l'ira di Bersani contro i “fascisti del web”
Inviato: 28/08/2012, 11:27
Il web fascista contro
il web democratico
Non esiste un web fascista contro un web democratico. Internet può aiutare il sistema politico e, soprattutto, la sua trasparenza, ma non può sostituirsi ad esso.
Di Cesare Buquicchio 28 agosto 2012
Il web fascista contro il web democratico. La veemente sfuriata del segretario Pd Pier Luigi Bersani contro i “fascisti del web”, contro coloro che usano in Rete un linguaggio aggressivo (“siete cadaveri ambulanti”; “vi seppelliremo”) e populista (“tutti i partiti sono uguali e vanno spazzati via”), squarcia il velo sulle intrecciate dinamiche tra politica, partecipazione e utilizzo di Internet.
Forse anche per la Rete in Italia è arrivato il momento di diventare adulta. Non esiste un web fascista contrapposto ad un web democratico, così come non esiste un modo “di sinistra” di stare su Internet antitetico ad un modo “di destra”. Ma esistono atteggiamenti, idee e comportamenti che delineano, ormai in modo chiaro, un approccio diverso alle potenzialità delle nuove tecnologie e alle loro ricadute sociali.
Potremmo dire che la vera contrapposizione sul web è quella tra complessità e semplicismo ed è la stessa che attanaglia la cultura e, di conseguenza, la politica nell'era post-ideologica. Venuti a mancare paradigmi rigidi, ci si è cullati sull'idea che per rispondere ai problemi complessi dell'era moderna bastassero soluzioni semplici e di senso comune. Che per affrontare la durezza delle sfide degli ultimi anni ci volesse un profilo “liquido” e dinamico come lo schermo touch di un tablet.
A corroborare queste sensazioni ha contribuito in maniera enorme la straordinaria rivoluzione del web e dei new media che ha effettivamente reso semplici e intuitivi processi e azioni che un tempo richiedevano tempo e innumerevoli complicazioni. E l'evoluzione 2.0 della Rete, i social network e la cosiddetta “era della partecipazione” hanno spinto ancora in avanti queste convinzioni.
Ma se la disintermediazione favorita dal web ha permesso a chiunque di prenotarsi un biglietto aereo senza passare dal banco (e dai sovrapprezzi) di una agenzia di viaggi, è quantomeno semplicistico pensare che possa funzionare anche per far funzionare un sistema democratico a colpi di clic. Internet può aiutare il sistema politico e, soprattutto, la sua trasparenza, ma non può sostituirsi ad esso.
Lo sa bene Bersani, che infatti ha invitato i “fascisti del web” ad uscire dalla Rete e ad andare a dirle faccia a faccia certe cose. Lo sanno bene perfino i militanti grillini del Movimento 5 Stelle (ai quali il segretario Pd implicitamente si riferiva) che, proprio in Rete, invocano più chiarezza e partecipazione nelle scelte del loro leader riguardo a uomini e proposte politiche del nascente partito. Lo avvertono, paradossalmente, anche i componenti del Partito Pirata Italiano, costola nostrana della forza politica capace nel Nord Europa di sorprendenti risultati elettorali (ha ben due Europarlamentari), che in osservanza alla loro fede per Internet hanno scelto di non avere né leader, né strutture decisionali e affidano tutte le scelte ad un apposito sistema on line (chiamato LiquidFeedback) in grado, in teoria, di “registrare” le diverse opinioni e farne una sintesi. Questo in teoria, perché, come confessano alcuni dei militanti, alla fine il “sistemone” fa solo la media e predilige sempre e solo posizioni moderate...
Della illusorietà delle teorie di democrazia diretta e di superamento del sistema dei corpi intermedi, partiti e associazioni che mediano tra istituzioni e interessi dei cittadini, sono consapevoli studiosi come Nadia Urbinati, docente di Scienze Politiche alla Columbia University di New York, che spiega come «il web possa essere un potente alleato dei cittadini per avere informazioni su quello che avviene nel 'palazzo', per controllare e sanzionare la politica, ma è la partecipazione fisica, l'incarnazione delle idee nelle persone a fare la differenza».
Tutti sappiamo quanto sia semplice insultare qualcuno con un nickname a proteggere la nostra identità o con la distanza che inevitabilmente si crea nelle comunicazioni sui social network. Specialmente se il destinatario dei nostri insulti è un personaggio pubblico o, ancora più semplicemente, una categoria generica come la “casta” dei politici. Molto più complesso è affrontare di persona assemblee, discussioni, la ricerca di mediazione tra posizioni distanti.
Ci ha provato, e forse ci riproverà ancora, Silvio Berlusconi a dipingere questa complessità della politica come una inutile perdita di tempo, contrapponendo le sbrigative dinamiche da consiglio d'amministrazione dove chi ha più voti decide e fine. Ma senza mediazioni tra interessi diversi, senza il presidio vigile e la capacità di opposizione e controllo di una minoranza parlamentare, semplicemente non c'è democrazia.
E, facendo salvo il ruolo di opinione pubblica e società civile, anche la partecipazione dei cittadini ai movimenti politici è molto diversa e richiede molte più energie di un clic su Facebook a sostegno di una campagna o di una firma digitale in coda ad uno dei tanti appelli via web. Per inciso va sottolineato come, secondo autorevoli commentatori, uno per tutti Micah White (uno dei creatori del movimento Occupy Wall Street) sul Guardian, questo “clicktivism” o “clic-attivismo”, rischia di rovinare soprattutto l'attivismo che storicamente e culturalmente è insediato a sinistra.
Niente alibi per i politici di professione nostalgici della netta distanza tra cittadini e potere. Nessuna indulgenza verso tentazioni di restaurazione di modelli passati in cui le stanze del potere e i loro segreti rimanevano inviolati. Il successo di modelli e movimenti populistici o genuinamente semplicistici deve far interrogare la politica sui suoi errori e sulle sue inefficienze, sui suoi compromessi al ribasso e sulla cronica incapacità di rinnovamento della sua classe dirigente.
Così come il web può essere usato anche dagli stessi rappresentanti per informare e per tenere vivo il legame diretto con i rappresentati. Un esempio virtuoso è quello di #OpenCamera avviato dal deputato Pd Andrea Sarubbi e seguito da onorevoli di tutti gli schieramenti che consiste nel comunicare via Twitter in tempo reale tutte le attività e le discussioni parlamentari. Più discutibile l'utilizzo “piacione” dei social network da parte di esponenti politici in cerca solo ed esclusivamente di consenso a buon mercato.
Nessun isterismo, però, nemmeno da parte di chi viene criticato via web, magari con toni pacati e argomentazioni fattuali.
E, infine, nessuna foglia di fico nemmeno da parte dell'informazione che dopo aver eccitato per anni il “popolo del web” con appelli e raccolte di firme, con colpi bassi travestiti da satira e colonnine destre mascherate da approfondimenti, appaiono ora poco credibili in veste di moraleggianti custodi di democrazia.
Non esiste la contrapposizione tra web fascista e web democratico. Esistono straordinari strumenti di informazione, condivisione e partecipazione. Ma, per usarli al meglio, bisogna volerne accettare la complessità.
http://www.unita.it/tecnologia/il-web-f ... o-1.441080
"Internet può aiutare il sistema politico e, soprattutto, la sua trasparenza, ma non può sostituirsi ad esso. "
Sostanzialmente fa il megafono del grido di dolore del capoccia del PD che si batte per il primato della "politica",
In fondo, la tecnologia, internet, la stessa politica sono strumenti e come tali possono essere usati più o meno bene: per costruire o per demolire, per organizzare o disorganizzare, per liberare o opprimere.
Si può , anzi , a mio avviso si deve ribadire il primato della politica, ma si impone una domanda:
Che cos'è la politica?
La politica dovrebbe essere l'organizzazione ed il governo di una comunità, un governo che produca leggi che tutelino la dignità di ogni cittadino, il diritto, la solidarietà nei confronti degli ultimi, e una sempre sempre maggiore giustizia sociale.
Ora i nostri politici ( meglio... politicanti) approfittando del proprio ruolo e dopo aver stravolto il significato della politica, che sostanzialmente dovrebbe essere servizio, ne hanno fatto uno strumento per acquisire privilegi e sempre più potere per il potere sono diventati “casta” arrogandosi il diritto di alzare un recinto che circoscriva uno spazio esclusivo da “loro” occupato e difeso chiamato impropriamente politica e tutti gli altri restano fuori ... nell' antipolitica.
un saluto
il web democratico
Non esiste un web fascista contro un web democratico. Internet può aiutare il sistema politico e, soprattutto, la sua trasparenza, ma non può sostituirsi ad esso.
Di Cesare Buquicchio 28 agosto 2012
Il web fascista contro il web democratico. La veemente sfuriata del segretario Pd Pier Luigi Bersani contro i “fascisti del web”, contro coloro che usano in Rete un linguaggio aggressivo (“siete cadaveri ambulanti”; “vi seppelliremo”) e populista (“tutti i partiti sono uguali e vanno spazzati via”), squarcia il velo sulle intrecciate dinamiche tra politica, partecipazione e utilizzo di Internet.
Forse anche per la Rete in Italia è arrivato il momento di diventare adulta. Non esiste un web fascista contrapposto ad un web democratico, così come non esiste un modo “di sinistra” di stare su Internet antitetico ad un modo “di destra”. Ma esistono atteggiamenti, idee e comportamenti che delineano, ormai in modo chiaro, un approccio diverso alle potenzialità delle nuove tecnologie e alle loro ricadute sociali.
Potremmo dire che la vera contrapposizione sul web è quella tra complessità e semplicismo ed è la stessa che attanaglia la cultura e, di conseguenza, la politica nell'era post-ideologica. Venuti a mancare paradigmi rigidi, ci si è cullati sull'idea che per rispondere ai problemi complessi dell'era moderna bastassero soluzioni semplici e di senso comune. Che per affrontare la durezza delle sfide degli ultimi anni ci volesse un profilo “liquido” e dinamico come lo schermo touch di un tablet.
A corroborare queste sensazioni ha contribuito in maniera enorme la straordinaria rivoluzione del web e dei new media che ha effettivamente reso semplici e intuitivi processi e azioni che un tempo richiedevano tempo e innumerevoli complicazioni. E l'evoluzione 2.0 della Rete, i social network e la cosiddetta “era della partecipazione” hanno spinto ancora in avanti queste convinzioni.
Ma se la disintermediazione favorita dal web ha permesso a chiunque di prenotarsi un biglietto aereo senza passare dal banco (e dai sovrapprezzi) di una agenzia di viaggi, è quantomeno semplicistico pensare che possa funzionare anche per far funzionare un sistema democratico a colpi di clic. Internet può aiutare il sistema politico e, soprattutto, la sua trasparenza, ma non può sostituirsi ad esso.
Lo sa bene Bersani, che infatti ha invitato i “fascisti del web” ad uscire dalla Rete e ad andare a dirle faccia a faccia certe cose. Lo sanno bene perfino i militanti grillini del Movimento 5 Stelle (ai quali il segretario Pd implicitamente si riferiva) che, proprio in Rete, invocano più chiarezza e partecipazione nelle scelte del loro leader riguardo a uomini e proposte politiche del nascente partito. Lo avvertono, paradossalmente, anche i componenti del Partito Pirata Italiano, costola nostrana della forza politica capace nel Nord Europa di sorprendenti risultati elettorali (ha ben due Europarlamentari), che in osservanza alla loro fede per Internet hanno scelto di non avere né leader, né strutture decisionali e affidano tutte le scelte ad un apposito sistema on line (chiamato LiquidFeedback) in grado, in teoria, di “registrare” le diverse opinioni e farne una sintesi. Questo in teoria, perché, come confessano alcuni dei militanti, alla fine il “sistemone” fa solo la media e predilige sempre e solo posizioni moderate...
Della illusorietà delle teorie di democrazia diretta e di superamento del sistema dei corpi intermedi, partiti e associazioni che mediano tra istituzioni e interessi dei cittadini, sono consapevoli studiosi come Nadia Urbinati, docente di Scienze Politiche alla Columbia University di New York, che spiega come «il web possa essere un potente alleato dei cittadini per avere informazioni su quello che avviene nel 'palazzo', per controllare e sanzionare la politica, ma è la partecipazione fisica, l'incarnazione delle idee nelle persone a fare la differenza».
Tutti sappiamo quanto sia semplice insultare qualcuno con un nickname a proteggere la nostra identità o con la distanza che inevitabilmente si crea nelle comunicazioni sui social network. Specialmente se il destinatario dei nostri insulti è un personaggio pubblico o, ancora più semplicemente, una categoria generica come la “casta” dei politici. Molto più complesso è affrontare di persona assemblee, discussioni, la ricerca di mediazione tra posizioni distanti.
Ci ha provato, e forse ci riproverà ancora, Silvio Berlusconi a dipingere questa complessità della politica come una inutile perdita di tempo, contrapponendo le sbrigative dinamiche da consiglio d'amministrazione dove chi ha più voti decide e fine. Ma senza mediazioni tra interessi diversi, senza il presidio vigile e la capacità di opposizione e controllo di una minoranza parlamentare, semplicemente non c'è democrazia.
E, facendo salvo il ruolo di opinione pubblica e società civile, anche la partecipazione dei cittadini ai movimenti politici è molto diversa e richiede molte più energie di un clic su Facebook a sostegno di una campagna o di una firma digitale in coda ad uno dei tanti appelli via web. Per inciso va sottolineato come, secondo autorevoli commentatori, uno per tutti Micah White (uno dei creatori del movimento Occupy Wall Street) sul Guardian, questo “clicktivism” o “clic-attivismo”, rischia di rovinare soprattutto l'attivismo che storicamente e culturalmente è insediato a sinistra.
Niente alibi per i politici di professione nostalgici della netta distanza tra cittadini e potere. Nessuna indulgenza verso tentazioni di restaurazione di modelli passati in cui le stanze del potere e i loro segreti rimanevano inviolati. Il successo di modelli e movimenti populistici o genuinamente semplicistici deve far interrogare la politica sui suoi errori e sulle sue inefficienze, sui suoi compromessi al ribasso e sulla cronica incapacità di rinnovamento della sua classe dirigente.
Così come il web può essere usato anche dagli stessi rappresentanti per informare e per tenere vivo il legame diretto con i rappresentati. Un esempio virtuoso è quello di #OpenCamera avviato dal deputato Pd Andrea Sarubbi e seguito da onorevoli di tutti gli schieramenti che consiste nel comunicare via Twitter in tempo reale tutte le attività e le discussioni parlamentari. Più discutibile l'utilizzo “piacione” dei social network da parte di esponenti politici in cerca solo ed esclusivamente di consenso a buon mercato.
Nessun isterismo, però, nemmeno da parte di chi viene criticato via web, magari con toni pacati e argomentazioni fattuali.
E, infine, nessuna foglia di fico nemmeno da parte dell'informazione che dopo aver eccitato per anni il “popolo del web” con appelli e raccolte di firme, con colpi bassi travestiti da satira e colonnine destre mascherate da approfondimenti, appaiono ora poco credibili in veste di moraleggianti custodi di democrazia.
Non esiste la contrapposizione tra web fascista e web democratico. Esistono straordinari strumenti di informazione, condivisione e partecipazione. Ma, per usarli al meglio, bisogna volerne accettare la complessità.
http://www.unita.it/tecnologia/il-web-f ... o-1.441080
"Internet può aiutare il sistema politico e, soprattutto, la sua trasparenza, ma non può sostituirsi ad esso. "
Sostanzialmente fa il megafono del grido di dolore del capoccia del PD che si batte per il primato della "politica",
In fondo, la tecnologia, internet, la stessa politica sono strumenti e come tali possono essere usati più o meno bene: per costruire o per demolire, per organizzare o disorganizzare, per liberare o opprimere.
Si può , anzi , a mio avviso si deve ribadire il primato della politica, ma si impone una domanda:
Che cos'è la politica?
La politica dovrebbe essere l'organizzazione ed il governo di una comunità, un governo che produca leggi che tutelino la dignità di ogni cittadino, il diritto, la solidarietà nei confronti degli ultimi, e una sempre sempre maggiore giustizia sociale.
Ora i nostri politici ( meglio... politicanti) approfittando del proprio ruolo e dopo aver stravolto il significato della politica, che sostanzialmente dovrebbe essere servizio, ne hanno fatto uno strumento per acquisire privilegi e sempre più potere per il potere sono diventati “casta” arrogandosi il diritto di alzare un recinto che circoscriva uno spazio esclusivo da “loro” occupato e difeso chiamato impropriamente politica e tutti gli altri restano fuori ... nell' antipolitica.
un saluto