DISSIDENTI
Civati ha il suo programma ma non il suo partito
All’indomani dello sciopero generale il deputato Dem lancia il suo decalogo per unire la sinistra nel mome dell'Ulivo. Di scissione però ancora non si parla, anche se i vendoliani scommettono che arriverà con l'anno nuovo
DI LUCA SAPPINO
Sempre a Bologna, per evocare il caro vecchio Ulivo. Giuseppe Civati, sabato, alle Scuderie di Piazza Verdi, con la sua associazione “ èpossibile ”, chiama tutti a raccolta, un sacco di gufi, docenti universitari ed economisti, sindacalisti e vendoliani di Sel, per lanciare un «patto repubblicano». Questo è il titolo del manifesto di cui Civati è il primo firmatario, seguito da l’europarlamentare Elly Schlein e dalla senatrice Lucrezia Ricchiuti, dal costituzionalista Andrea Pertici, da Alberto Vannucci e Nadia Urbinati.
Tra le prime dieci firme firme c’è anche quella di Silvia Prodi, nipote dell’ex premier Romano, civatiana eletta in Emilia Romagna. Ah, l’Ulivo.
È un decalogo quello che propone Civati. È una sintesi, uno schema che «condensa gli ideali dai quali siamo mossi», scrivono gli organizzatori della kermesse bolognese.
Una linea, un programma. C’è la posizione sulla legge elettorale, con il ritorno alla legge Mattarella, con i collegi uninominali, ma «previa selezione delle candidature in base a elezioni primarie regolate per legge».
C’è una legge sui partiti. C’è la riforma del bicameralismo, sì, ma con l’elezione diretta dei senatori, tanto per dare un senso alle minacce dei renziani che evocano il voto anticipato ogni volta che qualcuno osa esercitare l'articolo 67 della costituzione (come è successo con il voto degli emendamenti di Sel e della minoranza dem in commissione affari costituzionali alla Camera, che propongono di eliminare i senatori nominati dal presidente della Repubblica, smontando un dettaglio assai poco rilevante del patto del Nazareno). «Il ricattone assomiglia tanto a un bluff», scrive Civati sul suo blog, «e la verità è che a votare ci vuole andare il premier».
Una legge sul conflitto d'interessi, investimenti sulla scuola, sull'ambiente e sul welfare. Diritti civili all inclusive: matrimoni egualitari, fine vita. Legalizzazione delle droghe leggere. Una riforma del lavoro, con il contratto unico, ma unico veramente: «deve essere davvero unico» è scritto nel documento, «per eliminare le attuali forme di precariato e deve consentire il pieno raggiungimento di tutte le garanzie nel giro di non più di tre anni». Sottointeso: «Non come il jobs act». Reddito minimo di cittadinza, pure. Un programma di partito, insomma. Anche se manca il partito. Ancora.
Perché Civati e i suoi si dicono «una sinistra è possibile», ma non si è ancora capito se sarà possibile nel Pd. Di scissione è bene non parlare. I vendoliani sono sicuri che arriverà con l'anno. nuovo, ma per ora è troppo presto, troppo tardi, non si capisce.
«Subito un partito con Sel» diceva il candidato Civati durante le primarie del 2013. Ora Sel è all’opposizione del Pd, sempre più distante e in rotta con il premier Matteo Renzi. Il capogruppo alla camera di Sel, Arturo Scotto, ha firmato il patto. Ma Civati è ancora nel Pd. Sfila allo sciopero dei sindacati, contro il governo, e dice: «Altro che scissione: la mossa vera è unire la sinistra, divisa e spaesata». A Bologna vuole farlo «con tutti coloro che si interrogano e che chiedono qualcosa di più e di diverso». Di diverso dal Pd che sta al governo, si può immaginare. «Farlo con tutto ciò che di sinistra e di moderno c'è un Europa, da Podemos a Tsipras, ai verdi, ai socialisti, alla fine di un semestre europeo non proprio irresistibile».
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