SCONTRI
Il Pd caccia il dissidente Corradino Mineo
E 14 senatori si sospendono dal Senato
Il gruppo dem segue le indicazioni di Boschi e rimuove il civatiano dalla commissione Affari Costituzionali. Renzi così prova a blindare il primo passo sulle riforme. Ma un gruppo di esponenti dem di varie correnti si autosospende per protesta.
E si torna a parlare di scissione
DI LUCA SAPPINO
12 giugno 2014
Il Pd caccia il dissidente Corradino Mineo
E 14 senatori si sospendono dal Senato
Casson, Chiti, Corsini, D'Adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano. Pare quasi una formazione, nel giorno in cui cominciano i mondiali, la lista dei senatori del Pd che si sono «autosospesi», per reazione alla sostituzione di Corradino Mineo e Vannino Chiti in commissione Affari Costituzionali. Anzi dopo «l’epurazione» dichiarano, «un’epurazione delle idee considerate non ortodosse», ripete all’Aula, annunciando la scelta sua e dei colleghi, il senatore Paolo Corsini.
I senatori dicono essere stato violato «l’articolo 67 della Carta», e cioè la loro libertà di mandato. Come loro, pur non essendo i senatori tutti civatiani, la vede Giuseppe Civati. «Il premier dalla Cina, rinverdendo la tradizione bulgara, rivendica la decisione di ieri, che inizialmente era stata attribuita a Zanda e al gruppo del Senato» scrive il leader della minoranza, l’unico a non voler entrare nella prossima segreteria renziana, sul suo blog. Civati accusa il premier di non distinguere «i veti (che si confondono, come in questo caso, con i propri ricatti: o così o niente) dalla libera espressione di un'opinione in campo costituzionale». Dice Civati che quando si parla di Costituzione «tutti i parlamentari sono sovrani, di più: sovranissimi». «Se i costituenti avessero fatto come Renzi» aggiunge all’Espresso, «temo non avremmo la Costituzione».
Video dell'Espresso
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... o-1.169007
«Renzi non può dirci che siamo la palude» dice all’Espresso la senatrice “autosospesa” Lucrezia Ricchiuti. «Le riforme le vogliamo tutti», continua, «ma non rinunciamo a dire i nostri dubbi, a cercare di migliorare la Costituzione che verrà, perché mica penseremo che se viene male la possiamo poi riformare tutti gli anni».
«Con la proposta del governo» dice ancora Ricchiuti «ci sono tantissimi punti in comune, a cominciare dal superamento del bicameralismo, che però noi vogliamo salvare per le modifiche costituzionali, e sul taglio dei costi, che anzi sarebbe maggiore se si applicasse la proposta Chiti». Poi però ci sono i nodi. Dall’elezione diretta al sistema di contrappesi.
A Zanda gli autosospesi chiedono «un chiarimento», un incontro prima dell’assemblea dei senatori convocata per martedì. Gli autosospesi vorrebbero che Zanda tornasse sui suoi passi «rivedendo la scelta unilaterale di sostituire Chiti e Mineo». Difficile. Molto difficile.
E se, come prevedibile, Zanda, pressato da Matteo Renzi, dovesse tirare dritto? «Prenderemo altre decisioni» dicono gli autosospesi. Non ne hanno ancora parlato, perché il gruppo è eterogeneo, e non risponde a una corrente, ma le opzioni sul piatto ci sono tutte: «Ognuno prenderà la sua decisione, rispetto a quello che ci risponderanno il gruppo e il governo». Le opzioni però vanno «dall’uscita dal partito» in giù. La scissione non è quindi esclusa, anche se sarebbe probabilmente alla spicciolata, più per sfinimento rispetto «ai pregiudizi grandi come case» di Matteo Renzi che per la voglia di fare un gruppo autonomo.
Per ora però si cerca di evitare il peggio. Anche ricordando al premier che al senato «c’è una questione numerica non irrilevante». E se Renzi pensa di poter fare tutto da solo, «al Senato non ha i numeri per ignorarci». Non avrà i numeri ma per il momento non ci sono segnali che lascino intravedere una ricomposizione con la maggioranza del partito.
Valga per tutti il tweet del deputato Dario Ginefra: «Non c'è vincolo di mandato, ma esistono regole di convivenza di una comunità che è democratica e non anarchica». E così la maggioranza del Pd si trova per una volta su una linea condivisa dai 5 stelle, ben più esperti di espulsioni e richiami all’ordine: «Sulla questione della sostituzione di Mineo e Chiti dobbiamo essere intellettualmente onesti» scrive ad esempio Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, 5 stelle, «se in un partito o gruppo parlamentare la linea politica si decide a maggioranza e successivamente in parlamento un membro del gruppo vota in dissenso, addirittura rischiando con il suo voto di sabotare la linea decisa dalla maggioranza dei suoi colleghi, è giusto che vengano presi provvedimenti». Anche «al di là del merito della votazione, in questo caso la riforma vergognosa della Costituzione».
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... o-1.169007