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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • ..e i mercati non staranno a guardare.Entreranno in campo...
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..e i mercati non staranno a guardare.Entreranno in campo...

Inviato: 24/02/2013, 19:10
da pancho
I quattro scenari del dopo elezioni, l'incognita spread per i titoli di Stato
Isabella Bufacchi

ROMA.
Ai mercati si rinfaccia la visione del breve termine. Il cosiddetto "short termism". I mercati sono accusati di tenere il fiato sul collo ai governi e di avere sempre il colpo in canna, pronti a premere il grilletto per colpire impietosamente il bersaglio. Tuttavia questo modo di operare è predominante ma non è esaustivo. I mercati guardano comunque lontano, si proiettano nel futuro nel tentativo di anticipare e prevedere i grandi trend. Tanto il "brevetermismo" quanto le aspettative di ampio respiro , quindi, condizioneranno nel bene e nel male la reazione dei mercati all'esito elettorale. E nulla potrà essere dato per scontato, proprio a causa di questa "forchetta" tra gli impatti a caldo di breve periodo e le valutazioni di in lungo termine.

L'insediamento di un Governo solido sarà accolto molto favorevolmente dai mercati, con un prevedibile e immediato restringimento dello spread tra i BTp decennali e i Bund. Ma il nuovo Esecutivo, pur se dovesse godere di una larga maggioranza alla Camera e al Senato, sarà tenuto sotto osservazione dai mercati e dalle agenzie di rating per una verifica sul campo: il rallentamento dell'agenda delle riforme strutturali oppure un allentamento del rigore fiscale saranno puniti da uno spread pronto a scattare al rialzo. Stabilità e instabilità, dunque, non saranno gli unici parametri di valutazione.

La gamma degli scenari post-elettorali fino a ieri si presentava molto variegata, perchè il risultato della chiamata alle urne è ora più incerto di quanto fosse previsto fino a due mesi fa. È possibile classificare i vari scenari con una gradazione ipotetica, partendo dal più market friendly per finire al meno market friendly.

L'esito più favorevole per i mercati è quello della formazione di un Governo forte, stabile e duraturo, che goda di una comoda maggioranza assoluta alla Camera e al Senato e che porti avanti con decisione un programma "europeo". L'Italia non ha tempo da perdere e per i mercati occorrerà imprimere un'accelerazione all'attuazione delle riforme strutturali e al risanamento dei conti pubblici con una vigorosa politica di riduzione dello stock del debito: e questo non lascia spazi ad una politica litigiosa a Palazzo Chigi e in Parlamento.

I mercati reagiranno bene, con spread in calo, a un Esecutivo che si impegnerà in maniera chiara e netta fin dai primi passi sui fronti caldi: lotta all'evasione fiscale, alla corruzione e alla criminalità, riduzione del cuneo fiscale, maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, privatizzazioni e liberalizzazioni, dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico, taglio ai costi della politica e agli sprechi, riforma della giustizia.
I mercati resteranno invece sulla difensiva se il nuovo Governo avrà la maggioranza assoluta alla Camera, scontata per via del premio, ma non la avrà al Senato. Qualsiasi forma di trattativa o di alleanza forzata tra partiti con vocazioni diverse sarà interpretata dai mercati come un rischio di rallentamento o addirittura di blocco al processo delle riforme strutturali essenziali per riportare l'Italia su livelli di crescita potenziale sostenibili e adeguati. Il modello della grande coalizione piace ai mercati ma funziona in termini di spread solo se i partiti del centrodestra, del centrosinistra e del centro sono d'accordo nel condividere un programma comune e filo-europeo: il raggruppamento sotto lo stesso ombrello di partiti che non hanno intenzione di dialogare non godrà del favore dei mercati.

Un Parlamento in stallo o inconcludente è uno degli scenari più temuti dagli operatori finanziari ma non è il peggiore tra tutti: i mercati infatti conoscono bene l'Italia, sanno che il Paese si muove e avanza lentamente, a volte procede a singhiozzo, a volte fa due passi in avanti per poi farne uno indietro. Una qualche tolleranza in tal senso sarà possibile.
Lo scenario post-voto meno vicino ai mercati è quello segnato dall'impossibilità di formare un Governo e dall'insediamento di un Esecutivo a tempo che avrà come unico obiettivo il varo della riforma della legge elettorale per tornare alle urne in tempi strettissimi, entro una manciata di mesi. Questa eventualità è forse tra tutte quella che spaventa di più i mercati perchè equivale a una brusca frenata su tutti gli interventi strutturali, di natura fiscale e di politica economica. In un'annata in cui la ripresa della crescita dovrà dare qualche segnale rassicurante nella seconda metà dell'anno, il protrarsi dell'instabilità e dello stallo politico potrebbero rivelarsi fatali. Il ritorno alle urne e un'ingovernabilità protratta nel tempo sono lussi che l'Italia, stando ai mercati e allo spread, non può permettersi.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
@isa_bufacchi

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SCENARI POSSIBILI

La reazione dei mercati

Lo spread tra BTp e Bund si stringerà in vista dell'insediamento di un governo solido (ampia maggioranza alla Camera e al Senato) e duraturo. L'Esecutivo resterà sotto osservazione dei mercati e delle agenzie di rating. Lo spread tornerà ad allargarsi, a distanza, in mancanza di un'accelerazione del cammino delle riforme strutturali e del risanamento dei conti pubblici.
Lo spread entrerà in una fase di volatilità con l'arrivo di un Governo debole (senza maggioranza al Senato) costretto ad intessere alleanze scomode.

I mercati reagiranno male a Governi di coalizione litigiosi e al rallentamento dell'agenda delle riforme.
La formazione di un Governo di grande coalizione, provocato da elezioni senza vincitori netti nè vinti, potrebbe essere accolta favorevolmente dai mercati. Ma anche in questo caso, la verifica avverrà sul campo e i mercati premieranno o puniranno la mancanza di progressi sul fronte delle riforme e del taglio del debito pubblico.
Il ritorno immediato alle urne e l'ingovernabilità per un lungo periodo sono gli scenari più temuti dai mercati: la reazione negativa dello spread potrebbe in questo caso essere violenta.


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E come al solito i mercati non staranno a guardare. Entreranno in campo a gamba tesa determinando e imponendo le loro regole come han sempre fatto poiche son queste le regole del sistema.

Quindi, come dico da ben molto tempo, i margini fra questi 2 poli saran sempre piu' stretti e verra' il momento in cui non si distingueranno per niente, se nel frattempo, non riescono ad imporsi politicamente a questi mercati e a questa finanza.

Chi lo fara' avra' il mio prossimo voto che continuera' a non essere piu un voto (f)utile ma un voto politicamente ragionato.

Alla faccia della globalizzazione che invece di portare i cinesi come noi, stanno portando noi come i cinesi.


un salutone da Juan

Re: ..e i mercati non staranno a guardare.Entreranno in camp

Inviato: 24/02/2013, 19:47
da camillobenso
-UN BOCCONIANO IN COMA


- I SONDAGGI RISERVATI ANNUNCIANO UNA FIGURACCIA STORICA PER RIGOR MONTIS: ANCHE AL PD SONO CERTI CHE “RISCHIA DI RESTARE FUORI DALLA CAMERA”


- MA AL PROF INTERESSA IL SENATO: QUI LA SOGLIA DELL’8% E’ A PORTATA DI MANO, ALMENO IN ALCUNE REGIONI


– MA MONTI NON E’ IL SOLO COLPEVOLE DELLA DISFATTA, SONO STATI I GIORNALONI A FARGLI CREDERE CHE ERA UNO STATISTA…



Marco Palombi per Il Fatto Quotidiano


Una mattinata a Firenze con la signora Elsa, un comizietto al Teatro della Pergola, un pranzo in un'osteria tipica. Così, nel primo pomeriggio di ieri, s'è conclusa la campagna elettorale di Mario Monti, un tour che rischia di diventare uno dei più grossi fallimenti di sempre nella storia delle competizioni politiche italiane (e del difficile rapporto che, nel nostro paese, lega le élite politico-economiche alla pancia del popolo).

Nonostante il sostegno di quasi tutte le cancellerie europee, l'endorsement dei principali giornali stranieri (buon ultimo, ieri, il Times di Londra) e l'occhio benevolente con cui lo trattano quelli italiani, il premier nei sondaggi riservati sfiora la figuraccia: "Noi stiamo andando bene, ma ha ragione Berlusconi: Scelta Civica, Udc e Fini rischiano di non superare la soglia di sbarramento alla Camera", dice assai preoccupata una fonte della segreteria democratica.


Tracce di questa situazione si trovano, comunque , nelle parole pronunciate ieri da Pier Luigi Bersani durante un forum all'Ansa: "Ho sempre pensato che il centro non potesse incrociare i sommovimenti profondi nel paese e che una formazione centrista non avrebbe fatto faville". La preoccupazione c'è, insomma, ma senza esagerare visto che, nella peggiore delle ipotesi, i voti montiani che servono al Pd sono quelli del Senato, dove rischi non dovrebbero essercene.

La soglia di sbarramento per le coalizioni a Montecitorio è il 10 per cento, mentre i montiani al Senato dovranno superare solo l'8 per cento visto che si presentano con una lista unica: il basso risultato attribuitogli negli ultimi sondaggi, comunque, non è frutto di un calo della lista Monti, ma della riduzione ai minimi termini dell'Udc e alla scomparsa dai radar di Fini e soci.


Tornando a Monti, il professore nel suo ultimo giorno di propaganda elettorale ha spiegato qual è la sua reale aspettativa per lunedì sera: "La sfida a queste elezioni è populisti contro riformisti. Nel futuro dell'Italia non può esserci né chi l'aveva ridotta come 14 mesi fa, né i populisti distruttivi che vogliono approfittare della rabbia della gente per distruggere tutto. Il cinismo, la rassegnazione, il populismo e la demagogia sono i veri nemici del nostro paese".

L'ex preside della Bocconi chiude la sua campagna dicendo che i suoi nemici sono Silvio Berlusconi e Beppe Grillo: "Non può essere utile il voto a una destra che torna a promettere una società dove tutto è consentito, un Paese all'insegna del liberi tutti e del liberale nessuno, delle tante libertà che mortificano gli italiani", delle "battute volgari e inaccettabili contro le donne da parte di chi si proclamava e ancora si proclama difensore dei valori della famiglia". Quanto al Movimento 5 Stelle, il premier arriva all'anatema: "Un rischio Grillo? Il rischio Grecia ce lo avevamo nel novembre 2011 e siamo riusciti a sventarlo con tutta la comprensione e i sacrifici degli italiani. Sarebbe terribile ricascarci. Spero di no".


Per il resto, l'intervento del professore serve a tracciare un confine di "riformismo" attorno a Bersani per separarlo da Vendola e - semmai abbia avuto questa tentazione - da Rivoluzione civile. In montiano: "Non può essere utile il voto a una sinistra ancora prigioniera di gabbie ideologiche e di un'idea antica del paese". Ora non resta che contare i voti e capire se Monti è o non è stato una breve parentesi nella vita della Repubblica

Re: ..e i mercati non staranno a guardare.Entreranno in camp

Inviato: 24/02/2013, 20:01
da pancho
camillobenso ha scritto:-UN BOCCONIANO IN COMA

Omissis.....Per il resto, l'intervento del professore serve a tracciare un confine di "riformismo" attorno a Bersani per separarlo da Vendola e - semmai abbia avuto questa tentazione - da Rivoluzione civile. In montiano: "Non può essere utile il voto a una sinistra ancora prigioniera di gabbie ideologiche e di un'idea antica del paese". Ora non resta che contare i voti e capire se Monti è o non è stato una breve parentesi nella vita della Repubblica
Questo lo sapevamo gia in anticipo che lo scopo era questo. Solo il tempo sara' galantuomo anche se....tyempo sprecato inutilmente.
A questo punto continuo ancora a non capire(me l'avevo gia' chiesto in quel fatidico novembre): Allora il nome di Monti era stato imposto alla faccia della democrazia oppure era stata una scelta personale di Napolitano? In entrambi i casi si potrebbe aprire un bel dibattito. Non sarebbe male. Il senno di poi qui non vale per niente.

Ora sicuramente quasi tutti faranno le mie stesse domande ma allora...... :mrgreen: :mrgreen:


un salutone

Re: ..e i mercati non staranno a guardare.Entreranno in camp

Inviato: 24/02/2013, 22:42
da camillobenso
CIÒ CHE NON SIAMO E NON VOGLIAMO

(Antonio Padellaro).
24/02/2013 di triskel182


Se mi chiedono quale indicazione di voto darà il Fatto ai propri lettori rispondo: nessuna.




Quando all’inizio dell’avventura di questo giornale mi domandarono quale sarebbe stata la nostra linea politica fu semplice rispondere: la Costituzione italiana.




Poiché volevamo che le nostre scelte politiche fossero ancorate a quei principi di legalità, democrazia e giustizia sociale sui quali con il sacrificio di tanti era stata costruita la Repubblica.




Avevamo fondato il Fatto perché non ne potevamo più delle varie caste che hanno spolpato il Paese, a cominciare da quelle partitiche.




A farci dettare la linea da qualche politburo, ancorché travestito di nuovo non ci pensavamo e non ci pensiamo proprio.




Ma se oggi dovessimo misurare i vari programmi elettorali sui valori della Carta non sapremmo davvero che pesci prendere.


Ci limitiamo, perciò, a constatare come le ricette economiche delle liste in gara, tutte spacciate per salvifiche, siano (nel migliore dei casi) dei sogni nel cassetto quando non delle vere e proprie imposture.



Lasciamo stare il ciarlatano che in mancanza di un rimborso dello Stato si è impegnato a pagare di tasca propria l’Imu (“Berlusconi è pronto a togliere il pane ai figli”, ha titolato Libero con sublime sprezzo del ridicolo).






Ma che senso ha promettere l’abbassamento della prima aliquota Irpef (Pd) o il dimezzamento dell’Irap (Monti) o l’introduzione del sussidio di disoccupazione garantito e universale (M5S) quando il programma del nuovo governo è già bello che scritto con le stime al ribasso che Bruxelles ci ha recapitato, guarda caso, a poche ore dall’apertura dei seggi?






Con un ulteriore calo del Pil nel 2013, con la perdita di altri 700 mila posti di lavoro e con il debito pubblico sempre più rigoglioso, dove cavolo li andremo a prendere i quattrini per finanziare gli immaginifici tagli fiscali e i sensazionali investimenti per la crescita resta un mistero gaudioso, anzi doloroso.




E allora? E allora, oggi e domani trovandoci di fronte alle schede elettorali zeppe di simboli colorati, forse l’àncora a cui aggrapparci potremmo trovarla nei versi di Montale: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/ Sì qualche storta sillaba e secca come un ramo/Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.







Nei nostri ossi di seppia non vorremmo più vedere, naturalmente, i ladri che a destra hanno fatto bottino del bene pubblico e neppure i loro complici che a sinistra, per un ventennio, hanno fatto finta di non vedere.

(Se qualche benpensante ritiene che Antonio Padellaro non sia di si sinistra, si sbaglia di grosso.
Padellaro è di sinistra ma è smarrito di fronte alla sinistra che si è dissolta-ndt)







Non siamo bipartisan se questa parola ha il significato degli inciuci di palazzo e delle larghe intese benedette dal Colle con la scusa che Grillo è alle porte.


Bisogna avere il coraggio di scegliere.


Se la vecchia politica ci fa schifo, ma è meglio di un salto nel buio, turiamoci il naso e via.

Ma se un comico riempie le piazze dando voce (come anche fa Ingroia) alla montante rivolta civile non possiamo poi obiettare che urla troppo, che è intollerante, arrogante, aggressivo ecc. Prendere o lasciare: questa volta l’alternativa esiste e non è gratis.

Post Scriptum. I più fortunati sono i nostri lettori-elettori di Lombardia e Lazio dove i lasciti di Formigoni e Polverini rendono lampante ciò che non vogliamo mai più. Ambrosoli e Zingaretti sentitamente ringraziano.

Da Il fatto Quotidiano del 24/02/2013.