Economia

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Orso Balosso • un'ora fa
Ecco il rimborso per gli 80€.
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Respf • un'ora fa
Quando si compera un opera, ad esempio un album di musica rock, si compera il diritto all'uso della proprietà intellettuale. Ora, io vorrei che la SIAE mi spiegasse perché va ricomperato lo stesso diritto all'uso della stessa proprietà intellettuale, solo perché il supporto su cui mi hanno venduto quel prodotto si è deteriorato (se ho comperato le musicassette negli anni '80, perché ora dovrei ripagare per avere un CD) ? dovrebbero vendermi un codice associato a quella proprietà intellettuale e lasciare che provveda io a decidere se voglio un CD, un DVD, un file mp3 o quello che inventeranno in futuro. Se ritengono che questo ragionamento sia sbagliato, allora mi vendono un prodotto e basta, ma a quel punto nessuna tassa può essere dovuta, neanche quella per il loro assurdo sostentamento.
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Nicola • un'ora fa
Questo franceschini ha sempre fatto poco o nulla la volta che si muove fa' danni, a settembre il bamboccio tassa l'aria
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King_DuckZ • 2 ore fa
Al di là del fatto che fare il processo alle intenzioni è ingiusto, al di là del fatto che tanto vale ordinare la roba su ebay da venditori esteri, al di là del fatto che io nemmeno abito in Italia, ma se uno scarica come un porcone adesso, lo lasciano in pace visto che ha già pagato la Siae? O scaricare film e musica rimane illegale?
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BiPaolo King_DuckZ • un'ora fa
Questi ancora non hanno capito che non pagano i download illegali, ma le copie legali (ma forse fanno i finti tonti...)
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Serna King_DuckZ • 2 ore fa
"Secondo la legge, l’equo compenso per copia privata viene versato all’acquisto di uno strumento tecnologico (un cd vergine, un lettore Mp3, un tablet o uno smartphone, etc.) che offre la possibilità di copiare ad uso privato un’opera creativa legittimamente acquistata protetta da diritto d’autore." http://www.copiaprivata.it/

Dei veri geni (del crimine).
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Massimo Germano • 2 ore fa
non pensavo nemmeno potessero esistere le leggi preventive, è come se una pistola costasse 100.000 euro in più a titolo di risarcimento per la persona che potresti ammazzare...gabbia di matti
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BiPaolo Massimo Germano • un'ora fa
Se non lo pensavi è perché, come dire, ignori ...
Il meccanismo dell'equo compenso per copie private é diffuso in tutto il mondo, informati su wikipedia.
E lascia perdere il paragone sciocco della pistola, pensa al bollo di circolazione che paghi anche se l'auto la tieni in garage.
E lo sai che i cacciatori pagano l'assicurazione per gli eventuali incidenti procurati con il loro fucile? La pagano anche se poi non ammazzano nessuno...
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camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

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arunk Massimo Germano • un'ora fa
Gabbia di furbi.

Non esistono le lobbies degli "ammazzati", mentre esiste la lobby degli autori e degli editori (SIAE).

Rispetto al DL sulla copia privata sarebbe più logica la tassa sull'arma, anche se ugualmente assurda. Ma in questo caso le lobbies dei produttori di armi sarebbero contrarie e farebbe fuoco e fiamme.

Quindi a perdere in ogni caso è l'umile cittadino, ultimo elemento della catena, colpito dai balzelli come fossero pallottole.

A meno che non si voglia pensare male... Cherchez la femme... ou l'argent.
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Daniele Bagaglini • 2 ore fa
Qualcuno dovrebbe spiegarmi - ed essere parecchio convincente - perché dovrei pagare, un sovrapprezzo per l'equo compenso su un iPhone o iPad, nei quali Apple decide a prescindere cosa posso o non posso salvare. La musica viene da iTunes, i films pure, i libri da iBooks, le riviste dall'edicola le app dallo store integrati. Cosa dovrei pagare alla SIAE che non ho già pagato acquistandolo su iTunes? Le foto e i video delle mie vacanze, forse? Tutto ciò è anacronistico e ridicolo.
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Walther La Spada Daniele Bagaglini • un'ora fa
Il guaio é che gli autori hanno poche idee e campano sulle vecchie glorie ...

La mafia é più economica (ed autorevole) di questo stato di merda
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gianni travaglia Daniele Bagaglini • 2 ore fa
Non fatevi seghe mentali, la tassa va pagata per mantenere il consenso della maggioranza che governa. SIAE, l'ennesimo baraccone statale pieno di voti. Non ci vuole poi così tanto a capirlo...e non è il solo!
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RenatoT • 2 ore fa
mi pareva strano facessero fallire la Siae...
Ecco quali sono le riforme da fare nel paese.. queste.

Tanto prima o poi i 400 miliardi dovranno cominciare a tagliare veramente... e li voglio vedere tutti i carrozzoni-mangiatoie che fine faranno.
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fratelfratel • 2 ore fa
...credo che quest'anno, le persone che evaderanno che ricorreranno al nero e faranno trucchetti vari per raggirare i controlli finanziari, raddoppieranno il tutto grazie ad un governo che promette e non mantiene...io farò di tutto per tenere quel che guadagno e non renderò conto a nessuno.
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gramaziom • 3 ore fa
E l'equo compenso sui prodotti come carta e stampanti no? Mi sembrerebbe giusto, a prevenzione delle copie illegali che si possono effettuare con questi strumenti tremendi, nessuno pensa a risarcire i poveri artisti/fotografi!
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Politically correct • 3 ore fa
Ehi PARTIGGIANI DEL UEB, voi che siete "intellettuali di sinistra" sicuramente saprete dirmi per quale motivo io dovrei comprare in Italia un prodotto e pagarlo 9 euro in più quando in paesi come Germania o Inghilterra posso prenderlo evitando il sovrapprezzo. Scusate ancora PARTIGGIANI DEL UEB, perché il compagno Franceschini non dice chiaramente che saranno i consumatori a pagare questo contributo, evitando così di farsi sbugiardare dall'Agcom (badate bene, l'Agcom, non Grillo)?

L'economia come la facciamo girare in Italia? Ah già, abbiamo gli 80 euri che il proletario comandante comunista che #lotta sui dossier per dare il pane a tutti gli italiani Renzo Guevara Mattei ha donato al popolo oppresso contestualmente ad un aumento di tasse, così come sancito da Banca d'Italia, Confesercenti e Fondo Monetario.

A.F.M.
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the_joker_IT • 3 ore fa
i parassiti della SIAE vincono sempre qualunque sia il colore del governo perché da "brava" lobby riesce sempre ad aver qualcuno dei suoi all'interno dei parlamento e ovviamente il governo non vuole mai scontentare questi parassiti, quindi via libera a balzelli medievali.

PS.: non si credano i signori parassiti che faranno gran bottino con questo furto, il pizzo verrà tranquillamente evitato acquistando prodotti tecnologici da venditori non italiani con il doppio risultato di incassare meno e far incassare meno anche i venditori italiani che poveretti non ne hanno colpa. E' comunque nulla riguardo l'effetto causato di questo pizzo ai parassiti a cd/dvd anni fa che hanno causato la CHIUSURA delle industrie italiane.
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Serna the_joker_IT • 2 ore fa
Mah... forse qualche consumatore lo farà, ma se vuoi avere una garanzia italiana, magari senza dover rispedire indietro i prodotti a tue spese, allora ti tocca comprare in Italia. Inoltre, la stessa cosa faranno probabilmente anche la gran parte delle aziende (per cui queste tasse sono doppiamente assurde) per gli acquisti di PC, dischi e dispositivi vari...
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Savoia Marchetti Serna • un'ora fa
ma che problemi sono? Una pennetta USB è per sempre e vince anche a Uimbledon.
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King_DuckZ Serna • 2 ore fa
Io i dvd e cd non li ho mai comprati dall'Italia, e roba tipo hard disk se hanno difetti di fabbricazione devi comunque rimandarli in fabbrica, che difficilmente si trova in Italia. Ricordo che anni fa avevo lo Iomega Zip, si era guastato l'alimentatore e la Iomega mi mandò un corriere a casa a prendersi tutto il drive, e entro pochi giorni ricevetti un sostituto nuovo di zecca. Tutto a spese loro.
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Serna King_DuckZ • un'ora fa
Eh, ma non lo fanno tutti... Io ad esempio ho dovuto pagare per rimandarli indietro (Seagate), mentre con degli hard disk comprati nel negozio "sotto casa" di solito una garanzia te la offrono anche loro (che poi pensano a rimandare il disco al produttore) e magari ti offrono anche subito la sostituzione, così puoi anche riuscire a recuperare qualche dato invece di perdere tutto. Stesso discorso se invece di singole componenti si tratta di tutto il PC, o del telefonino, tablet, ecc.
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paolo11
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Re: Economia

Messaggio da paolo11 »

http://www.lafucina.it/2014/07/07/auto-ad-acqua-errico/
Auto ad acqua: l’invenzione di Errico
----------------
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Economia - Bce e Banche - 1


IL GOVERNATORE DI BANKITALIA
Ignazio Visco: "Le mosse della Bce di Draghi valgono 1 punto di Pil fino al 2016"10 luglio 2014

Banchieri che incensano banchieri. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, interviene all'assemblea dell'Abi ed elogia le mosse di Mario Draghi alla guida della Bce, spiegando che quanto fatto dall'Eurotower, per l'Italia, può valere un punto di Pil in più da qui al 2016, ossia circa 16 miliardi di euro. "Gli effetti sull'economia italiana dell'insieme di misure adottate in giugno - spiega Visco - potranno essere rilevanti. Mantenute nel tempo, le variazioni di interesse e del cambio che hanno fatto seguito agli annunci di quelle misure determinerebbe un aumento del Pil stimabile in circa mezzo punto percentuale da qui alla fine del 2016". Secondo il governatore di Palazzo Koch, a questo si aggiungerebbe "un altro mezzo punto percentuale" nel caso in cui "gli intermediari sfrutteranno appieno il finanziamento consentito dalle nuove operazioni", ha chiosato riferendosi, in particolare, al cosiddetto TLTRO, le nuove iniezioni di liquidità alle banche legate a doppio filo all'erogazione del credito.

Speranze e dubbi - Nel corso del suo intervento, Visco ha poi sottolineato come "l'ammontare potenzialmente disponibile per le banche italiane è cospicuo; può superare i 200 miliardi lungo l'intero orizzonte del programma". Uscendo dai termini percentuali, in soldoni, l governatore spiega che le misure varate a giugno dalla Bce che mirano, tramite gli istituti di credito, a un maggiore finanziamento dell pmi "sono stimabili in circa 120 miliardi al netto degli scarti di garanzia". Il governatore insiste sulla necessità di stimolare il sistema creditizio di un mondo finanziario che "deve riguadagnare la fiducia del pubblico, deve dimostrare di saper svolgere appieno le funzioni che gli sono proprie, non facendo mancare il finanziamento a chi lo merita, sostenendo l'economia reale". Ma Visco, sul futuro, non mostra assoluto ottimismo e spiega che "in Italia la ripresa stenta ad affermarsi", e che dunque è necessario "completare le riforme per creare un ambiente favorevole alle imprese".

http://www.liberoquotidiano.it/news/116 ... mosse.html
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Economia e investimenti esteri - 1


TROPPE ILLUSIONI SULLA FLESSIBILITÀ
Come attrarre gli investimenti
di Lucrezia Reichlin



I dati recenti sulla produzione industriale italiana indicano un nuovo rallentamento dell’economia. Ancora più preoccupante è il fatto che anche in Germania i dati degli ultimi tre mesi suggeriscono che il Paese motore dell’Europa stia subendo un rallentamento, almeno dal mese di marzo. Questo vuol dire che l’attività economica per l’area dell’euro nel 2014 si attesterà probabilmente al di sotto delle previsioni istituzionali: ancora una volta, nonostante le stime del Prodotto interno lordo (Pil) tedesco nel primo trimestre fossero state solidamente positive e avessero fatto pensare a una divergenza tra Europa forte e Europa periferica, si conferma che le economie dei Paesi dell’Unione si muovono insieme: le debolezze degli uni diventano le debolezze degli altri.


In questa cornice, e con alcuni Paesi dell’area fortemente indebitati, il mercato sta dando i primi segni di nervosismo. Certo non siamo più nel 2011, le istituzioni europee hanno fatto grandi passi avanti e si sono date maggiori strumenti per domare la prospettiva di una possibile implosione della moneta unica. Tuttavia, la situazione è ancora incerta e l’architettura della governance dell’eurozona resta ben lontana da essere completa e capace di metterci al riparo da nuove crisi. Non bisogna perdere tempo.

L’Italia - in quanto uno dei maggiori Paesi debitori della zona, con una crescita che da vent’anni è stata più bassa della media e dal 2011 persistentemente negativa - è ancora fragile.

Il nostro governo nelle settimane scorse ha lanciato una campagna, spesso contraddittoria nel messaggio e nella comunicazione, per ottenere maggiore flessibilità nell’interpretazione del Patto di Stabilità. Finora questa campagna non ha portato grandi risultati e potrebbe rivelarsi controproducente.
I problemi sono due. Primo, le regole troppo flessibili sono la negazione delle regole stesse perché ne distruggono la credibilità. Il patteggiamento sull’interpretazione della flessibilità non può essere l’elemento costitutivo del rinnovamento del progetto europeo. Secondo, la flessibilità che si chiede per le spese di investimento, se mai ottenuta, rischia di non portare granché a casa. L’Italia spende poco e male i fondi strutturali stanziati dall’Unione Europea.


Inoltre, gli studi sugli effetti economici degli investimenti infrastrutturali mostrano come - se pure è vero che, in media, il loro effetto sul Pil è maggiore della spesa iniziale e in qualche modo si ripaga da solo - questa media nasconda una grande eterogeneità tra Paesi. In Paesi con istituzioni deboli, proni all’accaparramento delle risorse pubbliche e all’inefficienza, l’effetto è nullo o anche negativo. Gli scandali che ci opprimono da sempre raccontano che in Italia ciò che ostacola la crescita è la scarsa solidità delle nostre istituzioni, non la mancanza di risorse. Questa è la ragione per cui l’investimento privato - non solo quello pubblico - è così basso.

Una riforma profonda della cosa pubblica e del funzionamento delle istituzioni è dunque la chiave per la crescita in Italia. Se ne parla da tanto. La credibilità del nostro governo dipende dalla sua capacità di passare ora dalle parole ai fatti. Gli ostacoli sono dovuti a complicati equilibri sociali e a un groviglio di interessi contrastanti che frenano il cambiamento. Gli economisti capiscono bene gli incentivi, ma capiscono poco le istituzioni e l’evoluzione della società. Governare il cambiamento è un processo squisitamente politico e nazionale. Questo è vero per noi come per gli altri Paesi dell’Unione, ognuno geloso della propria sovranità, ma, anche se in modo diverso, egualmente incapace di fare quel salto che renderebbe tutta l’area dell’EURO più competitiva e capace di generare crescita e lavoro.
Ma l’Unione potrebbe essere un’occasione. Un’occasione per aiutare i Paesi a superare quegli ostacoli al cambiamento che non permettono di cogliere le opportunità generate dall’interconnessione delle nostre economie. Questo diventerebbe possibile se l’area euro creasse, come parte della sua governance , un nuovo framework : gli investimenti verrebbero indirizzati ai Paesi che attuano riforme-chiave secondo un meccanismo in cui la credibilità della realizzazione di queste ultime sarebbe garantita da monitoraggio e sanzioni. Non è cosa facile costruire una piattaforma operativa che a livello europeo permetta di inquadrare correttamente i dibattiti nazionali sulle riforme. In passato si era parlato di contratti bilaterali tra Paesi. Questa iniziativa sembra essere morta, ma quell’ispirazione sta riprendendo vita in forma di un progetto multilaterale. Se ne è cominciato a discutere in vari consessi europei e l’idea è stata rilanciata da Draghi nel suo discorso a Londra, durante la commemorazione di Tommaso Padoa-Schioppa. Molti la vedranno con sospetto perché si tratta di cedere sovranità. È invece l’occasione per rendere credibile un progetto comune per la crescita. E aprire un dialogo su nuovi fronti in cui l’Italia, in modo sovrano, possa trovare terreni di iniziativa politica.
12 luglio 2014 | 08:29
© RIPRODUZIONE RISERVATATROPPE ILLUSIONI SULLA FLESSIBILITÀ
Come attrarre gli investimenti
di Lucrezia Reichlin
3 ECONOMIA
shadow
I dati recenti sulla produzione industriale italiana indicano un nuovo rallentamento dell’economia. Ancora più preoccupante è il fatto che anche in Germania i dati degli ultimi tre mesi suggeriscono che il Paese motore dell’Europa stia subendo un rallentamento, almeno dal mese di marzo. Questo vuol dire che l’attività economica per l’area dell’euro nel 2014 si attesterà probabilmente al di sotto delle previsioni istituzionali: ancora una volta, nonostante le stime del Prodotto interno lordo (Pil) tedesco nel primo trimestre fossero state solidamente positive e avessero fatto pensare a una divergenza tra Europa forte e Europa periferica, si conferma che le economie dei Paesi dell’Unione si muovono insieme: le debolezze degli uni diventano le debolezze degli altri.
In questa cornice, e con alcuni Paesi dell’area fortemente indebitati, il mercato sta dando i primi segni di nervosismo. Certo non siamo più nel 2011, le istituzioni europee hanno fatto grandi passi avanti e si sono date maggiori strumenti per domare la prospettiva di una possibile implosione della moneta unica. Tuttavia, la situazione è ancora incerta e l’architettura della governance dell’eurozona resta ben lontana da essere completa e capace di metterci al riparo da nuove crisi. Non bisogna perdere tempo.

L’Italia - in quanto uno dei maggiori Paesi debitori della zona, con una crescita che da vent’anni è stata più bassa della media e dal 2011 persistentemente negativa - è ancora fragile.

Il nostro governo nelle settimane scorse ha lanciato una campagna, spesso contraddittoria nel messaggio e nella comunicazione, per ottenere maggiore flessibilità nell’interpretazione del Patto di Stabilità. Finora questa campagna non ha portato grandi risultati e potrebbe rivelarsi controproducente.
I problemi sono due. Primo, le regole troppo flessibili sono la negazione delle regole stesse perché ne distruggono la credibilità. Il patteggiamento sull’interpretazione della flessibilità non può essere l’elemento costitutivo del rinnovamento del progetto europeo. Secondo, la flessibilità che si chiede per le spese di investimento, se mai ottenuta, rischia di non portare granché a casa. L’Italia spende poco e male i fondi strutturali stanziati dall’Unione Europea. Inoltre, gli studi sugli effetti economici degli investimenti infrastrutturali mostrano come - se pure è vero che, in media, il loro effetto sul Pil è maggiore della spesa iniziale e in qualche modo si ripaga da solo - questa media nasconda una grande eterogeneità tra Paesi. In Paesi con istituzioni deboli, proni all’accaparramento delle risorse pubbliche e all’inefficienza, l’effetto è nullo o anche negativo. Gli scandali che ci opprimono da sempre raccontano che in Italia ciò che ostacola la crescita è la scarsa solidità delle nostre istituzioni, non la mancanza di risorse. Questa è la ragione per cui l’investimento privato - non solo quello pubblico - è così basso.
Una riforma profonda della cosa pubblica e del funzionamento delle istituzioni è dunque la chiave per la crescita in Italia. Se ne parla da tanto. La credibilità del nostro governo dipende dalla sua capacità di passare ora dalle parole ai fatti. Gli ostacoli sono dovuti a complicati equilibri sociali e a un groviglio di interessi contrastanti che frenano il cambiamento. Gli economisti capiscono bene gli incentivi, ma capiscono poco le istituzioni e l’evoluzione della società. Governare il cambiamento è un processo squisitamente politico e nazionale. Questo è vero per noi come per gli altri Paesi dell’Unione, ognuno geloso della propria sovranità, ma, anche se in modo diverso, egualmente incapace di fare quel salto che renderebbe tutta l’area dell’EURO più competitiva e capace di generare crescita e lavoro.
Ma l’Unione potrebbe essere un’occasione. Un’occasione per aiutare i Paesi a superare quegli ostacoli al cambiamento che non permettono di cogliere le opportunità generate dall’interconnessione delle nostre economie. Questo diventerebbe possibile se l’area euro creasse, come parte della sua governance , un nuovo framework : gli investimenti verrebbero indirizzati ai Paesi che attuano riforme-chiave secondo un meccanismo in cui la credibilità della realizzazione di queste ultime sarebbe garantita da monitoraggio e sanzioni. Non è cosa facile costruire una piattaforma operativa che a livello europeo permetta di inquadrare correttamente i dibattiti nazionali sulle riforme. In passato si era parlato di contratti bilaterali tra Paesi. Questa iniziativa sembra essere morta, ma quell’ispirazione sta riprendendo vita in forma di un progetto multilaterale. Se ne è cominciato a discutere in vari consessi europei e l’idea è stata rilanciata da Draghi nel suo discorso a Londra, durante la commemorazione di Tommaso Padoa-Schioppa. Molti la vedranno con sospetto perché si tratta di cedere sovranità. È invece l’occasione per rendere credibile un progetto comune per la crescita. E aprire un dialogo su nuovi fronti in cui l’Italia, in modo sovrano, possa trovare terreni di iniziativa politica.

12 luglio 2014 | 08:29
© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/opinioni/14_lugl ... 0287.shtml
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Economia: Criminal tango - La povertà - 1


Rendo noto che questo post verrà replicato in altri 3D.

La sinistra è morta, ma i valori della sinistra niente affatto.

Io rimango di sinistra e cercare di ridurre la povertà rimane un valore.

**

Istat: “Povertà assoluta per 10 milioni di italiani. Il 10% della popolazione”
Peggiora la situazione al Mezzogiorno, dove si passa dal 9 al 12% di persone in difficoltà. Male anche per le famiglie con quattro figli e per gli anziani, soprattutto se vivono in coppia. L'Istituto di ricerca: "Un italiano su dieci non riesce ad avere una vita dignitosa" 725 mila persone in più

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 14 luglio 2014Commenti (250)

Sono oltre 6 milioni i poveri in Italia. E’ quanto emerge nell’ultimo report dell’Istat che classifica circa il 10% della popolazione come poveri assoluti, ovvero coloro che “non riescono ad acquistare beni e servizi per una vita dignitosa”. Se al conteggio si uniscono le persone che vivono in condizioni di povertà relativa, si arriva al 16,6% della popolazione, ovvero circa 10 milioni e 48 mila italiani.

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L’Istituto di statistica conferma quanto era stato rilevato dalla Caritas, che aveva già raccontato quando la situazione stesse peggiorando al centro nord, nelle famiglie con due figli e tra gli under 35. Secondo l’organismo della Cei: “Gli 80 euro di Renzi hanno avuto effetti ridotti, mentre gli aiuti dei Comuni sono diminuiti del 6%”. La proposta è quindi “dare a tutti un reddito d’inclusione sociale”.

Sempre secondo l’Istat, tra il 2012 e il 2013 l’incidenza di povertà relativa tra le famiglie è rimasta stabile, fermandosi attorno al 12,7%. Peccato che l’incidenza di povertà assoluta sia aumentata, soprattutto al Sud. Nel Mezzogiorno, infatti, sono diventate povere 725 mila persone in più, passato da 2,3 milioni nel 2013 a più di 3 milioni lo scorso anno.

Le dinamiche della povertà relativa confermano alcuni dei peggioramenti osservati per la povertà assoluta, è spiegato nel rapporto. Peggiora la condizione delle famiglie con quattro (dal 18,1 al 21,7%) e cinque o più componenti (dal 30,2 al 34,6%), in particolare quella delle coppie con due figli (dal 17,4 al 20,4%), soprattutto se minori (dal 20,1 al 23,1%). Situazione di crollo anche per l’oltre un milione di minorenni incapaci di “avere una vita dignitosa” e per i quasi 900mila gli anziani, soprattutto se vivono in coppia.

Dato controcorrente, il miglioramento della condizione dei single nel Nord Italia, la cui incidenza passa dal 2,6 all’1,1%, anche se viene segnalato come questi mono nuclei restino indipendenti invece di far nascere nuove giovani famiglie, soprattutto se under 35. Nel Mezzogiorno, invece, migliora la condizione delle coppie con un solo figlio (dal 31,3 al 26,9%). Positivo anche il rapporto per le realtà con a capo un dirigente o un impiegato (dal 16,4 al 13,6%), che tuttavia rimangono su livelli di incidenza superiori a quelli osservati nel 2011.

La crisi, però, non ha colpito tutti i territori nello stesso modo: per Il Sole 24 Ore, alcune province più di altre hanno sofferto, registrando nel 2013 vistosi arretramenti rispetto al 2007. Negli ultimi sette anni, come emerso dalla classifica stilata dal quotidiano economico, ad aver sofferto maggiormente della crisi sono state le province di Lazio e Piemonte. Sul podio delle province dove la crisi ha colpito di più troviamo Viterbo, Latina e Novara, mentre sul versante opposto chi ha resistito meglio sono state Vicenza, Bolzano e Modena, ma anche Milano sembra aver tenuto bene alla crisi. La classifica è stata messa a punto sulla base di dieci indicatori, fra i quali figurano disoccupazione, valore degli immobili, prestiti, spesa per i medicinali e quantità di rifiuti prodotti.
paolo11
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Re: Economia

Messaggio da paolo11 »

camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Economia della produzione - 3



Industria, male a maggio fatturato e ordini. A picco chimica e alimentare
Camusso: "Preoccupa tenuta sistema industriale". Palombella: "Non intravediamo quella giusta politica industriale per risalire la china. Ci vogliono investimenti materiali ed immateriali sul manifatturiero"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 21 luglio 2014Commenti (33)



I ricavi dell’industria a maggio segnano un calo dell’1% rispetto ad aprile. Si tratta del secondo ribasso congiunturale consecutivo, cioè il secondo calo riferito a una fase particolare del ciclo economico. Lo scenario è comunque migliore di quello che si pensava dopo i dati negativi sulla produzione industriale: il fatturato resta infatti positivo su base annua con un incremento dello 0,1% rispetto a maggio del 2013. A trattenere la caduta è lo sfasamento dei pagamenti rispetto al momento della produzione e l’effetto ponte tra le due festività del primo e domenica 3 maggio. Lo rileva l’Istat, che stavolta registra i dati peggiori sui mercati esteri.

Nel dettaglio, nel mese di maggio il fatturato è calato sia per le vendite all’estero sia per quelle interne: le diminuzioni sull’estero contano per l’1,9%, mentre sul territorio nazionale si registra lo 0,6% in meno. Il dato annuo invece è frutto di un aumento dello 0,1% sul mercato interno ed un ribasso dello 0,1% fuori confine. Passando all’indice grezzo, che comprende i raggruppamenti delle principali industrie, il giro d’affari risulta in calo del 3,1%, con la componente interna dei beni intermedi che fa da zavorra. Analizzando i diversi settori, la crescita tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+6,0%) e male non va per il tessile che sale del 4,4%, al contrario la diminuzione più ampia riguarda i prodotti chimici (5,4%) e tra i segni meno c’è anche l’alimentare (-1,7%).

Anche per quanto riguarda gli ordini l’Istat registra un calo importante nel mese di maggio. Per gli ordinativi totali si registra una flessione congiunturale del 2,1%, data dalla diminuzione del 4,5% degli ordinativi esteri e dello 0,2% di quelli interni. Nel confronto con il mese di maggio 2013, l’indice grezzo degli ordinativi segna una diminuzione del 2,5%. L’incremento di ordini più rilevante si registra nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+15,0%), mentre la flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di macchinari e attrezzature (-13,6%).

Il calo della produzione industriale “è la nostra preoccupazione ed è anche l’allarme che abbiamo lanciato nei giorni scorsi. Noi abbiamo un livello di processi annunciati di ridimensionamento dell’attività produttiva in settori strategici che ci fanno temere per la tenuta del nostro sistema industriale”, è stato il commento del leader della Cgil, Susanna Camusso. “Gli andamenti hanno come sempre elementi congiunturali ma sono in realtà un progressivo ripensamento del nostro sistema industriale e vediamo una totale disattenzione sui temi lavoro, dell’industria, su quali scelte di investimento fare. Se rinunciamo ad investire nella chimica, nella siderurgia facciamo due danni giganteschi, uno che ci saranno licenziamenti e dipendenti messi in mobilità, dall’altro quel poco di industria che rimane dovrà alimentarsi dall’esterno e quindi diventeremo importatori delle materie prime che oggi produciamo per la manifattura in Europa”, ha concluso.

“Il mercato interno non risponde adeguatamente e i dati sulla produzione industriale risentono fortemente degli effetti della crisi. Spagna e Portogallo sono già in deflazione; non deve succedere anche al nostro Paese. Utilizziamo al meglio il tempo del semestre europeo a presidenza italiana”, è stato invece il commento di Rocco Palombella, segretario generale della Uilm. “La flessione su base mensile e quella su base annua -ha continuato – ci preoccupa perché tuttora non intravediamo quella giusta politica industriale per risalire la china. Ci vogliono investimenti materiali ed immateriali sul manifatturiero, perché se si continua così il tanto invocato “rinascimento industriale” rimarrà una chimera rispetto all’esistente arretramento vissuto dal settore in questione”


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... e/1066986/
cielo 70
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Re: Economia

Messaggio da cielo 70 »

Può anche essere vero che i giovani abbiano una grossa difficoltà a trovare lavoro, specie stabile; ma (a parte che non mi fido più dei dati dell'Istat e di altri istituti del genere, vedi quello che fanno con l'inflazione) nelle offerte di lavoro i giovani di solito sono cercati visto che si esclude il più delle volte chi ha più di 30 anni; quelli che si trovano in difficoltà serie sono proprio questi ultimi, specie se hanno avuto sempre delle difficoltà a trovare lavoro. Una volta almeno il collocamento considerava la disoccupazione di lunga durata un requisito per avere la priorità.
camillobenso
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Re: Economia

Messaggio da camillobenso »

Economia e consumi - 1



Oramai siamo immersi nella società della pubblicità, della propaganda. Tutto è marketing.

I sondaggi di Roberto Weber per Agorà di mesi addietro non potevano essere presi in considerazione, perché andavano contro gli interessi di Pittibimbo e di chi sta dietro le spalle.

Il 53% di italiani avevano dichiarato che gli 80 euro sarebbero serviti per pagare bollette e mutui.

Il 29 % che li avrebbero messi nel risparmio, forse in previsione di tempi peggiori.

Solo il 18 % dichiarò di servirsene per i consumi.


Mi sembrò allora, tenendo conto della possibilità di variazione contenuta delle percentuali che la radiografia di Weber corrispondesse agli umori percepiti.

Ergo, anche un bambino avrebbe compreso che non avrebbe smosso l'economia, e che sarebbero solo serviti a Pittibimbo per ottenere un buon risultato elettorale.

Otto mesi di litigate feroci con le Brigate emerenziane che si dichiarano di sinistra.

Compresi laureati della Bocconi in prossimità di pensione.

Niente da fare. più duri del marmo.

Oggi interviene l'Istat.

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Istat: “A giugno vendite al dettaglio ferme. Meno 2,6 per cento su base annua”
L'indice rivela una flessione rispetto ai tre mesi precedenti. Si registrano variazioni negative sia per le vendite di prodotti alimentari (-2,4%) sia per quelle di prodotti non alimentari (-2,8%). Codacons: "Il bonus di 80 euro si è rivelato in un clamoroso flop"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 agosto 2014Commenti (156)
Supermercato
Più informazioni su: Commercio, Istat, Matteo Renzi.


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Vendite al dettaglio ferme nel mese di giugno 2014 rispetto all’indice destagionalizzato del mese precedente e meno 2,6 per cento su base annua. “Un bilancio negativo su molti fronti“, così, spiega l’Istat, si chiudono i primi sei mesi dell’anno per il commercio al dettaglio, cartina tornasole dei consumi. “Il bonus da 80 euro del governo Renzi si è rivelato un clamoroso flop”, commenta il Codacons. I dati Istat sottolineano come nella media del trimestre aprile-giugno 2014, l’indice mostri una flessione rispetto ai tre mesi precedenti (-0,2%). Dal giugno 2013, l’indice grezzo del valore totale delle vendite registra una diminuzione del 2,6%. Nel confronto con maggio 2014, le vendite di prodotti alimentari segnano un lieve aumento (+0,1%) mentre quelle di prodotti non alimentari un leggero calo (-0,1%). Su base annua si registrano variazioni negative sia per le vendite di prodotti alimentari (-2,4%) sia per quelle di prodotti non alimentari (-2,8%). Cala poi la fiducia delle imprese ad agosto, passando a 88,2 da 90,8. Un arretramento di 2,6 punti, che colpisce tutti i principali settori. La discesa segue il balzo segnato il mese scorso, quando erano stati raggiunti i massimi da circa tre anni. Un vantaggio ora completamente annullato (siamo di nuovo ai livelli di giugno).

“Gli effetti del bonus Irpef”, commenta il presidente Codacons Carlo Rienzi, “sono stati deludenti e peggiori di qualsiasi aspettativa, e non hanno prodotto alcun risultato sul fronte dei consumi e delle vendite, esattamente come previsto. Si tratta di un flop su tutti i fronti, e le ripercussioni del calo delle vendite si faranno sentire anche nei prossimi mesi. Il settore del commercio sta vivendo una crisi gravissima a causa dell’impoverimento delle famiglie e della costante riduzione del potere d’acquisto dei cittadini, che non riescono più a comprare. Gli effetti di tale stato di cose per l’economia italiana sono devastanti: solo nei primi 6 mesi del 2014, si sono registrati più di 8.000 fallimenti di imprese, con un incremento del 10% rispetto al 2013, e il settore più colpito è stato proprio quello del commercio”. Di qui, conclude Renzi, l’incentivo a “incrementare il potere d’acquisto dei cittadini, con misure strutturali, riduzione delle tasse, sgravi e incentivi ai consumi”.

Con riferimento alla forma distributiva, continua ancora l’Istat, nel confronto con il mese di giugno 2013, le vendite diminuiscono sia per le imprese della grande distribuzione (-1,3%) sia per quelle operanti su piccole superfici (-3,9%). Nel primo semestre del 2014, l’indice grezzo diminuisce dell’1% rispetto allo stesso periodo del 2013. Le vendite di prodotti alimentari segnano una flessione dello 0,7% e quelle di prodotti non alimentari dell’1,1%. L’Istat registra un deciso ribasso delle vendite al dettaglio anche nei supermercati (-2,5%). Ancora per una volta invece risultano salvi i discount (+0,5%).

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... a/1101280/
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