Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese....

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camillobenso
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Re: Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese

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Leopoldo Paràkulos, non si smentisce mai.

1. Mafia capitale, Renzi: «Chi ruba deve andare in galera e ...
http://www.corriere.it/.../mafia-capita ... 8b-11e5-b2...
1 giorno fa - Nel pomeriggio, interviene anche Matteo Renzi: «Chi ruba deve andare in galera e pagare ... Scilipoti: «Ignazio Marino farebbe bene a dimettersi, non solo per i fatti di “mafia capitale” ma ... «Marino se si dimette non sbaglia.


La coerenza non è mai stata nel suo vocabolario. Questo lo sappiamo.

E adesso come si comporterà con il suo ministro dell’Interno?


Mafia Capitale, le mani di Cl sul business degli immigrati. Odevaine: “Comunione e Liberazione finanzia Alfano e Lupi”
Giustizia & Impunità
In una intercettazione l'ex componente del Tavolo di coordinamento nazionale insediato al ministero dell'Interno spiega nei dettagli come è nato il grande affare dei migranti ospitati nel Cara di Mineo. L'intercettazione: "Si ... stanno proprio finanziando ... sono tra i principali finanziatori di tutta questa ... questa roba si ... e Lupi è ... ... e si sta dentro ... Lupi ... e infatti è il Ministro del ... .del coso ... delle Opere Pubbliche ..."
di Andrea Palladino | 4 giugno 2015


Parlava senza timori Luca Odevaine. Lunghissime conversazioni con i suoi uomini più fidati, sicuro che nessuno lo potesse ascoltare all’interno degli uffici della fondazione Integr/azione. È il 21 marzo 2014, nel pieno dell’inchiesta Mafia Capitale che lo ha portato agli arresti lo scorso dicembre e che oggi ha avuto il suo seguito con 44 arresti. Dopo aver incontrato alcuni esponenti della cooperativa “bianca” La Cascina – vicina a Comunione e Liberazione –Odevaine (componente del Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il ministero dell’Interno) spiega nei dettagli come è nato il grande affare dei migranti ospitati nel Cara di Mineo, oggi al centro del secondo troncone dell’inchiesta romana. “Li ho conosciuti quando c’è stata la prima gara” racconta a Stefano Bravo, il suo commercialista di fiducia, riferendosi al management del gruppo dell’imprenditoria cattolica oggi colpito da diversi arresti e perquisizioni.
Il Centro per migranti di Catania – un ex residence costruito per ospitare i rifugiati sbarcati nelle coste siciliane – era stato inizialmente affidato alla Croce Rossa (“senza gara, senza niente – specifica Odevaine intercettato dai carabinieri del Ros – la moglie di Letta (Gianni, ndr) è presidente della Croce Rossa Lombardia”). Quando il politico romano inizia ad occuparsi dell’affare migranti in Sicilia in rappresentanza del governo per la gestione dell’emergenza rifugiati c’era l’attuale prefetto di Roma Franco Gabrielli, che – secondo Odevaine – lo avrebbe contattato: “Me dice: senti Luca… prendite un attimo ‘ste carte – si legge in una intercettazione ambientale contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita oggi – guarda un attimo perché secondo me questa cosa (la gestione del Cara di Mineo, ndr) costa ‘no sproposito”. Andava presa una decisione, spiegava Odevaine al commercialista Stefano Bravo, per ottimizzare la spesa. Ed ecco che con parole chiarissime Odevaine spiega come – secondo la sua versione – si sono svolti i fatti:

Luca Odevaine: (Gabrielli, ndr) …va a parlare con Letta torna e dice “…facciamo la gara…” … (si mettono a ridere) … e mi fa “ma te te la senti de fa la gara?… ” … “e me la sento Franco … eh ci provo … lo faccio … che ne so … vado giù e vedo com’è…” … per cui alla fine andai giù … l’aria non era proprio delle migliori … però detto questo … praticamente venne nominato sub-commissario … eh del commissario Gabrielli … il Presidente della Provincia di Catania … che era anche Presidente dell’UPI … Giuseppe Castiglione(sottosegretario all’agricoltura, del Ncd, che, secondo notizie dello scorso marzo, risulterebbe indagato), ndr… il quale … quando io ero andato giù … mi è venuto a prendere lui all’aeroporto … mi ha portato a pranzo … arriviamo al tavolo … c’era pure un’altra sedia vuota … dico eh “chi?” … e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara (ride)…

Il seguito della conversazione entra nel vivo della vicenda Cara di Mineo. Odevaine spiega al commercialista il passo successivo, il contatto con il mondo della cooperazione cattolica. Nel seguito dell’intercettazione escono nomi di altro profilo (che non risultano indagati):

Luca Odevaine: ne parlo con questi dell’Arciconfraternita a Roma … con cui ho sempre lavorato qui al di Comune di Roma … e sò quelli che gestiscono il centro quello di Boccea … che il Comune gli ha affidato e tutto quanto … che c’aveva la capacità di farlo … e loro nel frattempo si erano appunto … fusi con la Cascina … per cui ho conosciuto loro gliel’ho presentati a Castiglione … e poi è nato questo … peraltro è nato e si è sviluppato poi per altri aspetti … perché loro adesso … Castiglione si è avvicinato molto aComunione e Liberazione, insieme ad Alfano e adesso loro … Comunione e Liberazione di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di Alfano e del Centro Destra …inc… Castiglione …

Stefano Bravo: Comunione e Liberazione appoggia Alfano?
Luca Odevaine: si … stanno proprio finanziando … sono tra i principali finanziatori di tutta questa …
Stefano Bravo: apposta regge …
Luca Odevaine: questa roba si … e Lupi è ... (si accavallano le voci) … e si sta dentro … Lupi … (si accavallano le voci) … e infatti è il Ministro del … .del coso … delle Opere Pubbliche …
Stefano Bravo: e si Infrastrutture …
Luca Odevaine: Infrastrutture eh … e Castiglione fa il sottosegretario … all’Agricoltura … però … ed è il loro principale referente in Sicilia … cioè quello che poi gli porta i voti … perché poi i voti loro …inc… ce li hanno tutti in Sicilia … per cui diciamo … io gli ho messi insieme … e si è strutturata questa roba … e dopo di che … abbiamo fatto questa cosa di Mineo … e la prima gara … io ho fatto il Presidente della Commissione … e … poi c’è stata una seconda gara … e poi adesso questa è la terza praticamente … gara che si fa … e in tutte e tre io ci so stato in Commissione …
Il nome dell’Arciconfraternita citato da Odevaine conta molto in ambito romano. Fondata nel 1571, l’Arciconfraternita del S.S. Sacramento e di S. Trifone era già stata citata nelle carte del primo troncone dell’inchiesta Mafia Capitale. Lo scorso dicembre il cardinale vicario per la diocesi di Roma Agostino Vallini aveva assicurato che la Curia romana nulla aveva a che vedere con i sospetti caduti sull’associazione ecclesiastica: “L’abbiamo sciolta. Abbiamo mandato una visita apostolica nel 2010”. Il racconto di Odevaine – in stretto contatto con la dirigenza – è però differente:
Luca Odevaine: allora io ti spiego com’è la questione … c’è stata una fusione tra … questi due gruppi ... diciamo così … uno che è la Cascina … e l’altro … ovviamente il più piccolo … che è … adesso si chiama Domus Caritatis … che in realtà … prima era eh … l’Arciconfraternita del Santissimo Trifone … una roba del genere si chiama … che sostanzialmente era … diciamo così il braccio operativo del Vicariato …

Dunque più che sciogliersi l’Arciconfraternita romana era entrata nella sfera della cooperativa La Cascina, legata al movimento Comunione e Liberazione. Un fatto che – se confermato – mostrerebbe quanto forte sia l’alleanza tra il Vicariato e CL. Almeno negli affari sui migranti. La lunga spiegazione di Odevaine prosegue, entrando nel vivo della questione: le presunte mazzette pagate dalla Cascina per aggiudicarsi l’appalto del Cara di Mineo.

Luca Odevaine: … allora su Mineo … con loro … abbiamo stabilito … avevamo stabilito … loro mi davano … su Mineo … 10.000 euro al mese … come … diciamo così … contributo … anche perché qui c’ho … assunta qualche persona … figli de … de dipendenti del ministero … insomma … eh … però siccome 10.000 euro … insomma erano stati stabiliti all’inizio … mò abbiamo raddoppiato …

Parole che i magistrati avrebbero riscontrato nel corso delle indagini, tracciando il flusso di soldi dalla coop La Cascina alle casse gestire da Odevaine. Presunte tangenti finite – secondo gli investigatori – lontani da Roma, verso il Venezuela.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06 ... i/1747356/
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Re: Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese

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Alle 22,30 dopo Crozza a Bersaglio Mobile (LA7), scontro tra Pd e 5 stelle.
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Re: Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese

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GIULIANONE 'A MONNEZZA


Non si capisce bene perché Ferrara abbia una predilezione per la schifezza, de la schifezza, de la schifezza, de la schifezza 'e uommane.

Dopo essere stato comunista a Torino con Faxino, passa al Psi e si mette ad adorare Bettino. Poi s'invaghisce di "Ghe pensi mi" e lo celebra sugli altari. Adesso tifa per Renzi. Sembra che SLURP, Travaglio lo abbia scritto per i lecchini come lui.

Adesso difende la mafia.

Per sua ammissione è stato agente della CIA.

Ferrara: Io informatore della Cia - la Repubblica.it
ricerca.repubblica.it › la Repubblica.it › 2003 › 05 › 15
15 mag 2003 - ROMA - Giuliano Ferrara tra il 1985 e il 1986 ha fatto l' informatore per ... sveglio e simpaticissimo agente americano» per «spiegare» Craxi a ...


Giuliano Ferrara, agente straniero, restituisca il denaro ...
https://leorugens.wordpress.com/.../giu ... iero-resti...
05 feb 2013 - Prendiamo Giuliano Ferrara, che a un certo punto ha fatto un lungo pezzo sul ... per pagare i debiti, a tradire l'Italia e divenire agente della CIA.


La Cia capì quello che le dicevo - Il Foglio
http://www.ilfoglio.it/.../la-cia-capi- ... 672-rubric...
di Giuliano Ferrara | 30 Agosto 2012 ore 06:59. COMMENTA 0 | |. Quando lavoravo per l'Agenzia d'informazione del governo americano chiamata Cia (vedi mio ...



Giuliano Ferrara sotto la cassaforte della Cia - Lettere al Direttore
http://www.letterealdirettore.it/forum/ ... 223-1.html
25 mag 2003 - Giuliano Ferrara sotto la cassaforte della Cia ... assai che un partito militarizzato come il Pci non sapesse che Ferrara era un agente della Cia.






Che gli abbia fatto male sedersi sulle ginocchia di baffone Stalin a 4 anni, quando suo padre era stato comandato presso la casa madre russa?

6 GIU 2015 15:51
- DUELLI DI CARTA

- PADELLARO: “FERRARA SU MAFIA CAPITALE HA SCRITTO SOLO CAZZATE. CERTO, MEGLIO DI QUELL’INSIPIDO SEMOLINO CHE CI PROPINA IL SUO SUCCESSORE CERASA”

- GIULIANONE INSISTE: “I PADRINI DE TRASTEVERE SONO UNA BUFALA. ALTRO CHE MAFIA”


Padellaro: “Ferrara attaccò chi ‘rovistava nella merda’. Dopo i nuovi arresti, dovrebbe riconoscere l’abbaglio”. Manco per niente: “Non sono innocenti, ma sono bulli della mazzetta che dovrebbero potersi difendere in un normale processo e invece vengono trattati come una cosca da pm non romani, che non capiscono Roma”…


1. MAFIA CAPITALE E GLI SVARIONI DI FERRARA
Antonio Padellaro per “il Fatto Quotidiano”


Che cosa bella sarebbe se Giuliano Ferrara ammettesse: ebbene sì, su Mafia Capitale ho scritto una serie di cazzate.

Che segnale di buona educazione civile se i giornalisti più anziani dessero l’esempio e con un po’ di sana autoironia cominciassero a riconoscere le cantonate, gli abbagli e tutti gli spropositi, spesso inevitabili in un mestiere schiavo dell’urgenza.

Prevengo l’obiezione: le mie cazzate me le ricordo quasi tutte e sono tante che ci vorrebbe un libro che prima o poi (se interessa) darò alle stampe.

Dopo la prima retata, quella che portò in galera Carminati er cecato e il clan Buzzi, l’allora direttore del Foglio caricò di brutto chi “rovistava nella merda” e liquidò l’inchiesta su Mafia Capitale come “una puzzonata” minimizzandone “i contenuti affaristici di seconda fila”, tutte storie di “piccoli appalti”. Poi, a corto di argomentazioni, s’impiccò a un distinguo del pg della Corte dei Conti sull’improprietà dell'uso della parola mafia a Roma: come se per la location giusta fossero indispensabili coppole, lupare e fichi d’India.


Però, quando alla radio sbroccò con un memorabile: “dove sono i morti? Se è mafia voglio i morti sul selciato”, finalmente riconobbi l’autentico Giulianone.

Quello che insegue le tesi più assurde solo per il gusto del bastian contrario mariuolo, soprattutto se c’è qualche forcaiolo da travolgere e qualche canaglia da salvare.

Per questo, lo so, mai Ferrara riconoscerà il suo torto, anche se tutto è meglio di quell’insipido semolino che il suo successore ci ha propinato sull’argomento.


2. LA BUFALA DEI PADRINI DE TRASTEVERE
Giuliano Ferrara per “Il Foglio”


Si rubacchia, a Roma. Una retata via l’altra, si scopre che si rubacchia. I grandi lavori sfuggono alla presa degli amici di Carminati e di Buzzi, come testimonia l’amministratore Zingaretti sul Corriere. Ma stavolta, al posto della raccolta delle foglie, c’è l’assunzione di un facchino all’Università RomaTre, per il resto appartamentini a Settecamini, che è un po’ diverso dal sacco di Palermo, appalti modesti, importi modesti in relazione alla media nazionale e internazionale, soprattutto se si pensi alla finanza, alle grandi opere, a certe banche, alla Fifa. Ma è mafia, mafia romana.

Sennò come fa il martiniano sindaco Marino, uno che non sa fare il suo mestiere come dovrebbe ma la spara grossa lambiccandosi la coscienza cattolico-progressista, a dire con sconcertante sicurezza da sbirro della Regina, da funzionario del peggiore Borbone, che i ladri vanno messi in galera (d’accordo) e poi “bisogna buttare via la chiave”? Non sarà che questo amministratore sfortunato, già miracolo della chirurgia a favore di telecamere, uno che a Pittsburg e a Palermo, dove ha lavorato come “eccellenza” mediatico-medica, non ce lo vogliono indietro nemmeno gratis, ha qualche problemino di coscienza e di memoria?


Che squallore emani dal romanzo criminale redatto da pm, giornalisti e origliatori professionali, dalla pigrizia delle paginate alla Francis Ford Coppola dedicate ai padrini de Trastevere, all’onorata società dei cravattari, alla cosa nostra che munge placida la vacca, lo si capisce senza difficoltà. Basta essere romani. Basta essere romani per capire la quantità di fregnacce iperboliche consegnate agli annali del grande crimine in un romanesco che dice tutto, dice molto più dei contenuti racchi delle indagini.


Non lo sono (romani) il procuratore capo da-tutti-stimato-e-riverito che annunciò elegantemente l’inchiesta imminente a un convegno del Pd, non lo è il giudice già operativo in Caltanissetta che ci querela perché le nostre critiche solitarie sono per lui uno scandalo, non lo è il pur bravo Ielo, spaesato da quando lasciò San Vittore per Regina Coeli, non lo è il fiorentino sindacalista militante dell’Anm.

Fossero romani capirebbero il senso delle intercettazioni che hanno ordinato e in base alle quali hanno squassato la Capitale e vorrebbero impressionare la Repubblica, procurandoci articolesse censorie perfino del New York Times (che dovrebbe dedicarsi di più alla mafia democratica dello stato di New York, prospera e potente a stare alle notizie recenti).


Vada per il giornalone ammerikano, ma su Repubblica le cronache di ordinaria corruzione trasformate da Carlo Bonini in romanzetto de borgata mafiosa e il commento di Francesco Merlo, che invoca leggi speciali e prigionia di stato per la città di Roma, veramente stupiscono perfino uno smagato e delinquenziale come me. Repubblica dice, per esempio, che la ‘ndrangheta ha votato compatta per Alemanno. L’ex sindaco, poverino, non era né particolarmente brillante né particolarmente trasparente, ma quanti voti ha a Roma la ‘ndrangheta?


Non sanno o non capiscono che da sempre – me ne ricordo a Torino di riunioni del Pci per le comunali con i circoli della famiglia calabrese o del popolo pugliese immigrato – è in uso cercare voti anche nei gruppi organizzati di corregionali del sud insediati nelle città del centro nord; non tutti saranno puliti, c’è lobbismo e malizia e tanto folklore, ma non è precisamente mafia, non è la ghenga dei Pesce, non siamo a Gioia Tauro.

Merlo, che è pieno di talento, s’inventa una genialata, il keynesismo criminale. Ben detto. Avevamo suggerito che questi non sono crimini di mafia, sono i delitti dell’assistenzialismo, e che sono molto diffusi e che si tratta di associazioni benemerite e santi laici, più gente ci sta più bestie ce n’entra, tutta roba battezzata dalla mejo sinistra solidarista, tutta roba che piace immensamente alla chiesa della tenerezza e dell’accoglienza, ex carcerati in testa al vertice delle cooperative.

Ma al mago di Bloomsbury non ci eravamo arrivati, forse volevamo risparmiargli le conseguenze di tanto deliquio. E’ la spesa pubblica, bellezza, e non puoi farci niente. E’ keynesiana, forse, l’idea di chiedere un euro a immigrato, la storia che per mungerla la vacca la devi nutrire, se vuoi l’appalto del verde a Ostia poi devi fare il giardino, se vuoi fare business cooperativo sugli immigrati non li puoi far morire di stenti e di freddo.


Questo dicono quei cazzoni della corruttela romanesca, bulli della mazzetta che dovrebbero potersi difendere in un normale processo (loro pensavano, come dicono al telefono, di finire in caso tre mesi a Regina Coeli “a fumare”, che è una vacanziella, invece marciscono a Badu ‘e Carros con l’accusa non già di corruzione, che gli spetta, ma di unzione mafiosa, che è una boiata pazzesca, un instrumentum regni della peggiore ideologia manettara).


Non sto qui a ridire quello che ho già detto e confermo. No armi, no famiglie, no patti di sangue, no vittime sul selciato, no grandi progetti come la raffineria della droga o la ristrutturazione edilizia di un centro urbano importante, bazzecole, quisquiglie e pinzillacchere, naturalmente giudicate sulla scala generale della corruzione, che altrove è affare anche molto più serio.

Non dico che Roma è innocente, l’innocenza non sanno nemmeno da che parte stia, certi funzionari, certi eletti dei vari consigli, sono marrazzoni e ominicchi di una storia che di tutto sa, e certo non di olezzi primaverili, ma non del puzzo noto della cosca mafiosa. Non sto neanche a riperticare le intercettazioni, non mi piace questo tipo di pornografia (ho visto che la corsa senza fine del guardonismo assassino porta il cronista anche a entrare nella stanza d’albergo in cui Maroni si incontra con il suo “splendore”, ma che vaccata).


Se volete, le spiate via nastro ve le andate a cercare sugli organi delle procure. Ne troverete a bizzeffe, comprese tutte le millanterie evidenti, tutto lo spirito oratoriale, parrocchiale e da cortile carcerario con cui, fra una battuta sessista e una imprecazione vernacolare e una rivendicazione di finta potenza, si dipana una storia tristissima e minore spacciata per grande scandalo nazionale degli ultimi giorni di Pompei.

A vantaggio dei bru bru che al nord, dove si ruba sul serio, e nei meandri dell’antipolitica, dove non si fa nulla e si invoca la trasparenza a schiovere, aspettano nuove retate di voti sulla scia delle solite inchieste giudiziario-mediatiche romanzate. Sono proposte (di voto di scambio) che la società civile non può rifiutare, direbbe Marlon Brando.


^^^^^^^^


Ps. Nella ricerca di quante volte Eduardo cita la schifezza, ho scoperto di essere finito su Google quando ho dato una mano ad un amico sul forum perlulivo.it., citando appunto Eduardo.

forum.perlulivo.it • Leggi argomento - Sarà colpa del liberismo (?)
www.perlulivo.it/forum/viewtopic.php?f=4&t=7399
23 nov 2014 - 3 post - ‎2 autori
E in effetti, non più tardi di qualche giorno fa, al tiro al liberismo ha .... per la schifezza, della schifezza, della schifezza, 'e uommane) la testa di ...
camillobenso
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Re: Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese

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Canti orfinici
(Marco Travaglio)
06/06/2015 di triskel182


L’altroieri, mentre la visita quotidiana dei carabinieri gli portava via un altro pezzo di partito, il presidente del Pd Matteo Orfini evocava i servizi segreti.

E subito un retrogusto di madeleine proustiana, di buone cose di pessimo giusto gozzaniane, pervadeva l’intera sala stampa.

“Tutta colpa dei servizi segreti” non si sentiva, a sinistra, dagli anni 70, fra tintinnii di sciabole, minacce di golpe vere o presunte, stragi di Stato, strategia della tensione, giù giù fino al caso Moro.


Solo che allora i servizi quasi sempre c’entravano.

Oggi, con tutta la buona volontà, pare un tantino azzardato: basti pensare che il loro ultimo “analista” conosciuto è Pio Pompa, reclutatore di Renato Farina col nome di battaglia “Betulla” (caso di scuola di servizi che farebbero meglio a restare segreti per salvare uno straccio di reputazione).



Ma Orfini, l’aria smunta e due occhiaie tipo Sansonite dopo la notte in bianco alla playstation col Matteo famoso, non sapeva più con chi prendersela per non dire che, se il Pd romano di cui fa parte da quando aveva i calzoni corti è teleguidato da Buzzi e Carminati, forse è colpa del Pd romano.



Aveva anche pensato di citare il John Belushi dei Blues Brothers che si giustifica con la fidanzata: “Non ti ho tradito. Sul serio. Ero rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! E poi le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!”.


Poi ha preferito andare sul classico: i servizi segreti hanno sempre funzionato, si portano su tutto ed, essendo segreti, non possono neppure replicare alle cazzate che dici.



Quindi l’ha messa giù così: “È curioso che una figura come Carminati abbia potuto costruire un sistema criminale di tale entità. Chiederò al Copasir di occuparsi di questa vicenda, per chiedere com’è possibile che i servizi segreti non si siano accorti di cosa stava facendo una persona a loro evidentemente nota”.




Ecco, i servizi dovevano essere un po’ meno segreti e chiamarlo: ehi, guarda che quel Massimo Carminati che entra ed esce dal Campidoglio omaggiato da destra, dal centro e da sinistra, che tutti chiamano Er Cecato ma ci vede benissimo, è quello dei Nar e della Banda della Magliana, il Nero di “Romanzo criminale”; guarda che il suo socio Salvatore Buzzi, quello che comanda le coop rosse romane e quindi il tuo partito, ha una condanna all’ergastolo perché assassinò con 34 coltellate un collega bancario suo complice in una truffa, che lo stava ricattando.


E guarda che Luca Odevaine non lo facevano entrare negli Stati Uniti nemmeno col visto turistico perché avevano scoperto (gli americani, mica voi) che si chiama Odovaine con la “o” ed è condannato per droga e assegni a vuoto, e s’è fatto cambiare il cognome all’anagrafe per uno scrupolo fin eccessivo, ché se ve lo diceva subito che era pregiudicato magari lo facevate pure sindaco, perché capo di gabinetto di Veltroni, capo della polizia provinciale della giunta Zingaretti e membro del Coordinamento nazionale rifugiati del governo Renzi pareva poco.




Disgraziatamente Orfini va fortissimo alla playstation, ma è deboluccio in cinema: non sapeva nulla di Carminati & C. perché nessuno gli aveva regalato i dvd di Romanzo Criminale.





Quindi è ufficiale: è colpa delle barbefinte (che, già che c’erano, potevano pure avvertire Renzi e Orfini che De Luca era condannato e ineleggibile, così evitavano di candidarlo, o in alternativa le querelavano).



Poi naturalmente è colpa dei 5Stelle: non hanno nemmeno un indagato e un arrestato, ergo – sempre a detta di Orfini – “sono gli idoli dei clan di Ostia”.


Cioè del X Municipio capitolino che Orfini ha dovuto commissariare perché il compagno presidente Andrea Tassone, Pd, ovviamente arrestato, era un burattino di Mafia Capitale (“È nostro, nun c’è maggioranza, nun c’è opposizione, solo mio”, dice Buzzi mentre gli versa il 10% sui lavori).

Quindi: i servizi segreti, il M5S e naturalmente la Bindi, che comprensibilmente non ha ancora detto nulla sul secondo round di Mafia Capitale per evitare querele dal suo partito: comunque martedì la processano in Antimafia, così impara.



Va detto che lo scusario orfinico ha almeno il pregio dell’originalità: la conferenza stampa in cui, mentre tanti compagni viaggiano sui cellulari verso Regina Coeli per aver trasformato la lupa in mucca da mungere, riesce a dare la colpa a tutti tranne che al suo partito e dunque a se stesso denota uno sforzo di fantasia davvero encomiabile.




Pari almeno a quello di Lella Paita che, dopo essere riuscita a regalare la Liguria a Toti, accusato prima tal Pastorino e poi l’intera città di Genova, tutta misogina: “A questa città le donne non sono mai piaciute”, tanto per non ammettere che i liguri han fatto di tutto, ma proprio di tutto, pur di non votare per lei.


O a quello di Alessandra Moretti che, doppiata da Zaia, anziché andarsi a nascondere dall’estetista per un maquillage molto coprente, se la prende con Renzi, cioè con chi l’ha avventatamente candidata (“Su di me ha pesato anche un giudizio sull’operato del governo”).



Tanta fantasia rischia di far sfigurare il premier che, all’ennesima retata, ha innestato il pilota automatico delle frasi fatte. Archiviati il “Daspo per i corrotti” (decisamente troppo umoristico) e la rottamazione (la fanno direttamente la procura e i carabinieri), se n’è uscito con un memorabile: “Chi sbaglia deve pagare, chi ruba deve andare in galera”.


E beninteso: chi dorme non piglia pesci. E sia chiaro: chi non lavora non fa l’amore. Parole pesanti come pietre, a cui però continuiamo a preferire le madeleine di Orfini.


Che, appena apre bocca, ha sempre come un sottofondo di sirene: e non si sa mai se siano quelle della volante o dell’ambulanza.
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