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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Francesco un papa ...Cristiano! - Pagina 45
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Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 28/09/2017, 22:24
da UncleTom
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Impreparati, incompetenti, immaturi: il ceto politico non è mai stato così ignorante
Anche se la legge elettorale ancora non c’è, le elezioni si avvicinano e gli aspiranti riscaldano i muscoli. Tra i più tenaci candidati a capo del governo ce n’è uno giovanissimo (31 anni appena compiuti), facondo, con cipiglio, determinato e ubiquo, ma non ugualmente solido in quel che un tempo si chiamava “bagaglio culturale”. Dalla sua bocca escono senza freno riferimenti storici e geografici sballati, congiuntivi strampalati, marchiani errori di fatto, slogan e progetti cervellotici (recentissimi l’Italia come smart nation e la citazione dell’inefficiente governo Rajoy come suo modello), anche quando si muove in quella che dovrebb’essere la sua specialità, cioè quel mix indistinto di nozioni e fatterelli politico-storico-economici che forma la cultura del politico di fila. Inoltre, Luigi Di Maio (è di lui che parlo) non è laureato. Si è avvicinato al fatale diploma, ma per qualche motivo non lo ha raggiunto. Nulla di male, intendiamoci: pare che in quel mondo la laurea non sia più necessaria, neanche per le cariche importanti.

Nel governo Gentiloni più di un ministero è presidiato da non laureati e non laureate: istruzione e salute, lavoro e giustizia. Se questa non è forse la “prevalenza del cretino” preconizzata da Fruttero e Lucentini, è di certo la prevalenza dell’ignorante.

Infatti la legislatura attuale ha una percentuale di laureati tra le più basse della storia: di poco sopra il 68 per cento, un dato che mette tristezza a confronto col 91 per cento del primo Parlamento repubblicano… Qualche settimana fa la Repubblica ha offerto lo sfondo a questo spettacolo, mostrando con tanto di tabelle che la riforma universitaria detta “del 3+2”, testardamente voluta nel 2000 dai non rimpianti ministri Berlinguer e Zecchino al grido di “l’Europa ce lo chiede!”, è stata un fiasco. I laureati sono pochi, non solo nel ceto politico ma nel paese, in calo perfino rispetto a quelli del 2000, ultimo anno prima della riforma. L’età media del laureato italiano è superiore ai 27 anni e la laurea triennale non serve (salvo che per gli infermieri) a nulla. I giovani che concludono il ciclo di 5 anni (il “3 + 2”) sono addirittura meno del totale di quelli che vent’anni fa si laureavano coi vecchi ordinamenti (durata degli studi 4, 5 o 6 anni). Per giunta, per completare la laurea triennale ci vogliono 4,9 anni, per quella quinquennale più di 7,4! Quindi, l’obiettivo principale della riforma, che era quello di aumentare il tasso di laureati, è mancato.

Le cause? Certamente non sono quelle che ha suggerito, nel suo intervento a Cernobbio agli inizi di settembre, la non laureata ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli: la colpa dei pochi laureati, ha suggerito (lei ex sindacalista!), è delle «famiglie a basso reddito», che non trovano più buoni motivi per spingere i figli a laurearsi. Non ha pensato, non avendolo frequentato, che invece è tutto il sistema universitario che andrebbe, come le case abusive, abbattuto e riprogettato. Quindi, se il paese è conciato così, come possiamo pretendere che il personale politico sia meglio?

Ma non è finita. Un altro guaio, più serio, sta nel fatto che il ceto politico attuale, e ancor più (si suppone) quello che gli subentrerà al prossimo turno, ha un record unico nella storia d’Italia, di quelli che fanno venire i brividi: i suoi componenti, avendo un’età media di 45,8 anni (nati dunque attorno al 1970), sono il primo campione in grandezza naturale di una fase speciale della nostra scuola, che solo ora comincia a mostrare davvero di cosa è capace. Perché dico che la scuola che hanno frequentato è speciale? Perché è quella in cui, per la prima volta, hanno convissuto due generazioni di persone preparate male o per niente: da una parte, gli insegnanti nati attorno al 1950, formati nella scassatissima scuola post-1968; dall’altra, quella degli alunni a cui dagli anni Ottanta i device digitali prima e poi gli smartphone hanno cotto il cervello sin dall’infanzia.

I primi sono cresciuti in una scuola costruita attorno al cadavere dell’autorità (culturale e di ogni altro tipo) e della disciplina e all’insofferenza verso gli studi seri e al fastidio verso il passato; i secondi sono nati in un mondo in cui lo studio e la cultura in genere (vocabolario italiano incluso) contano meno di un viaggio a Santorini o di una notte in discoteca.

Prodotta da una scuola come questa, era forse inevitabile che la classe politica che governa oggi il paese fosse non solo una delle più ignoranti e incompetenti della storia della Repubblica, ma anche delle più sorde a temi come la preparazione specifica, la lungimiranza, la ricerca e il pensiero astratto, per non parlare della mentalità scientifica. La loro ignoranza è diventata ormai un tema da spot e da imitazioni alla Crozza. I due fattori (scarsità di studi, provenienza da una scuola deteriorata), mescolati tra loro, producono la seguente sintesi: non si è mai visto un ceto politico così incompetente, ignorante e immaturo.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, nelle parole, le opere e le omissioni. Si dirà, come al solito, che il grande Max Weber lo aveva profetizzato già nel famoso saggio sulla Politica come professione (1919): «lo Stato moderno, creato dalla Rivoluzione» spiega «mette il potere nelle mani di dilettanti assoluti […] e vorrebbe utilizzare i funzionari dotati di preparazione specialistica solo come braccia operative per compiti esecutivi». Ma il povero Max non poteva prevedere le novità cool dei nostri tempi: per dirne una, la rabbiosa spinta che il movimento di Beppe Grillo avrebbe dato alla prevalenza dell’incompetente.

Il caso di Virginia Raggi, per esempio, è da trattato di sociologia politica. Pronuncia carinamente l’inglese, ma è un’icona fulgente dell’incompetenza e dell’improvvisazione. Lo mostra, tra le mille cose, il suo incessante fare e disfare alla ricerca di assessori, alti funzionari e dirigenti per le partecipate: li raccatta dalle più varie parti d’Italia, senza distinguere tra accademici e gestori di night, li licenzia di punto in bianco, non vede che la città affonda nella monnezza e nell’incuria e intanto, svagata e placida, esibisce al popolo sfinito la più granitica certezza del radioso futuro della Capitale. Max Weber non avrebbe mai immaginato neppure che i destini della Capitale potessero esser telegovernati da un paio di signori che nessuno ha eletto, o che una deputata, che nella vita faceva la ragioniera, sarebbe arrivata a spiegare col forte caldo la lieve ripresa estiva del Pil.


Gli incompetenti si sono procurati ulteriore spazio sfruttando senza ritegno il tormentone del rinnovamento di generazione, che, partito dall’Italia, ha contagiato quasi tutt’Europa. Esser giovane in politica è ormai un titolo di merito di per sé, indipendentemente dal modo in cui la giovinezza è stata spesa, anche se i vecchi sanno bene che la giovinezza garantisce con sicurezza assoluta solo una cosa: l’inesperienza, una delle facce dell’incompetenza.

La cosa è talmente ovvia che nel 2008 la ministra Marianna Madia, eletta in parlamento ventiseienne, non ancora laureata, dichiarò che la sola cosa che portava in dote era la sua “inesperienza” (sic).


La lista che ho appena fatto non contiene solo piccoli fatti di cronaca. Se si guarda bene, è una lista di problemi, perché suscita due domande gravi e serie. La prima è: a cosa dobbiamo, specialmente in Italia, quest’avanzata di persone che, oltre che giovanissime, sono anche I-I-I (“incompetenti, ignoranti e immaturi”)? È la massa dei somari che prende il potere, per una sorta di tardivo sanculottismo culturale? Sono le “famiglie di basso reddito” della Fedeli, ormai convinte che i figli, invece che farli studiare e lavorare, è meglio spingerli in politica? Oppure è l’avanzata di un ceto del tutto nuovo, quello dell’uomo-massa, di cui José Ortega y Gasset (in La ribellione delle masse) descriveva preoccupato l’emergere?

«L’uomo-massa si sente perfetto» diceva Ortega y Gasset, aggiungendo che «oggi è la volgarità intellettuale che esercita il suo imperio sulla vita pubblica». «La massa, quando agisce da sola, lo fa soltanto in una maniera, perché non ne conosce altre: lincia». È una battutaccia da conservatore? Oppure la dura metafora distillata da un’intelligenza preveggente? Comunque la pensiate, queste parole non sono state scritte oggi, ma nel 1930. Forse l’avanzata della «volgarità intellettuale» era in corso da tempo e, per qualche motivo, non ce ne siamo accorti.

La seconda domanda seria è la seguente: la democrazia può funzionare ancora se conferisce responsabilità di comando a persone dichiaratamente I-I-I? Forse in astratto sì, se è vero che (come pensava Hans Kelsen) la democrazia è «il regime che non ha capi», nel senso che chiunque può diventare capo. In un regime del genere, quindi, chiunque, anche se del tutto I-I-I e appena pubere, può dare un contributo al paese. Napoleone salì al vertice della Francia a 29 anni e Emmanuel Macron (suo remoto emulo, dileggiato dagli oppositori col nomignolo di Giove o, appunto, di Napoleone) è presidente della Repubblica a 39. Nessuno di loro aveva mai comandato le armate francesi o governato la Repubblica. Ma ammetterete senza difficoltà che tra loro e Luigi Di Maio (e tanti suoi colleghi e colleghe con le stesse proprietà, del suo e di altri partiti) qualche differenza c’è.


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Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 01/10/2017, 18:26
da UncleTom
..............................IL DITO NELLA PIAGA..............................


Secondo l'enunciato di Francesco, in Italia non esiste un solo "buon politico"




IlFattoQuotidiano.it / Cronaca


Papa a Bologna: “La corruzione è un tarlo, il buon politico è anche martire per il bene comune”



Cronaca


Il Pontefice in visita in Emilia Romagna è tornato a condannare il comportamento dei rappresentanti dei cittadini che non operano per il bene comune. Ha poi incontrato i migranti dell'Hub di Bologna



di F. Q. | 1 ottobre 2017

commenti (41)
 545



Più informazioni su: Papa


La corruzione come un tarlo, il buon politico come un martire che deve immolarsi per il bene comune. L’incitamento a che più Paesi adottino corridoi umanitari per i migranti, e a che liberando gli schiavi di oggi si possa costruire un futuro che li integri. L’appoggio al “sistema Emilia”, che integra solidarietà e welfare, contro la “logica del profitto” a tutti i costi. Sono questi i temi affrontati da Papa Francesco nel corso della sua visita in Emilia Romagna: in primo luogo il Pontefice ha voluto parlare dell’importanza della politica corretta. “La corruzione è il tarlo della vocazione politica”, ha detto, “non lascia crescere la civiltà e il buon politico ha anche la propria croce quando vuol esserlo perché deve lasciare tante volte le proprie idee personali per armonizzarle con quelle degli altri, perché venga portato avanti il bene comune”. Il “buon politico”, ha aggiunto, è colui che è disposto a lasciare le proprie idee per andare verso il bene comune, “e da questo punto di vista sente di essere anche martire”. Bergoglio ha parlato quindi del “volto autentico” della politica: “Un servizio inestimabile al bene all’intera collettività. E questo è il motivo per cui la dottrina sociale della Chiesa la considera una nobile forma di carità. Invito perciò giovani e meno giovani a prepararsi adeguatamente e impegnarsi personalmente in questo campo, assumendo fin dall’inizio la prospettiva del bene comune e respingendo ogni anche minima forma di corruzione”. Sempre sulla politica il Papa ha anche condannato la tendenza a “ritrarsi di fronte all’aggressività e alla pervasività di altre forme di potere, come quella finanziaria e quella mediatica”.

Papa Francesco, nel corso della visita in Emilia Romagna, si è anche recato all’Hub di Bologna, dove sono ospitati circa mille migranti, e ha ricevuto in dono un braccialetto identificativo che indica l’inizio del percorso di accoglienza dei richiedenti asilo ospitati nella struttura. Il Pontefice lo ha messo al polso. “Vengo in mezzo a voi perché voglio portare nei miei i vostri occhi, nel mio il vostro cuore. Voglio portare con me i vostri volti che chiedono di essere ricordati, aiutati, direi ‘adottati’, perché in fondo cercate qualcuno che scommetta su di voi, che vi dia fiducia, che vi aiuti a trovare quel futuro la cui speranza vi ha fatto arrivare fino a qui”. Poi rivolto agli operatori della struttura e agli ospiti che definisce “lottatori di speranza”: “Qualcuno non è arrivato perché è stato inghiottito dal deserto o dal mare. Gli uomini non li ricordano, ma Dio conosce i loro nomi e li accoglie accanto a sé”, ha detto il pontefice prima di invitare a un minuto di silenzio in ricordo delle vittime.

Bergoglio ha quindi parlato dei “preti arrampicatori” che sono una “peste”. Per non parlare del vizio del chiacchiericcio clericale. Papa Francesco, incontrando a Bologna, nella cattedrale di San Pietro, preti, suore, religiosi e diaconi, ha espresso la sua visione di come dovrebbe essere il comportamento di chi indossa l’abito sacro. “Due vizi che ci sono dappertutto. Forse a Bologna no, ma si vedono ovunque. Uno è il pensare il servizio presbiterale come carriera ecclesiastica. Io mi riferisco ad un vero atteggiamento arrampicatore: questa è peste, gli arrampicatori che cercano di farsi strada e hanno le unghie sporche sempre perché vogliono andare su”. L’altro “vizio è il chiacchiericcio clericale di chi distrugge la fama. Il chiacchiericcio è un vizio proprio del clericalismo”. Il Papa ha esortato al “coraggio della pazienza, sopportare. Coraggio di parlare con chiarezza”. Il Pontefice ha ricordato poi che la Chiesa deve avere sempre le porte aperte: “E’ triste quando un pastore non ha orizzonte di popolo, quando non sa cosa fare quando le chiese rimangono chiuse. Ma quando si vede una scheda nella porta ‘Dalla tal ora alla tal ora… poi non c’è nessuno’. Stesso discorso per le confessioni. Ma quando non è un ufficio, è il posto dove tu vieni ad adorare il Signore e se si trova la porta chiusa.. Penso alle chiese che sono sulle strade popolose, chiuse e qualche parroco ha fatto l’esperienza di aprirle cercando che fosse a disposizione un confessore.Quel confessore non finiva di confessare, la gente vede la luce e va, sempre la porta aperta e con quel servizio al popolo di Dio”.

Molto partecipato dalla società bolognese – c’erano anche il capo della comunità islamica, Yassim Lafram e il rabbino Alberto Sermoneta – l’appuntamento in piazza Maggiore: è lì che il Papa ha sostenuto il “sistema Emilia” e il pragmatismo di chi affronta i problemi dialogando, anche vivacemente, ma poi cerca soluzioni comuni. E a stringerli la mano in Piazza Maggiore sono stati in tanti, compresi due superstiti della strage nazista di Marzabotto e alcuni familiari sia della strage di Bologna – Paolo Bolognesi gli ha consegnato una lettera – che del disastro di Ustica; c’era anche Marina Orlandi, la vedova di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato dalle Br sotto i portici di via Valdonica, e molti esponenti dei sindacati e delle forze produttive. C’era anche quello che mons. Matteo Zuppi ha presentato al Papa come “un ragazzo, c’è un ragazzo qui”, e Gianni Morandi, che mentre il Papa era in via Mattei aveva cantato per la folla in Piazza Maggiore, ha stretto la mano a papa Francesco, restando a capo chino. La giornata è proseguita con il pranzo con i poveri e gli incontri con i religiosi e poi con il mondo accademico e si è conclusa con la messa nello stadio Dall’Ara.



di F. Q. | 1 ottobre 2017

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 02/10/2017, 6:48
da cielo 70
Non ha detto che non esiste. Il fatto è un altro, adesso va di moda intervistare casa pound e tutti questi politici che strillano invece di farlo con quelli che razionalmente si sforzano di risolvere i problemi dell'Italia. Non si può fare di tutta l'erba un fascio.

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 08/10/2017, 20:41
da UncleTom
REGGERA’, NON REGGERA’???????







Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso, che cura la rubrica SETTIMO CIELO, oggi, sul nuovo numero in edicola titola così il suo articolo:


E DOPO FRANCESCO?
ECCO TRE CANDIDATI

In Vaticano già si parla della successione.
Si sussurrano i nomi del filippino Tagle,
del guineano Sarah e dell’italiano Parolin
.

Quantomeno irriguardoso per il capo della Chiesa Cattolica.

Ma oltre le mura leonine sono in molti a volersi sbarazzare alla svelta di Francesco.


Alla Feltrinelli, stamani campeggiava il nuovo libro di Fittipaldi.


Gli impostori
Inchiesta sul potere
di Emiliano Fittipaldi

Che il sito della casa editrice sintetizza così:

Quarta di copertina
Il 22 giugno 1983, in un caldo pomeriggio di inizio estate, Emanuela Orlandi, giovane cittadina del Vaticano, scompare nel nulla. Nei giorni successivi si avviano ricerche spasmodiche, che nei mesi e negli anni porteranno a un susseguirsi di indagini giudiziarie, inchieste giornalistiche, ipotesi complottistiche più o meno fantasiose. Ma nessun indizio concreto aiuterà a far luce su uno dei misteri più inquietanti della recente storia d’Italia.
Ora Emiliano Fittipaldi, giornalista d’inchiesta che ha già indagato sugli scandali della Santa Sede con i bestseller Avarizia e Lussuria, ricostruisce nuovi tasselli fondamentali della drammatica vicenda di Emanuela grazie a un documento misterioso, di provenienza vaticana. Da cui, se la sua veridicità venisse confermata, emergerebbero squarci impensabili sul destino della quindicenne; o, nel caso contrario, sulle inesauribili trame di cui si serve il potere per nascondere realtà impossibili da rivelare.
È la prima delle tre inchieste che compongono questo libro, indagine serrata e documentatissima sulle mistificazioni dei potenti, troppe volte sicuri della propria impunità. La seconda inchiesta racconta i retroscena dell’indagine giornalistica che ha travolto a fine 2016 la giunta del sindaco di Roma Virginia Raggi, portando all’arresto di collaboratori importanti e aprendo la crisi del Movimento 5 Stelle nella capitale. La terza è dedicata all’ascesa del gruppo di potere che ha accompagnato la scalata di Matteo Renzi, presidente del Consiglio dal febbraio 2014 al dicembre 2016.
Gli impostori, denuncia Fittipaldi, sono gli uomini che vendono rivoluzioni e speranze, ma fanno il contrario di quanto hanno promesso. Coloro che attraverso menzogne e propaganda si presentano davanti all’opinione pubblica con maschere che occultano la vera faccia del potere. Questo libro è un’energ





Dagospia riprende un articolo di Rodari per Repubblica:




8 ott 2017 11:46
OLE'! "LASCIO LA TONACA, HO DUE FIGLI"

- DICHIARAZIONI CHOC DEL RETTORE DEL SEMINARIO "MARIA MATER ECCLESIAE", OSCAR TURRION - IL PRELATO ERA GIA’ STATO SOSTITUITO MA I LEGIONARI DI CRISTO NE RIVELANO SOLO ORA IL VERO MOTIVO

- LA CONGREGAZIONE GIA’ TRAVOLTA DA SCANDALI PER COLPA DEL LORO FONDATORE, DEGOLLADO, AUTORE DI ABUSI SU MINORI





Paolo Rodari per La Repubblica

Nel giorno in cui Papa Francesco ricorda ai rettori dei seminari, ai direttori spirituali e ai vescovi incontrati in un' udienza concessa alla Congregazione del Clero che «serve meno ambizione», un nuovo scandalo colpisce la Chiesa e un seminario di diritto pontificio, quel Collegio internazionale Maria Mater Ecclesiae che fa parte dei Legionari di Cristo, e cioè il movimento ecclesiale fondato dal sacerdote Marcial Maciel Degollado già autore di abusi e violenze su minori.

Questa volta i fatti sono stati resi noti dalla stessa Congregazione religiosa: l' ex rettore del Mater Eccelesiae, padre Oscar Turrion, infatti, ha ammesso di avere una relazione con una donna e due figli. Turrion era già stato sostituito ad agosto scorso nel suo incarico, ma soltanto in queste ore i suoi confratelli hanno voluto comunicarne pubblicamente i motivi.

Dopo la morte di Degollado, che era riuscito fino al giorno della sua morte a guadagnare la piena fiducia di Giovanni Paolo II e dei suoi più stretti collaboratori, la Congregazione ha iniziato un percorso di pulizia e trasparenza interno voluto fortemente da Papa Benedetto XVI.

Fu Joseph Ratzinger, infatti, a commissariare i Legionari inviando un suo uomo di fiducia, l' esperto canonista Velasio De Paolis, porporato curiale recentemente scomparso a causa di una grave malattia. Ed è propria la strada della trasparenza ad aver spinto la Congregazione a rendere pubblica la vicenda di Turrion, come avvenne nel 2012 per un altro personaggio di spicco del movimento.

Allora fu padre Thomas Williams, decano della facoltà di teologia del pontificio ateneo Regina apostolorum, popolare scrittore e soprattutto volto noto della tv americana come commentatore di notizie vaticane per la Cbs news, a scuotere i Legionari e la Chiesa tutta ammettendo di aver avuto una relazione sessuale con una donna che lo ha anche reso padre.

Padre Turrion aveva informato a marzo i suoi superiori della relazione con una donna e di essere già padre di una figlia. Tramite il Vaticano, la Congregazione aveva in tempi brevi trovato un nuovo rettore, ma soltanto nelle scorse settimane il sacerdote ha rivelato di aver avuto un secondo figlio dalla stessa relazione spiegando come per lo stesso motivo egli sia intenzionato a lasciare il sacerdozio.

Turrion, spagnolo, non ancora cinquantenne e appassionato di calcio, scendeva sempre in campo con i suoi seminaristi nelle partite delle Clericus Cup, il torneo fra seminari romani che si svolge ogni anno vicino a San Pietro. «Come responsabili di istituzioni dedicate alla formazione dei candidati al sacerdozio - hanno detto i Legionari - siamo consapevoli dell' impatto che l' esempio negativo di un formatore e di un rettore ha su di loro e sui fedeli cristiani.

Siamo profondamente rattristati per il fatto che la recente storia della nostra Congregazione ha causato il calo del fervore di alcuni dei nostri membri. Siamo fermamente impegnati ad accompagnare i nostri fratelli in momenti di difficoltà. Allo stesso modo, ripetiamo il nostro impegno verso la via del rinnovamento».

La scorsa primavera la Congregazione aveva semplicemente concesso a Turrion un periodo di «riflessione» con l' impegno da parte del sacerdote di non esercitare in pubblico il proprio ministero. Ora però, da parte del sacerdote, è arrivata la richiesta di riduzione allo stato laicale per iniziare una nuova vita insieme alla sua donna.
Turrion era stato scelto come rettore soltanto tre anni fa, nel 2014. Allora dichiarò di «apprezzare la fiducia» che i Legionari stavano riponendo in lui per svolgere il delicato compito di formare i nuovi sacerdoti.

^^


Mentre nel mondo soffia forte il vento degli anni ’30 e si sta spostando a destra, il Vaticano sembra esplodere con le sue contraddizioni.

Siamo entrati in uno di quei passaggi classici della storia dell’umanità, in cui vengono a cessare in contemporanea tutti i punti di riferimento.

Diventa, quindi, d’obbligo chiedersi come saranno scanditi i prossimi mesi e come se ne uscirà.

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 10/10/2017, 16:24
da UncleTom
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Marco Politi


Cronaca
Vaticano, le spine di Francesco/1- Le ombre del caso Milone
di Marco Politi | 10 ottobre 2017


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Più informazioni su: Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, Vaticano

Marco Politi
Scrittore e giornalista
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L’opacità non si addice al Vaticano di Francesco. Il ritmo frenetico dei media, che 24 ore dopo già dimenticano le vicende del giorno precedente, possono dare l’illusione che l’affare Milone – il revisore generale dei conti vaticani cacciato a giugno – sia ormai archiviato. Ma il buco nero dell’affaire sta lì e chiede risposte precise. Papa Bergoglio ha costruito la sua riforma del governo pontificio sulla trasparenza. Ha appoggiato pienamente la verifica totale dei 18mila conti correnti dello Ior affidati a una società straniera (quale governo al mondo permette ad un’agenzia straniera di mettere il naso negli affari dei clienti della propria banca?). Ha richiamato e processato canonicamente e privato della tonaca un ambasciatore vaticano – il nunzio Jozef Wesolowski – riconosciuto colpevole di abuso dei minori.
Eguale trasparenza non sta accompagnando il caso Milone e quanti ritengono che la cosa migliore sia di insabbiare la vicenda, non stanno consigliando bene il Papa. Perché pulizia e trasparenza del sistema finanziario vaticano sono stai uno dei punti centrali dei cardinali nel conclave del 2013, che ha eletto il papa argentino.
Libero Milone, primo revisore generale dei conti nella storia del Vaticano, è stato licenziato il 19 giugno scorso. Tecnicamente si è trattato di dimissioni volontarie, accompagnate dall’impegno di non portare in pubblico le motivazioni. In realtà, come ha rivelato lo stesso Milone, si è trattato di una costrizione sotto minaccia di essere arrestato. Per di più è stata sottoposta a Milone in un primo momento una “lettera di dimissioni” datata 12 maggio. (Dunque tutto era stato preordinato).
Milone stava lavorando a tre dossier molto importanti: l’analisi preliminare dei dati patrimoniali, finanziari ed economici della Santa Sede, relativi agli anni 2015 e 2016, nonché la revisione dello stato patrimoniale al 31 dicembre 2017.
E qui sorge già la prima domanda. Come mai a quasi quattro mesi non è stato nominato un nuovo revisore generale – neanche ad interim – visto il compito fondamentale che gli è attribuito: verificare in “piena autonomia e indipendenza” la situazione patrimoniale e finanziaria di tutti i dicasteri della Santa Sede, degli enti ad essa collegati e dello Stato Città del Vaticano con particolare riguardo a eventuali anomalie quanto a “impiego delle risorse finanziarie (…) irregolarità nella tenuta dei bilanci (…) irregolarità nella concessione di appalti o di contratti per servizi esterni o nello svolgimento di transazioni o alienazioni”.
Di fatto, con la precipitosa partenza del responsabile della segreteria per l’Economia, cardinale Pell, – costretto a recarsi in Australia in seguito a gravi accuse di abusi su minori – è rimasto decapitato e paralizzato tutto il vertice dei controlli sull’amministrazione finanziaria del Vaticano. Non è una situazione sostenibile. D’altronde, non è nemmeno sostenibile che rimanga senza prove e riscontri il castello di accuse, che il Vaticano ha rovesciato sull’ex Revisore generale.
Milone non è un personaggio qualsiasi. Ha ricoperto incarichi di prima linea in aziende e società di rilevanza internazionale come Deloitte, Wind, Falck, Fiat. E’ stato portato in Vaticano da una società internazionale di cacciatori di teste, lo Studio Egon Zehnder. La Santa Sede ha accusato pubblicamente Milone di avere “incaricato illegalmente una Società esterna per svolgere attività investigative sulla vita privata di esponenti della Santa Sede”.
Accuse gravissime, che però non possono rimanere generiche. L’opinione pubblica, che segue con un alto consenso le riforme di Francesco, ha diritto di sapere quali sono i cardinali spiati, perché sarebbero stati nel mirino e come si chiama la società che avrebbe operato investigazioni illegali.
Di fronte ad accuse di così devastante portata, l’opacità finisce per danneggiare l’opera del pontefice, dando l’impressione che – come ai tempi di Vatileaks – ci siano in Vaticano forze senza controllo che compiono azioni illegali. O che al contrario si affannano a coprire. Perché non manca chi all’interno del Palazzo apostolico sia del parere che Milone sia stato colpito perché voleva “verificare troppo” (come il suo sponsor cardinale Pell). In altre parole, perché eccessivamente “zelante”.
Dice un esponente di Curia: “Se Francesco non avesse una così buona stampa (…) Certe cose, le avesse fatte papa Benedetto sarebbe già stato fatto a pezzi dieci volte”. Parole che corrodono una leadership. Ed è per questo motivo che il caso Milone non è chiuso. Al contrario, andrebbe scoperchiato del tutto per sapere la verità.
Non dimentichiamo che il solo arrivo di un revisore generale è stato percepito da alcune forze in Vaticano come un evento così allarmante che pochi mesi dopo il suo insediamento ignoti entrarono nel computer di Milone. Non erano certo angeli della trasparenza e della luce gli sconosciuti scassinatori elettronici

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10 ... e/3904335/

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 14/10/2017, 23:17
da UncleTom
GUERRA TOTALE



Gli STRUMPTRUPPEN, hanno indossato la tuta mimetica e allacciato gli anfibi e con il fucile in spalla sono andati in guerra contro tutti coloro che non la pensano come loro.

Proprio tutti.

Io, che ho studiato per 10 anni presso un istituto salesiano, come il loro capo, la cara salma di Hardcore, mi ricordo molto bene cosa raccontavano a proposito del Fondatore della Religione Cristiana.

Loro, gli STRUMPTRUPPEN, che si spacciano per cristiani ad ogni piè sospinto, a proposito del Fondatore, fanno esattamente l'opposto.

Con il Cristo non hanno niente in assoluto con cui spartire.

Usano la Religione per fare solo della mera politica in tutte le direzioni.

Vittima di questo modo di pensare, è l'attuale Papa Francesco, che se la deve vedere con una masnada di satanassi travestiti da cristiani.




Commenti:
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800mila firme contro il Papa: "Adesso corregga i suoi errori"
Papa Francesco risponda alla "Supplica", ai "Dubia" e alla "Correctio". Questa è l'esortazione degli organizzatori della "Supplica filiale"
Francesco Boezi - Sab, 14/10/2017 - 16:16
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Papa Francesco risponda alla "Supplica Filiale" originariamente firmata da più di 790mila cattolici provenienti da 178 nazioni, tra cui 8 cardinali, 203 tra arcivescovi, vescovi e sacerdoti.

Questo, in sintesi, la richiesta dell'organizzazione "Supplica filiale", appunto, nella data simbolica del centenario dell' "ultima apparizione di Nostra Signora di Fatima". Un'iniziativa che sembra tesa a ribadire la necessità del dialogo, dopo il conseguimento di un numero di firmatari ancor maggiore rispetto alle statistiche precedentemente pubblicate. Oggi i firmatari della "Supplica" sono divenuti, infatti, 879.451. L'iniziativa risale al 2015 ed è ormai interpretabile come una richiesta di chiarimento preventivo rispetto al successivo atto formale della "Correctio filialis". Alla "Supplica", però, non è mai seguita una risposta del Papa. Così come ai Dubia e alla "Correctio".
"Il testo -si legge nel comunicato diffuso da "Supplica filiale" - chiedeva "una parola chiaraficatrice" che dissipasse il generale disorientamento causato dall'eventualità che in seno alla Chiesa si apra una breccia tale da permettere l'adulterio in seguito all'accesso all'Eucarestia di coppie divorziate e risposate civilmente". Il coordinamento della "Supplica", composto da oltre 60 organizzazioni pro-famiglia e pro-vita, non ha "ricevuto", ribadisce il testo, "nemmeno una nota di avvenuta ricezione da parte della Santa Sede". E ancora: "Un'omissione che risulta paradossale, dal momento che Papa Francesco ha manifestato più volte il desiderio di una Chiesa vicina ai problemi dei fedeli e del popolo in genere, aperto al dialogo e al franco dibattito". A fare da sfondo, ovviamente, ci sono la discussa esortazione apostolica "Amoris Laetitia" e il secondo Sinodo sulla Famiglia. Gli stessi organizzatori della "supplica filiale", poi, hanno "predisposto" la "Dichiarazione di fedeltà all'insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua interrotta Disciplina". Firmata, a sua volta, da 35.112 persone, tra cui 3 cardinali, 9 vescovi e 636 tra sacerdoti diocesani e religiosi. Supplica, dichiarazione, dubia e correctio rappresentano, insomma, atti differenti, ma che sembrano avere in comune la mancata risposta del Papa e la richiesta pressante, da parte dei firmatari, di un dialogo al riguardo.
Proprio ai Dubia, poi, fanno riferimento gli organizzatori della "Supplica" quando si riferiscono alla "perplessità di innumerevoli fedeli di tutti i continenti", che ha trovato "autorevole risonanza" nelle cinque domande firmate da quattro cardinali nel settembre del 2016. L'11 agosto scorso, poi, l' "elevazione a Sua Santità" della correctio. Quello che gli organizzatori della "Supplica" sottolineano nel comunicato, infine, è il "silenzio" di Papa Francesco rispetto a tutto ciò. Una manifestazione di volontà che aggraverebbe il "clima di confusione", che arriva ad essere definita dal coordinamento della "supplica" come una "reticenza". Parole forti, che cercano il dialogo del Papa
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 52483.html

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 19/10/2017, 13:42
da UncleTom
…….REGGERA’,……….NON REGGERA’?????…….



E’ pur vero che la Chiesa Cattolica regge da duemila anni.

Ma i mezzi di comunicazione ed informazione sono di tipo avanzato rispetto al passato.





Trapani, nuove accuse al vescovo: ‘Attico pagato coi soldi per i bambini malati’
4/32

Notizie.it
Giovanni Casareto

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Francesco Micciché, ex vescovo di Trapani, sembra essere (stato) tutto tranne che un uomo di Chiesa (o forse sì?). L’ecclesiastico, infatti, era già finito nei guai qualche anno fa, nel 2012 a causa di una scandalo per un ammanco milionario. Adesso salta fuori un altro lato nascosto del vescovo di Trapani. Pare infatti che i soldi che dovevano essere destinati al sostegno di bambini autistici o bimbi malati siano finiti invece a sostegno di un attico a Roma.

Francesco Miccichè avrebbe utilizzato i soldi della Fondazione della curia di Trapani, la Campanile, per acquistare un attico di 210 mq nel cuore di Roma, dal valore di 800.000 euro. L’immobile si trova al quarto piano di un antico palazzo nobiliare al numero 50 di via San Nicola di Tolentino alle spalle di piazza Barberini. Cinque finestre su un unico balcone in uno stabile di pregio che ospita anche un paio di residence di lusso e un’accademia di moda. Sì, tutto normale, va tutto bene.

Attico a Roma
L’attico è stato acquistato dall’allora vescovo nel 2008, ed intestato alla Curia di Trapani, dichiarandone l’utilizzo ai fini di culto, evitando così di pagare l’imposta di registro. La proprietà, ufficialmente, era quindi equiparata ad una chiesa. L’ipotesi dei pm è che l’acquisto dell’appartamento rientrasse tra quegli investimenti che Micciché avrebbe realizzato sottraendo quasi tre milioni di euro alla Diocesi, dai fondi dell’8 per mille a quelli della Fondazione Campanile. Infatti, ci sono altri appartamenti a Palermo, ma anche titoli su conti esteri e polizze assicurative. L’ex vescovo di Trapani ha agito con un’astuta operazione tecnico-finanziaria. Ha effettuato la fusione per incorporazione della Fondazione istituita nel 1968 da monsignor Antonio Campanile, il quale l’aveva destinata ai bambini con gravi patologie, nella Fondazione Auxiluim, della quale il vescovo presidente aveva nominato amministratore il cognato Teodoro Canepa.
Ma non sarebbe stata l’unica operazione di quel genere. L’amministratore apostolico Alessandro Plotti a dire ai pm: “Ho rilevato una serie di operazioni sfavorevoli alla Diocesi, di scarsa comprensibilità, quali le cessioni in comodato gratuito di immobili reimpiegati in strutture alberghiere. Devo dire che ho rilevato una gestione personalistica della Diocesi di Trapani che ho trovato in stato di grave dissesto economico con una totale spoliazione dei suoi beni”.

Difesa del vescovo

Francesco Micciché risponde però alle accuse, di fatto negando le sue malefatte e proclamandosi vittima del caso che lo vede coinvolto. L’ex vescovo di Trapani ha inviato una lettera all’ex procuratore Marcello Viola in cui dice di aver scoperto sulla propria pelle la pericolosità della mafia ecclesiastica, giudicandola peggiore di quella ‘laica’. In attesa della conclusione dell’inchiesta (finora priva della risposta dello Ior alle richieste dei pm), Micciché, mai sospeso a divinis, vive a Roma e dice messa alla Confraternita dei siciliani. Nel 2012 era stato sollevato dall’incarico di vescovo di Trapani da papa Benedetto XVI, in seguito all’esplodere dello scandalo per un ammanco milionario dai conti della Diocesi.


https://www.msn.com/it-it/notizie/itali ... spartanntp

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 20/10/2017, 21:43
da UncleTom
PER PANCHO

Oggetto del messaggio: Re: Francesco un papa ...Cristiano!

MessaggioInviato: 28/09/2017, 22:24



UncleTom ha scritto::evil: :evil: :evil: :evil:

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Impreparati, incompetenti, immaturi: il ceto politico non è mai stato così ignorante
Anche se la legge elettorale ancora non c’è, le elezioni si avvicinano e gli aspiranti riscaldano i muscoli. Tra i più tenaci candidati a capo del governo ce n’è uno giovanissimo (31 anni appena compiuti), facondo, con cipiglio, determinato e ubiquo, ma non ugualmente solido in quel che un tempo si chiamava “bagaglio culturale”. Dalla sua bocca escono senza freno riferimenti storici e geografici sballati, congiuntivi strampalati, marchiani errori di fatto, slogan e progetti cervellotici (recentissimi l’Italia come smart nation e la citazione dell’inefficiente governo Rajoy come suo modello), anche quando si muove in quella che dovrebb’essere la sua specialità, cioè quel mix indistinto di nozioni e fatterelli politico-storico-economici che forma la cultura del politico di fila. Inoltre, Luigi Di Maio (è di lui che parlo) non è laureato. Si è avvicinato al fatale diploma, ma per qualche motivo non lo ha raggiunto. Nulla di male, intendiamoci: pare che in quel mondo la laurea non sia più necessaria, neanche per le cariche importanti.

Nel governo Gentiloni più di un ministero è presidiato da non laureati e non laureate: istruzione e salute, lavoro e giustizia. Se questa non è forse la “prevalenza del cretino” preconizzata da Fruttero e Lucentini, è di certo la prevalenza dell’ignorante.

Infatti la legislatura attuale ha una percentuale di laureati tra le più basse della storia: di poco sopra il 68 per cento, un dato che mette tristezza a confronto col 91 per cento del primo Parlamento repubblicano… Qualche settimana fa la Repubblica ha offerto lo sfondo a questo spettacolo, mostrando con tanto di tabelle che la riforma universitaria detta “del 3+2”, testardamente voluta nel 2000 dai non rimpianti ministri Berlinguer e Zecchino al grido di “l’Europa ce lo chiede!”, è stata un fiasco. I laureati sono pochi, non solo nel ceto politico ma nel paese, in calo perfino rispetto a quelli del 2000, ultimo anno prima della riforma. L’età media del laureato italiano è superiore ai 27 anni e la laurea triennale non serve (salvo che per gli infermieri) a nulla. I giovani che concludono il ciclo di 5 anni (il “3 + 2”) sono addirittura meno del totale di quelli che vent’anni fa si laureavano coi vecchi ordinamenti (durata degli studi 4, 5 o 6 anni). Per giunta, per completare la laurea triennale ci vogliono 4,9 anni, per quella quinquennale più di 7,4! Quindi, l’obiettivo principale della riforma, che era quello di aumentare il tasso di laureati, è mancato.

Le cause? Certamente non sono quelle che ha suggerito, nel suo intervento a Cernobbio agli inizi di settembre, la non laureata ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli: la colpa dei pochi laureati, ha suggerito (lei ex sindacalista!), è delle «famiglie a basso reddito», che non trovano più buoni motivi per spingere i figli a laurearsi. Non ha pensato, non avendolo frequentato, che invece è tutto il sistema universitario che andrebbe, come le case abusive, abbattuto e riprogettato. Quindi, se il paese è conciato così, come possiamo pretendere che il personale politico sia meglio?

Ma non è finita. Un altro guaio, più serio, sta nel fatto che il ceto politico attuale, e ancor più (si suppone) quello che gli subentrerà al prossimo turno, ha un record unico nella storia d’Italia, di quelli che fanno venire i brividi: i suoi componenti, avendo un’età media di 45,8 anni (nati dunque attorno al 1970), sono il primo campione in grandezza naturale di una fase speciale della nostra scuola, che solo ora comincia a mostrare davvero di cosa è capace. Perché dico che la scuola che hanno frequentato è speciale? Perché è quella in cui, per la prima volta, hanno convissuto due generazioni di persone preparate male o per niente: da una parte, gli insegnanti nati attorno al 1950, formati nella scassatissima scuola post-1968; dall’altra, quella degli alunni a cui dagli anni Ottanta i device digitali prima e poi gli smartphone hanno cotto il cervello sin dall’infanzia.

I primi sono cresciuti in una scuola costruita attorno al cadavere dell’autorità (culturale e di ogni altro tipo) e della disciplina e all’insofferenza verso gli studi seri e al fastidio verso il passato; i secondi sono nati in un mondo in cui lo studio e la cultura in genere (vocabolario italiano incluso) contano meno di un viaggio a Santorini o di una notte in discoteca.

Prodotta da una scuola come questa, era forse inevitabile che la classe politica che governa oggi il paese fosse non solo una delle più ignoranti e incompetenti della storia della Repubblica, ma anche delle più sorde a temi come la preparazione specifica, la lungimiranza, la ricerca e il pensiero astratto, per non parlare della mentalità scientifica. La loro ignoranza è diventata ormai un tema da spot e da imitazioni alla Crozza. I due fattori (scarsità di studi, provenienza da una scuola deteriorata), mescolati tra loro, producono la seguente sintesi: non si è mai visto un ceto politico così incompetente, ignorante e immaturo.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, nelle parole, le opere e le omissioni. Si dirà, come al solito, che il grande Max Weber lo aveva profetizzato già nel famoso saggio sulla Politica come professione (1919): «lo Stato moderno, creato dalla Rivoluzione» spiega «mette il potere nelle mani di dilettanti assoluti […] e vorrebbe utilizzare i funzionari dotati di preparazione specialistica solo come braccia operative per compiti esecutivi». Ma il povero Max non poteva prevedere le novità cool dei nostri tempi: per dirne una, la rabbiosa spinta che il movimento di Beppe Grillo avrebbe dato alla prevalenza dell’incompetente.

Il caso di Virginia Raggi, per esempio, è da trattato di sociologia politica. Pronuncia carinamente l’inglese, ma è un’icona fulgente dell’incompetenza e dell’improvvisazione. Lo mostra, tra le mille cose, il suo incessante fare e disfare alla ricerca di assessori, alti funzionari e dirigenti per le partecipate: li raccatta dalle più varie parti d’Italia, senza distinguere tra accademici e gestori di night, li licenzia di punto in bianco, non vede che la città affonda nella monnezza e nell’incuria e intanto, svagata e placida, esibisce al popolo sfinito la più granitica certezza del radioso futuro della Capitale. Max Weber non avrebbe mai immaginato neppure che i destini della Capitale potessero esser telegovernati da un paio di signori che nessuno ha eletto, o che una deputata, che nella vita faceva la ragioniera, sarebbe arrivata a spiegare col forte caldo la lieve ripresa estiva del Pil.


Gli incompetenti si sono procurati ulteriore spazio sfruttando senza ritegno il tormentone del rinnovamento di generazione, che, partito dall’Italia, ha contagiato quasi tutt’Europa. Esser giovane in politica è ormai un titolo di merito di per sé, indipendentemente dal modo in cui la giovinezza è stata spesa, anche se i vecchi sanno bene che la giovinezza garantisce con sicurezza assoluta solo una cosa: l’inesperienza, una delle facce dell’incompetenza.

La cosa è talmente ovvia che nel 2008 la ministra Marianna Madia, eletta in parlamento ventiseienne, non ancora laureata, dichiarò che la sola cosa che portava in dote era la sua “inesperienza” (sic).


La lista che ho appena fatto non contiene solo piccoli fatti di cronaca. Se si guarda bene, è una lista di problemi, perché suscita due domande gravi e serie. La prima è: a cosa dobbiamo, specialmente in Italia, quest’avanzata di persone che, oltre che giovanissime, sono anche I-I-I (“incompetenti, ignoranti e immaturi”)? È la massa dei somari che prende il potere, per una sorta di tardivo sanculottismo culturale? Sono le “famiglie di basso reddito” della Fedeli, ormai convinte che i figli, invece che farli studiare e lavorare, è meglio spingerli in politica? Oppure è l’avanzata di un ceto del tutto nuovo, quello dell’uomo-massa, di cui José Ortega y Gasset (in La ribellione delle masse) descriveva preoccupato l’emergere?

«L’uomo-massa si sente perfetto» diceva Ortega y Gasset, aggiungendo che «oggi è la volgarità intellettuale che esercita il suo imperio sulla vita pubblica». «La massa, quando agisce da sola, lo fa soltanto in una maniera, perché non ne conosce altre: lincia». È una battutaccia da conservatore? Oppure la dura metafora distillata da un’intelligenza preveggente? Comunque la pensiate, queste parole non sono state scritte oggi, ma nel 1930. Forse l’avanzata della «volgarità intellettuale» era in corso da tempo e, per qualche motivo, non ce ne siamo accorti.

La seconda domanda seria è la seguente: la democrazia può funzionare ancora se conferisce responsabilità di comando a persone dichiaratamente I-I-I? Forse in astratto sì, se è vero che (come pensava Hans Kelsen) la democrazia è «il regime che non ha capi», nel senso che chiunque può diventare capo. In un regime del genere, quindi, chiunque, anche se del tutto I-I-I e appena pubere, può dare un contributo al paese. Napoleone salì al vertice della Francia a 29 anni e Emmanuel Macron (suo remoto emulo, dileggiato dagli oppositori col nomignolo di Giove o, appunto, di Napoleone) è presidente della Repubblica a 39. Nessuno di loro aveva mai comandato le armate francesi o governato la Repubblica. Ma ammetterete senza difficoltà che tra loro e Luigi Di Maio (e tanti suoi colleghi e colleghe con le stesse proprietà, del suo e di altri partiti) qualche differenza c’è.


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© Riproduzione riservata

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 09/11/2017, 18:40
da UncleTom
L'OVRA IN AZIONE NON VOLEVA LA PUBBLICAZIONE DI QUANTO STA ACCADENDO NEL MONDO.
HA CANCELLATO LE NOTE DI ACCOMPAGNAMENTO AL FILE, MALGRADO WINDOWS 10 FOSSE
POSIZIONATO SU
Modalità aereo : ATTIVATO
E WI-FI : DISATTIVATO


vedi:

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 160438.htm

Re: Francesco un papa ...Cristiano!

Inviato: 08/12/2017, 2:13
da UncleTom
Papa Francesco non ha dubbi: "Il 'Padre Nostro' è sbagliato, Dio non induce in tentazione. Casomai, è Satana"
16/21

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ANSA
2 giorni fa
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È la più conosciuta e diffusa delle preghiere cristiane, quella che, secondo il Vangelo di Luca (11,1), fu insegnata da Gesù stesso ai suoi discepoli che gli chiedevano come dovessero pregare. Eppure, a duemila anni di distanza, la sua versione è ancora controversa. E ora a dirlo è persino il Papa in persona.

© Damir Sagolj / Reuters
Nella preghiera del "Padre nostro" Dio che ci induce in tentazione "non è una buona traduzione", afferma infatti papa Francesco nella settima puntata del programma "Padre nostro", condotto da don Marco Pozza, in onda su Tv2000 il 6 dicembre, alle ore 21.05. "Anche i francesi - prosegue il Pontefice - hanno cambiato il testo con una traduzione che dice 'non mi lasci cadere nella tentazione': sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito". "Quello che ti induce in tentazione - conclude Francesco - è Satana, quello è l'ufficio di Satana".
Il Papa dialoga con il giovane cappellano del carcere di Padova, don Marco Pozza, nell'introduzione di ogni puntata. Il programma, nato dalla collaborazione tra la Segreteria vaticana per la Comunicazione e Tv2000, è in nove puntate, nelle quali don Marco incontra anche noti personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. Nella settima puntata, ospite il filosofo Umberto Galimberti, secondo cui "l'ottimismo del cristianesimo non esiste in altre culture". Dalle risposte del Papa a don Marco è nato anche il libro Padre nostro (Rizzoli-Lev).
Della controversia sulla preghiera più nota del cristianesimo si è parlato in queste settimane quando in Francia si è detto appunto addio al vecchio "Padre Nostro". Dopo anni di discussioni sulla giusta traduzione, la nuova versione francese non include più il passaggio "ne nous soumets pas à la tentation" - 'non sottometterci alla tentazione' -, che è stato sostituito con una versione ritenuta più corretta: "Ne nous laisse pas entrer en tentation", 'non lasciarci entrare in tentazione'.
Secondo quanto ha scritto Le Figaro, la prima formula - "non sottometterci" - ha fatto credere a generazioni di fedeli che Dio potesse tendere in qualche modo una sorta di tranello, chiedendo loro di compiere il bene, li "sottometteva" alla tentazione del male. "La frase attuale lasciava supporre che Dio volesse tentare l'essere umano mentre Dio vuole che l'uomo sia un essere libero", ha commentato il vescovo di Grenoble, monsignor Guy de Kerimel, citato dal giornale.
Dopo mezzo secolo - la controversa versione venne introdotta il 29 dicembre 1965 - la Conferenza episcopale transalpina ha quindi optato per la nuova traduzione del "Notre Père". Per aiutare i fedeli a memorizzarla, la nuova preghiera è stata distribuita in decine di migliaia di copie nelle chiese di Francia. Il cambio ufficiale è avvenuto domenica 3 dicembre.
Per la verità, anche in Italia, nella versione della Bibbia della Cei (2008), il passo "et ne nos inducas in tentationem" è tradotto con "e non abbandonarci alla tentazione"; l'edizione del Messale Romano in lingua italiana attualmente in uso (1983) non recepisce tuttavia questo cambiamento. Ora però è il Papa a sostenere pubblicamente che si dovrebbe cambiare.

https://www.msn.com/it-it/notizie/itali ... spartandhp