Fermate il treno, voglio scendere.

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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RIEPILOGO DELLA RIVOLTA:

1) GORINO (26/10/2016)

2) Liguria, Puglia, Toscana (27/10/2016)
Liguria, Puglia, la rossa Toscana È tutto il Paese che dice basta

3) Bitonto (27/10/2016)
Bitonto dopo Gorino: impedito l’arrivo di 27 migranti.

4) Montegrotto Terme (28/10/2016)
Montegrotto, sindaco minaccia di denunciare mamme anti-profughi

5) Abano Terme (30/10/2016)
Abano, presidi giorno e notte: "Non vogliamo altri migranti"

6) Roma (30/10/2016)
Sentinelle civiche

7) Albettone (Vicenza) (30/10/2016)
'NON VOGLIAMO NEGRI E ZINGARI

8) Milano (1/11/2016)
Migranti, a Milano ultradestra e residenti contro l’accoglienza

9) PROVINCIA DI COSENZA
Su 155 Comuni che la provincia di Cosenza ha nel suo territorio, collaborazione l’abbiamo avuta da meno di dieci sindaci”. In molti, in sostanza, “prima si riempiono la bocca di solidarietà e accoglienza e poi, appena vedono la pelle nera, allontanano i migranti il più possibile dai propri territori”.
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UOMINI CONTRO

A GRANDI PASSI VERSO LO SCONTRO FINALE



Mentre il Fatto Quotidiano commentava così, come si muoveva Milano:

Migranti, a Milano ultradestra e residenti contro l’accoglienza: “Vorrei che Sala avesse una figlia femmina e gliela stuprassero”

di Alessandro Sarcinelli | 1 novembre 2016


Il Giornale di Sallusti, in camicia verde e nera, replicava:

Milano, i migranti in caserma
e la sinistra festeggia in piazza

Centri sociali, Comune e associazioni esultano insieme ai profughi: "Gli unici stranieri sono i fascisti nei quartieri"

di Ivan Francese
4 ore fa

I migranti entrano alla Montello e la sinistra festeggia in piazza
Festa davanti alla caserma Montello: canti, balli, cibo multietnico e slogan irridenti contro il centrodestra. Così la sinistra esulta insieme agli immigrati


Ivan Francese - Mar, 01/11/2016 - 23:23
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I migranti arrivano alla caserma Montello e la sinistra milanese organizza una festa di benvenuto in grande stile.




Trasferiti in anticipo i migranti alla caserma Montello

Montello, vigilia di tensione per l'arrivo dei 300 migranti

gallery
I centri sociali festeggiano coi...

gallery
I migranti arrivano alla Montello
Un vero e proprio comitato di accoglienza di fronte al centro d'accoglienza, composto dai volti noti della sinistra del capoluogo ambrosiano: oltre al comitato "Zona 8 solidale", erano presenti i centri sociali Cantiere e Lambretta, i movimenti, la Banda degli ottoni a scoppio. Ad accogliere i richiedenti asilo uno striscione in tre lingue per i migranti eritrei, etiopi e sudanesi: "Marhaba, benvenuti, welcome".

Al presidio, iniziato stamattina alle 10 e pronto a rimanere in piazza fino al pomeriggio di oggi, sono arrivati anche i rappresentanti di associazioni umanitarie come Emergency e Naga, oltre all'assessore al Welfare del Comune di Milano, Piefrancesco Majorino.

Una ventina di profughi tra quelli trasferiti alla caserma Montello nelle prime ore della mattina di ieri è anche uscita dalla struttura per ringraziare e incontrare i promotori della manifestazione.

Fra gli slogan ripetuti dai manifestanti, però, non è mancata qualche nota polemica nei confronti della contestazione contro l'arrivo dei profughi alla Montello promossa nei giorni scorsa dai partiti del centrodestra milanese e da alcuni comitati di cittadini della zona. Sugli striscioni esposti oggi si possono leggere slogan come "Gli unici stranieri, i fascisti nei quartieri" e "Il vento fischia ancora a difesa della Costituzione".

Al momento non si è ancora registrato alcun momento di tensione, ma sul posto sono presenti uomini della polizia di Stato e dei carabinieri in tenuta antisommossa

Per foto vedi:
http://www.ilgiornale.it/news/milano/i- ... 25707.html
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Strade bloccate e sit in violenti: gli immigrati incendiano la Sardegna
Ondata di rivolte in Sardegna. Gli immigrati pretendono di più dallo Stato italiano. E scatenano proteste violente in tutta l'isola


Sergio Rame - Mer, 02/11/2016 - 10:39
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La Sardegna non ha pace. Oggi è esplosa l'ennesima protesta di immigrati a Narcao.


Nel giro di appena due settimane un gruppo di africani, ospite dell'ex hotel Rosas che ha trasformato in un centro di accoglienza, è tornato a manifestare per contestare accusando lo Stato italiano di inadempienze nei loro confronti.

Come già il 20 ottobre scorso, quando hanno inscenato una protesta facinorosa contro i ritardi nel pagamento del pocket money, questa mattina gli africani hanno bloccato la strada che porta in Paese dalla frazione dove si trova l'ex albergo, a Terrubia. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Carbonia. Una protesta analoga si era svolta per la prima volta il 14 ottobre dell'anno scorso: una quarantina di immigrati, decisi a lasciare la Sardegna, avevano abbandonato l'ex albergo, lamentando alimentazione insufficiente e disagi, in parte legati all'isolamento della struttura. L'emergenza era rientrata dopo una trattativa con le forze dell'ordine e l'impegno a risolvere i problemi segnalati dagli ospiti della struttura da 130 posti gestita da una onlus di Carbonia.

L'8 gennaio un altro gruppo di immigrati era partito all'alba dall'ex albergo, costruito negli anni Novanta nell'isolata frazione di Terrubia e rimasto a lungo chiuso, e dopo una marcia di alcune ore aveva raggiunto l'ufficio immigrazione a Cagliari. Gli extracomunitari avevano manifestato il loro disagio e chiesto di essere assegnati ad altre strutture più vicine, possibilmente del capoluogo. Ad aprile nel centro era scattato un blitz antidroga dei carabinieri, dopo che era stata attività di spaccio di stupefacenti. Dei sei ospiti perquisiti, uno - un senegalese di 19 anni poi denunciato - era stato trovato in possesso di tre dosi di hashish.

L'ultima protesta risale al 25 giugno scorso, quando una quarantina di immigrati ancora una volta aveva lasciato l'ex albergo per contestare i ritardi nel rilascio dei permessi di soggiorno. La strada davanti alla struttura di accoglienza era rimasta bloccata per circa quattro ore, dalle 6 alle 10 del mattino.
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Barricate anti-migranti a Roma: "Qui non passa lo straniero"

A Roma nel quartiere Magliana una manifestazione come a Goro e Gorino per dire "no" all'invasione di migranti


Giuseppe De Lorenzo - Gio, 03/11/2016 - 13:29
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Dopo Goro e Gorino anche altre realtà cittadine si mobilitano. Le barricate contro l'arrivo dei profughi uniscono Milano a Roma, il Veneto all'Emilia.


Ed è a Roma che questo sabato Forza Nuova e il comitato "Roma ai Romani" hanno in programma una mobilitazione per ribadire che "a casa nostra comandiamo noi". Contro l'arrivo dei migranti.

Le barricate contro i migranti
Il quartiere della Magliana è da tempo vittima del degrado in una Capitale sempre più abbandonata a sé stessa. E così, dice Alessio Costantini responsabile Forza Nuova Roma, "sabato 5 novembre saremo in piazza a Magliana per riprenderci un quartiere di frontiera, ormai in preda di immigrazione selvaggia, centri di accoglienza e campi rom. Questa è la prima di una serie di mobilitazioni che porteremo avanti, sull'esempio di Goro e Gorino, per ribadire che a casa nostra comandiamo noi. Per il bene di Roma e per la liberazione della Magliana".

"Qui non passa lo straniero", aggiunge Costantini affermando che "chi vuole difendere il popolo italiano" dovrebbe alzare barricate contro chi "difende questa invasione incontrollata e fa il gioco delle grandi lobby di potere".

DI certo la Magliana non è un caso isolato. Come racconta Marco Vassallo su ilGiornale, anche ad abano la cittadinanza è in rivolta contro l'invasione e di fronte alla caserma che il prefetto vuole trasformare in centro profughi "si alza la voce degli italiani che dicono "no ai profughi"".
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Ecco il fronte anti-profughi: "Lotteremo con gli italiani"
Da Abano Terme fino a Rovigo i comitati per il no ai profughi si uniscono in una Rete che si dice pronta ad "abbattere l’intero sistema di gestione dei richiedenti asilo"


Marco Vassallo - Gio, 03/11/2016 - 10:49
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Davanti ai Tricolori issati intorno al gazezo davanti al Primo Roc, l’ex base militare di Abano Terme, quella che il prefetto di Padova voleva trasformare in un centro accoglienza per profughi, si alza la voce degli italiani che dicono "no ai profughi".


Su tutte spicca la voce di Maurizio Tentori, che esorta la folla di contestatori, presenti oramai giorno e notte, al presidio: "Stiamo uniti, mi raccomando. E più grande sarà il fronte più in alto arriverà la nostra voce".

"Uniti per abbattere l’intero sistema di gestione dei richiedenti asilo"
Il comitato "Abano dice no" è riuscito nella sua battaglia: evitare che l'ex caserma del paese fosse riepita di migranti. Ma da quel giorno di 5 settimane fa, il presidio non si muove, sono tutti lì, ancora uniti. "All’inizio sono rimasti perché temevano che il dietrofront fosse solo una manovra per convincerli ad allentare la sorveglianza e poter così scaricare nella base i primi migranti" - spiegano su Il Corriere Veneto -. Ma ora tutto è cambiato, la persone sono consepevoli della loro forza. E così, chiariscono: "Non ci si batte solo per impedire l’arrivo dei profughi ad Abano, l’obiettivo adesso è molto più ampio: abbattere l’intero sistema di gestione dei richiedenti asilo".

Non chiamateli razzisti
Ci tiene a precisarlo Alessio Zanon, di Forza Italia, ma soprattutto Presidente di “Forza Veneto” e Presidente Comitato “Progetto per Abano Terme”. "Non ce l’abbiamo con quei disperati che scappano dal loro Paese e si ritrovano a vivere all’interno di strutture che tolgono loro ogni dignità. Il problema è che la presenza dei richiedenti asilo viene imposta senza lasciare alcuna scelta alle popolazioni locali, con l’unico risultato di alimentare un enorme business che arricchisce le cooperative". Si amplia così la battaglia contro i profughi. I comitati no-migranti si uniscono per aiutarsi e non limitarsi al proprio comune. "È nata la “Rete dei comitati per il no" spiega Francesca Barbierato, candidata per la lista "Per far rinascere Abano Terme". Una trama di comitati che si estende da Abano a Conetta fino a Monselice, passando dal Trevigiano a Rovigo.

Una chat comune per bloccare i profughi
La Rete dei comitati è connessa con una chat via telefonino. Il motivo? "Se uno organizza una iniziativa di protesta o se c’è da bloccare l’ingresso dei profughi le altre città sono pronte a dare il loro supporto. Faremo un grande fronte comune, in tutto il Veneto", spiega Tentori. Un vero e proprio patto di mutuo aiuto, che permette ai contestatori che arrivano anche da fuori di prendere parte alle manifestazioni. Ma la Rete del no ai migranti ha le idee chiare e vuole essere trasparente: manifestanti di professione, politici in cerca di voti, cacciatori di visibilità, ed estremisti violenti non sono ben accetti. Dal presidio infatti fanno sapere che "quando capiamo che hanno dei secondi fini li cacciamo a calci. Per questo abbiamo bandito le bandiere di partito e non abbiamo permesso ai politici di salire sul palco delle manifestazioni".

Pronti all'azione
Poche parole e molti fatti, sembra voler dire portavoce Alessandro Rancani, che taglia corto interpellato da Il Corriere del Veneto: "Ci muoviamo quando la popolazione chiama l’unico nostro faro è la tutela dei cittadini". Alla Rete nata ad Abano si è anche unito Nicola Lodi, detto "Naomo", il leghista che ha guidato e eretto le barricate di Gorino. Ma non è l'unico pronto a dare il proprio aiuto. Ci sono anche i militanti di Casapound di Ferrara che nel week end hanno eretto uno striscione davanti all’hotel di Ficarolo requisito dal prefetto accogliere dei migranti. Al grido "alzare ogni tipo di barricata pur di fermare questa invasione" c'é anche Forza Nuova, disposta a scendere in strada.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.

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L'articolo odierno di Elisa Murgese su Il Fatto Quotidiano.it, non può rimanere relegato solo sul thread relativo a Francesco.


Il monito và rivolto soprattutto alle autorità italiane, che con la scusa di ingrassare i conti in banca con il lucroso businnes, si stanno comportando come i governanti/despoti del novecento che avevano istituito i lagher per gli avversari politici.

Se l'istituzione dei lagher nel novecento è passata come crimine contro l'umanità, a maggior ragione oggi, lo sfruttamento di esseri umani in questo modo per lucro, in adorazione del dio denaro, è un crimine maggiore di quello dell'eliminazione degli avversari a mezzo lagher.

E' inutile girarci intorno, o cercare di accampare inutili scuse.

Siamo di fronte ad un caso di sterminio.

E questo governo ne porta tutta la responsabilità.





Migranti, la denuncia dei profughi dell’hub di Bresso: “Malnutriti e ammalati. Stiamo diventando pazzi”
di Elisa Murgese | 12 novembre 2016
COMMENTI (295)


“Li dentro stiamo morendo ogni giorno.

Siamo tutti ammalati.

Le docce non hanno l’acqua fredda.

Ci mancano i vestiti per affrontare l’inverno.

Siamo malnutriti”.

Il migrante subsahariano si ferma un attimo, giusto il tempo di fissare per qualche istante il ragazzo seduto accanto a lui.

“E sai qual è la cosa che ci fa più soffrire?

Che il maltrattamento che subiamo è legato al fatto che abbiamo la pelle nera”.

Impossibile entrare dentro l’hub di Bresso, il centro di smistamento che accoglie il maggior numero di migranti in arrivo nel capoluogo lombardo.

Per farci raccontare cosa succede dentro le alte mura del centro gestito dalla Croce Rossa alle porte di Milano, sono dovuti uscire loro, i richiedenti asilo che da quasi un anno aspettano di capire che fine abbia fatto la loro richiesta di protezione umanitaria.

“Il campo non è predisposto per accogliere così tante persone.

Dovrebbe ospitare sulle 300, e invece, da un anno, ne ospita più del doppio, ovvero 600-700“, raccontano alcuni volontari dello Sportello solidale migranti e rifugiati di Ri-make, spazio di mutuo soccorso a pochi passi dal centro militarizzato.


“I migranti sono parcheggiati in un’attesa infinita, in una zona grigia dove hanno pochissimi diritti”. Lo confermano le parole dei richiedenti asilo, terrorizzati all’idea di farsi riconoscere perché certi che la direttrice del centro li caccerebbe se venisse a sapere che hanno raccontato la situazione in cui vivono.

“Sai, dentro all’hub non facciamo niente per tutto il giorno.

Stiamo diventando pazzi. Siamo diventati pazzi”
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.

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PARACULEIDE

Vabbè la propaganda, ma anche se la democrazia se ne è ita, il Parlamento per protestare esiste ancora.

Lo usino!!!!!

Oppure vadano a farsi sentire in massa da Mattarella, anche se è chiuso in naftalina nell'Armadio più grande del Colle.




I nostri immobili ai profughi: ecco il piano segreto di Alfano
Il varo dopo il 4 dicembre, per non influire sull'esito del voto. Gasparri: "Difendiamo la proprietà privata"


Massimo Malpica - Lun, 21/11/2016 - 08:08
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La scadenza è quella fatidica del 4 dicembre. Fino al referendum - manco a dirlo - non si muoverà foglia.


Poi dal Viminale arriverà il via libera alle requisizioni, finora più uno spauracchio per i comuni poco «accoglienti» con i migranti che una misura realmente applicata. Solo due strutture ricettive - una a Goro e una in provincia di Verona - sono state requisite finora per far fronte all'emergenza immigrazione, anche se la legge che le autorizza risale addirittura all'Ottocento. E le due sole strutture, tra proteste e trattative tra Viminale e sindaci, sono al momento ancora in attesa di accogliere materialmente gli ospiti stranieri per i quali erano state requisite.

Di fatto, però, le cose cambieranno all'indomani del Referendum costituzionale, quale che ne sia l'esito. Troppo scarsa l'adesione alle procedure Sprar (la rete dei servizi di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati) da parte degli enti locali, troppi i comuni che si sono rifiutati di accogliere migranti (hanno detto no circa 5.500 amministrazioni municipali su un totale di ottomila). Esemplare, secondo i responsabili del sistema accoglienza, proprio il caso della provincia di Verona. Con il capoluogo che ha scelto di accogliere, aderendo allo Sprar, caso unico rispetto a tutti i comuni della provincia che hanno invece opposto un totale diniego. E infatti uno dei due casi di requisizione già effettuati, quello di tre mesi a carico dell'hotel Cristallo di Castel d'Azzano, nel Veronese, ha visto come motivazione dell'ordinanza del prefetto proprio la mancata attivazione della procedura Sprar da parte degli enti locali sul territorio. La questione, lungi dall'essere solo veneta, si ripete dal Nord al Sud, con i «no» all'accoglienza che arrivano tanto dalle amministrazioni di centrodestra che da molte targate Partito democratico.

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E di fronte a una chiusura troppo estesa territorialmente, mentre gli sbarchi continuano a portare altri migranti nei nostri confini, per il capo dipartimento immigrazione Mario Morcone e per il ministero dell'Interno la strada da battere sarebbe dunque proprio quella che sembrava servire da mera minaccia, ossia l'arma delle requisizioni. Evocata più volte da Morcone e dallo stesso ministro dell'Interno Angelino Alfano, potrebbe ora essere rispolverata e messa effettivamente in atto.

Sul punto ha chiesto lumi, ieri, anche il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia. «Ho presentato un'interrogazione urgente al presidente del Consiglio e ai ministri competenti per sapere a che ora e quando scatterebbe il piano straordinario di requisizioni, a danno degli italiani e a favore degli immigrati, previsto per il dopo 4 dicembre». Per Gasparri, sarebbe proprio un «annuncio» di Morcone a confermare il varo, rigorosamente post-referendum, di «un piano gigantesco di requisizione di immobili e alloggi per destinarli ai clandestini».

Ed è sempre Gasparri a mettere in relazione la dilazione temporale delle requisizioni con l'agguerrita campagna referendaria per il Sì dell'esecutivo. «Il rinvio a dopo la consultazione - prosegue infatti il senatore azzurro - è dovuto ovviamente al tentativo di non suscitare reazioni: chiediamo di far luce su questa intenzione abietta del governo».

Ora il piano, che il Viminale difficilmente confermerà prima del 4 dicembre, può entrare nella contesa referendaria, almeno per i comitati del «no». «Questo maxi piano - conclude Gasparri - va sventato trasformando il referendum in un'occasione per difendere la proprietà privata».
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.

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QUESTA VOLTA TOCCA A ME TIRARE L'ALLARME PER FERMARE IL TRENO.

FATEMI SCENDERE QUI STANNO IMPAZZENDO UNO DOPO L'ALTRO.

PASSI UNA VITA AD AVERE STIMA DI FEDERICO RAMPINI E POI IL 23 NOVEMBRE DEL 2016, VIENI A CONOSCENZA CHE AVREBBE DICHIARATO QUANTO SEGUE:



“Voto Sì perché non mi convince la compagine del No” (Federico Rampini).




COMMENTI mercoledì 23/11/2016
Referendum, qualcuno votava Sì: questo è l’elenco definitivo
di Andrea Scanzi | 23 novembre 2016
| Commenti (401)
Le motivazioni del “Sì” sono quasi sempre granitiche. Ripercorriamole insieme.

“Votate Sì perché così si risparmia”. Certo. Quel tanto che basta per poi sputtanarlo, peraltro con gli interessi, a vantaggio della prima marchetta che tornerà utile per vincere le elezioni.

“Votate Sì perché si velocizza l’iter delle leggi”. Che è già velocissimo, ma solo quando c’è da approvare qualche legge diversamente inebriante. Tipo Lodo Alfano, Legge Fornero o salvabanche, che richiesero meno di venti giorni per essere consegnate alla Storia.

“Voto Sì perché non mi convince la compagine del No” (Federico Rampini). Di fronte a un’argomentazione così forte, nulla si può controbattere. Si è come travolti da troppa grandezza, quasi come se ci trovassimo di fronte Orfini in slip pervinca e ciabatte cremisi.

“Voto Sì perché l’ha detto il partito”. È così che ragionano molti over 60 rimasti ancora al Pci. E saranno probabilmente decisivi nel risultato finale.

“Questa riforma mi fa schifo, quindi voto Sì” (Massimo Cacciari). Anch’io trovo che i Modà facciano pena. Quindi fondo subito un loro fan club. E lo chiamo “Ecco i nuovi Pink Floyd”.

“Votate Sì perché il o è un’accozzaglia di tutti contro uno solo” (Matteo Renzi). Detto che così parlando Renzi ha dato ad Alfano del “signor nessuno”, e non saremo certo noi a dargli Ntorto, quelli del sì non sono mica un’accozzaglia. Ci sono Doris e Cicchitto, Ferrara e Marchionne, D’Anna e Verdini. Più che un’accozzaglia, il bar di Guerre stellari.

“Votate Sì che così arrivano fiumi di soldi, se Renzi non vi piace me ne fotto” (il personaggetto De Luca). Parole forti, ma tanto scherzava. Quindi non rompete le palle. “Votate sì perché meglio poco che niente”. Come no. In effetti, se hai il raffreddore, molto meglio farsi venire direttamente una bella sincope. Fulminante.

VIDEO:http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... efinitivo/
0:00/26:06



“Voto Sì perché non si può stare sempre fermi” (Ilaria D’Amico, con tanto di video dolente in cui imita la nota attrice di Boris). Cara Ilaria, senza offesa, ma se devo scegliere tra un parcheggio e un muro contro cui schiantarmi, preferisco il parcheggio.

“Votate Sì perché così si sconfigge meglio il terrorismo” (Maria Elena Boschi). Va be’, l’ha detto la Boschi. Cosa vuoi commentare.

“…”. Questa è la voce della maggioranza silenziosa. Quella che non dice nulla, e poi la domenica votava Dc. E poi Craxi. E poi Berlusconi. Senza mai ammetterlo. Ed è su questa maggioranza silenziosa che Renzi spera. Temo non senza ragione.

“Votate Sì perché in fondo è una riforma simile a quella di Berlusconi” (Giorgio Napolitano). Oooh, finalmente: dopo anni a far finta di combattere Berlusconi, il centrosinistra italiano si vanta di essergli simile. Dall’antiberlusconismo finto al berlusconismo ostentato. Son soddisfazioni. Daje Re Giorgio, e viva i carri armati del ’56.

“Voto Sì perché quelli del Fatto mi stanno antipatici”. Ci sta. Non mi ero però accorto di come Andrea Romano fosse il nuovo Woody Allen.

“Votate Sì perché lo dicono Benigni e Sorrentino”. Grazie, ma il primo preferisco ricordarlo da artisticamente vivo e il secondo quando era davvero l’uomo in più.

“Voto Sì perché la parola No non mi è mai piaciuta” (Carlo Cracco). Perfetto, chef barbuto delle patatine. Domani vengo a mangiare da te e quando mi porti il conto ti dico: “Posso non pagare, vero?”. Poi, ma solo se mi gira, ci aggiungo anche un bel “Suca”. Agile, in scioltezza.

“Votate Sì perché i partigiani veri votano Sì” (Boschi). Va be’ dai, anche questo l’ha detto la Boschi. Cosa vuoi commentare.

“Votate Sì perché nel No ci sono D’Alema, CasaPound e Brunetta”. Invece nel Sì ci sono Gramsci, Parri e Pertini, travestiti però da Ciaone Carbone, The Man Nardella e quella che ai pensionati disse di ipotecare la casa se non gli bastava la pensione (credo si chiami Alessia Morani: la riconoscete perché ha sempre la faccia ingrugnita che aveva Maurizio Lupi quando gli dicevano brutto. Cioè sempre).

“Votate Sì perché si combatte meglio il cancro” (Boschi). Va be’ dai, pure questa l’ha detta la Boschi. Una prece. A lei e a Repubblica, che ieri ha fatto un titolo analogo. A volte certa gente ha proprio la faccia come il Rondolino.

“Votate Sì perché si cambia”. Certo che si cambia. Se però ho un problema di tubature in casa e per risolverlo mi bombardi il palazzo, permetterai che non sia poi necessariamente entusiasta del tuo concetto di “cambiamento”.

“Votate Sì perché, se vince il No, cade Renzi”. È una minaccia o una promessa?

“Votate Sì perché altrimenti togliamo gli 80 euro” (Boschi). Niente: proprio non ce la fa. Siate vicini a questa povera ragazza: non è colpa sua, ma di chi ce l’ha messa.

“Votate Sì perché altrimenti arriva Grillo”. E vi scotenna vivi, mangiando le vostre viscere fischiettando “Andiamo a comandare” con Dibba e Di Maio.

di Andrea Scanzi | 23 novembre 2016
cielo 70
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.

Messaggio da cielo 70 »

Affari suoi. Non credo che sia in mala fede. Nella storia ci sono stati un sacco di compagni che hanno fatto delle stupidaggini.
UncleTom
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.

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Periferie e immigrazione, l’esercito non servirà. La gente vuole risposte dalla politica

Cronaca
di Gianluigi Paragone | 25 novembre 2016
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Gianluigi Paragone
Giornalista, conduttore televisivo

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I gravi disordini sociali che si stanno consumando a Torino non sono diversi da quelli che si consumano in altre periferie italiane. E’ solo che non se ne parla. Perché… è meglio così.

Le periferie delle grandi città sono il fallimento delle recenti politiche e pure di certi commentatori ormai troppo snob per provare a vedere con i propri occhi come stanno le cose. La mia redazione si trova nella periferia est di Milano e assai spesso mi ritrovo a incrociare i vialoni Monza, Palmanova, Leoncavallo, Padova. Quindi so di cosa parlo, ho la curiosità del cronista e ancor più la disperazione del pendolare che ha scoperto il mosaico di strade che da Cormano mi porta a piazza Udine (ciò per evitare di pagare sempre tre caselli autostradali all’andata e tre al ritorno). Di giorno e di sera lo scenario non cambia. Le periferie restano periferie e non è difficile capire le ragioni delle proteste.




La periferia diventa ghetto quando il senso della banda sostituisce il senso della comunità, quando la legge del più forte diventa l’unica legge che vale. L’esercito non servirà né a Milano né a Torino fintanto che non è chiaro il senso civico dei luoghi e degli spazi. Fintanto che una politica delle case popolari non troverà seriamente spazio sull’agenda delle istituzioni. Non è ammissibile che bande di “autosceriffi” operino sgomberi, affidino alloggi e ne garantiscano un diritto all’uso solo perché chi dovrebbe farlo non è più in grado di farlo.

La guerra tra ultimi e penultimi è la stessa guerra sociale per un lavoro e non un lavoretto, per una casa e non una graduatoria, per un posto all’asilo o a scuola e via discorrendo. Gli scontri nelle periferie o delle periferie sono il pus di una precarietà sociale. Qui si confonde il razzismo con l’intolleranza, con l’insofferenza, con l’esasperazione. Questi ultimi sentimenti sparirebbero se la politica offrisse una via d’uscita, offrisse delle politiche sociali.

Il tempo delle riflessioni dovrebbe essere finito, ora è il tempo dell’azione. Anche perché la politica quando si sottrae alla decisione – cioè all’azione – non ha più senso, diventa surrogato dei talk show.

Le periferie da terra di nessuno sono diventate terre di alcuni per effetto della legge del più forte. Nessuna sorpresa se, in questo vuoto, alcuni cittadini volessero convogliare sotto il cartello della Lega o di CasaPound o di altre sigle di destra il cui muscolarismo politico assurge a manifesto programmatico. La sinistra ha perso voti proprio qui, nelle periferie. La sconfitta a Torino di Fassino è la sconfitta nelle periferie.

Ho da poco ultimato la lettura di un bel libro di Federico Rampini, “Il Tradimento” dove emerge un mea culpa anche a proposito del corto circuito creato da globalizzazione e immigrazione. “Il tradimento delle élite si è consumato anche quando abbiamo difeso a oltranza ogni forma di immigrazione, senza vedere l’enorme minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico; quando abbiamo reso omaggio, sempre e ovunque, alla società multietnica, senza voler ammettere che questo termine in sé è vuoto”. Giusto, commento io. E non mi interessa mettere a credito un generico “però noi l’avevamo detto”. Chi se ne importa stare dalla parte di chi aveva visto giusto quando poi il senso della comunità si disgrega innescando una bomba sociale potente.
Come si può pensare che la gente debba solo sopportare un disagio costante, frequente? Che senso ha parlare di valore dell’accoglienza quando tutti gli altri valori sono abbattuti?
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