Case chiuse
Inviato: 28/05/2014, 20:42
Corriere 28.5.14
Quelli che si convertono dopo il Boom
Dalla corsa alla foto ai commenti entusiastici
Ora gli oppositori sono diventati renziani
di Pierluigi Battista
Stanno cambiando verso davvero molto in fretta. Domenica notte, quando le prime proiezioni centellinavano percentuali da trionfo, numeri da apoteosi, 40 per cento, un «record storico», nel Pd di minoranza i refrattari della penultima ora (prima del voto) già si erano per incanto trasformati negli entusiasti della primissima ora (dopo il voto).
Una fotografia li immortalò: il giovane gruppo dirigente forgiato da Matteo Renzi che, insieme a «nonno Zanda», esulta soddisfatto per il successo smisurato del leader provvidenzialmente assente per non rubare tutta la scena.
Ma nella foto di quel giovane gruppo dirigente, nota l’ostile Fatto quotidiano , c’è qualche «intruso», non proprio un renziano antemarcia, diciamo: Stefano Fassina («Fassina chi?»); un altro Matteo, ma Orfini; Alfredo D’Attorre, proprio il «bersaniano» che lanciò la fatwa contro il neosegretario del Pd, colpevole di aver profanato la sede del Nazareno con l’orrido Berlusconi; Roberto Speranza; persino Nico Stumpo, l’uomo che alle primarie del 2012 architettò pro-Bersani un farraginoso percorso a ostacoli (le «regole») per impedire al massimo numero di presunti «renziani» non iscritti al Pd di entrare nei gazebo del partito. #Cambiaverso, recita l’hashtag .
E loro hanno cambiato.
Su Twitter, del resto, che era già il regno del giornalismo veloce, giovane, arrembante, moderno con Renzi protagonista indiscusso, è tutto un concedersi e rimpallarsi visibilissimi endorsement via hashtag in cui l’ammiccamento si sposa l’appartenenza, la strizzatina d’occhio si annida tra i militanti della Causa mimetizzato in followers .
Spuntano come funghi dopo la scalata al vertiginoso 40 per cento frizzanti #lasvoltabuona, perentori #unoperuno, imperiosi #cambiaverso. Prima di domenica, insomma, bisognava contenersi.
Dopo il 40 per cento, possono cadere freni e remore. I freni e le remore distrutti quando, durante una conferenza stampa, forse per la prima volta nella storia del giornalismo politico dell’Italia repubblicana, un applauso è partito lunedì dalla platea di cronisti all’indirizzo del presidente del Consiglio vincitore assoluto delle elezioni.
Forse, non è detto che sia la prima volta, ma gli annali e gli archivi non riportano precedenti.
Mentre è certo che al termine della conferenza stampa siano fioccati commenti sui social network in cui i giudizi più misurati e sobri hanno indicato nel discorso di Matteo Renzi i segni di uno «statista», se non di un «grande statista».
Ed è altresì certo che si è arrivati, dopo il trionfo elettorale, a chiedere pubblicamente su Twitter le «scuse» a Pina Picierno per le improvvide critiche che le erano piovute sul capo dopo le dichiarazioni sulla spesa di 80 euro al supermercato.
Succede sempre così: la salita un po’ precipitosa sul carro del vincitore.
E Matteo Renzi, che è persona spiritosa e accorta, lo sa bene. A pochissimi minuti dalle fantastiche proiezioni elettorali, Andrea Salerno, uno degli autori di Gazebo, un’oasi di ironia e autoironia nella seriosità del talk-show nazionale, ha scritto: «Partita la gara a chi conosce Matteo da prima. Qualcuno twitta: ecografia prenatale». Ma è un costume abbastanza frequente, all’indomani di elezioni che consacrano un grande vincitore.
Quello che invece non è così frequente è che non commentatori e giornalisti, ma politici un tempo ostili al vincitore si mettano in posa per dichiararsi super-renziani che più renziani non si può. La minoranza del Pd, quella che doveva essere la Vandea anti-renziana, l’«apparato» che remava contro, i parlamentari in «quota Bersani» che facevano silenziosamente gli ostruzionisti pronti ad avventarsi sulla preda se le elezioni non fossero andate brillantemente: ecco il nuovo mondo di chi ha cambiato subito verso.
Gianni Cuperlo rilascia interviste in cui si dice ammirato dall’«energia» impressa da Renzi. Rosy Bindi, uno dei bersagli del rottamatore ricambiato da un’ostilità dichiarata, toscanamente schietta, in un’altra intervista si mostra quasi orgogliosa di un leader che ha saputo parlare così bene agli elettori.
Nichi Vendola, che ai tempi del conflitto delle primarie del 2012 considerava Renzi come l’orrenda «incarnazione dell’inciucio sublime tra sinistra e liberismo» oggi loda in Renzi colui che «catalizza una speranza di cambiamento» e che può autorevolmente fronteggiare le politiche di «austerity» in Europa.
Stefano Fassina gioisce e non considera più una «vergogna» l’incontro di Berlusconi nella sede del partito che ha stravinto le elezioni. Non cambia la propensione ad omaggiare chi vince. #Cambiaverso , ma non questo.
Anche Civati è pronto al grande salto di una gestione collegiale maggioranza-opposizioni. «Ora tutti salgono alla corte di Renzi, ma io prima voglio capire se questo risultato porta verso un progetto politico di centrosinistra o se Alfano vorrà fare il centro con Renzi», dice Pippo. L’antagonista per antonomasia Stefano Fassina rende «onore al merito di Renzi per la grande vittoria»
Quelli che si convertono dopo il Boom
Dalla corsa alla foto ai commenti entusiastici
Ora gli oppositori sono diventati renziani
di Pierluigi Battista
Stanno cambiando verso davvero molto in fretta. Domenica notte, quando le prime proiezioni centellinavano percentuali da trionfo, numeri da apoteosi, 40 per cento, un «record storico», nel Pd di minoranza i refrattari della penultima ora (prima del voto) già si erano per incanto trasformati negli entusiasti della primissima ora (dopo il voto).
Una fotografia li immortalò: il giovane gruppo dirigente forgiato da Matteo Renzi che, insieme a «nonno Zanda», esulta soddisfatto per il successo smisurato del leader provvidenzialmente assente per non rubare tutta la scena.
Ma nella foto di quel giovane gruppo dirigente, nota l’ostile Fatto quotidiano , c’è qualche «intruso», non proprio un renziano antemarcia, diciamo: Stefano Fassina («Fassina chi?»); un altro Matteo, ma Orfini; Alfredo D’Attorre, proprio il «bersaniano» che lanciò la fatwa contro il neosegretario del Pd, colpevole di aver profanato la sede del Nazareno con l’orrido Berlusconi; Roberto Speranza; persino Nico Stumpo, l’uomo che alle primarie del 2012 architettò pro-Bersani un farraginoso percorso a ostacoli (le «regole») per impedire al massimo numero di presunti «renziani» non iscritti al Pd di entrare nei gazebo del partito. #Cambiaverso, recita l’hashtag .
E loro hanno cambiato.
Su Twitter, del resto, che era già il regno del giornalismo veloce, giovane, arrembante, moderno con Renzi protagonista indiscusso, è tutto un concedersi e rimpallarsi visibilissimi endorsement via hashtag in cui l’ammiccamento si sposa l’appartenenza, la strizzatina d’occhio si annida tra i militanti della Causa mimetizzato in followers .
Spuntano come funghi dopo la scalata al vertiginoso 40 per cento frizzanti #lasvoltabuona, perentori #unoperuno, imperiosi #cambiaverso. Prima di domenica, insomma, bisognava contenersi.
Dopo il 40 per cento, possono cadere freni e remore. I freni e le remore distrutti quando, durante una conferenza stampa, forse per la prima volta nella storia del giornalismo politico dell’Italia repubblicana, un applauso è partito lunedì dalla platea di cronisti all’indirizzo del presidente del Consiglio vincitore assoluto delle elezioni.
Forse, non è detto che sia la prima volta, ma gli annali e gli archivi non riportano precedenti.
Mentre è certo che al termine della conferenza stampa siano fioccati commenti sui social network in cui i giudizi più misurati e sobri hanno indicato nel discorso di Matteo Renzi i segni di uno «statista», se non di un «grande statista».
Ed è altresì certo che si è arrivati, dopo il trionfo elettorale, a chiedere pubblicamente su Twitter le «scuse» a Pina Picierno per le improvvide critiche che le erano piovute sul capo dopo le dichiarazioni sulla spesa di 80 euro al supermercato.
Succede sempre così: la salita un po’ precipitosa sul carro del vincitore.
E Matteo Renzi, che è persona spiritosa e accorta, lo sa bene. A pochissimi minuti dalle fantastiche proiezioni elettorali, Andrea Salerno, uno degli autori di Gazebo, un’oasi di ironia e autoironia nella seriosità del talk-show nazionale, ha scritto: «Partita la gara a chi conosce Matteo da prima. Qualcuno twitta: ecografia prenatale». Ma è un costume abbastanza frequente, all’indomani di elezioni che consacrano un grande vincitore.
Quello che invece non è così frequente è che non commentatori e giornalisti, ma politici un tempo ostili al vincitore si mettano in posa per dichiararsi super-renziani che più renziani non si può. La minoranza del Pd, quella che doveva essere la Vandea anti-renziana, l’«apparato» che remava contro, i parlamentari in «quota Bersani» che facevano silenziosamente gli ostruzionisti pronti ad avventarsi sulla preda se le elezioni non fossero andate brillantemente: ecco il nuovo mondo di chi ha cambiato subito verso.
Gianni Cuperlo rilascia interviste in cui si dice ammirato dall’«energia» impressa da Renzi. Rosy Bindi, uno dei bersagli del rottamatore ricambiato da un’ostilità dichiarata, toscanamente schietta, in un’altra intervista si mostra quasi orgogliosa di un leader che ha saputo parlare così bene agli elettori.
Nichi Vendola, che ai tempi del conflitto delle primarie del 2012 considerava Renzi come l’orrenda «incarnazione dell’inciucio sublime tra sinistra e liberismo» oggi loda in Renzi colui che «catalizza una speranza di cambiamento» e che può autorevolmente fronteggiare le politiche di «austerity» in Europa.
Stefano Fassina gioisce e non considera più una «vergogna» l’incontro di Berlusconi nella sede del partito che ha stravinto le elezioni. Non cambia la propensione ad omaggiare chi vince. #Cambiaverso , ma non questo.
Anche Civati è pronto al grande salto di una gestione collegiale maggioranza-opposizioni. «Ora tutti salgono alla corte di Renzi, ma io prima voglio capire se questo risultato porta verso un progetto politico di centrosinistra o se Alfano vorrà fare il centro con Renzi», dice Pippo. L’antagonista per antonomasia Stefano Fassina rende «onore al merito di Renzi per la grande vittoria»