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La Questione Morale

Inviato: 06/06/2014, 22:15
da camillobenso
“ Per governare in Italia occorre essere benestanti o ricchi?”


Dedicato a Enrico Berlinguer - 1


Sembrerebbe di sì guardando la stragrande maggioranza dei politici, in modo particolare quelli dell’ultimo ventennio. In politica ci si va per arricchirsi.

Dall’Espresso di questa settimana:

Berlinguer. La sua storia nelle nostre pagine.

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dalla prefazione di Bruno Manfellotto

LA MATTINA del 13 giugno 1984, un mercoledì, Roma si sveglia sotto un sole splendente. Di certo farà molto caldo.

Stupìta e incredula, la città si prepara a vivere una giornata indimenticabile, triste e potente, di dolore e di riscatto. Forse immagina un nuovo inizio, invece è la fine di una stagione.

Il leader del PCI Enrico Berlinguer - amatissimo dai militanti e comuni cittadini, non altrettanto dalla nomenklatura di partito - è morto due giorni prima, a poche ore da un drammatico comizio in Piazza delle Erbe, a Padova, che ha voluto concludere a tutti i costi nonostante la fatica accumulata e a dispetto dell'ictus esploso dentro il suo corpo fragile e sottile.

Ora la sua bara di legno chiaro è nell'atrio di Botteghe Oscure. Una lunghissima fila, compagni e non, attende paziente per l'ultimo saluto. Tra poco il feretro, seguito dai familiari, muoverà verso piazza San Giovanni, la piazza del popolo comunista.

I capi del partito e le autorità già aspettano sul grande palco bianco posto dinnanzi alla basilica. Intanto si sono formati tre immensi cortei, forse un milione e mezzo - l'Unità azzarda due milioni - di uomini e donne di ogni età. E certo non sono tutti comunisti...
(tratto da "Un politico per bene" di Bruno Manfellotto, prefazione al volume)

IL VOLUME IN EDICOLA E IN LIBRERIA
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http://temi.repubblica.it/iniziative-be ... re-pagine/

Re: La Questione Morale

Inviato: 07/06/2014, 20:28
da camillobenso
La legalità è ormai la riforma prioritaria ma servono passi concreti

di Stefano Folli
07 giugno 2014


È fin troppo chiaro che la questione morale è ormai la riforma più urgente e rilevante che Renzi e il suo governo devono affrontare

La sensazione è di assistere a un film già visto molte volte, il cui finale però dovrà essere inedito. Per la buona ragione che la partita in corso, come si è compreso, ha un risvolto politico di eccezionale spessore. Tutto il lavoro svolto fin qui per accreditare presso l'opinione pubblica l'immagine nuova e dinamica di una classe dirigente non collusa con gli errori del passato, rischia di essere vanificato dagli scandali.
Certo, i casi dell'Expo e del Mose non sono sovrapponibili, appaiono diversi nella dinamica e nelle ramificazioni. Tuttavia gli italiani non vanno troppo per il sottile e comunque hanno capito l'essenziale: i due episodi, nella loro gravità, sono tasselli di un malaffare generalizzato che va affrontato con determinazione, pur evitando di compiere passi falsi.

Oggi è evidente che la riforma della legalità, definiamola così, parte da un punto preciso: i poteri da attribuire al magistrato Raffaele Cantone, individuato come presidente dell'autorità nazionale anti-corruzione. L'area di competenza - come sappiamo - riguarda l'Expo e non tocca la vicenda di Venezia, di cui si occupano le inchieste giudiziarie in corso. Quello che conta però è non confondere le idee ai cittadini: il nuovo organismo non dovrà essere un doppione di altri già esistenti e soprattutto dovrà essere messo in condizione di operare con efficienza, senza arenarsi nella giungla burocratica e normativa.
Che ci siano stati punti di vista differenti e contrasti fra Renzi e Cantone, non stupisce. Che tali dissidi siano componibili e comunque siano stati subito smentiti, sorprende ancora meno. Ci sono due esigenze che devono andare d'accordo, in modo che il treno anti-corruzione non deragli alla prima curva. La prima necessità è, appunto, di ordine politico. Il presidente del Consiglio non può apparire incerto di fronte alla valanga della corruzione. E infatti egli preme per un risultato convincente, utile a non incrinare quel dialogo con l'opinione pubblica che ai suoi occhi non si è certo esaurito con il voto del 25 maggio.

Poi c'è il livello giuridico-normativo, il più delicato. L'Italia è il paese delle sabbie mobili, ma nessuno può permettersi di farvi affondare anche Cantone. Quindi non è grave che il governo si sia preso una settimana in più per mettere a punto ruolo e poteri dell'alto commissario e sgombrare il campo da equivoci e ambiguità, anche rispetto alla magistratura ordinaria. Viceversa sarebbe grave se questi poteri, al termine della lunga istruttoria, non fossero ben definiti e pienamente operativi. Perchè la riforma morale stavolta non potrà essere fondata solo sui titoli dei giornali.
Se il premier afferma che la corruzione configura un reato di "alto tradimento", ottiene un applauso: ma proprio per la durezza della dichiarazione ci si attende che subito dopo lo Stato mostri la sua forza inesorabile. E' evidente, peraltro, che l'Expo non può essere compromessa o vanificata e gli appalti annullati. Sarebbe uno smacco ancora più clamoroso davanti al mondo. Ci si muove lungo un sentiero stretto, ma l'impressione è che la meta sia vicina. Alcune frasi di Cantone ieri sembravano confermarlo. Mai come stavolta serve competenza tecnica avvolta nel senso politico.

Re: La Questione Morale

Inviato: 10/06/2014, 20:19
da camillobenso
La questione morale viene lanciata da Enrico Berlinguer, nel gennaio del 1977.

Da Wikipedia


La questione morale[modifica | modifica sorgente]

Se l'Italia repubblicana era stata ornata di un ingente quantitativo di scandali di corruttela e malversazione, molti dei quali degni di attenzione giudiziaria, il PCI restava relativamente nitido quanto a correttezza di gestione politica (perché - obiettavano dalla maggioranza - non aveva mai messo le mani sul governo). Questa sorta di fedina penale pulita consentì a Berlinguer di lanciare, dal gennaio del 1977, una campagna moralizzatrice (del resto non nuova, essendosi già prodotti gli esperimenti del Partito Radicale) che puntava il dito contro il cattivo uso (e spesso l'abuso) della cosa pubblica.
La questione morale divenne centrale nella propaganda del PCI e trovò una singolare sintonia di fatto con analoghe posizioni puriste del Movimento Sociale Italiano, per una volta coincidente nell'indirizzo critico verso la DC, che deteneva il potere stabilmente dai tempi dell'attentato a Togliatti. Da entrambi i partiti stabilmente d'opposizione si parlava intuibilmente di "regime", intendendo che la DC avesse blindato i meccanismi di perpetuazione del suo potere in spregio della correttezza (e talvolta della legalità).

L'accostamento coi missini, però, quantunque non ricercato, consentì agli avversari di marcare la campagna come becero strumento propagandistico da parte di soggetti per volontà dell'elettorato non ammessi a gestire la cosa pubblica; l'obiezione (in fondo l'unica opposta di una qualche serietà) riuscì a rinfrancare l'elettorato di maggioranza, non provocando grossi scossoni, sebbene il tarlo della diffidenza avesse cominciato a logorarne alcune certezze.

La spinta etica berlingueriana gli sarebbe sopravvissuta, conducendo tempo dopo al vibrato coinvolgimento delle sinistre nel dibattito politico susseguente allo scandalo di Tangentopoli.



Una quantità notevole di dirigenti del vecchio Pci contrastò la questione morale berlingueriana. In modo particolare quel gruppo di dirigenti che scese a patti nel 1994 con Silvio Berlusconi per la spartizione del potere in Italia (ia mancata legge sul conflitto d'interesse fa parte di questo accordo).

Solo dopo 37 anni un uomo di centrodestra e di Confindustria, Stefano Folli (articolo postato in precedenza su questa pagina), riprende il tema di Berlinguer per la prima volta, facendo presente a Renzi che in un momento come questo non si può prescindere dalla questione morale.

Anche per ragioni strettamente economiche.

In tutta risposta dalla nuova Dc hanno capito tutto.

La Stampa 9.6.14
Guerini, vice segretario Pd “Non si usi la questione morale per riaprire lo scontro interno”
Il vice segretario del Partito democratico: la legalità è un problema culturale non generazionale
intervista di Carlo Bertini


Notizie relative a la questione morale

Guerini “Non si usi la questione morale
La Stampa ‎- 1 giorno fa
«Il tema della questione morale non può essere un randello da brandire per il confronto interno, piuttosto dobbiamo lavorare sul fronte ...

Re: La Questione Morale

Inviato: 16/06/2014, 4:05
da camillobenso
Politici: basta applausi a chi fa il suo dovere
di Franco Fondriest e Luca Lombroso | 14 giugno 2014Commenti (25)


Questo è un pezzo politicamente scorretto, perché dice cose che nessuno o quasi vuol dire, ma che molti pensano. In una società, come la nostra, dove la maleducazione la fa da padrona, accade che, in certi casi, si sprechino gli applausi; peccato però che spesso siano diretti a chi non se li merita.

Ma andiamo per ordine.

Si sa che, purtroppo, le disgrazie, i terremoti, le alluvioni, le calamità in genere, provocano morte e desolazione a molti; ma provocano anche profitti più o meno leciti ad altri; insomma le ricostruzioni sono grandi affari, pensiamo a quelle dei paesi teatri di guerra, ove, a volte, vengono addirittura lottizzate tra le imprese dei paesi “liberatori”.

Ma questo si sa.

Quello che però disturba è la processione di uomini politici, dirigenti di grandi enti e banche, ecc.. che si recano sui luoghi portando promesse e, a volte, anche aiuti concreti. Ma, sia chiaro, non sono aiuti usciti dalle loro tasche, ma da quello dello Stato, delle Regioni, dei Comuni, delle banche e degli enti. E non si dica che quelli di banche e fondazioni (e di multiutility quotate in borsa) sono soldi privati, perché in pratica anche questi indirettamente sono soldi di tutti noi, ovvero i profitti sui nostri risparmi o, nel caso delle multiutility, sulle nostre bollette.

Loro sono solo persone, per la maggior parte dei casi, molto ben retribuite, che stanno facendo, nel migliore dei casi, semplicemente il loro dovere; nulla di più. In altre poi risultano coinvolti in scandali e tangenti, magari sulle stesse opere che hanno inaugurato o finanziato. E allora, perché spellarsi le mani, perché ringraziarli? Al contrario, dovrebbero essere duramente contestati quando fanno poco o male, o perché non hanno, preventivamente, messo in sicurezza scuole, edifici pubblici, fiumi, territorio o emano opportune norme, per esempio sulle costruzioni antisismiche.

E allora si riservino eventuali applausi a coloro che vanno in aiuto o fanno donazioni di tasca loro, come i volontari della protezione civile o le persone che, in silenzio, aiutano gli altri anche a proprie spese o a proprio rischio o pericolo.

Ricordiamoci che le parole ministro e amministratore derivano dal latino minestra; il ministro era colui che serviva la minestra; uno al servizio degli altri. Questo dovrebbero ricordare ministri, amministratori locali e delegati quando vanno sui luoghi delle calamità a portare aiuti. E questo dovrebbero ricordare tutti coloro che hanno l’applauso facile per chi non se lo merita, mentre magari trascurano i veri ed autentici volontari o donatori.

Fare (bene) l’amministratore pubblico dovrebbe essere un onore ripagato dal semplice autoriconoscimento di farlo in modo serio ed onesto; ma forse non è più di moda.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... e/1027842/