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Il Ddl di Riforma del Lavoro è ufficiale

Inviato: 04/04/2012, 23:30
da pancho
Il Ddl di Riforma del Lavoro è ufficiale

Presentata ufficialmente da Mario Monti ed Elsa Fornero la riforma del lavoro: le novità del testo che passa al Parlamento per entrare in vigore entro l'estate.
Francesca Vinciarelli - 4 aprile 2012

Mario Monti ed Elsa Fornero hanno presentato il testo finale della riforma del lavoro in una conferenza stampa intitolata “La riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” . Il Ddl è dunque pronto per essere trasmesso al presidente Napolitano per poi passare all’esame delle Camere.

Le riunioni di questi giorni sono servite a trovare l’accordo definitivo http://www.pmi.it/economia/lavoro/artic ... rmine.html su questioni cruciali della riforma del lavoro come: l’articolo 18 http://www.pmi.it/economia/lavoro/news/ ... liani.html , il reintegro http://www.pmi.it/economia/lavoro/artic ... ttimi.html per i licenziamenti per motivi economici, flessibilità in ingresso e in uscita.

Per quanto riguarda i licenziamenti per cause economiche, la chiave di volta per trovare l’intesa è stata quella di puntare sul modello tedesco http://www.pmi.it/economia/lavoro/artic ... desco.html , che in caso di licenziamento per motivi economici impone in prima istanza il tentativo di conciliazione con la mediazione del sindacato.

Solo in caso di mancata accordo il lavoratore avrà facoltà di ricorrere al giudice che potrà decidere, nel caso il licenziamento risulti illegittimo, se procedere con l’indennizzo o con il reintegro.

L’altra novità rispetto alla bozza di Ddl licenziata dal Consiglio dei Ministri il 23 marzo scorso, è che ora l’onere della prova sulla sussistenza o meno della motivazione economica non spetta più al lavoratore ma all’azienda.

Sulla flessibilità del mercato del lavoro, Monti ha dichiarato che «è stataaccresciuta in uscita in maniera rilevante con una serie di garanzie che rispettano la necessità che i giudici del lavoro non entrino troppo in valutazioni che appartengono alla responsabilità dell’imprenditore e siano lì a tutelare ancora più di oggi i lavoratori che fossero oggetto di licenziamenti di tipo discriminatorio».

Mentre per la flessibilità in entrata «si è anche cercato di lottare contro forme di precarietà».

Con questa riforma «le imprese e con esse i lavoratori, che noi vediamo in modo coesivo, potranno trovare configurazioni più produttive ed evitare che l’Italia sia sempre più emarginata e che ci sia invece un futuro positivo per i giovani».

Soddisfatta Fornero che sottolinea ancora una volta come questa riforma del lavoro costituisca «un guadagno netto per la collettività», generando «un mercato del lavoro capace di dare più occupazione».

Un testo, quello presentato, redatto cercando «di tenere conto degli interessi di tutto il Paese e non singole categorie. E di fare una riforma che sia per il medio e lungo periodo. Non è una riforma per il 2012 o il 2013. È una riforma che guarda al futuro».

«Ieri durante il vertice ci siamo assicurati della condivisione delle linee del progetto da parte dei leader politici che sostengono il Governo e adesso guardiamo con rispetto e con molta speranza all’iter parlamentare che auspichiamo approfondito ma anche spedito» ha detto il premier Monti.

E ora che sono «state raggiunte quelle intese necessarie» il testo passa all’esame del Parlamento per far sì che la riforma del lavoro, definita dal Monti una «riforma di rilievo storico per l’Italia», entri in vigore entro l’estate.

http://www.pmi.it/economia/lavoro/news/ ... ciale.html
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Seguiremo con attenzione ora tutto l'iter parlamentare e.....chi vivra' vedra'

un salutone

Re: Il Ddl di Riforma del Lavoro è ufficiale

Inviato: 06/04/2012, 12:43
da mariok

Re: Il Ddl di Riforma del Lavoro è ufficiale

Inviato: 07/04/2012, 21:46
da pancho
NEWS » Crisi
Articolo 18 e riforma del lavoro, sui diritti vince il mercato
5 Aprile 2012

La riforma dell'articolo 18 ha un valore essenzialmente simbolico, perché va a toccare una delle massime conquiste di anni e anni di lotte e rivendicazioni sociali

È stata approvata ieri la riforma del mercato del lavoro, e con essa le modifiche all'articolo 18. Dopo giorni di trattative fra il governo, i partiti e i sindacati, la formula definitiva sembra lasciare tutte le parti in gioco – chi più chi meno – relativamente soddisfatte. Vediamo in breve le modifiche apportate al mercato del lavoro ed in particolare all'articolo 18.

In generale la riforma è stata definita con l'intenzione di "diminuire la flessibilità in entrata ed aumentare quella in uscita" nel mercato del lavoro. Questo dovrebbe corrispondere, in soldoni, a più garanzie per chi è disoccupato e spera in un'assunzione e meno diritti per chi lavora e teme di essere licenziato. La riforma va a braccetto con il tentativo di ridurre al minimo l'assistenzialismo dello stato: da un lato si eliminano le barriere in entrata ed in uscita al mercato del lavoro, dall'altro si annulla lo stato sociale per ottenere un flusso di lavoratori il cui numero e i cui diritti siano regolati esclusivamente dalle leggi di domanda e di offerta.

Per il primo obiettivo, la diminuzione delle barriere in entrata, vengono introdotte norme formalmente volte a rendere più costosi i contratti a termine, punire gli abusi sulle collaborazioni a progetto, il lavoro a chiamata, le associazioni in partecipazione e le partite Iva. Per capire se si tratta effettivamente di un passo in avanti, bisogna vedere se ci saranno reali ripercussioni sulle condizioni dei lavoratori del precariato. La gravità della situazione necessita di riforme ben più radicali.

Per aumentare la cosiddetta “flessibilità in uscita” si è invece intervenuti proprio sull'articolo 18, simbolo di anni di lotte sociali e rivendicazioni dei lavoratori. Rispetto al disegno originale di legge, che prevedeva modifiche più drastiche, le mediazioni di partiti e sindacati sono riuscite a far passare una riforma più morbida.

L'articolo 18, nella sua versione storica, prevedeva il reintegro per i lavoratori licenziati senza giusta causa. Vi erano, nel dettaglio due tipi di licenziamenti contestabili: quelli per motivi discriminatori e quelli per motivi economici con insussistenza del motivo del licenziamento.

Nel caso dei licenziamenti discriminatori l'articolo resta invariato. Ma d'altronde nessun datore di lavoro si sognerebbe mai di addurre come motivo del licenziamento una qualche sorta di discriminazione. Dunque la chiave dell'articolo 18 sta nei licenziamenti per motivi economici, per i quali la vecchia versione prevedeva sempre il reintegro nei casi di insussistenza del motivo del licenziamento.

Nel disegno originale presentato dalla Fornero si prevedeva invece che al lavoratore spettasse al massimo un indennizzo tra 15 e 27 mensilità. La mediazione di partiti e sindacati ha poi ottenuto due modifiche: che se il lavoratore dimostra la reale natura discriminatoria del licenziamento, celata sotto ragioni economiche, venga applicata la relativa disciplina, e che torni la possibilità – non l'obbligo – di reintegro, nel caso in cui il giudice accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento economico.

Ad ogni modo la riforma dell'articolo 18 ha un valore essenzialmente simbolico http://www.ilcambiamento.it/crisi/artic ... avoro.html. È una vittoria dei mercati non tanto dal punto di vista economico – riguarda una percentuale minima dei licenziamenti, mentre ci sono ben altri problemi che spaventano gli investitori stranieri, mafia ed evasione su tutti – quanto da quello sociale. Il governo delle banche, quello non democraticamente eletto, è uscito vittorioso su un campo dove nessuno fino ad ora era riuscito a spingersi, arrivando a toccare il simbolo di tutte le lotte e rivendicazioni sociali (espressione a loro volta di un modello socio-economico da sconfiggere, nell'ottica neoliberista dominante).

Intanto, il disagio sociale cresce, non solo fra i lavoratori a contratto, ma anche fra i piccoli imprenditori. Un'inquietante statistica della CGIA di Mestre, l'Associazione Artigiani e Piccole Imprese, testimonia come tra il 2008 ed il 2010 i suicidi per motivi economici siano aumentati del 24,6 per cento, e i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, del 20.

Dati sintomatici della difficile situazione italiana, che devono far riflettere. Purtroppo per noi la soluzione non arriverà dalle riforme del governo, né da una rinnovata fiducia dei mercati, né dai tanto auspicati investimenti cinesi. Ci troviamo in un momento storico che vede uno scollamento totale fra gli interessi di chi ha in mano il potere esecutivo e decisionale e quelli delle cittadinanze. Per quanto possa apparire difficile, il compito di uscire dalla crisi, di reagire alla crisi (che non è solo economica, ma ambientale, sociale, culturale, in altre parole sistemica) spetta a noi. Non come individui solitari, ma come membri di una collettività che dobbiamo sforzarci, giorno dopo giorno, di ricostruire.
A.D.
http://www.ilcambiamento.it/crisi/artic ... verno.html

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Come ho detto in un'altro post, sempre riguardo questo art.18, ci hanno fatto soffrire fino all'ultimo anche se questo non era un punto per far partire la crescita. Hanno voluto tastarci il polso per capire se il sindacato e quindi anche noi eravamo in crisi .
Hanno saputo dividere il sindacato anche se poi una certa retromarcia c'e' stata, ma in tutto questo hanno avvisato una certa debolezza ed appunto per questo ora nessuno sara' in grado di chiedere oltre pur sapendo che il maltolto e' stato molto alto.

Quindi una certa vittoria l'hanno avuta avendo focalizzato tutta questa battaglia solo sull'art. 18 e trascurando molti altri punti.

La Mercegaglia che voleva ancora di piu'?
Certo, i mercati vorrebbero ben altro ma un popolo non puo' sottostare ai mercati e basta.

La politica dei denari(loro) non e' sufficiente per una vera democrazia. Ci vuole ben altro! Provate a chiederlo a Pericle!
Ma se proprio Pericle non vi va, entrate in questo sito di Esercizi di Democrazia http://www.edscuola.it/archivio/interli ... razia.html e qualcuno, insieme a Bobbio, vi fara capire che cos'e'.


un salutone da Juan