Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese....
Inviato: 11/12/2014, 19:26
Monica Pasquino Diventa fan
presidente dell'associazione scosse.org
Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese. Ma i cittadini possono (e devono) reagire
Pubblicato: 11/12/2014 15:18
Dopo aver letto le 1228 pagine dell'Ordinanza sulla cosiddetta Mafia Capitale, firmata dal Giudice delle Indagini Preliminari di Roma Flavia Costantini, sono rimasta impietrita per giorni. Quasi allo stesso modo mi ha angosciata l'assenza di parola della sinistra, migliore candidata, oggi, ad avanzare un dibattito e un percorso politico di rottura netta.
E' necessario, infatti, costruire le condizioni e la fiducia per una nuova stagione, che smonti definitivamente il leitmotiv che in tempi di crisi non ci sono risorse economiche; che rilanci il "pubblico" con la sua funzione originaria di garante dell'interesse generale e non di facilitatore della speculazione finanziaria e urbanistica. Quest'ultima, oggi è assai felice della scelta di Matteo Renzi di proporre la candidatura di Roma come città ospitante delle Olimpiadi del 2024.
Prendo subito le distanze da tutti coloro che hanno avuto reticenza a descrivere il sistema emerso a Roma come mafioso, e come mafia non di importazione ma autoctona, per quanto collegata alla 'ndrangheta, e da tutti quelli che si limitano a parlare di "mele marce". L'inchiesta mette in luce un elemento strutturale della classe politica, che baratta favori con tangenti o si adopera per dare autorizzazioni e concessioni in cambio di voti e finanziamenti elettorali.
In Italia abbiamo un sistema di potere politico-finanziario di natura trasversale, convinto che la gestione clientelare fondata sul profitto personale rimanga impunita, forte quanto il delirio di onnipotenza, tanto che non c'è alcuna remora e al telefono si parla con naturalezza delle dinamiche corruttive. Questo sistema tra forza da un vasto e ramificato contesto relazionale e si incarna nella forma mentis di quanti sono convinti che "se rubi tu allora posso farlo anche io". E' un codice culturale con regole, onori e comportamenti quotidiani, che può aumentare al massimo grado la discrezionalità dell'amministrazione. E' una cultura diffusa, priva di equità e giustizia anche quando non genera reati e corruzione, con distorsioni evidenti, come nei tentativi di alcuni di difendersi spiegando che i legami con Buzzi sono dovuti a rapporti di amicizia e informali, cene ed sms confidenziali.
Nelle fasce intermedie della dirigenza politica e nei livelli inferiori dell'amministrazione questo si traduce - spesso - in connivenza, omertà, indifferenza oppure in sciatteria, disaffezione dal proprio lavoro e negligenza.
Eppure, non tutto è compresso. I lavoratori e le lavoratrici sfruttati e sottopagati mentre i loro vertici si arricchivano (ieri in assemblea a Roma), i movimenti sociali e il terzo settore che gode di buona salute, assieme alle forze politiche non coinvolte, hanno davanti una sfida importantissima. L'inchiesta Mafia Capitale ci suggerisce i mali e indirettamente anche quali gli strumenti di prevenzione e contrasto.
Nel Paese abbiamo centinaia di casi simili alla Cooperativa 29 Giugno - l'anno scorso la cooperativa di Salvatore Buzzi ha registrato un margine operativo di quasi 3 milioni, il 48% in più rispetto al 2012 - che si alimentano grazie a una politica che promuove privatizzazioni, esternalizzazione dei servizi, gestione privata dei beni comunitari, dalla manutenzione del verde pubblico all'accoglienza dei migranti, dalla raccolta indifferenziata ai campi rom. Questo anche grazie al fattore di "emergenza" ambientale o sociale, che permette alle stazioni appaltanti di derogare alle procedure di gara con evidenza pubblica per far fronte a fatti imprevedibili che richiedono una risposta rapida, usato però anche per servizi ordinari per i quali non è ravvisabile alcuna urgenza, come la pulizia delle strade o l'assistenza socio-sanitaria.
L'esternalizzazione di ogni servizio e funzione pubblica è sempre più diffusa - con gare a massimo ribasso, criteri poco trasparenti e commissioni di valutazione i cui membri si avvicendano per decenni - e con il ricorso alla legislazione di emergenza. Questo processo ha come effetto la progressiva espropriazione di ogni democrazia di prossimità.
Il settore dei contratti pubblici muove circa il 7% del PIL nazionale, il 16% del PIL europeo e assegna ogni anno in Italia circa 125 mila contratti di importo superiore a 40 mila euro. Secondo le stime di Transparency International del Servizio anticorruzione e trasparenza della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Procura generale presso la Corte dei conti, la corruzione costa al sistema economico italiano circa 60 miliardi di euro all'anno.
L'attuale meccanismo di governance allarga il perimetro di azione della cooperazione sociale e stravolge la natura di cooperative e associazioni no profit, come in passato è stato per la cooperazione di produzione/lavoro e le cooperative edilizie.
Per crearne uno diverso da quello che abbiamo visto all'opera nella Capitale occorre rompere le concentrazioni di potere economico, politico e clientelare che nelle città sono note a tutti e serve una trasformazione profonda della classe politica e dell'apparato amministrativo, con la diffusione di costumi non discrezionali né consociativisti. Bisogna avere il coraggio di chiamare i reati con il loro nome e spiegare come e perché questo sistema mafioso trova nelle larghe intese il suo humus più fertile. Occorre una politica che proponga l'internalizzazione dei servizi e una gestione del pubblico fondata sulla partecipazione della cittadinanza - unico vero antidoto alla corruzione.
Allo stesso modo è necessario ridurre il ricorso alle procedure di emergenza, aumentare la trasparenza e la pubblicità nei contratti pubblici, realizzare un sistema di rotazione dei dirigenti pubblici e dei membri delle commissioni di valutazione. Nel terzo settore è evidente la necessità di una regolamentazione che imponga il ricambio dei vertici di cooperative e consorzi, con al massimo due mandati, perché essere nelle cabine di regia per dieci o vent'anni assicura delle rendite di posizioni e avvantaggia la gestione opaca e il malaffare.
Nella storia recente della politica italiana sono pochi a poter svolgere questa trasformazione. La destra, da Berlusconi ad Alemanno non è un interlocutore credibile. Ma il sistema di corruzione, dall'Expo 2015 alla TAV, dallo scandalo del Mose a tante altre grandi opere, coinvolge anche molti esponenti del centrosinistra. Il PD, invaghito di una rottamazione anagrafica e di facciata, aggrava la situazione con i suoi provvedimenti, come nel caso delle deroghe alla disciplina ordinaria contenute nel decreto 'Sblocca Italia', che, secondo Bankitalia, rendono i lavori delle infrastrutture più vulnerabili alla corruzione.
Il movimento 5 stelle, affetto da diversi elementi strutturali di debolezza, e le formazioni che si avvicendano a sinistra, divise al proprio interno, sono le forze politiche che almeno fino ad oggi non risultano coinvolte nel sistema mafioso capitolino.
Nel frattempo Marino consegna i dossier sugli appalti in Procura, ci sono nuovi arresti e l'inchiesta si allarga. A Roma arrivano i commissari esterni con compiti ispettivi per la garanzia negli appalti e il commissariamento del Comune sembra un'ipotesi archiviata.
Rimangono molte ombre da dipanare. La cooperativa 29 giugno ha finanziato con 30 mila euro la campagna elettorale personale di Ignazio Marino, che in totale ammontava a 60.500 euro. Il vicesindaco, Luigi Nieri, di SEL, avrebbe ricevuto 5 mila sui 14 mila complessivamente raccolti (come si può leggere qui) e altri versamenti sono annotati verso eletti del PD e verso gli attuali presidenti del Primo e del Quarto Municipio di Roma.
Dal punto di vista politico, Ignazio Marino ha la legittimità di amministrare la città per un tempo limitato e definito e di portare la città all'approvazione del bilancio. Ma l'attuale Consiglio Comunale non può portare a termine il suo mandato, essendoci stata un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, e non dovrebbe neanche intervenire nel merito di ingenti opere pubbliche, perché l'Amministrazione capitolina non è al momento in grado di assicurare alla città che i progetti siano privi di irregolarità - oggi nell'ordine dei lavori dell'Assemblea capitolina c'è la delibera sullo stadio della Roma.
La sensazione di giustizia negata che serpeggia tra le strade è tutt'uno con l'astensionismo in crescita e con la rinuncia dei cittadini a esercitare il diritto di voto, consapevoli che si va a votare scegliendo il "meno peggio" tra opachi interessi indistinguibili da un punto di vista ideale e valoriale. Se la sinistra vuole tornare a essere votata dai ceti popolari e non solo dal 5% della classe intellettuale, deve accogliere la sfida che Mafia Capitale le pone, proponendo un dibattito pubblico ed indicando misure e meccanismi per prevenire le dinamiche corruttive nella politica e nell'amministrazione.
Molti comitati di cittadini, movimenti sociali, media indipendenti e associazioni no profit avevano scoperto e denunciato prima della magistratura alcune delle magagne emerse, così come era noto che negli ultimi anni i costi degli appalti e delle esternalizzazioni fossero triplicati in AMA e ATAC. Questa coalizione sociale, sofferente per l'attuale contrazione degli spazi di democrazia, assieme alle decine di migliaia di persone oneste che lavorano per il Comune (70mila tra dipendenti pubblici, appalti e convenzioni a privati), con il sostegno delle forze politiche ancora credibili, devono avviare un percorso comune di lotta contro il sistema mafioso che ci attanaglia e di costruzione di una nuova stagione, rispondendo alla sfida che Mafia Capitale pone alla città e ai suoi abitanti.
presidente dell'associazione scosse.org
Mafia Capitale trova terreno fertile nelle larghe intese. Ma i cittadini possono (e devono) reagire
Pubblicato: 11/12/2014 15:18
Dopo aver letto le 1228 pagine dell'Ordinanza sulla cosiddetta Mafia Capitale, firmata dal Giudice delle Indagini Preliminari di Roma Flavia Costantini, sono rimasta impietrita per giorni. Quasi allo stesso modo mi ha angosciata l'assenza di parola della sinistra, migliore candidata, oggi, ad avanzare un dibattito e un percorso politico di rottura netta.
E' necessario, infatti, costruire le condizioni e la fiducia per una nuova stagione, che smonti definitivamente il leitmotiv che in tempi di crisi non ci sono risorse economiche; che rilanci il "pubblico" con la sua funzione originaria di garante dell'interesse generale e non di facilitatore della speculazione finanziaria e urbanistica. Quest'ultima, oggi è assai felice della scelta di Matteo Renzi di proporre la candidatura di Roma come città ospitante delle Olimpiadi del 2024.
Prendo subito le distanze da tutti coloro che hanno avuto reticenza a descrivere il sistema emerso a Roma come mafioso, e come mafia non di importazione ma autoctona, per quanto collegata alla 'ndrangheta, e da tutti quelli che si limitano a parlare di "mele marce". L'inchiesta mette in luce un elemento strutturale della classe politica, che baratta favori con tangenti o si adopera per dare autorizzazioni e concessioni in cambio di voti e finanziamenti elettorali.
In Italia abbiamo un sistema di potere politico-finanziario di natura trasversale, convinto che la gestione clientelare fondata sul profitto personale rimanga impunita, forte quanto il delirio di onnipotenza, tanto che non c'è alcuna remora e al telefono si parla con naturalezza delle dinamiche corruttive. Questo sistema tra forza da un vasto e ramificato contesto relazionale e si incarna nella forma mentis di quanti sono convinti che "se rubi tu allora posso farlo anche io". E' un codice culturale con regole, onori e comportamenti quotidiani, che può aumentare al massimo grado la discrezionalità dell'amministrazione. E' una cultura diffusa, priva di equità e giustizia anche quando non genera reati e corruzione, con distorsioni evidenti, come nei tentativi di alcuni di difendersi spiegando che i legami con Buzzi sono dovuti a rapporti di amicizia e informali, cene ed sms confidenziali.
Nelle fasce intermedie della dirigenza politica e nei livelli inferiori dell'amministrazione questo si traduce - spesso - in connivenza, omertà, indifferenza oppure in sciatteria, disaffezione dal proprio lavoro e negligenza.
Eppure, non tutto è compresso. I lavoratori e le lavoratrici sfruttati e sottopagati mentre i loro vertici si arricchivano (ieri in assemblea a Roma), i movimenti sociali e il terzo settore che gode di buona salute, assieme alle forze politiche non coinvolte, hanno davanti una sfida importantissima. L'inchiesta Mafia Capitale ci suggerisce i mali e indirettamente anche quali gli strumenti di prevenzione e contrasto.
Nel Paese abbiamo centinaia di casi simili alla Cooperativa 29 Giugno - l'anno scorso la cooperativa di Salvatore Buzzi ha registrato un margine operativo di quasi 3 milioni, il 48% in più rispetto al 2012 - che si alimentano grazie a una politica che promuove privatizzazioni, esternalizzazione dei servizi, gestione privata dei beni comunitari, dalla manutenzione del verde pubblico all'accoglienza dei migranti, dalla raccolta indifferenziata ai campi rom. Questo anche grazie al fattore di "emergenza" ambientale o sociale, che permette alle stazioni appaltanti di derogare alle procedure di gara con evidenza pubblica per far fronte a fatti imprevedibili che richiedono una risposta rapida, usato però anche per servizi ordinari per i quali non è ravvisabile alcuna urgenza, come la pulizia delle strade o l'assistenza socio-sanitaria.
L'esternalizzazione di ogni servizio e funzione pubblica è sempre più diffusa - con gare a massimo ribasso, criteri poco trasparenti e commissioni di valutazione i cui membri si avvicendano per decenni - e con il ricorso alla legislazione di emergenza. Questo processo ha come effetto la progressiva espropriazione di ogni democrazia di prossimità.
Il settore dei contratti pubblici muove circa il 7% del PIL nazionale, il 16% del PIL europeo e assegna ogni anno in Italia circa 125 mila contratti di importo superiore a 40 mila euro. Secondo le stime di Transparency International del Servizio anticorruzione e trasparenza della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Procura generale presso la Corte dei conti, la corruzione costa al sistema economico italiano circa 60 miliardi di euro all'anno.
L'attuale meccanismo di governance allarga il perimetro di azione della cooperazione sociale e stravolge la natura di cooperative e associazioni no profit, come in passato è stato per la cooperazione di produzione/lavoro e le cooperative edilizie.
Per crearne uno diverso da quello che abbiamo visto all'opera nella Capitale occorre rompere le concentrazioni di potere economico, politico e clientelare che nelle città sono note a tutti e serve una trasformazione profonda della classe politica e dell'apparato amministrativo, con la diffusione di costumi non discrezionali né consociativisti. Bisogna avere il coraggio di chiamare i reati con il loro nome e spiegare come e perché questo sistema mafioso trova nelle larghe intese il suo humus più fertile. Occorre una politica che proponga l'internalizzazione dei servizi e una gestione del pubblico fondata sulla partecipazione della cittadinanza - unico vero antidoto alla corruzione.
Allo stesso modo è necessario ridurre il ricorso alle procedure di emergenza, aumentare la trasparenza e la pubblicità nei contratti pubblici, realizzare un sistema di rotazione dei dirigenti pubblici e dei membri delle commissioni di valutazione. Nel terzo settore è evidente la necessità di una regolamentazione che imponga il ricambio dei vertici di cooperative e consorzi, con al massimo due mandati, perché essere nelle cabine di regia per dieci o vent'anni assicura delle rendite di posizioni e avvantaggia la gestione opaca e il malaffare.
Nella storia recente della politica italiana sono pochi a poter svolgere questa trasformazione. La destra, da Berlusconi ad Alemanno non è un interlocutore credibile. Ma il sistema di corruzione, dall'Expo 2015 alla TAV, dallo scandalo del Mose a tante altre grandi opere, coinvolge anche molti esponenti del centrosinistra. Il PD, invaghito di una rottamazione anagrafica e di facciata, aggrava la situazione con i suoi provvedimenti, come nel caso delle deroghe alla disciplina ordinaria contenute nel decreto 'Sblocca Italia', che, secondo Bankitalia, rendono i lavori delle infrastrutture più vulnerabili alla corruzione.
Il movimento 5 stelle, affetto da diversi elementi strutturali di debolezza, e le formazioni che si avvicendano a sinistra, divise al proprio interno, sono le forze politiche che almeno fino ad oggi non risultano coinvolte nel sistema mafioso capitolino.
Nel frattempo Marino consegna i dossier sugli appalti in Procura, ci sono nuovi arresti e l'inchiesta si allarga. A Roma arrivano i commissari esterni con compiti ispettivi per la garanzia negli appalti e il commissariamento del Comune sembra un'ipotesi archiviata.
Rimangono molte ombre da dipanare. La cooperativa 29 giugno ha finanziato con 30 mila euro la campagna elettorale personale di Ignazio Marino, che in totale ammontava a 60.500 euro. Il vicesindaco, Luigi Nieri, di SEL, avrebbe ricevuto 5 mila sui 14 mila complessivamente raccolti (come si può leggere qui) e altri versamenti sono annotati verso eletti del PD e verso gli attuali presidenti del Primo e del Quarto Municipio di Roma.
Dal punto di vista politico, Ignazio Marino ha la legittimità di amministrare la città per un tempo limitato e definito e di portare la città all'approvazione del bilancio. Ma l'attuale Consiglio Comunale non può portare a termine il suo mandato, essendoci stata un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, e non dovrebbe neanche intervenire nel merito di ingenti opere pubbliche, perché l'Amministrazione capitolina non è al momento in grado di assicurare alla città che i progetti siano privi di irregolarità - oggi nell'ordine dei lavori dell'Assemblea capitolina c'è la delibera sullo stadio della Roma.
La sensazione di giustizia negata che serpeggia tra le strade è tutt'uno con l'astensionismo in crescita e con la rinuncia dei cittadini a esercitare il diritto di voto, consapevoli che si va a votare scegliendo il "meno peggio" tra opachi interessi indistinguibili da un punto di vista ideale e valoriale. Se la sinistra vuole tornare a essere votata dai ceti popolari e non solo dal 5% della classe intellettuale, deve accogliere la sfida che Mafia Capitale le pone, proponendo un dibattito pubblico ed indicando misure e meccanismi per prevenire le dinamiche corruttive nella politica e nell'amministrazione.
Molti comitati di cittadini, movimenti sociali, media indipendenti e associazioni no profit avevano scoperto e denunciato prima della magistratura alcune delle magagne emerse, così come era noto che negli ultimi anni i costi degli appalti e delle esternalizzazioni fossero triplicati in AMA e ATAC. Questa coalizione sociale, sofferente per l'attuale contrazione degli spazi di democrazia, assieme alle decine di migliaia di persone oneste che lavorano per il Comune (70mila tra dipendenti pubblici, appalti e convenzioni a privati), con il sostegno delle forze politiche ancora credibili, devono avviare un percorso comune di lotta contro il sistema mafioso che ci attanaglia e di costruzione di una nuova stagione, rispondendo alla sfida che Mafia Capitale pone alla città e ai suoi abitanti.