La Questione Imprenditori e Delocalizzazione

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Joblack
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La Questione Imprenditori e Delocalizzazione

Messaggio da Joblack »

Cari amici forumisti.mondoforum.com

Non possiamo sottacere in questo forum di sinistra (ma libero) quello che la politica industriale italiana degli ultimi 15 anni ha comportato in termini di perdita di posti di lavoro e relativo impoverimento dell'Italia.

Purtroppo il contrasto sindacale a questa politica è stato debole ..debolissimo, visto l'assenza totale di supporto dei partiti di sx e cx.

Leggete quest'articolo:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02 ... ro/193679/

di cui dò solo la parte iniziale:

Delocalizzazione, in Italia persi 34 mila posti di lavoro in due anni.

Emorragia dalla Fiat Dainese, Omsa, Geox, Bialetti, Rossignol e tante altre aziende scelgono di produrre all'estero per ridurre i costi. Situazione particolarmente grave nel nordest per tessile e calzature. Per l'Isat, nel 55 per cento dei casi la meta è un paese europeo. Nell'ultimo decennio la casa automobilistica torinese ha cancellato ventimila posti nel nostro paeseSergio Marchionne ventila l’ipotesi di chiudere due stabilimenti Fiat in Italia che, evidentemente, sarebbero sostituiti da produzioni all’estero. Non importa come e dove: non necessariamente negli Stati Uniti, ma magari in Serbia o in Cina. Pochi gli ricordano che negli ultimi dieci anni i posti di lavoro persi in Italia dal gruppo Fiat a causa del fenomeno delle delocalizzazioni sono stati ben 20 mila. Cinquemila quelli dei call center, altrettanti nella telefonia. Delocalizzazioni come quella della Omsa fanno perdere all’Italia 400 posti di lavoro, mentre la Dainese di Molveno, la casa delle tute sportive e motociclistiche che rifornisce anche Valentino Rossi, sposta tutto in Tunisia, dove impiega già 500 persone, salvando solo 80 lavoratori su 250. E poi, ancora, il caso di Bialetti, Rossignol, Geox e la complessa situazione del nord-est dove il fenomeno della delocalizzazione nei settori del tessile e abbigliamento e calzaturiero è stata devastante con le perdite, solo nel distretto tessile veneto (Verona, Vicenza, Padova e Treviso) di decine di migliaia di posti con un impatto sui piccoli laboratori artigiani che facevano da sub-fornitori alle imprese medio-grandi.
.... omissis ...
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Pochi giornali parlano di questo scempio ... compreso ilsole24ore ed il corriere.

Parliamone noi con le nostre esperienze personali.

Bye

Jo
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
Joblack
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Re: La Questione Imprenditori e Delocalizzazione

Messaggio da Joblack »

un altro contributo sull'argomento:

Delocalizzazione, la mappa delle aziende emigrate oltreconfine

Da Fiat a Benetton, passando per Telecom e Ducati. Ecco una mappa delle attività spostate all’estero da alcuni grandi gruppi italiani.

FIAT: stabilimenti aperti in Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina. Circa 20. 000 posti di lavoro persi, dai 49. 350 occupati nel 2000 si arriva ai 31. 200 del 2009 (fonte: L’Espresso).

DAINESE: due stabilimenti in Tunisia, circa 500 addetti; produzione quasi del tutto cessata in Italia, tranne qualche centinaio di capi.

GEOX: stabilimenti in Brasile, Cina e Vietnam; su circa 30. 000 lavoratori solo 2. 000 sono italiani.

BIALETTI: fabbrica in Cina; rimane il marchio dell’ “omino”, ma i lavoratori di Omegna perdono il lavoro.

OMSA: stabilimento in Serbia; cassa integrazione per 320 lavoratrici italiane.

ROSSIGNOL: stabilimento in Romania, dove insiste la gran parte della produzione; 108 esuberi a Montebelluna.

DUCATI ENERGIA: stabilimenti in India e Croazia.

BENETTON: stabilimenti in Croazia.

CALZEDONIA: stabilimenti in Bulgaria.

STEFANEL: stabilimenti in Croazia.

TELECOM ITALIA: call center in Albania, Tunisia, Romania, Turchia, per un totale di circa 600 lavoratori, mentre in Italia sono stati dichiarati negli ultimi tre anni oltre 9. 000 esuberi di personale.

WIND: call center in Romania e Albania tramite aziende in outsourcing, per un totale di circa 300 lavoratori. H 3 G: call center in Albania, Romania e Tunisia tramite aziende in outsourcing, per un totale di circa 400 lavoratori impiegati.

VODAFONE: call center in Romania tramite aziende di outsourcing, per un totale di circa 300 lavoratori impiegati.

SKY ITALIA: call center in Albania tramite aziende di outsourcing, per un totale di circa 250 lavoratori impiegati. Nell’ultimo anno sono stati circa 5. 000 i posti di lavoro perduti solamente nei call center che operano nel settore delle telecomunicazioni, tra licenziamenti e cassa integrazione.


Da Il Fatto Quotidiano del 25 febbraio 2012
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
mariok

Re: La Questione Imprenditori e Delocalizzazione

Messaggio da mariok »

Sono dati allarmanti, che sono in contraddizione con questi altri sulle retribuzioni. C'è da chiedersi se in Italia si delocalizza a livelli selvaggi, cosa dovrebbe succedere in Olanda, Germania, ma anche in Francia ed Austria. Evidentemente i livelli salariali non costituiscono la causa principale delle delocalizzazioni. E non credo che il sindacato possa farci molto.

LE CIFRE DI EUROSTAT

Stipendi italiani: metà di quelli tedeschi

Anche in Grecia e Cipro sono più alti

I dati sui redditi lordi: solo Malta, Portogallo, Slovenia e Slovacchia hanno buste paga più magre

MILANO - In Italia la disoccupazione, soprattutto quella giovanile è un problema grave. Ma anche chi un posto di lavoro ce l'ha e pure a tempo indeterminato non se la passa troppo bene. E non solo per il peso del carico fiscale e contributivo. In Italia infatti gli stipendi medi sono tra i più bassi dell'Eurozona. Addirittura inferiori a quelli della Grecia. E in assoluto superiori solo a Malta, Slovacchia, Slovenia e Portogallo, Paesi non certo comparabili al nostro per dimensioni e sviluppo industriale.

LA CLASSIFICA - La classifica che emerge dai dati Eurostat, pubblicati nel recente rapporto «Labour market statistics», prende come riferimento le aziende con almeno 10 persone ed ha dati riferiti al 2009. Dalle statistiche emerge che in media un lavoratore italiano ha guadagnato nell'anno di riferimento 23.406 euro lordi: circa la metà che in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Seguono Irlanda (39.858), Finlandia (39.197) Francia (33.574) e Austria (33.384) . Ma più sorprendente risulta il livello più elevato di due Paesi in grave difficoltà economica come la Grecia (29.160) e la Spagna (26.316) a cui fa seguito Cipro (24.775).

AVANZAMENTO - Eurostat riporta l'elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell'Unione europea anche per gli anni precedenti all'ultimo aggiornamento (2009), così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni. L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).

DONNE - Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama «unadjusted gender pay gap», l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un'illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perchè a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti Stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Redazione Online 26 febbraio 2012 | 19:40
http://www.corriere.it/economia/12_febb ... d5f0.shtml
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