo del Quirinale (eletto da un parlamento di abusivi, almeno secondo la sentenza della Corte costituzionale numero 1 dell’anno 2014). Sia lo Stato maggiore della difesa sia i governi tricolore sapevano di tali pericoli, eppure nessuno si è premurato di avvertire i giovani soldati italiani spediti in una finta missione di pace.


La NATO ha bombardato con 10.800 ordigni all’uranio impoverito il territorio attorno a Sarajevo, ma non solo. In materia sono stati presentati ben 334 atti parlamentari. Attualmente, secondo i dati ufficiali, più di 4 mila militari italiani risultano gravemente ammalati di cancro, secondo contare i numerosi morti, soprattutto giovani.

Il sergente maggiore Andrea Antonaci è morto all’spedale di Firenze il 12 dicembre 2000. All’epoca il ministero della Difesa rispose così in un comunicato: «La malattia di cui soffre il sergente maggiore non può essere collegata in alcun modo, per ragioni di tempo e di luogo, alla vicenda dell’uso di munizioni a uranio impoverito. Questo tipo di materiale è stato utilizzato in Kosovo, durante le operazioni che si sono svolte tra la fine di marzo del 1999 e i primi giorni di giugno dello stesso anno. Il sergente maggiore Antonacci ha operato nell’ambito dei contingenti di pace non in Kosovo ma in Bosnia, più precisamente nella città di Sarajevo, dal 30 agosto 1998 al 4 marzo 1999, dunque in periodi precedenti e al di fuori delle zone di operazioni nel corso delle quali i Paesi Alleati hanno utilizzato munizionamento a uranio impoverito contro i carri armati della Federazione Jugoslava» (Ansa: “Difesa: Ministero, caso di Striscia non dipende da uranio”; Roma, 14 novembre 2000). Appena un mese più tardi, il 21 dicembre 2000, durante un’audizione alla commissione difesa della Camera il ministro Mattarella Sergio fu costretto a smentirsi perché in Bosnia, furono utilizzati i proiettili con uranio impoverito. «Devo manifestare rammarico – disse in quell’occasione Mattarella – per il fatto che organizzazioni internazionali interessate forniscano solo ora e per nostra richiesta un’informazione importante per la sicurezza della comunità bosniaca così come per quella internazionaleAnsa, “Uranio: Mattarella, da Nato dati sui proiettili in Bosnia”, Roma, 21 dicembre 2000). Ma l’Alleanza atalntica no aveva informato solo allora il governo italiano. Infatti, le parole del ministro bellico italiano furono smentite fulmineamente dalla stessa NATO, secondo cui «la questione dell’uso di munizioni con uranio impoverito al momento delle operazioni “Deny Flight” e 2Deliberate force” - dichiarò il portavoce Otan Mark Laity - non costituiva argomento di alcun contrasto e rappresentava solo una delle tante opzioni di utilizzo di armamenti nel teatro delle operazioni. Dunque, non è mai stata oggetto in seno all’alleanza di particolare dibattito o di particolari procedure informative» (Ansa, “Uranio: portavoce Nato, uso proiettili mai oggetto contrasti”, Bruxelles, 22 dicembre 2000). Peraltro i velivoli A 10 dell’US Air Force erano decollati da Aviano.

Il 27 settembre 2000 ecco cosa aveva ribadito il ministro Mattarella:

«Desidero anzitutto riaffermare che ad oggi nessun militare del nostro contingente in Kosovo è stato rimpatriato perché affetto da leucemia e che non sono mai emersi casi sospetti di questa malattia. In questo senso si sono già espressi nei giorni scorsi i comandi competenti e lo stesso procuratore militare di Roma che dal gennaio scorso ha avviato un monitoraggio in seguito a segnalazioni su possibili rischi di inquinamento e di contaminazione.

Va escluso anche che siano collegabili all'uranio impoverito i due casi letali di leucemia acuta che si sono verificati nelle Forze armate, il primo sei anni fa, il secondo l'anno passato. Nel primo caso, il giovane vittima della malattia non era stato mai impiegato all'estero; nel secondo caso, il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, precisamente a Sarajevo, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito.
Sul piano generale, desidero ricordare quanto ho già fatto presente in Parlamento nei mesi scorsi; fin dall'ingresso dei nostri soldati in Kosovo, si sono adottate misure di protezione: monitoraggio ambientale, ampia attività informativa, bonifica con reparti specializzati nella protezione e decontaminazione di persone e di materiali. Sono stati svolti controlli ulteriori approfonditi da parte di esperti in fisica del Centro interforze di studi. Tutte queste misure, come ho già detto l'altra volta in Parlamento, hanno permesso di confermare che i livelli di inquinamento radioattivo nelle aree dove operano i nostri soldati sono al di sotto dei limiti di sicurezza previsti dalle norme italiane per il nostro territorio».

Di seguito le “comunicazioni del Governo sulla vicenda dell'uranio impoverito. Approvazione della proposta di risoluzione n. 63 e, con modificazioni, della proposta di risoluzione n. 60. Reiezione delle proposte di risoluzione nn. 59 e 61”:

«PRESIDENTE. Dà comunicazione dei tempi assegnati ai singoli Gruppi parlamentari per la discussione. (v. Resoconto stenografico).

MATTARELLA, ministro della difesa. Sulla vicenda dell'uranio impoverito è necessario evitare sia la costruzione di tesi precostituite o di verità di tipo politico o militare, sia il moltiplicarsi di notizie senza riscontro, garantendo invece il prioritario accertamento delle diverse patologie verificatesi che hanno riguardato militari che hanno operato in Bosnia e in Kosovo. Lo scorso 22 dicembre è stata istituita una Commissione di indagine medico-scientifica, cui è stata assicurata piena possibilità di accesso alle fonti di informazione. È stato altresì creato un Gruppo operativo di assistenza sanitaria ai militari. Inoltre, è stato definito una nuovo protocollo di controlli, reiterati nel tempo, da effettuare prima e dopo le missioni all'estero, che verrà applicato anche a tutti i militari impegnati in passato; si è previsto il mantenimento in servizio del personale ammalato, mentre occorrerà quanto prima prestare attenzione al personale civile impiegato nelle stesse zone. Inoltre, il monitoraggio e la bonifica del territorio interessato dai bombardamenti hanno consentito di verificare che i livelli di inquinamento sono inferiori alle soglie di rischio e non riguardano le acque ed il terreno circostante. L'ONU e l'Italia sono state informate dell'impiego di tali munizionamenti in Bosnia nel 1994 e nel 1995 soltanto in tempi recenti e a seguito di esplicite richieste di chiarimenti da parte italiana. In merito alla potenziale pericolosità dell'uranio impoverito, su cui è necessario effettuare tutti i dovuti accertamenti, il Governo italiano ha fornito immediata informazione al Parlamento e si è fatto promotore di un processo di riflessione a livello internazionale sulle procedure, sulle reciproche informazioni e sulla trasparenza in ambito NATO; nel Comitato politico l'Italia ha avanzato precise richieste, il cui esame sarà affrontato nell'odierna riunione del Consiglio atlantico. Non esiste comunque attualmente alcun tipo di contrasto tra l'Italia e la NATO. La dislocazione del contingente italiano in determinate zone del Kosovo rispondeva a esigenze di continuità con altre truppe italiane già presenti in Albania. Le missioni di pace in Bosnia e in Kosovo sono state indispensabili per promuovere un processo di stabilizzazione nella ex Jugoslavia e di pacificazione dei Balcani, ed in tal senso occorre ribadire riconoscenza ai militari impegnati, ai quali è comunque necessario garantire le condizioni di massima sicurezza possibile.


RUSSO SPENA (Misto-RCP). L'esposizione del Ministro della difesa è apparsa deludente ed ipocrita, alla luce dei numerosi strumenti di sindacato ispettivo presentati nel corso di questi anni sull'utilizzo delle armi ad uranio impoverito, cui il Governo ha risposto negando o minimizzando il problema. Peraltro, non risponde a verità l'affermazione che tali armi siano consentite dal diritto internazionale, poiché il loro utilizzo dovrebbe essere escluso dagli articoli 35 e 55 del protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1977. Di fronte agli effetti devastanti dell'uranio impoverito sulla popolazione civile e sui territori, oltre che sui militari impegnati nell'area, il Governo italiano ne deve chiedere l'immediata messa al bando ed il divieto di uso nei poligoni di tiro e di stoccaggio. Inoltre è necessario attribuire alle patologie rilevate negli ultimi mesi lo status di malattia di servizio, assicurare un adeguato indennizzo alle famiglie colpite, bonificare le aree interessate ed approntare misure di protezione sanitaria per le popolazioni».

Il 30 luglio 2003 viene depositata l’interrogazione a risposta scritta 4/07182 :

«Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che: risulta agli interroganti che gia' otto militari in missione di pace «Enduring Freedom» in Afghanistan sono stati rimpatriati ed inviati presso il reparto oncologico dell'ospedale di Siena sotto le cure del professor Nobile con i sintomi gia' riscontrati a molti militari reduci dal Kosovo ed imputabili agli effetti cagionati dall'esplosione di proiettili all'uranio impoverito; sempre con riferimento alle vicende legate all'uranio impoverito il giudice per le indagini preliminari, dottor Roberto Cau, in considerazione del decesso del caporal maggiore Salvatore Vacca, in missione in Bosnia, ha previsto l'ipotesi di reato per omicidio colposo nei confronti di ignoti, ipotizzando la mancata attuazione delle misure di sicurezza previste per i militari impiegati sul teatro operativo; le ultime notizie destano la forte preoccupazione che dall'ipotesi di omicidio colposo si possa essere a quella di strage, visto l'alto numero dei decessi -: se e quanti militari impiegati nelle missioni di pace in Afghanistan e in Iraq sono rientrati per ragioni di salute e se si' quanti di questi sono curati per patologie di tipo oncologico; quante e quali misure di sicurezza siano state adottate dai nostri militari nei due nuovi teatri operativi in considerazione dell'esperienza maturata con i reduci dei Balcani; se non si ritenga opportuno procedere alla verifica sui vari teatri circa i reali effetti dell'uranio impoverito inviando specialisti per monitorare gli effetti di tali utilizzi».
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Ciao
Paolo11
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