Casotto sinistro o sinistro casotto - 1
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I sinistri, oltre al conflitto d’interesse si sono accordati con il Caimano anche sulla spartizione del potere.
I sinistri sapevano benissimo che Berlusconi era ineleggibile, a norma della legge n.361 del ’57
Quando si sostiene che il disastro non è solo responsabilità del caimano, è proprio sulla base di quegli accordi che lo la avrebbero tolto di mezzo da subito.
De Gregorio sostiene di aver ricevuto 3 milioni da B.
Razzi e Scilipoti hanno cambiato casacca dietro compenso. E’ quindi lecito pensare che il silenzio dei sinistri ai tempi sia stato lautamente pagato.
Nulla cambierà mai in questo stramaledetto Paese se non spariscono tutti quanti gli attori della seconda Repubblica.
Il problema più grande, oltre alla preparazione specifica, è la disponibilità a rifiutare la corruzione.
E su questo fronte il Paese sta a zero.
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PERCHÉ BERLUSCONI ERA ED È INELEGGIBILE (Giovanni Valentini).
16/03/2013 di triskel182
È RISAPUTO che la legge non è uguale per tutti.
Basta disporre di buoni avvocati, molti soldi, e non fai un’ora di galera.
Berlusconi è un caso limite ma illuminante.
(da “Il Grillo canta sempre al tramonto” di Dario Fo, Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo – Chiarelettere, 2013).
Da quando viene pubblicata questa rubrica, e cioè ormai da più di dodici anni, avremo detto e ridetto centinaia di volte – qui o anche prima in altre pagine del giornale – che Silvio Berlusconi era ed è ineleggibile, cercando di spiegarne la motivazione giuridica.
Ora, con l’avvento dei “grillini” sulla scena politica, la questione è tornata (finalmente) all’ordine del giorno e molti la scoprono soltanto adesso come la classica acqua calda, confondendola con il problema irrisolto del conflitto di interessi.
E naturalmente, si riapre anche l’annosa “querelle” sull’opportunità di sconfiggere il Cavaliere sul piano politico piuttosto che per via giudiziaria.
Chiariamo subito che un conto è l’ineleggibilità e un altro conto è il conflitto di interessi.
Berlusconi è ineleggibile, a norma della legge n.361 del ’57 tuttora in vigore, non perché sia un imprenditore o comunque un uomo ricco.
Ma per la sostanziale ragione che aveva e ha lo status di concessionario pubblico, titolare di un contratto con lo Stato: di conseguenza, non può essere eletto al Parlamento, cioè non può far parte di quel potere legislativo che deve controllare il potere esecutivo, da cui dipende la regolamentazione delle sue aziende private.
Si tratta, dunque, di un principio tanto elementare quanto fondamentale.
Non è una legge “ad personam”, contro il Cavaliere.
È una legge “erga omnes” che vale per tutti coloro che si trovano nella stessa condizione, sia che si tratti di concessioni televisive sia di concessioni ferroviarie o di qualsiasi altro genere.
Ed è stata già applicata in tante altre situazioni minori.
Il fatto è che nel ’94, quando Berlusconi entrò per la prima volta alla Camera, la Giunta per le elezioni di Montecitorio – a maggioranza di centrodestra – decise con un escamotage che a lui la legge del ’57 non si doveva applicare.
Per il semplice motivo che formalmente il Cavaliere non risulta titolare delle concessioni tv
“in proprio o in qualità di legale rappresentante della società” di cui è proprietario.
Sarebbe bastato aggiungere una riga per estendere esplicitamente la norma anche all’azionista di riferimento, ma il Parlamento non ritenne di farlo né allora né in seguito.
Neppure quando il centrosinistra conquistò la maggioranza, sebbene di poco e per poco, considerando ormai archiviata la pratica.
Fu certamente un errore e qui non abbiamo mancato a suo tempo di rilevarlo e di contestarlo.
Poi viene la questione del conflitto di interessi.
Ma questo riguarda qualunque imprenditore o finanziere che si trovi ad assumere una carica politica o amministrativa, per cui è opportuno che affidi a un “blind trust” (o fondo cieco, come lo chiamano i capitalisti americani) la gestione del suo patrimonio mobiliare o immobiliare per tutta la durata del mandato, in modo da evitare favoritismi o vantaggi.
Per il concessionario pubblico, in particolare in un settore politicamente nevralgico come quello della comunicazione televisiva, il problema non si pone neppure: nel senso che dovrebbe essere risolto alla radice, appunto in forza della normativa sull’ineleggibilità.
E infine, la polemica sulla “via giudiziaria”, già innescata in passato per Bettino Craxi & C. all’epoca di Tangentopoli.
Per quante colpe si possano addebitare ai magistrati italiani, o meglio a una parte di loro, la verità è che Berlusconi non è “perseguitato” – come dice lui – dalla magistratura perché è entrato in politica, ma al contrario è entrato in politica proprio per non essere perseguito dalla magistratura: cioè per sottrarsi alle accuse che riguardano la sua attività pregressa di impresario televisivo, a cui si sono aggiunte poi quelle più recenti di corruzione politica.
Ed è di tutto ciò, appunto, che deve rispondere ora alla giustizia.
Da La Repubblica del 16/03/2013.