Camorra
Inviato: 30/05/2014, 22:00
Camorra, pentito Iovine: “I Casalesi fecero affari nella gestione dell’emergenza rifiuti”
Il clan puntava agli appalti per le ecoballe. "Giravano molti soldi, a farla da padrone era Michele Zagaria che aveva rapporti privilegiati con la struttura della Regione che assegnava i lavori"
di Vincenzo Iurillo | 30 maggio 2014Commenti (0)
Nei numerosi omissis che costellano i quattro verbali del suo esordio da pentito, forse, si annidano le prime rivelazioni di Antonio Iovine sugli affari del clan dei Casalesi nella gestione dell’emergenza rifiuti in Campania.
Il boss di Gomorra sa. E può raccontare molto. Ne sono certi Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, i pm dell’anticamorra napoletana che due settimane fa hanno iniziato a raccogliere le deposizioni del ‘Ninno’.
Qualcosa già trapela nelle parti non omissate e depositate in un processo a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) sulle infiltrazioni camorristiche negli appalti di Villa Literno. Nel primo verbale del 13 maggio, dove illustra i contenuti della collaborazione di giustizia, Iovine accenna agli appalti per la costruzione delle piazzole per le ecoballe, i rifiuti tritovagliati e cellophanati che nelle intenzioni del commissariato per l’emergenza avrebbero dovuto rappresentare il combustibile dei termovalorizzatori in costruzione.
“Si trattava di un settore nel quale giravano molti soldi e in questo ambito la faceva da padrone Michele Zagaria, che con il fratello Pasquale aveva rapporti privilegiati con la struttura della Regione che doveva assegnare i lavori e decidere i luoghi dove costruirle”.
Iovine spiega che Zagaria, detto Capastorta - l’altro superboss che insieme a lui ha diviso il comando del clan – “aveva un rapporto diretto con un ingegnere che, in pratica, rispondeva ai suoi ordini nell’ambito di un rapporto di corruzione stabile nel tempo”. E se qualche imprenditore voleva entrare in gioco doveva fare i conti con Zagaria “che pretendeva di avere il monopolio in questo settore”.
Ne sa qualcosa, secondo Iovine, Pasquale Mastrominico, finito nelle maglie dell’inchiesta di Villa Literno. L’impresa Mastrominico riuscì a entrare nell’associazione di imprese di un grosso appalto cittadino perché fu segnalata “a livello politico” a un altro imprenditore, Giovanni Malinconico, che Iovine indica come un proprio “socio” di fatto.
Mastrominico provò anche a inserirsi nel business delle piazzole. “Era riuscito ad avere un buon aggancio, credo proprio con lo stesso ingegnere, per avere la costruzione di una piazzolla su alcuni terreni di famiglia mediante il pagamento di fitti molto remunerativi con contratti decennali. Si trattava di milioni di euro…”. La cosa non fu gradita da Zagaria, che impose un “chiarimento”. Per i Mastrominico andò a trattare con Capastorta, il boss il capoclan Nicola Panaro. “Credo – racconta Iovine – che alla fine Mastrominico riuscì a procedere, anche se non ho saputo con precisione come sia finita”.
Intanto le rivelazioni di Iovine hanno permesso ai di ritrovare quattro Kalashnikov. Armi e munizioni sono state rinvenute dai carabinieri di Caserta Casal di Principe, nell’abitazione di Antonio Cioffo, già condannato per associazione camorristica. L’operazione è stata condotta dal comandante provinciale di Caserta, Giancarlo Scafuri, e coordinata dal pm della Dda Antonello Ardituro. Si tratta del secondo ritrovamento di armi avvenuto grazie alle informazioni dell’ex capo clan dei casalesi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... i/1007877/
Il clan puntava agli appalti per le ecoballe. "Giravano molti soldi, a farla da padrone era Michele Zagaria che aveva rapporti privilegiati con la struttura della Regione che assegnava i lavori"
di Vincenzo Iurillo | 30 maggio 2014Commenti (0)
Nei numerosi omissis che costellano i quattro verbali del suo esordio da pentito, forse, si annidano le prime rivelazioni di Antonio Iovine sugli affari del clan dei Casalesi nella gestione dell’emergenza rifiuti in Campania.
Il boss di Gomorra sa. E può raccontare molto. Ne sono certi Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, i pm dell’anticamorra napoletana che due settimane fa hanno iniziato a raccogliere le deposizioni del ‘Ninno’.
Qualcosa già trapela nelle parti non omissate e depositate in un processo a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) sulle infiltrazioni camorristiche negli appalti di Villa Literno. Nel primo verbale del 13 maggio, dove illustra i contenuti della collaborazione di giustizia, Iovine accenna agli appalti per la costruzione delle piazzole per le ecoballe, i rifiuti tritovagliati e cellophanati che nelle intenzioni del commissariato per l’emergenza avrebbero dovuto rappresentare il combustibile dei termovalorizzatori in costruzione.
“Si trattava di un settore nel quale giravano molti soldi e in questo ambito la faceva da padrone Michele Zagaria, che con il fratello Pasquale aveva rapporti privilegiati con la struttura della Regione che doveva assegnare i lavori e decidere i luoghi dove costruirle”.
Iovine spiega che Zagaria, detto Capastorta - l’altro superboss che insieme a lui ha diviso il comando del clan – “aveva un rapporto diretto con un ingegnere che, in pratica, rispondeva ai suoi ordini nell’ambito di un rapporto di corruzione stabile nel tempo”. E se qualche imprenditore voleva entrare in gioco doveva fare i conti con Zagaria “che pretendeva di avere il monopolio in questo settore”.
Ne sa qualcosa, secondo Iovine, Pasquale Mastrominico, finito nelle maglie dell’inchiesta di Villa Literno. L’impresa Mastrominico riuscì a entrare nell’associazione di imprese di un grosso appalto cittadino perché fu segnalata “a livello politico” a un altro imprenditore, Giovanni Malinconico, che Iovine indica come un proprio “socio” di fatto.
Mastrominico provò anche a inserirsi nel business delle piazzole. “Era riuscito ad avere un buon aggancio, credo proprio con lo stesso ingegnere, per avere la costruzione di una piazzolla su alcuni terreni di famiglia mediante il pagamento di fitti molto remunerativi con contratti decennali. Si trattava di milioni di euro…”. La cosa non fu gradita da Zagaria, che impose un “chiarimento”. Per i Mastrominico andò a trattare con Capastorta, il boss il capoclan Nicola Panaro. “Credo – racconta Iovine – che alla fine Mastrominico riuscì a procedere, anche se non ho saputo con precisione come sia finita”.
Intanto le rivelazioni di Iovine hanno permesso ai di ritrovare quattro Kalashnikov. Armi e munizioni sono state rinvenute dai carabinieri di Caserta Casal di Principe, nell’abitazione di Antonio Cioffo, già condannato per associazione camorristica. L’operazione è stata condotta dal comandante provinciale di Caserta, Giancarlo Scafuri, e coordinata dal pm della Dda Antonello Ardituro. Si tratta del secondo ritrovamento di armi avvenuto grazie alle informazioni dell’ex capo clan dei casalesi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... i/1007877/