referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Politica & Palazzo
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22 ottobre 2016 | di Alessandro Sarcinelli
D’Alema, confidenza a Casini sui sondaggi: “Quando si rincoglionisce si diventa renziani”

“Ho visto nei sondaggi che a una certa età si rincoglionisce e si diventa renziani. Lo ha detto anche il Corriere della Sera”. Massimo D’Alema, schierato per il No al referendum, scherza così con Pierferdinando Casini, favorevole invece alla riforma. Entrambi erano ospiti al convegno sull’Ue organizzato dalla Fondazione Iniziativa Subalpina a Stresa (Verbania). Quanto al recente incontro del premier Renzi con il presidente Usa Barack Obama, che ha dichiarato che solo un quarantenne come Renzi poteva riformare l’Italia, D’Alema aggiunge: “Recentemente ho visto su Facebook delle foto di Obama: una in cui abbraccia Letta, una in cui abbraccia Cameron, e l’ultima con Renzi: auguri“. Sostiene che Obama porti sfiga? “Non mi permetterei mai – risponde D’Alema – anzi, la rimprovero”
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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... ni/569403/
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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Referendum, check-up sullo stato dell’arte del ‘NO’

Referendum Costituzionale
di Pierfranco Pellizzetti | 22 ottobre 2016
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Posto questo testo per quanti – come me – propugnano un fermo No al referendum di dicembre; invitando i bravacci del fronte opposto, abituali frequentatori contestativi del blog a me intestato, a non impicciarsi in faccende su cui non hanno titolo per mettere il becco. Ossia il check-up dello stato dell’arte in materia di efficacia, tanto comunicativa come strategica, nella promozione di un atteggiamento rigorosamente critico riguardo al quesito referendario.

Visto che, dopo uno slancio iniziale, pare si stia iniziando a perdere colpi.

Accenno soltanto alla categoria dei “contrari flebili”, generalmente professorini che si atteggiano a uomini di modo e/o scettici blu sussurrando un no titubante, per poi precisare (da politicamente corretti al rosolio) che loro avrebbero preferito esprimere un “ni” o un “so” e che comunque al mondo ci sono cose più importanti. Insomma, tipetti che ci fanno perdere tempo. Non meno della tipologia dei “contrari pedanti”, di solito giurisperiti pesafumo che frantumano la capacità di resistenza dell’ascoltatore analizzando puntigliosamente la ratio nonché la qualità di scrittura delle norme sostitutive sottoposte al vaglio, dimostrando – così – di prendere sul serio un giochino che in effetti è solo uno scherzo; il trabocchetto per incastrare in una fumisteria gli oppositori del ben più vasto disegno restaurativo, seppure tardivo rispetto al trend mondiale (completare lo smantellamento di democrazia e welfare sotto forma di pulizia etnica: eliminazione dei contrappesi alla Casta affaristico/politicante). Se poi la flebilità si coniuga con la pedanteria, allora l’effetto boomerang è completo. Ma non scherza neppure – in quanto ad autolesionismo – la pratica del cosiddetto “trionfalismo nostalgico”, che ritiene di poter contrastare la propaganda avversa intontendo l’uditorio con il concerto di archi scordati sulle meraviglie di quanto si vorrebbe difendere dall’attacco iconoclasta. Pratica che potremmo riassumere nello slogan (di Roberto Benigni, guarda te!) “difendiamo la Costituzione più bella del mondo”. Quando è risaputo che la nostra Carta Suprema, al malfamato articolo Sette, costituzionalizza i Patti Lateranensi (disposizione che faceva indignare Pietro Calamandrei e anche comunisti come Concetto Marchesi). Quando – in effetti – lo scontro non è sulla sacralizzazione/intangibilità o meno del venerando documento, quanto sugli intenti che si intendono perseguire con QUESTE modifiche.


Ma il punto centrale è un altro: il successo o meno della resistenza alla controriforma renziana si gioca sull’area ancora maggioritaria degli indecisi. Dove l’azione promo-pubblicitaria di Renzi & Co. sta incidendo più e meglio: ogni tre indecisi che si decidono, due optano per il Sì. Questo – a mio modesto avviso – va addebitato alla modalità con cui il fronte del No tende a proporsi, ricadendo nel vizio autoreferenziale della sinistra italiana: privilegiando l’appartenenza alla promozione; la purezza ideologica sul realismo pragmatico. Sicché la stragrande maggioranza degli sforzi è concentrata sull’obbiettivo di convincere i già convinti. Quando – come insegnano i gesuiti, storici maestri nell’arte manipolativa – la partita va giocata in partibus infidelium: in altre parole, va finalizzata a produrre nuove conversioni.

Non a caso il trust messo in campo da Renzi ha individuato prima di tutto bersagli fuori dal recinto degli abituali consensi: i pensionati con la promessa di una quattordicesima, i tartassati assicurando la smobilitazione del Moloch Equitalia e così via. Ossia la vecchia tecnica delle regalie, l’eterno panem et circenses, grazie a cui in Italia la conservazione ha perseverato per decenni nell’intercettare consensi. Sempre presentandosi nei modi rassicuranti dell’usato sicuro.

Ma la mossa vintage di Renzi ha un punto debole: ormai non c’è più in cassa un baiocco, dunque diventa impossibile ripetere la mancia di ottanta euro delle elezioni europee. Difatti il governo promette il paese dei balocchi ma rimanda il viaggio a date dopo il 4 dicembre. Ed è qui che l’azione disvelatrice dell’inganno, operato dal mentitore seriale che ci governa, dovrebbe intervenire raggiungendo con il suo messaggio gli incerti. Cui aprire gli occhi, spiegando che il No significa il rifiuto di uno stile di governo non solo devastatore della residua civiltà democratica nazionale, quanto portato a nascondere nelle bugie la propria inettitudine. Operazione che non ha bisogno di “ottobrate del No” ma di militanza discorsiva nelle fasce più esposte agli indottrinamenti truffaldini. Da parte mia ci sto provando con un instant book che non ripete l’ennesima cronaca del renzismo, ma lo decostruisce come fenomeno.
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L'ultima vigliaccata del Sì: arruolare anche Montanelli
Dopo averci provato con Berlinguer e Ingrao, gli ultrà renziani strumentalizzano il fondatore del "Giornale"


Riccardo Pelliccetti - Dom, 23/10/2016 - 08:57
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Oramai non hanno più ritegno e vanno alla spasmodica ricerca di testimonial che possano in qualche modo avallare il Sì al referendum costituzionale tanto caro al premier Matteo Renzi.


Il comitatone renziano ha superato ogni limite, spingendosi fino all'aldilà. Non è una battuta.

Hanno già arruolato una serie di cadaveri eccellenti scatenando una bufera all'interno della stessa sinistra. La prima polemica è scoppiata con Bianca Berlinguer e l'Anpi, quando il Partito democratico ha strumentalizzato alcune frasi dello storico leader del Pci Enrico Berlinguer. Poi è stata la volta di Pietro Ingrao e Nilde Jotti, trasformati in sostenitori della riforma del Senato di Renzi. Per l'amor del cielo, le parole riportate sui social network sono state realmente pronunciate dai defunti esponenti del Pci, ma estrapolate ad arte da un contesto, quello degli anni Settanta e Ottanta, che nulla a che vedere con il presente sognato dal nostro premier. La figlia di Ingrao Celeste, aveva addirittura pensato di querelare il Pd. Anche perché furbescamente i renziani avevano omesso l'intero pensiero di Ingrao, il quale sì era favorevole al monocameralismo, ma abolendo del tutto il Senato e poi eleggendo i deputati alla Camera con il proporzionale puro. Alla faccia dell'Italicum.

Ma ora il Pd ha superato ogni limite. Ieri sul sito dei renziani http://www.bastaunsi.it è comparsa una vecchia intervista del 1999 fatta in tv a Indro Montanelli da Alain Elkann e, udite, udite, sono riusciti ad arruolare pure il fondatore del Giornale. Che il Pd e il suo cantore Renzi tentino di accalappiare elettori buttando nell'arena, naturalmente a sproposito, molti defunti leader ed esponenti della sinistra storica ci può stare, ma che usino come testimonial proprio Montanelli è proprio indigeribile. Ma i maghi della comunicazione renziana sono capaci di tutto, anche di far finta che Montanelli fosse non solo anticomunista ma un vero liberale.

E per riuscirci meglio, hanno anche riscritto il suo passato, definendo il maestro Indro «storica penna del Corriere della Sera» glissando, con una faccia tosta incredibile, sul fatto che Montanelli aveva proprio lasciato il quotidiano di via Solferino per la sua linea editoriale e aveva fondato il Giornale, guidandolo come direttore per vent'anni. Certo, nessuno dimentica che in passato Montanelli aveva scritto di turarsi il naso e votare Dc, ma l'invito era stato fatto proprio per evitare che si disperdessero voti, favorendo la crescita dell'allora Partito comunista. Per quanto il nostro vecchio direttore non risparmiasse critiche all'impianto costituzionale del nostro Paese, siamo sicuri che oggi non sottoscriverebbe una sola parola del papocchio partorito da Renzi e compagni.

Perché una cosa è certa: a Montanelli piacevano le cose chiare e trasparenti. E le riforme buttate giù sulla carta del formaggio dal nostro amatissimo presidente del Consiglio sono esattamente il contrario.
iospero
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REFERENDUM COSTITUZIONALE
Dalla parte del Sì ci sono economia, finanza, partiti di maggioranza e media, dalla parte del No c’è il popolo: vedremo se quest’ultimo ha davvero la sovranità o se si farà imbambolare dalle minacce e dalle promesse della propaganda.
Nonostante ciò su 7 sondaggi 6 danno il NO in vantaggio.
Sondaggi referendum costituzionale (22 ottobre 2016): cresce l’affluenza e cresce il No. Sorpasso sul Sì, staccato di tre punti
UncleTom
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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DALLE STELLE (AMERICANE) ALLE STALLE.

PUBBLICITA' PROGRESSO PER IL SI




28 OTT 2016 11:53
1. IL CODICE DELLA STRADA PIÙ BELLO DEL MONDO! BENIGNI CONTROMANO, PATENTE RITIRATA


2. MENTRE GUIDAVA AI PARIOLI, ROBERTACCIO HA PROVATO A FARE IL FURBETTO EVITANDO LA CODA AL SEMAFORO E INVADENDO LA CORSIA OPPOSTA. UN BEL SOPRASSO CONTROMANO


3. L'ATTORE È STATO FERMATO, MULTATO, E GLI È STATA RITIRATA LA PATENTE, CON SOSPENSIONE TEMPORANEA. PER I TEMPI, DECIDERÀ IL PREFETTO. LUI NATURALMENTE NON L'HA PRESA BENE


4. HA PROTESTATO, HA CERCATO DI GIUSTIFICARSI, MA I VIGILI URBANI SONO STATI INFLESSIBILI



Antonio Angeli per ''Il Tempo''


Un vialone pieno di traffico, la fretta del giorno del compleanno e a Roberto Benigni, tre premi Oscar, arriva come regalo il ritiro della patente. Tutto è avvenuto ieri a Roma e i protagonisti sono, da una parte, gli inflessibili agenti della Polizia Roma Capitale e dall’altra lui, Roberto Benigni, protagonista e regista dei film più famosi, da «Johnny Stecchino» a «La vita è bella».


In zona Parioli alla guida della sua vettura avrebbe fatto il«furbo»,evitando la coda al semaforo e invadendo la corsia opposta. Sarà pure simpatico, farà anche ridere, ma questo per i vigili romani si chiama «sorpasso contromano».Roberto è stato fermato, multato e gli è stata ritirata la patente, con sospensione temporanea: per i tempi, deciderà il prefetto.


Lui non l’ha presa bene, ha protestato, ha spiegato le sue ragioni, ha cercato di giustificarsi. Ma alla fine a Roberto non è rimasto che dover accettare il verdetto del codice della strada «più bello del mondo».
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Referendum, "rinvio" per sisma: la proposta che agita la politica
Castagnetti (vicino al presidente Mattarella) lancia la proposta di rinviare il referendum per sisma. Cautela nel Pd, secco "no" di Forza Italia


Sergio Rame - Lun, 31/10/2016 - 17:25
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È solo un'idea personale, ma già agita la politica. Pierluigi Castagnetti ha lanciato l'ipotesi di rinviare ad altra data il referendum sulla riforma istituzionale a causa dell'emergenza terremoto.


"Ci sono tre regioni coinvolte, decine di migliaia di sfollati - ricorda uno dei fondatori dell'Ulivo, parlamentare Pd fino alla scorsa legislatura - non riesco a immaginare in quali luoghi si possa votare all'interno delle zone terremotate e con quali scrutatori".

Considerato vicino al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Castagnetti precisa che naturalmente una decisione del genere non può prenderla il governo da solo, ma ci vorrebbe l'accordo di tutte le forze politiche. La suggestione non resta inascoltata. Dalla sinistra Pd, sia pure a titolo personale, Federico Fornaro, manifesta una cauta disponibilità, mentre dalla maggioranza dem Stefano Esposito si mostra scettico, sebbene in un Paese "normale" se ne potrebbe discutere. Per il presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, Maurizio Sacconi, una decisione straordinaria come il rinvio del voto referendario potrebbe "essere utile non solo per i problemi conseguenti alle migliaia di sfollati ma anche per l'esigenza di evitare in questa fase un ulteriore motivo di lacerazione quale si produrrebbe addirittura sulla Carta fondamentale". "Si potrebbe così sostituire subito la campagna elettorale con una stagione di responsabilità repubblicana".

Da Forza Italia non arrivano aperture alla possibilità di un rinvio. E non certo per insensibilità verso quanto sopportano le popolazioni colpite dal sisma. "Quella referendaria - dice all'Adnkronos il capogruppo a palazzo Madama Paolo Romani - è una campagna ormai in atto da tempo". "Da troppo tempo - prosegue- anche per responsabilità del governo che non ha fissato una data più vicina, il Paese è bloccato. È evidente che la situazione dell'Italia centrale è fonte di enorme preoccupazione, ma il referendum è un'altra cosa: è un impiccio di cui dobbiamo liberarci".
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Repubblica 31.10.16
Perché No
Guido Calvi, giurista già membro del Csm e senatore, presiede il comitato ScelgoNo fondato da D’Alema“Le istituzioni nelle mani del governo”
Sconcertante il giudizio preventivo della Corte sulle leggi elettorali: blocca i poteri del capo dello Stato


ROMA. I cinque giudici costituzionali nominati dal Parlamento non saranno più eletti in seduta comune, ma due dal Senato e tre dalla Camera. Questo per evitare che la maggioranza di governo imponga i suoi candidati. Non è una garanzia sufficiente, avvocato Guido Calvi, per le minoranze?
«No. La Corte è l’istituzione che tutela la legittimità costituzionale delle leggi. Questa è la sua funzione di garanzia, che va tutelata. La riforma tra i tanti danni provoca anche lo squilibrio dell’intero sistema ordinamentale, perché elimina ogni forma di controllo sui poteri del governo. Le istituzioni di garanzia come la Consulta, oltre al presidente della Repubblica e al Csm, diverranno espressione della maggioranza e quindi ad essa organici».
I due giudici eletti dai senatori- consiglieri saranno espressione dei territori?
«Non potranno esserlo. Sono giudici senza competenze limitate. Ma c’è una innovazione sconcertante e assai pericolosa. Si introduce una sorta di consultazione preventiva sulle leggi elettorali. Il rischio è la politicizzazione della Corte, perché viene demandata a un giudice una legge prima della sua promulgazione. E se la Consulta dovesse esprimere dubbi sulla sua costituzionalità non si comprende come il capo dello Stato potrebbe, prima della promulgazione, controfirmare la legge oppure rinviarla alle Camere chiedendo un nuovo esame».
Gli otto membri laici del Csm continueranno ad essere eletti dal Parlamento in seduta comune, ma il peso del voto senatoriale si ridurrà. Vede dei rischi in questo?
«Se dovesse essere approvato l’Italicum ogni equilibrio tra i poteri verrebbe inficiato . La maggioranza del 54 per cento alla Camera e i parlamentari dello stesso partito al Senato insieme potrebbero eleggere tutti gli otto componenti del Consiglio. E quindi anche la componente laica del Csm sarebbe espressione della maggioranza e del governo. Così anche per la magistratura viene meno il sistema dei freni e dei contropoteri, indispensabile per controllare e limitare i poteri dell’esecutivo.
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La Stampa 31.10.16
Zoggia: “Matteo ci bastona non ci sono margini d’intesa”
Il bersaniano doc: ma non faremo come Bertinotti
intervista di Carlo Bertini


«Quando governi da tre anni, più che parlare di chi c’è stato prima con toni offensivi, dovresti dire cosa hai fatto per risollevare il paese».
Davide Zoggia, ex responsabile enti locali della segreteria Bersani e prima ancora nel Pci, lei pensa che se perde il referendum Renzi dovrebbe lasciare il Pd e il governo?
«Nè l’uno nè l’altro. Il Pd andrà al congresso nel 2017 e il governo deve andare avanti. Al congresso si dovrà discutere della separazione del ruolo di premier-segretario che ha fatto diventare il Pd il partito del capo».
Non c’è una fusione d’intenti tra Bersani e D’Alema?
«Ho sempre lavorato a gomito con Bersani e sono amico di D’Alema: e ci unisce la finalità di bocciare una riforma dannosa per il paese, ma non di azzoppare Renzi e indebolire il Pd. Non mi pare che Massimo lavori in quella direzione nonostante quel che si dica. La scissione non è contemplata».
E se vincerà il no di una manciata di voti, come farete a restare nel Pd? Non rischiate di giocare la parte che fu di Bertinotti col governo Prodi?
«No, perchè il governo non deve cadere, in quel caso vorrebbe dire che è stata bocciata una riforma costituzionale, non il governo. Se Renzi personalizza è un problema suo, nessuno chiede dimissioni».
E se Cuperlo dovesse raggiungere un accordo sul nuovo Italicum, direte No a oltranza?
«Noi abbiamo messo paletti precisi per quella commissione del Pd sulla legge elettorale. Ma non mi pare vi sia una reale volontà di cercare un’intesa. Che andrebbe trovata nel Pd e con le altre forze di governo. Poi ci deve essere una proposta di legge incardinata ben prima del 4 dicembre. Ma per fare questo serve una volontà. Se vai su un palco e bastoni dove sta questa volontà? Se hai scelto lo scontro, dove sono i margini d’intesa? Le parole di Renzi sono irrispettose. Se è al governo, lo è anche perchè un risultato che c’è stato nel 2013. E non credo ai fini della causa che questo continuo bastonare serva a qualcosa».
Crede che sia Renzi a volere la scissione?
«Mi auguro di no, ma se vuoi tenere insieme un popolo usi argomenti diversi. E su chi interpreti il vero partito della Nazione, noto che in questa fase governiamo con Verdini: che il Pd sia spostato su quel profilo è evidente. Non bastano generici richiami alla sinistra, servono fatti concreti».
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1 NOV 2016 10:55
1. 'UNO SCIAME SUL REFERENDUM': L'IPOTESI DI UN RINVIO È SEMPRE PIÙ CONCRETA: LE PAROLE DI CASTAGNETTI, GRANDE AMICO DI MATTARELLA, SEGNALANO IL VIA LIBERA DEL QUIRINALE


2. OGGI STEFANO FOLLI LO RIBADISCE SULLA PRIMA PAGINA DI 'REPUBBLICA': LE ISTITUZIONI SONDANO IL TERRENO PER LO SPOSTAMENTO, SOPRATTUTTO CON L'OPPOSIZIONE. SE GRILLO E BRUNETTA SI DIMOSTRANO CONCILIANTI, ADDIO 4 DICEMBRE, SE NE RIPARLA IN PRIMAVERA


3. SE NON È IL SISMA, SARÀ IL RICORSO DEL PROFESSOR ONIDA. L'EX PRESIDENTE DELLA CONSULTA NON E' MICA IL PRIMO GRILLINO CHE PASSA: HA IMPUGNATO PER INCOSTITUZIONALITÀ NON IL QUESITO RENZIANO, MA PROPRIO LA LEGGE DEL 1970 CHE ISTITUISCE I REFERENDUM


4. PER ONIDA, QUANDO SI DECIDE SU TEMI MOLTO DIVERSI TRA LORO, LA NORMA DEVE PREVEDERE LA POSSIBILITÀ DI PIÙ QUESITI. IL TRIBUNALE DI MILANO STA PER PRONUNCIARSI



1. UNO SCIAME SUL REFERENDUM
Stefano Folli per ''la Repubblica
''


Sullo sfondo della tragedia che ha colpito le popolazioni dell' Appennino, si sono infittite per almeno 24 ore le voci che ipotizzano un rinvio del referendum: dal 4 dicembre alla fine dell' inverno, verso quella primavera che in Italia è da sempre la stagione propizia per votare.

Questo consentirebbe alle pubbliche autorità di concentrarsi sull' emergenza in atto - e che nessuno è in grado di prevedere quando finirà - , mettendo tra parentesi la grande distrazione collettiva rappresentata da una scadenza peraltro imposta dalla Costituzione. Scadenza che dalla metà di maggio sta monopolizzando il dibattito pubblico fin quasi a paralizzarlo, soprattutto a causa dell' instancabile protagonismo del presidente del Consiglio.


Ieri sera il premier ha tagliato corto, smentendo l' ipotesi in modo netto. E ha fatto bene perché si stava creando quella tipica zona grigia in cui il verosimile tende a diventare vero. Peraltro l' operazione era tutt' altro che campata in aria. Lo dimostrano due indizi ben precisi. Il primo è il richiamo dello stesso Renzi alla responsabilità nazionale dopo il nuovo terremoto. Richiamo rivolto alle opposizioni, è ovvio, affinché abbassino il tono delle polemiche quotidiane e s' impegnino a creare un clima di maggiore collaborazione in Parlamento e nel paese.

Sono parole abbastanza inusuali sulla bocca del premier, uomo che d' istinto tende a dividere più che a unire, ma non sono cadute nel vuoto. Se si tratta di intervenire per agevolare le misure di soccorso e predisporre la ricostruzione, persino Grillo ha dichiarato un certo grado di disponibilità. Lo stesso hanno fatto gli esponenti di Forza Italia, da Brunetta a Gasparri. Ma è solo questo che interessa a Renzi? Ridurre le polemiche per semplificare gli aiuti agli sfollati?


Molti, magari a torto e con una punta di malizia, vedono nell' uscita del premier un tentativo legittimo di servirsi del clima di unità per disinnescare le tensioni referendarie a tutto vantaggio del "Sì". È noto, del resto, che le calamità naturali tendono a riunire il paese dietro chi governa, purché questi dimostri efficienza e serietà nell' azione di soccorso.

E stavolta, a differenza del 1980 in Irpinia, il vertice istituzionale ha dato pieno sostegno all' esecutivo. Mattarella ha insistito sulla coesione nazionale in perfetta sintonia con Renzi: l' opposto esatto di quanto avvenne 36 anni fa, quando la veemenza di Pertini di fronte alla devastazione si risolse in una delegittimazione del governo di allora, guidato da Forlani.

È a questo punto che si inseriscono le voci a favore del rinvio del referendum. Con una logica facile da interpretare: se l' atmosfera di solidarietà attenua i contrasti e svelenisce la campagna elettorale, è possibile fare un passo in più e rimandare la consultazione a tempi migliori.


Ciò aiuterebbe la fase dell' emergenza e allontanerebbe anche il rischio di una vittoria del "No" in dicembre, vittoria che oggi la maggior parte dei sondaggi lascia intravedere. E il "No", pur senza i drammi che vengono evocati, comporterebbe un certo numero di conseguenze politiche e istituzionali. Non è strano che a Roma tale prospettiva produca dubbi e interrogativi. Il fatto che a sollevare la questione del rinvio sia stato Castagnetti, figura autorevole ed equilibrata della sinistra cattolica oggi nel Pd, è significativo.

Castagnetti ha senza dubbio agito di propria iniziativa e non è quindi appropriato ricordare in questa circostanza i rapporti di amicizia che lo legano a Mattarella. Tuttavia la sua mossa è servita a saggiare il terreno e non a caso è stata poi rilanciata dal centrista Sacconi. Troppo poco per creare una massa critica, abbastanza per alimentare qualche speculazione. Renzi, come si è detto, in apparenza ha chiuso la porta. E si capisce.


Se davvero il governo scegliesse la strada del rinvio, avrebbe il consenso della sua maggioranza, ma scatenerebbe una brutale reazione dei vari segmenti dell' opposizione. E c' è da credere che per lo stesso Berlusconi sarebbe impossibile spezzare una lancia in favore di Renzi, dovendo fronteggiare la ribellione di leghisti e Fratelli d' Italia.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO

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2. REFERENDUM, RENZI ESCLUDE L' IPOTESI RINVIO
Barbara Fiammeri per ''Il Sole 24 Ore''


Il rinvio della data del referendum costituzionale, a seguito del terremoto che ha coinvolto le regioni dell' Italia centrale, «è una cosa che per quello che mi riguarda non esiste. Il referendum si terrà il 4 dicembre come abbiamo fissato, nessuno ci ha chiesto peraltro di fare il contrario», sentenzia Matteo Renzi che bolla come una «boutade giornalistica» l' ipotesi di uno slittamento della data del voto.


La perentorietà del premier serve a chiudere sul nascere le iniziative (a lanciare la proposta era stato Pier Luigi Castagnetti) e le polemiche (Renato Brunetta ha accusato Renzi di voler rinviare il voto «per paura» di perdere) sul possibile rinvio dopo la violenta scossa di domenica.

L' ipotesi dello slittamento resta però in piedi e non per il terremoto ma per il ricorso di Valerio Onida discusso dal tribunale di Milano che a giorni dovrebbe rendere nota la sua decisione. Se, infatti, dovesse accogliere la richiesta dell' ex presidente della Corte costituzionale di sollevare davanti alla Consulta l' eccezione di legittimità della legge 352 del 1970 istitutiva del referendum, laddove non prevede l' obbligo di scissione del quesito quando la riforma - come in questo caso - riguarda più temi, il rinvio sarebbe inevitabile.


Ma il sisma è comunque destinato a incidere anche sulla campagna referendaria. Tant' è che ieri si continuava anche a vociferare di un possibile rinvio o annullamento dell' appuntamento alla Leopolda, l' evento renziano per eccellenza in programma il prossimo weekend, che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto lanciare il rush dell' ultimo mese prima del voto. Al momento la manifestazione è confermata, ma il programma iniziale sarà radicalmente rivisto. Si punterà soprattutto sui temi della sicurezza e della prevenzione anche perché quest' anno ricorre il cinquantesimo anniversario dell' alluvione che sconvolse Firenze il 4 novembre del 1966.

Una sorta di gemellaggio tra gli angeli del fango che allora salvarono una parte rilevante dei tesori fiorentini e quanti oggi sono, a partire dalla Protezione civile, accanto alle popolazioni colpite dal sisma. Non è un caso che l' impegno ribadito ossessivamente dal premier oggi come il 24 agosto sia: «Ricostruiremo tutto». Insomma almeno per questa settimana il «sì» cederà il passo all' emergenza.


In questo clima drammatico, è inevitabile che restino sullo sfondo le polemiche interne al Pd sulle possibili modifiche all' Italicum. Domani o più probabilmente giovedì, tornerà a riunirsi la commissione chiamata a mettere nero su bianco la proposta dem sulla legge elettorale. Si punta a un documento, una sorta di "memorandum" che dovrebbe comunque lasciare campo aperto a ogni ipotesi sul tema del ballottaggio, inserendo solo la necessità di garantire un premio di governabilità.


A Gianni Cuperlo, esponente della minoranza Pd all' interno della commissione, l' intervento di Renzi sabato a Piazza del Popolo non è piaciuto. Ma prima di prendere una decisione definitiva attende di capire se ci siano margini per arrivare comunque a un' intesa che gli consenta di virare sul sì.

Prospettiva che ormai non interessa più i bersaniani convinti di votare «no» al referendum e che il premier punti solo a dividere la minoranza. «Sta prendendo forma il piano del premier: puntare su una nuova sinistra, con Zedda, Merola, Pisapia e Cuperlo» diceva ieri un esponente vicino all' ex segretario.


Intanto ieri è arrivato anche l' appello del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, che invita a votare «senza affidarsi a slogan ma esprimendo la propria volontà in modo sensato e ragionato».
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