Krugman sul New York Times:Il Suicidio Economico dell’Europa
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Krugman sul New York Times:Il Suicidio Economico dell’Europa
Krugman sul New York Times: Il Suicidio Economico dell’Europa
Sulla sua Opinion Page del New York Times - The Conscience of a Liberal - Krugman parla amaramente dell'incredibile autolesionismo dei politici europei, imperterriti di fronte agli effetti devastanti delle loro politiche sulle loro economie e sulla loro gente. Stiamo seguendo una inutile politica suicida.
16 aprile 2012 , ore 23:43 - 24 Commenti
Paul Krugman - Sabato scorso il Times ha riferito su un fenomeno apparentemente in crescita in Europa: “il suicidio da crisi economica”, persone che perdono la vita per disperazione dovuta a disoccupazione e fallimento. E’ una storia straziante. Ma sono sicuro che non sono stato l’unico lettore, in particolare tra gli economisti, a chiedersi se la storia più grande non riguardi tanto i singoli individui quanto la determinazione apparente dei leaders Europei a un suicidio economico del continente nel suo complesso.
Solo pochi mesi fa avevo qualche speranza per l’Europa. Vi ricorderete che alla fine dello scorso autunno l’Europa sembrava essere sull’orlo del tracollo finanziario, ma la Banca Centrale Europea, la controparte Europea della Fed, è venuta in soccorso del continente. Ha offerto alle banche Europee linee di credito aperte, se portavano a garanzia i bonds dei governi Europei; questo ha sostenuto direttamente le banche ed indirettamente i governi, ed ha messo fine al panico.
La domanda allora era se questa azione coraggiosa e efficace rappresentava l’inizio di un ripensamento più ampio, se i leaders Europei avrebbero utilizzato questo respiro concesso dalla banca per riconsiderare in primo luogo le questioni politiche che avevano portato la situazione a precipitare.
Ma non l’hanno fatto. Invece, hanno raddoppiato le loro idee e politiche fallimentari. E sta diventando sempre più difficile credere che qualcosa li possa indurre a cambiare rotta.
Si consideri la situazione in Spagna, che ora è l’epicentro della crisi. Non si parla di recessione, la Spagna è in piena depressione, con un tasso di disoccupazione globale al 23,6 per cento, paragonabile all’America nel fondo della Grande Depressione, e il tasso di disoccupazione giovanile superiore al 50 per cento. Non può andare avanti – e il segno che non può andare avanti è che i rendimenti dei bonds spagnoli crescono.
In un certo senso, non importa come la Spagna sia arrivata a questo punto – ma per quello che vale, la storia Spagnola non ha alcuna somiglianza con le storielle morali così popolari tra i funzionari Europei, soprattutto in Germania. La Spagna non era fiscalmente in disordine – alla vigilia della crisi aveva un basso debito e un avanzo di bilancio (http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/0 ... -in-spain/ ).
Purtroppo, aveva anche una enorme bolla immobiliare, una bolla resa possibile in gran parte dagli enormi prestiti delle banche Tedesche alle loro controparti Spagnole. Quando la bolla è scoppiata, l’economia Spagnola è stata lasciata a bocca asciutta; i problemi fiscali della Spagna sono una conseguenza della depressione, non la causa.
http://www.investireoggi.it/estero/krug ... elleuropa/
Tuttavia, la prescrizione proveniente da Berlino e Francoforte, sì, avete indovinato, è una maggiore austerità fiscale.
Questo è, per non usare mezzi termini, una cosa folle. L’Europa ha avuto diversi anni di esperienza con duri programmi di austerità, ed i risultati sono esattamente ciò che gli studiosi di storia avevano detto che sarebbe successo: questi programmi spingono le economie depresse ancor più nella depressione. E perché gli investitori guardano allo stato dell’economia di un paese nel valutare la sua capacità di ripagare il debito, i programmi di austerità non hanno nemmeno funzionato come modo per ridurre gli oneri finanziari.
Qual è l’alternativa? Ebbene, negli anni ’30 – un’era che l’Europa moderna sta iniziando a replicare in maniera sempre più fedele – la condizione essenziale per il recupero era l’uscita dal gold standard. La mossa equivalente adesso sarebbe l’uscita dall’euro, e il ritorno alle valute nazionali.
Direte che questo è inconcepibile, e davvero sarebbe un evento estremamente distruttivo, sia economicamente che politicamente. Ma, proseguire sulla strada attuale, imponendo sempre più severe austerità a dei paesi che stanno già soffrendo una disoccupazione da grande depressione, è questo che è veramente inconcepibile.
Quindi, se i leaders Europei volessero davvero salvare l’euro sarebbero alla ricerca di un percorso alternativo. E questa alternativa è in realtà abbastanza chiara. Il continente ha bisogno di politiche monetarie più espansive, sotto forma di una volontà – una volontà annunciata – da parte della Banca Centrale Europea di accettare un’inflazione leggermente più elevata; ha bisogno di politiche fiscali più espansive, sotto forma di programmi di bilancio in Germania, che compensino l’austerità in Spagna e nelle altre nazioni in difficoltà nella periferia del continente, piuttosto che rafforzarla. Anche con tali politiche, le nazioni periferiche si troverebbero ad affrontare anni di tempi duri. Ma almeno ci sarebbe qualche speranza di ripresa.
Quello che stiamo vedendo in realtà, tuttavia, è completa mancanza di flessibilità. Nel mese di marzo, i leaders Europei hanno firmato un patto fiscale che in effetti vincola all’austerità fiscale come la risposta a qualsiasi e tutti i problemi. Nel frattempo, i principali funzionari presso la banca centrale stanno a sottolineare la volontà della banca di alzare i tassi al minimo accenno di rialzo dell’inflazione.
Quindi è difficile evitare un senso di disperazione. Piuttosto che ammettere che hanno sbagliato, i leaders Europei sembrano decisi a guidare la loro economia – e la loro società – verso una scogliera. E il mondo intero pagherà il prezzo.
Articolo originale: Europe’s Economic Suicide
http://www.investireoggi.it/estero/krug ... elleuropa/
e non basta
omissis...
QUALE ALTERNATIVA – Il premio Nobel per l’Economia ha sempre contestato la narrazione tedesca della crisi, ovvero che la recessione nell’area euro fosse stata generata da un eccesso di debito negli anni recenti. Una narrazione che è forse pertinente per l’Italia, ma che certo non vale molto per la Spagna, che fino al 2007 aveva raggiunto un avanzo di bilancio. Per Krugman sarebbe essenziale ridurre l’attuale deficit delle partite correnti all’interno dell’area euro, che favorisce gli Stati del Nord e penalizza quelli del Sud, tramite interventi pubblici che possano rilanciare la crescita nelle aree economicamente depresse. Un trasferimento di risorse tipico degli Stati Uniti e che caratterizzò il New Deal di Roosevelt. Altrettanto essenziale sarebbe per Krugman modificare i compiti della BCE, che non dovrebbe contrastare solamente l’inflazione ma stimolare anche la crescita e l’occupazione. Simili tesi sono riprese nel programma di François Hollande, mentre mancano in Beppe Grillo. La vera tesi dell’economista è dunque che senza una vera alternativa l’Europa rischia il crollo, e che per salvare l’intera costruzione della UE questa svolta si deve palesare velocemente.omissis
http://www.giornalettismo.com/archives/ ... pe-grillo/
Sulla sua Opinion Page del New York Times - The Conscience of a Liberal - Krugman parla amaramente dell'incredibile autolesionismo dei politici europei, imperterriti di fronte agli effetti devastanti delle loro politiche sulle loro economie e sulla loro gente. Stiamo seguendo una inutile politica suicida.
16 aprile 2012 , ore 23:43 - 24 Commenti
Paul Krugman - Sabato scorso il Times ha riferito su un fenomeno apparentemente in crescita in Europa: “il suicidio da crisi economica”, persone che perdono la vita per disperazione dovuta a disoccupazione e fallimento. E’ una storia straziante. Ma sono sicuro che non sono stato l’unico lettore, in particolare tra gli economisti, a chiedersi se la storia più grande non riguardi tanto i singoli individui quanto la determinazione apparente dei leaders Europei a un suicidio economico del continente nel suo complesso.
Solo pochi mesi fa avevo qualche speranza per l’Europa. Vi ricorderete che alla fine dello scorso autunno l’Europa sembrava essere sull’orlo del tracollo finanziario, ma la Banca Centrale Europea, la controparte Europea della Fed, è venuta in soccorso del continente. Ha offerto alle banche Europee linee di credito aperte, se portavano a garanzia i bonds dei governi Europei; questo ha sostenuto direttamente le banche ed indirettamente i governi, ed ha messo fine al panico.
La domanda allora era se questa azione coraggiosa e efficace rappresentava l’inizio di un ripensamento più ampio, se i leaders Europei avrebbero utilizzato questo respiro concesso dalla banca per riconsiderare in primo luogo le questioni politiche che avevano portato la situazione a precipitare.
Ma non l’hanno fatto. Invece, hanno raddoppiato le loro idee e politiche fallimentari. E sta diventando sempre più difficile credere che qualcosa li possa indurre a cambiare rotta.
Si consideri la situazione in Spagna, che ora è l’epicentro della crisi. Non si parla di recessione, la Spagna è in piena depressione, con un tasso di disoccupazione globale al 23,6 per cento, paragonabile all’America nel fondo della Grande Depressione, e il tasso di disoccupazione giovanile superiore al 50 per cento. Non può andare avanti – e il segno che non può andare avanti è che i rendimenti dei bonds spagnoli crescono.
In un certo senso, non importa come la Spagna sia arrivata a questo punto – ma per quello che vale, la storia Spagnola non ha alcuna somiglianza con le storielle morali così popolari tra i funzionari Europei, soprattutto in Germania. La Spagna non era fiscalmente in disordine – alla vigilia della crisi aveva un basso debito e un avanzo di bilancio (http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/0 ... -in-spain/ ).
Purtroppo, aveva anche una enorme bolla immobiliare, una bolla resa possibile in gran parte dagli enormi prestiti delle banche Tedesche alle loro controparti Spagnole. Quando la bolla è scoppiata, l’economia Spagnola è stata lasciata a bocca asciutta; i problemi fiscali della Spagna sono una conseguenza della depressione, non la causa.
http://www.investireoggi.it/estero/krug ... elleuropa/
Tuttavia, la prescrizione proveniente da Berlino e Francoforte, sì, avete indovinato, è una maggiore austerità fiscale.
Questo è, per non usare mezzi termini, una cosa folle. L’Europa ha avuto diversi anni di esperienza con duri programmi di austerità, ed i risultati sono esattamente ciò che gli studiosi di storia avevano detto che sarebbe successo: questi programmi spingono le economie depresse ancor più nella depressione. E perché gli investitori guardano allo stato dell’economia di un paese nel valutare la sua capacità di ripagare il debito, i programmi di austerità non hanno nemmeno funzionato come modo per ridurre gli oneri finanziari.
Qual è l’alternativa? Ebbene, negli anni ’30 – un’era che l’Europa moderna sta iniziando a replicare in maniera sempre più fedele – la condizione essenziale per il recupero era l’uscita dal gold standard. La mossa equivalente adesso sarebbe l’uscita dall’euro, e il ritorno alle valute nazionali.
Direte che questo è inconcepibile, e davvero sarebbe un evento estremamente distruttivo, sia economicamente che politicamente. Ma, proseguire sulla strada attuale, imponendo sempre più severe austerità a dei paesi che stanno già soffrendo una disoccupazione da grande depressione, è questo che è veramente inconcepibile.
Quindi, se i leaders Europei volessero davvero salvare l’euro sarebbero alla ricerca di un percorso alternativo. E questa alternativa è in realtà abbastanza chiara. Il continente ha bisogno di politiche monetarie più espansive, sotto forma di una volontà – una volontà annunciata – da parte della Banca Centrale Europea di accettare un’inflazione leggermente più elevata; ha bisogno di politiche fiscali più espansive, sotto forma di programmi di bilancio in Germania, che compensino l’austerità in Spagna e nelle altre nazioni in difficoltà nella periferia del continente, piuttosto che rafforzarla. Anche con tali politiche, le nazioni periferiche si troverebbero ad affrontare anni di tempi duri. Ma almeno ci sarebbe qualche speranza di ripresa.
Quello che stiamo vedendo in realtà, tuttavia, è completa mancanza di flessibilità. Nel mese di marzo, i leaders Europei hanno firmato un patto fiscale che in effetti vincola all’austerità fiscale come la risposta a qualsiasi e tutti i problemi. Nel frattempo, i principali funzionari presso la banca centrale stanno a sottolineare la volontà della banca di alzare i tassi al minimo accenno di rialzo dell’inflazione.
Quindi è difficile evitare un senso di disperazione. Piuttosto che ammettere che hanno sbagliato, i leaders Europei sembrano decisi a guidare la loro economia – e la loro società – verso una scogliera. E il mondo intero pagherà il prezzo.
Articolo originale: Europe’s Economic Suicide
http://www.investireoggi.it/estero/krug ... elleuropa/
e non basta
omissis...
QUALE ALTERNATIVA – Il premio Nobel per l’Economia ha sempre contestato la narrazione tedesca della crisi, ovvero che la recessione nell’area euro fosse stata generata da un eccesso di debito negli anni recenti. Una narrazione che è forse pertinente per l’Italia, ma che certo non vale molto per la Spagna, che fino al 2007 aveva raggiunto un avanzo di bilancio. Per Krugman sarebbe essenziale ridurre l’attuale deficit delle partite correnti all’interno dell’area euro, che favorisce gli Stati del Nord e penalizza quelli del Sud, tramite interventi pubblici che possano rilanciare la crescita nelle aree economicamente depresse. Un trasferimento di risorse tipico degli Stati Uniti e che caratterizzò il New Deal di Roosevelt. Altrettanto essenziale sarebbe per Krugman modificare i compiti della BCE, che non dovrebbe contrastare solamente l’inflazione ma stimolare anche la crescita e l’occupazione. Simili tesi sono riprese nel programma di François Hollande, mentre mancano in Beppe Grillo. La vera tesi dell’economista è dunque che senza una vera alternativa l’Europa rischia il crollo, e che per salvare l’intera costruzione della UE questa svolta si deve palesare velocemente.omissis
http://www.giornalettismo.com/archives/ ... pe-grillo/
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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- Iscritto il: 21/02/2012, 19:25
Re: Krugman sul New York Times:Il Suicidio Economico dell’Eu
Crisi: Krugman, finito tempo 'merkozy'
Premio Nobel sul New York Times, euro ha piu' possibilita'
07 maggio, 15:31
Crisi: Krugman, finito tempo 'merkozy' (ANSA) - NEW YORK, 7 MAG - La vittoria di Francois Hollande mette fine all'asse franco-tedesco 'Merkozy' che ha obbligato a un regime di austerity negli ultimi due anni. E questo significa che ''l'euro e il progetto europeo hanno ora una chance migliori di sopravvivere rispetto a pochi giorni fa''. Lo afferma il premio Nobel all'economia, Paul Krugman, sul New York Times.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 29031.html
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Come vedete ora Krugman, visto la situazione che e' venuta in Francia, ci da ancora una possibilita e speriamo che questo Monti se ne accorga altrimanenti che ci rimane da fare se non votare subito sperando poi che il PD poi abbia questa capacita politica di capire che l'alleanza con Hollande e' piu' che necessaria per fermare questo suicidio politico europeo.
un salutone da Juan
Premio Nobel sul New York Times, euro ha piu' possibilita'
07 maggio, 15:31
Crisi: Krugman, finito tempo 'merkozy' (ANSA) - NEW YORK, 7 MAG - La vittoria di Francois Hollande mette fine all'asse franco-tedesco 'Merkozy' che ha obbligato a un regime di austerity negli ultimi due anni. E questo significa che ''l'euro e il progetto europeo hanno ora una chance migliori di sopravvivere rispetto a pochi giorni fa''. Lo afferma il premio Nobel all'economia, Paul Krugman, sul New York Times.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 29031.html
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Come vedete ora Krugman, visto la situazione che e' venuta in Francia, ci da ancora una possibilita e speriamo che questo Monti se ne accorga altrimanenti che ci rimane da fare se non votare subito sperando poi che il PD poi abbia questa capacita politica di capire che l'alleanza con Hollande e' piu' che necessaria per fermare questo suicidio politico europeo.
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Re: Krugman sul New York Times:Il Suicidio Economico dell’Eu
Di questi tempi, qualunque cosa che possa aprire uno spiraglio di luce va bene. Anche puntare su Hollande nella speranza che in Europa qualcosa cambi.
Per cui OK: facciamo il tifo per Hollande e per Monti e Bersani se lo affiancheranno in una battaglia europea contro l'austerità germanica.
Però diciamoci anche le cose come stanno.
La prima è che una politica europea un po' meno liberista ed un po' più keynesiana può dare un po' di respiro in una situazione drammatica.
Però per coerenza dobbiamo essere consapevoli che, se è vero che questa è una crisi di sistema, non è un po' di spesa pubblica in più che risolverà il problema.
E dobbiamo essere altrettanto consapevoli che la risposta alla questione della insostenibilità di questo presunto sviluppo infinito non ce la risolveranno né Bersani, né tanto meno Monti e neanche Hollande.
A scanso di facili illusioni, seguite da inevitabili disillusioni, teniamo ben presente che da buon francese Hollande è un nazionalista che pensa agli interessi del suo paese, non è certo un nuovo padre fondatore di un'Europa "dei popoli" democraticamente legittimata.
E su questo fronte la sinistra ha ancora tantissima strada da fare, soprattutto sul piano culturale. La consapevolezza che gli stati nazionali non sono la soluzione, ma sono tra le cause del problema Europa e dell'inadeguatezza della politica di tener testa ai grandi poteri finanziari, stenta a farsi strada.
Da questo punto di vista siamo ancora fermi a Spinelli, che è finito nel dimenticatoio.
Anche le invocate "nazionalizzazioni" (di banche o altro) si muovono nell'ambito di un rafforzamento del potere statuale nazionale, che oltre ad essere anacronistico, è stato storicamente foriero di disastri e tragedie mondiali nello scorso secolo.
Ovviamente non credo di sapere cosa sia il famoso "nuovo sistema" verso il quale dovremmo traghettarci, ma sono abbastanza certo che la sua costruzione deve partire necessariamente dal basso.
Dovrebbe per esempio farci riflettere il fatto che le aree nelle quali le crisi, compresa l'attuale, si sentono di meno, non a caso sono quelle nelle quali si è sviluppato e si è consolidato un tessuto economico basato sulla cooperazione.
Se non si parte da qui, temo che non andremo da nessuna parte.
Per dirla con uno slogan: via gli stati nazionali, più Europa e più partecipazione per uno sviluppo sostenibile governato dal basso!
Per cui OK: facciamo il tifo per Hollande e per Monti e Bersani se lo affiancheranno in una battaglia europea contro l'austerità germanica.
Però diciamoci anche le cose come stanno.
La prima è che una politica europea un po' meno liberista ed un po' più keynesiana può dare un po' di respiro in una situazione drammatica.
Però per coerenza dobbiamo essere consapevoli che, se è vero che questa è una crisi di sistema, non è un po' di spesa pubblica in più che risolverà il problema.
E dobbiamo essere altrettanto consapevoli che la risposta alla questione della insostenibilità di questo presunto sviluppo infinito non ce la risolveranno né Bersani, né tanto meno Monti e neanche Hollande.
A scanso di facili illusioni, seguite da inevitabili disillusioni, teniamo ben presente che da buon francese Hollande è un nazionalista che pensa agli interessi del suo paese, non è certo un nuovo padre fondatore di un'Europa "dei popoli" democraticamente legittimata.
E su questo fronte la sinistra ha ancora tantissima strada da fare, soprattutto sul piano culturale. La consapevolezza che gli stati nazionali non sono la soluzione, ma sono tra le cause del problema Europa e dell'inadeguatezza della politica di tener testa ai grandi poteri finanziari, stenta a farsi strada.
Da questo punto di vista siamo ancora fermi a Spinelli, che è finito nel dimenticatoio.
Anche le invocate "nazionalizzazioni" (di banche o altro) si muovono nell'ambito di un rafforzamento del potere statuale nazionale, che oltre ad essere anacronistico, è stato storicamente foriero di disastri e tragedie mondiali nello scorso secolo.
Ovviamente non credo di sapere cosa sia il famoso "nuovo sistema" verso il quale dovremmo traghettarci, ma sono abbastanza certo che la sua costruzione deve partire necessariamente dal basso.
Dovrebbe per esempio farci riflettere il fatto che le aree nelle quali le crisi, compresa l'attuale, si sentono di meno, non a caso sono quelle nelle quali si è sviluppato e si è consolidato un tessuto economico basato sulla cooperazione.
Se non si parte da qui, temo che non andremo da nessuna parte.
Per dirla con uno slogan: via gli stati nazionali, più Europa e più partecipazione per uno sviluppo sostenibile governato dal basso!
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