La vicenda FIAT
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Re: La vicenda FIAT
Madre Teresa di Torino
Marchionne: "Manterrò Fiat in Italia
con i guadagni fatti all'estero"
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Re: La vicenda FIAT
Il secondo tragico Marchionne
di Marco Travaglio | 19 settembre 2012
C’è un che di irresistibile nel dialogo (si fa per dire) a distanza fra il duro Sergio Marchionne e gli omuncoli gelatinosi del governo, dei partiti e dei sindacati moderati (Cisl e Uil). Lui, il duro che non deve chiedere mai perché viene ubbidito prim’ancora che dia gli ordini, annuncia che dei 20 miliardi di investimenti promessi, col contorno di 1 milione e 400 mila auto e altre supercazzole che potevano essere credute solo in Italia, non se ne fa più nulla. Perché? Perché no. E gli impavidi ministri, sindacalisti e politici che fanno? Gli chiedono di “chiarire”. I più temerari aggiungono “subito”, ma sottovoce, vedimai che s’incazzi e li prenda a sberle. Ora, tutto si può rimproverare a questo finanziere scambiato per un genio dell’automobile, tranne la carenza di chiarezza: è dal 2004 che dice ai quattro venti che dell’Italia non ne vuole sapere, molto meglio i paesi dell’Est, dove la gente lavora per un tozzo di pane e non chiede diritti sindacali perché non sa cosa siano, e gli Usa dove Obama paga e Fiat-Chrysler incassa.
Ma quelli niente, fingono di non capire, chiedono chiarimenti, approfondimenti, spiegazioni, aprono tavoli, propongono patti, invocano negoziati, lanciano penultimatum, attendono il messia dei “nuovi modelli” naturalmente mai pervenuti. Ma in quale lingua glielo deve spiegare, Marchionne, che dell’Italia e dell’auto con bandierina tricolore non gliene frega niente? In sanscrito? Sentite Passera: “Voglio capire meglio le implicazioni delle sue dichiarazioni”. Un disegno di Altan potrebbe bastare. Sentite la Fornero, quella col codice a barre in fronte: “Non ho il potere di convocare l’amministratore delegato di una grande azienda” (solo quello di entrare con la scorta armata ai gran premi di F1), però vorrebbe “approfondire con Marchionne cosa ha in mente per i suoi piani di investimento per l’occupazione”. Ma benedetta donna: niente ha in mente, te l’ha già detto in musica, che altro deve fare per cacciartelo in testa? Infilare l’ombrello nel coso di Cipputi? Sentite Fassino: “L’ho sentito, mi ha dato rassicurazioni”. Ci parla lui. Sentite Bonanni, quello con la faccia da Bonanni che firmò tremante gli accordi-capestro a Pomigliano e Mirafiori: “Marchionne ci convochi subito e chiarisca se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato o no”. Ma certo: i 20 miliardi li tiene lì sotto il materasso in attesa che la gente si compri tre Cinquecento e quattro Duna a testa, poi oplà, li sgancia sull’unghia per la bella faccia di Bonanni.
Ma che deve fare quel sant’uomo per far capire che i 20 miliardi non esistono e ha preso tutti per i fondelli? Fargli una pernacchia sarebbe un’idea, ma poi quelli replicherebbero: “Vorremmo capire meglio il significato profondo del gesto, Marchionne apra al più presto un tavolo per fornirci le necessarie e ineludibili delucidazioni atte a chiarire il senso recondito, anche tra le righe, della pernacchia”. Se non ci fossero di mezzo decine di migliaia di famiglie, ci sarebbe da scompisciarsi per queste scenette da commediola anni 80, dove il marito trova la moglie a letto con un altro e la interroga tutto compunto: “Cara, esigo un chiarimento sulla scena cui ho testè assistito”. O da film di Fantozzi. La sua Bianchina, con a bordo la signorina Silvani, viene affiancata dall’auto di tre energumeni che afferrano un orecchio del ragioniere. La Silvani li insulta. Quelli estraggono dall’auto Fantozzi a forza e lo massacrano di botte, mentre lui li apostrofa con fierezza: “Badi come parla!”. Pugno in faccia. “Vorrei un momento parlamentare con voi”. Setto nasale. “Lo ridichi, se ha il coraggio”. Spiaccicato sul tettuccio. “Badi che se osa ancora alzare la voce con me…”. Giacca squarciata. “Bene, mi sembra che abbiamo chiarito tutto, allora io andrei…”. Lo finiscono a calci e lo lanciano come ariete nel parabrezza. Ora Fantozzi fa il ministro tecnico e il sindacalista moderato. Tanto le botte le prendono i lavoratori.
Il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2012
di Marco Travaglio | 19 settembre 2012
C’è un che di irresistibile nel dialogo (si fa per dire) a distanza fra il duro Sergio Marchionne e gli omuncoli gelatinosi del governo, dei partiti e dei sindacati moderati (Cisl e Uil). Lui, il duro che non deve chiedere mai perché viene ubbidito prim’ancora che dia gli ordini, annuncia che dei 20 miliardi di investimenti promessi, col contorno di 1 milione e 400 mila auto e altre supercazzole che potevano essere credute solo in Italia, non se ne fa più nulla. Perché? Perché no. E gli impavidi ministri, sindacalisti e politici che fanno? Gli chiedono di “chiarire”. I più temerari aggiungono “subito”, ma sottovoce, vedimai che s’incazzi e li prenda a sberle. Ora, tutto si può rimproverare a questo finanziere scambiato per un genio dell’automobile, tranne la carenza di chiarezza: è dal 2004 che dice ai quattro venti che dell’Italia non ne vuole sapere, molto meglio i paesi dell’Est, dove la gente lavora per un tozzo di pane e non chiede diritti sindacali perché non sa cosa siano, e gli Usa dove Obama paga e Fiat-Chrysler incassa.
Ma quelli niente, fingono di non capire, chiedono chiarimenti, approfondimenti, spiegazioni, aprono tavoli, propongono patti, invocano negoziati, lanciano penultimatum, attendono il messia dei “nuovi modelli” naturalmente mai pervenuti. Ma in quale lingua glielo deve spiegare, Marchionne, che dell’Italia e dell’auto con bandierina tricolore non gliene frega niente? In sanscrito? Sentite Passera: “Voglio capire meglio le implicazioni delle sue dichiarazioni”. Un disegno di Altan potrebbe bastare. Sentite la Fornero, quella col codice a barre in fronte: “Non ho il potere di convocare l’amministratore delegato di una grande azienda” (solo quello di entrare con la scorta armata ai gran premi di F1), però vorrebbe “approfondire con Marchionne cosa ha in mente per i suoi piani di investimento per l’occupazione”. Ma benedetta donna: niente ha in mente, te l’ha già detto in musica, che altro deve fare per cacciartelo in testa? Infilare l’ombrello nel coso di Cipputi? Sentite Fassino: “L’ho sentito, mi ha dato rassicurazioni”. Ci parla lui. Sentite Bonanni, quello con la faccia da Bonanni che firmò tremante gli accordi-capestro a Pomigliano e Mirafiori: “Marchionne ci convochi subito e chiarisca se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato o no”. Ma certo: i 20 miliardi li tiene lì sotto il materasso in attesa che la gente si compri tre Cinquecento e quattro Duna a testa, poi oplà, li sgancia sull’unghia per la bella faccia di Bonanni.
Ma che deve fare quel sant’uomo per far capire che i 20 miliardi non esistono e ha preso tutti per i fondelli? Fargli una pernacchia sarebbe un’idea, ma poi quelli replicherebbero: “Vorremmo capire meglio il significato profondo del gesto, Marchionne apra al più presto un tavolo per fornirci le necessarie e ineludibili delucidazioni atte a chiarire il senso recondito, anche tra le righe, della pernacchia”. Se non ci fossero di mezzo decine di migliaia di famiglie, ci sarebbe da scompisciarsi per queste scenette da commediola anni 80, dove il marito trova la moglie a letto con un altro e la interroga tutto compunto: “Cara, esigo un chiarimento sulla scena cui ho testè assistito”. O da film di Fantozzi. La sua Bianchina, con a bordo la signorina Silvani, viene affiancata dall’auto di tre energumeni che afferrano un orecchio del ragioniere. La Silvani li insulta. Quelli estraggono dall’auto Fantozzi a forza e lo massacrano di botte, mentre lui li apostrofa con fierezza: “Badi come parla!”. Pugno in faccia. “Vorrei un momento parlamentare con voi”. Setto nasale. “Lo ridichi, se ha il coraggio”. Spiaccicato sul tettuccio. “Badi che se osa ancora alzare la voce con me…”. Giacca squarciata. “Bene, mi sembra che abbiamo chiarito tutto, allora io andrei…”. Lo finiscono a calci e lo lanciano come ariete nel parabrezza. Ora Fantozzi fa il ministro tecnico e il sindacalista moderato. Tanto le botte le prendono i lavoratori.
Il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2012
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Re: La vicenda FIAT
CONTRO I LIBERISTI ALLA VACCINARA, ARRIVANO I NUMERI - LA FIAT HA RICEVUTO DALLO STATO CIRCA 7,6 MILIARDI € DAL 1977, E NE HA REINVESTITI IN ITALIA 6,2 - SONO DATI DELLA CGIA DI MESTRE, CHE NON TENGONO NEANCHE CONTO DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI (CASSA INTEGRAZIONE, SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE, TUTTI SOLDI PUBBLICI) - HOLLANDE INVECE USA IL PUGNO DI FERRO CONTRO PEUGEOT-CITROEN CHE VOGLIONO TAGLIARE 8MILA POSTI - FITCH: OUTLOOK NEGATIVO PER FIAT…
1 - LA FIAT HA RICEVUTO 7,6 MLD DALLO STATO, E NE HA INVESTITI 6,2
Pierpaolo Molinengo per Trend Online
E' chiaramente una stima approssimativa che, secondo i calcoli realizzati dall'Ufficio studi della CGIA di Mestre, dovrebbe attestarsi attorno ai 7,6 miliardi di euro. Un importo di tutto rispetto che corrisponde agli aiuti erogati dallo Stato italiano alla Fiat a partire dal 1977.
"Una somma importante - segnala il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi - che comunque è stata integrata, tra il 1990 e i giorni nostri, da oltre 6,2 miliardi di investimenti realizzati dalla Fiat sui progetti per i quali ha ottenuto i 7,6 miliardi presi in considerazione. Va anche detto che gli aiuti più significativi sono avvenuti negli anni '80, quando tutti i Governi dei Paesi occidentali sono intervenuti massicciamente per sostenere le proprie case automobilistiche".
Premesso che il risultato della serie storica è condizionato dalla presenza di molti "vuoti" statistici, tra gli aiuti elargiti alla Fiat la CGIA non ha tenuto conto degli ammortizzatori sociali impiegati in questo periodo né degli ultimi contratti approvati dal CIPE nel biennio 2010-2011. In assoluto, l'investimento più importante è stato quello che si è reso necessario per la costruzione degli impianti produttivi di Melfi e Pratola Serra (1990-1995) che sono costati alle casse dello Stato quasi 1,28 mld di euro. Per contro, la Fiat ha investito in questo nuovo sito ben 2 miliardi di euro. Di un certo rilievo anche le ristrutturazioni che hanno interessato la Sata di Melfi (1997-2000) e l'Iveco di Foggia (2000-2003). Se nel primo intervento lo Stato ha investito 151 milioni di euro, nel secondo sono stati spesi 121,7 milioni di euro pubblici. La Fiat, comunque, per entrambi i siti ha messo sul tavolo una cifra complessiva di poco inferiore agli 895 milioni di euro.
, "Da sempre - conclude Bortolussi - la politica italiana ha sempre guardato con grande attenzione e una certa indulgenza alla più grande industria privata italiana. Ora che soldi pubblici non ce ne sono più, ognuno deve correre con le proprie gambe e affrontare la concorrenza internazionale con i propri mezzi. Se, in una fase estremamente delicata come quella che stiamo vivendo, dovessimo perdere un marchio che ha fatto, nel bene e nel male, la storia industriale del Paese sarebbe un grave danno per tutta l'economia italiana".
2 - FRANCIA, LINEA DURA DI HOLLANDE SUI TAGLI ALLA PEUGEOT
Davide Mazzocco per Yahoo! Finanza
Si è mosso il presidente francese François Hollande e quando non è stato lui in prima persona è toccato ai suoi uomini, al ministro dell'Economia Pierre Moscovici o a quello del Risanamento produttivo Arnaud Montebourg, mettere sotto pressione il gruppo Psa Peugeot-Citroen che nel piano di ristrutturazione presentato in luglio ha ufficializzato l'intenzione di tagliare 8mila posti di lavoro e chiudere lo storico stabilimento di Aulnay-sous-Bois. Non passa giorno in cui il Governo francese non esprima la propria disapprovazione per la strategia industriale di un gruppo che, a differenza di Renault, non ha alcuna presenza dello Stato nel suo capitale.
Una situazione ben diversa da quella italiana con il nostro ministro del Lavoro Elsa Fornero in attesa di una chiamata di Sergio Marchionne per capire che cosa ne sarà di Fabbrica Italia. Del piano industriale quadriennale presentato da Fiat nell'aprile 2010 - per raffreddare i rapporti sempre più "caldi" con il sindacato e attenuare i timori di un trasferimento della produzione in Paesi dal costo del lavoro maggiormente competitivo - già nell'ottobre 2011 venivano rinnegati il nome ("Alla luce di possibili fraintendimenti, equivoci e irrealistiche attese Fiat si asterrà, con effetto immediato, da qualsiasi riferimento a Fabbrica Italia" si leggeva in una nota della casa automobilistica torinese) e l'essenza ("Fabbrica Italia non è mai stato un piano finanziario, ma l'espressione di un indirizzo strategico").
La scorsa settimana i legittimi sospetti sono diventati inconfutabili realtà, Fiat ha ribadito con decisione quanto aveva lasciato intendere lo scorso inverno: "impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa" in un contesto profondamente cambiato, con vendite in caduta libera sul mercato europeo. Il piano industriale (o indirizzo strategico...) fu pensato dopo il 2009, l'annus horribilis che vide la produzione Fiat ferma a 650mila autovetture. L'obiettivo di Fabbrica Italia era di arrivare a produrre 1 milione e mezzo di vetture nel 2014 attraverso un iter di crescita graduale. Non solo non c'è stata crescita ma nel 2011 la produzione si è fermata a 400mila vetture. E ora, a Pomigliano d'Arco, tornano la paura di perdere il posto di lavoro e le tensioni, con lanci di uova sulla sede della Uilm da parte di esponenti della Fiom.
E la politica? Da buona bogianen Elsa Fornero attende vicino alla cornetta lo squillo di Sergio Marchionne che, però, si fa sospirare. Intanto Fiat incassa da Standard&Poor's un BB- che la mette leggermente al di sotto dei rating di Peugeot (BB) e Renault (BB+). Classificazione che, in soldoni, si traduce con una generale condizione incertezza economico-finanziaria che non permette pianificazione di lungo periodo e garanzie sul soddisfacimento degli impegni assunti.
L'unica differenza, dunque, è rappresentata dall'impegno politico. Immagine speculare dell'attendismo del nostro ministro del Lavoro, l'interventismo del presidente Hollande nel sostenere Peugeot è rafforzato dalle posizioni "forti" assunte pubblicamente dai suoi ministri. Alla faccia del soprannome - Flamby, budino - con i quali i sostenitori di Sarkozy avevano scelto di ostacolarne l'ascesa all'Eliseo, Hollande non vuole stare a guardare. I 6,5 milioni di euro prestati dal Governo francese al gruppo sono stati già restituiti ma i fondi pubblici utilizzati per la cassa integrazione e gli aiuti per la rottamazione in vigore fino al 2011 fanno del presidente qualcosa di più di un semplice spettatore nella crisi di Psa Peugeot-Citroen.
"Bisogna ridurre l'ampiezza dei tagli - ha dichiarato Arnaud Montebourg -. Sarà difficile salvare Aulnay ma ci sono altri stabilimenti, quello di Rennes in particolare, che dobbiamo assolutamente preservare". Sabato 22 settembre Mario Monti riceverà Sergio Marchionne. Con la speranza che il governo francese faccia scuola.
3 - FIAT: FITCH CONFERMA RATING, OUTLOOK NEGATIVO
(ANSA) - Fitch conferma il rating a lungo termine di Fiat a 'BB' con outlook negativo. La decisione, si legge in una nota, riflette la previsione che il gruppo riuscirà a gestire l'erosione della cassa nei prossimi anni, grazie alle performance stabili in Brasile e di altre divisioni che limiteranno l'impatto erosivo in Europa.
4 - FIAT: TEODORANI FABBRI, QUELLO CHE DICE IL PRESIDENTE VA BENE PER TUTTI
(ASCA) - ''Quello che dice il presidente (di Fiat, ndr) va bene per tutti''. Lo ha detto, uscendo dal Consiglio direttivo di Assonime Pio Teodorani Fabbri, esponente della famiglia Agnelli in merito alla frase del presidente John Elkann a sostegno dell'a.d. del gruppo Sergio Marchionne, dopo le critiche espresse da Diego Della Valle. Commentando invece la presenza del premier Mario Monti alla riunione Teodorani Fabbri ha dichiarato che ''Monti e' un uomo che fa piacere avere come presidente del Consiglio''.
1 - LA FIAT HA RICEVUTO 7,6 MLD DALLO STATO, E NE HA INVESTITI 6,2
Pierpaolo Molinengo per Trend Online
E' chiaramente una stima approssimativa che, secondo i calcoli realizzati dall'Ufficio studi della CGIA di Mestre, dovrebbe attestarsi attorno ai 7,6 miliardi di euro. Un importo di tutto rispetto che corrisponde agli aiuti erogati dallo Stato italiano alla Fiat a partire dal 1977.
"Una somma importante - segnala il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi - che comunque è stata integrata, tra il 1990 e i giorni nostri, da oltre 6,2 miliardi di investimenti realizzati dalla Fiat sui progetti per i quali ha ottenuto i 7,6 miliardi presi in considerazione. Va anche detto che gli aiuti più significativi sono avvenuti negli anni '80, quando tutti i Governi dei Paesi occidentali sono intervenuti massicciamente per sostenere le proprie case automobilistiche".
Premesso che il risultato della serie storica è condizionato dalla presenza di molti "vuoti" statistici, tra gli aiuti elargiti alla Fiat la CGIA non ha tenuto conto degli ammortizzatori sociali impiegati in questo periodo né degli ultimi contratti approvati dal CIPE nel biennio 2010-2011. In assoluto, l'investimento più importante è stato quello che si è reso necessario per la costruzione degli impianti produttivi di Melfi e Pratola Serra (1990-1995) che sono costati alle casse dello Stato quasi 1,28 mld di euro. Per contro, la Fiat ha investito in questo nuovo sito ben 2 miliardi di euro. Di un certo rilievo anche le ristrutturazioni che hanno interessato la Sata di Melfi (1997-2000) e l'Iveco di Foggia (2000-2003). Se nel primo intervento lo Stato ha investito 151 milioni di euro, nel secondo sono stati spesi 121,7 milioni di euro pubblici. La Fiat, comunque, per entrambi i siti ha messo sul tavolo una cifra complessiva di poco inferiore agli 895 milioni di euro.
, "Da sempre - conclude Bortolussi - la politica italiana ha sempre guardato con grande attenzione e una certa indulgenza alla più grande industria privata italiana. Ora che soldi pubblici non ce ne sono più, ognuno deve correre con le proprie gambe e affrontare la concorrenza internazionale con i propri mezzi. Se, in una fase estremamente delicata come quella che stiamo vivendo, dovessimo perdere un marchio che ha fatto, nel bene e nel male, la storia industriale del Paese sarebbe un grave danno per tutta l'economia italiana".
2 - FRANCIA, LINEA DURA DI HOLLANDE SUI TAGLI ALLA PEUGEOT
Davide Mazzocco per Yahoo! Finanza
Si è mosso il presidente francese François Hollande e quando non è stato lui in prima persona è toccato ai suoi uomini, al ministro dell'Economia Pierre Moscovici o a quello del Risanamento produttivo Arnaud Montebourg, mettere sotto pressione il gruppo Psa Peugeot-Citroen che nel piano di ristrutturazione presentato in luglio ha ufficializzato l'intenzione di tagliare 8mila posti di lavoro e chiudere lo storico stabilimento di Aulnay-sous-Bois. Non passa giorno in cui il Governo francese non esprima la propria disapprovazione per la strategia industriale di un gruppo che, a differenza di Renault, non ha alcuna presenza dello Stato nel suo capitale.
Una situazione ben diversa da quella italiana con il nostro ministro del Lavoro Elsa Fornero in attesa di una chiamata di Sergio Marchionne per capire che cosa ne sarà di Fabbrica Italia. Del piano industriale quadriennale presentato da Fiat nell'aprile 2010 - per raffreddare i rapporti sempre più "caldi" con il sindacato e attenuare i timori di un trasferimento della produzione in Paesi dal costo del lavoro maggiormente competitivo - già nell'ottobre 2011 venivano rinnegati il nome ("Alla luce di possibili fraintendimenti, equivoci e irrealistiche attese Fiat si asterrà, con effetto immediato, da qualsiasi riferimento a Fabbrica Italia" si leggeva in una nota della casa automobilistica torinese) e l'essenza ("Fabbrica Italia non è mai stato un piano finanziario, ma l'espressione di un indirizzo strategico").
La scorsa settimana i legittimi sospetti sono diventati inconfutabili realtà, Fiat ha ribadito con decisione quanto aveva lasciato intendere lo scorso inverno: "impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa" in un contesto profondamente cambiato, con vendite in caduta libera sul mercato europeo. Il piano industriale (o indirizzo strategico...) fu pensato dopo il 2009, l'annus horribilis che vide la produzione Fiat ferma a 650mila autovetture. L'obiettivo di Fabbrica Italia era di arrivare a produrre 1 milione e mezzo di vetture nel 2014 attraverso un iter di crescita graduale. Non solo non c'è stata crescita ma nel 2011 la produzione si è fermata a 400mila vetture. E ora, a Pomigliano d'Arco, tornano la paura di perdere il posto di lavoro e le tensioni, con lanci di uova sulla sede della Uilm da parte di esponenti della Fiom.
E la politica? Da buona bogianen Elsa Fornero attende vicino alla cornetta lo squillo di Sergio Marchionne che, però, si fa sospirare. Intanto Fiat incassa da Standard&Poor's un BB- che la mette leggermente al di sotto dei rating di Peugeot (BB) e Renault (BB+). Classificazione che, in soldoni, si traduce con una generale condizione incertezza economico-finanziaria che non permette pianificazione di lungo periodo e garanzie sul soddisfacimento degli impegni assunti.
L'unica differenza, dunque, è rappresentata dall'impegno politico. Immagine speculare dell'attendismo del nostro ministro del Lavoro, l'interventismo del presidente Hollande nel sostenere Peugeot è rafforzato dalle posizioni "forti" assunte pubblicamente dai suoi ministri. Alla faccia del soprannome - Flamby, budino - con i quali i sostenitori di Sarkozy avevano scelto di ostacolarne l'ascesa all'Eliseo, Hollande non vuole stare a guardare. I 6,5 milioni di euro prestati dal Governo francese al gruppo sono stati già restituiti ma i fondi pubblici utilizzati per la cassa integrazione e gli aiuti per la rottamazione in vigore fino al 2011 fanno del presidente qualcosa di più di un semplice spettatore nella crisi di Psa Peugeot-Citroen.
"Bisogna ridurre l'ampiezza dei tagli - ha dichiarato Arnaud Montebourg -. Sarà difficile salvare Aulnay ma ci sono altri stabilimenti, quello di Rennes in particolare, che dobbiamo assolutamente preservare". Sabato 22 settembre Mario Monti riceverà Sergio Marchionne. Con la speranza che il governo francese faccia scuola.
3 - FIAT: FITCH CONFERMA RATING, OUTLOOK NEGATIVO
(ANSA) - Fitch conferma il rating a lungo termine di Fiat a 'BB' con outlook negativo. La decisione, si legge in una nota, riflette la previsione che il gruppo riuscirà a gestire l'erosione della cassa nei prossimi anni, grazie alle performance stabili in Brasile e di altre divisioni che limiteranno l'impatto erosivo in Europa.
4 - FIAT: TEODORANI FABBRI, QUELLO CHE DICE IL PRESIDENTE VA BENE PER TUTTI
(ASCA) - ''Quello che dice il presidente (di Fiat, ndr) va bene per tutti''. Lo ha detto, uscendo dal Consiglio direttivo di Assonime Pio Teodorani Fabbri, esponente della famiglia Agnelli in merito alla frase del presidente John Elkann a sostegno dell'a.d. del gruppo Sergio Marchionne, dopo le critiche espresse da Diego Della Valle. Commentando invece la presenza del premier Mario Monti alla riunione Teodorani Fabbri ha dichiarato che ''Monti e' un uomo che fa piacere avere come presidente del Consiglio''.
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Re: La vicenda FIAT
FIAT: AZIENDA HA DOVERE SOCIALE NEI CONFRONTI DEL PAESE
Pubblicato il martedì, 18 settembre 2012 da Cesare Damiano
Quanti soldi la Fiat vuole investire in Italia?
In quali stabilimenti?
Per quali prodotti?
Per quanta occupazione?
Queste risposte la Fiat le deve al Paese.
- Parlando ai microfoni di YouDem Tv,
sono tornato sulla crisi dell’auto in Italia e sull’intervista rilasciata oggi a Repubblica da Sergio Marchionne -.
Fiat ha sempre avuto aiuti statali in alcuni anni è stata addirittura in grado di influire sulle scelte politiche,
portando ad un tipo di sviluppo infrastrutturale che, per esempio,
ha escluso lo sviluppo di una avanzata rete ferroviaria.
C’è un dovere sociale dell’impresa nei confronti del Paese che Fiat non può ignorare.
http://cesaredamiano.wordpress.com/2012 ... del-paese/
Pubblicato il martedì, 18 settembre 2012 da Cesare Damiano
Quanti soldi la Fiat vuole investire in Italia?
In quali stabilimenti?
Per quali prodotti?
Per quanta occupazione?
Queste risposte la Fiat le deve al Paese.
- Parlando ai microfoni di YouDem Tv,
sono tornato sulla crisi dell’auto in Italia e sull’intervista rilasciata oggi a Repubblica da Sergio Marchionne -.
Fiat ha sempre avuto aiuti statali in alcuni anni è stata addirittura in grado di influire sulle scelte politiche,
portando ad un tipo di sviluppo infrastrutturale che, per esempio,
ha escluso lo sviluppo di una avanzata rete ferroviaria.
C’è un dovere sociale dell’impresa nei confronti del Paese che Fiat non può ignorare.
http://cesaredamiano.wordpress.com/2012 ... del-paese/
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Re: La vicenda FIAT
raga...quanto segue è incredibile...davvero a volte la realtà supera perfino la fantasia "alata".
ligi al motto di casa Agnelli:
"socializza le perdite,privatiza gli utili"
manco un euro è stato rstituito da FIAT alla stato.
in pratica ,noi contribuenti abbiamo dato a FIAT i soldi che lei avrebbe dovuto mettere negli investimenti,
e quei soldi manco sono stati investiti tutti:
circa 1.4 mld. sono finiti non si sa dove,
altro che Alitalia...
ovviamente,ca va sans dire,di quei 7.6 mld. ,
Il “saldo” Fiat: 7,6 miliardi di euro ricevuti dallo Stato, investiti 6,2 miliardi.
Uno studio della Cgia di Mestre fornisce le cifre su un tema di cui si torna a discutere spesso:
gli aiuti pubblici ricevuti dalla casa di Torino,
dal 1977 a oggi, a fronte dei benefici restituiti all'economia.
Esclusi dal conto gli ammortizzatori sociali.
Dal 1977 a oggi, la Fiat ha ricevuto l’equivalente di 7,6 miliardi di euro dallo Stato, e ne ha investiti 6,2 miliardi:
è la Cgia di Mestre a fornire le cifre su tema spesso dibattuto a proposito della casa torinese, cioè il “saldo” tra aiuti pubblici ricevuti e capitali impiegati nell’economia nazionale.
“Una somma importante – segnala il segretario di Cgia Giuseppe Bortolussi – che comunque è stata integrata, tra il 1990 e i giorni nostri, da oltre 6,2 miliardi di investimenti realizzati dalla Fiat sui progetti per i quali ha ottenuto i 7,6 miliardi presi in considerazione.
Va anche detto che gli aiuti più significativi – continua – sono avvenuti negli anni ’80, quando tutti i Governi dei Paesi occidentali sono intervenuti massicciamente per sostenere le proprie case automobilistiche”.
Tra gli aiuti elargiti alla Fiat, l’analisi della Cgia non ha tenuto conto degli ammortizzatori sociali impiegati in questo periodo né gli ultimi contratti approvati dal Cipe nel biennio 2010-2011.
In assoluto, l’investimento più importante è stato quello che si è reso necessario per la costruzione degli impianti produttivi di Melfi e Pratola Serra (1990-1995) che sono costati alle casse dello Stato quasi 1,28 miliardi di euro.
Per contro, la Fiat ha investito in questo nuovo sito 2 miliardi di euro.
Di un certo rilievo anche le ristrutturazioni che hanno interessato la Sata di Melfi (1997-2000) e l’Iveco di Foggia (2000-2003).
Se nel primo intervento lo Stato ha investito 151 milioni di euro, nel secondo sono stati spesi 121,7 milioni di euro pubblici.
La Fiat, comunque, per entrambi i siti ha messo sul tavolo una cifra complessiva di poco inferiore agli 895 milioni di euro.
“Da sempre – conclude Bortolussi – la politica italiana ha guardato con grande attenzione e una certa indulgenza alla più grande industria privata italiana.
Ora che soldi pubblici non ce ne sono più, ognuno deve correre con le proprie gambe e affrontare la concorrenza internazionale con i propri mezzi.
Se, in una fase estremamente delicata come quella che stiamo vivendo, dovessimo perdere un marchio che ha fatto, nel bene e nel male, la storia industriale del Paese sarebbe un grave danno per tutta l’economia italiana”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... di/357338/
ligi al motto di casa Agnelli:
"socializza le perdite,privatiza gli utili"
manco un euro è stato rstituito da FIAT alla stato.
in pratica ,noi contribuenti abbiamo dato a FIAT i soldi che lei avrebbe dovuto mettere negli investimenti,
e quei soldi manco sono stati investiti tutti:
circa 1.4 mld. sono finiti non si sa dove,
altro che Alitalia...
Re: La vicenda FIAT
IL VERTICE
Fiat-governo, il documento congiunto
ECCO il testo integrale del comunicato conclusivo dopo l'incontro tra i vertici Fiat e il governo.
Si è tenuto, a Palazzo Chigi, l'incontro tra il Governo e il gruppo Fiat. Per il Governo erano presenti il Presidente del Consiglio Mario Monti, i Ministri Corrado Passera, Elsa Fornero, Fabrizio Barca e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. Per il gruppo Fiat erano presenti il presidente John Elkann e l'amministratore delegato Sergio Marchionne.
Fiat ha illustrato le proprie stime sull'andamento del mercato automobilistico italiano e internazionale e le prospettive strategiche di sviluppo futuro del gruppo, concentrandosi in particolare su quelle che possono derivare dall'integrazione delle piattaforme di Chrysler e Fiat. Particolare riferimento è stato fatto ai 5 miliardi di investimento realizzato in Italia negli ultimi tre anni.
Da parte Fiat è stato espresso apprezzamento per l'azione del Governo che ha giovato alla credibilità dell'Italia e ha posto le premesse, attraverso le riforme strutturali, per il miglioramento della competitività, oltre che per un cambiamento di mentalità idoneo a favorire la crescita.
I vertici di Fiat hanno quindi manifestato l'impegno a salvaguardare la presenza industriale del gruppo in Italia, anche grazie alla sicurezza finanziaria che deriva soprattutto dalle attività extraeuropee.
In questa prospettiva, Fiat è intenzionata a riorientare il proprio modello di business in Italia in una logica che privilegi l'export, in particolare extra-europeo. Il gruppo inoltre ha manifestato piena disponibilità a valorizzare le competenze e le professionalità peculiari delle proprie strutture italiane, quali ad esempio l'attività di ricerca e innovazione. Fiat ha inoltre confermato la strategia dell'azienda a investire in Italia, nel momento idoneo, nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente della ripresa del mercato europeo.
Il Governo ha apprezzato i risultati che Fiat sta conseguendo a livello internazionale e l'impegno assunto nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria.
Al termine della riunione, Governo e Fiat hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell'azienda. In particolare, un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il MISE per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive.
(22 settembre 2012)
Fiat-governo, il documento congiunto
ECCO il testo integrale del comunicato conclusivo dopo l'incontro tra i vertici Fiat e il governo.
Si è tenuto, a Palazzo Chigi, l'incontro tra il Governo e il gruppo Fiat. Per il Governo erano presenti il Presidente del Consiglio Mario Monti, i Ministri Corrado Passera, Elsa Fornero, Fabrizio Barca e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. Per il gruppo Fiat erano presenti il presidente John Elkann e l'amministratore delegato Sergio Marchionne.
Fiat ha illustrato le proprie stime sull'andamento del mercato automobilistico italiano e internazionale e le prospettive strategiche di sviluppo futuro del gruppo, concentrandosi in particolare su quelle che possono derivare dall'integrazione delle piattaforme di Chrysler e Fiat. Particolare riferimento è stato fatto ai 5 miliardi di investimento realizzato in Italia negli ultimi tre anni.
Da parte Fiat è stato espresso apprezzamento per l'azione del Governo che ha giovato alla credibilità dell'Italia e ha posto le premesse, attraverso le riforme strutturali, per il miglioramento della competitività, oltre che per un cambiamento di mentalità idoneo a favorire la crescita.
I vertici di Fiat hanno quindi manifestato l'impegno a salvaguardare la presenza industriale del gruppo in Italia, anche grazie alla sicurezza finanziaria che deriva soprattutto dalle attività extraeuropee.
In questa prospettiva, Fiat è intenzionata a riorientare il proprio modello di business in Italia in una logica che privilegi l'export, in particolare extra-europeo. Il gruppo inoltre ha manifestato piena disponibilità a valorizzare le competenze e le professionalità peculiari delle proprie strutture italiane, quali ad esempio l'attività di ricerca e innovazione. Fiat ha inoltre confermato la strategia dell'azienda a investire in Italia, nel momento idoneo, nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente della ripresa del mercato europeo.
Il Governo ha apprezzato i risultati che Fiat sta conseguendo a livello internazionale e l'impegno assunto nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria.
Al termine della riunione, Governo e Fiat hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell'azienda. In particolare, un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il MISE per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive.
(22 settembre 2012)
Re: quo vadis PD ????
Stefano Fassina
Nonostante la durata, l'incontro di ieri tra il Governo e il vertice del gruppo Fiat-Chrysler non ha dato risposte ai principali problemi aperti. Le nubi sul futuro dell'automotive in Italia restano minacciose. Gli impegni affermati nel comunicato al termine dell'incontro, in particolare la continuità produttiva del gruppo nel nostro Paese, sono talmente generici da risultare inadeguati a fornire rassicurazioni ai lavoratori direttamente coinvolti e alle imprese dell'indotto. Anzi, l'insistenza su investimenti nel momento idoneo confermano che l'azienda, nonostante i proclami di Fabbrica Italia già irrealistici nel 2010, intende affrontare passivamente un mercato in profondo e strutturale mutamento con conseguenze negative per l'azienda, per i lavoratori e per il tessuto produttivo nazionale. Poco credibile l'affidamento dell'innalzamento del livello produttivo al mercato extra-europeo quando Fiat-Chrysler non riesce a soddisfare la domanda italiana dei suoi marchi con la produzione degli stabilimenti nel nostro Paese. Rimane davanti a noi uno scenario di cassa integrazione, in particolare in deroga data anche l'insufficienza degli ammortizzatori sociali ridefiniti dalla Legge Fornero. A fronte di possibili interventi a carico dello Stato, da valutare anche per il sostegno alla ricerca e all'innovazione, sono necessari impegni chiari e affidabili dell'azienda in termini di investimenti e occupazione in tutti gli stabilimenti del gruppo. Inoltre, è preoccupante che il comunicato neanche citi il grave deficit di democrazia nelle aziende del gruppo. Chiediamo al governo di riferire in Parlamento al più presto e auspichiamo che il tavolo previsto al Ministero per lo sviluppo economico venga avviato subito e includa tutte le organizzazioni sindacali. Infine, va ricordato al governo che le misure eventualmente assunte per Fiat-Chrysler devono essere estese anche alle decina di migliaia di aziende micro e piccole che non beneficiano degli ammortizzatori in deroga.
Ma questa non è l'ammissione nei fatti del fallimento della riforma Fornero?
Nonostante la durata, l'incontro di ieri tra il Governo e il vertice del gruppo Fiat-Chrysler non ha dato risposte ai principali problemi aperti. Le nubi sul futuro dell'automotive in Italia restano minacciose. Gli impegni affermati nel comunicato al termine dell'incontro, in particolare la continuità produttiva del gruppo nel nostro Paese, sono talmente generici da risultare inadeguati a fornire rassicurazioni ai lavoratori direttamente coinvolti e alle imprese dell'indotto. Anzi, l'insistenza su investimenti nel momento idoneo confermano che l'azienda, nonostante i proclami di Fabbrica Italia già irrealistici nel 2010, intende affrontare passivamente un mercato in profondo e strutturale mutamento con conseguenze negative per l'azienda, per i lavoratori e per il tessuto produttivo nazionale. Poco credibile l'affidamento dell'innalzamento del livello produttivo al mercato extra-europeo quando Fiat-Chrysler non riesce a soddisfare la domanda italiana dei suoi marchi con la produzione degli stabilimenti nel nostro Paese. Rimane davanti a noi uno scenario di cassa integrazione, in particolare in deroga data anche l'insufficienza degli ammortizzatori sociali ridefiniti dalla Legge Fornero. A fronte di possibili interventi a carico dello Stato, da valutare anche per il sostegno alla ricerca e all'innovazione, sono necessari impegni chiari e affidabili dell'azienda in termini di investimenti e occupazione in tutti gli stabilimenti del gruppo. Inoltre, è preoccupante che il comunicato neanche citi il grave deficit di democrazia nelle aziende del gruppo. Chiediamo al governo di riferire in Parlamento al più presto e auspichiamo che il tavolo previsto al Ministero per lo sviluppo economico venga avviato subito e includa tutte le organizzazioni sindacali. Infine, va ricordato al governo che le misure eventualmente assunte per Fiat-Chrysler devono essere estese anche alle decina di migliaia di aziende micro e piccole che non beneficiano degli ammortizzatori in deroga.
Ma questa non è l'ammissione nei fatti del fallimento della riforma Fornero?
Re: quo vadis PD ????
Pierluigi Bersani | Pagina Ufficiale
2 minuti fa tramite Friendcaster for Android
Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga del tutto aperto. Al tavolo di ieri c'era un convitato di pietra e cioe' una nuova stagione di ammortizzatori sociali costosi per i lavoratori e per lo Stato, senza una prospettiva sicura
2 minuti fa tramite Friendcaster for Android
Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga del tutto aperto. Al tavolo di ieri c'era un convitato di pietra e cioe' una nuova stagione di ammortizzatori sociali costosi per i lavoratori e per lo Stato, senza una prospettiva sicura
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Re: La vicenda FIAT
I pazzi tra il 1933 e il 1945 risiedevano prevalentemente in Germania, uno in particolare e tanti seguaci assetati di sangue.
In questi anni stanno un po’ sparsi per il mondo, tutti ossessionati dal sogno di Hitler.
Il caso Fiat ci obbliga a riflessioni non più procrastinabili. Tutto è stato rinviato sine die ma adesso se non si vuole arrivare alla catastrofe generale bisogna cominciare ad affrontare i problemi.
***
Il celebre economista Nouriel Roubini paventa un 2013 con banchieri impiccati ai lampioni e guerra mondiale in corso
13 luglio 2012 a 09:47
(crisi generata, Resistenza e Rivoluzione, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: 2013, banche centrali, banchieri impiccati, BCE, bolla, bolla dei derivati, crisi,derivati, Efsf-Esm, esecuzioni sommarie, Giavazzi, immissione di liquidità, Iran,Israele, liquidità, monetizzazione, Nouriel Roubini, petrolio, prezzi, rivoluzione globale,Roubini, Stati Uniti, subprime, tassi di interesse, tempesta perfetta, Terza Guerra Mondiale
Le mie previsioni non sembrano più così ardite. (Nouriel Roubini)
«Una tempesta perfetta», con tanto di «banchieri impiccati per le strade». Se a parlare così fosse un minoritario militante extraparlamentare, quasi tutti alzerebbero le spalle sorridendo. Se a dirlo è «Mr. Doom», forse l’unico economista di statura globale che abbia capito per tempo cosa stava accadendo nel 2007, all’epoca dell’esplosione di una bollicina insignificante come i mutui subprime statunitensi, allora è tutta un’altra faccenda.
L’analisi di Nouriel Roubini è impietosa e senza vie d’uscita visibili. E certo non piacerà né a Monti né a Merkel. Ma centra il problema dei problemi.
«Nulla è cambiato dalla crisi finanziaria. Gli incentivi per le banche (la liquidità a piene mani garantita dalle banche centrali, ndr) permettono loro di agire in modo truffaldino, di fare cose illegali e immorali; l’unico modo per evitarlo è rompere questo grande supermercato finanziario».
Altro che codici di autoregolamentazione, istituti che debbono «riscrivere le regole»… Roubini ritiene che solo delle «sanzioni penali» avrebbero potuto fermare la folle ricostruzione del meccanismo che aveva prodotto la crisi del 2007.
«Se alcune persone finiscono in carcere, forse sarà una lezione». Rabbioso, ma probabilmente inefficace e sgradito ai governanti.
L’alternativa, avverte Roubini, è che «qualcuno verrà impiccato per le strade» ["If some people end up in jail, maybe that will teach a lesson to somebody - or somebody will hang in the streets"].
Il fatto è che ci ritroviamo al punto di partenza, nella stessa situazione del giorno prima del fallimento di Lehmann Brothers. E quindi «il 2013 sarà peggio del 2008» perché «oggi siamo a corto di contromisure». Di fatto: «nel 2008 si potevano tagliare i tassi di interesse», che oggi sono a zero quasi dappertutto. Allora e finora si poteva «immettere liquidità»; ma oggi«sta diventando sempre meno efficace perché il problema è di solvibilità, non di liquidità». I debitori non pagano, quindi la circolazione si ferma e il denaro resta in cassaforte. Infine gli stati non possono più salvare nessuno, perché «hanno disavanzi bilancio già troppo grandi» per colpa dei salvataggi di qualche anno fa. Diventa dunque impossibile tornare a «salvare le banche»; i governi sono «prossimi a essere insolventi», come la Grecia e, forse, la Spagna.
L’unica mossa di una certa efficacia per procrastinare l’esplosione globale sarebbe a disposizione della Bce, che dovrebbe fare «una monetizzazione non sterilizzata in quantità illimitata». Ma non è nel suo statuto, quindi le è vietato («costituzionalmente illegale»).
Naturalmente Nouriel è un economista attento anche all’economia reale. Quindi aggiunge un elemento fin qui ignorato dagli opinionisti alla Giavazzi: «infine c’è il pericolo di una possibile guerra tra Israele, Stati uniti e Iran, che raddoppierebbe il prezzo del petrolio in una notte».
Bingo. Difficile sintetizzare meglio le molte ragioni per cui un sistema economico fondato sull’«avidità» individuale a scapito del benessere collettivo è «obbligato» ad esplodere «a grande velocità».
Quando? Roubini è ottimista: «il fondo Efsf-Esm deve essere almeno quadruplicato; in caso contrario si avrà una crisi più grande non tra sei mesi, ma nelle prossime due settimane». Buone vacanze…
Francesco Piccioni
Fonte: http://www.ilmanifesto.it
10.07.2012
In questi anni stanno un po’ sparsi per il mondo, tutti ossessionati dal sogno di Hitler.
Il caso Fiat ci obbliga a riflessioni non più procrastinabili. Tutto è stato rinviato sine die ma adesso se non si vuole arrivare alla catastrofe generale bisogna cominciare ad affrontare i problemi.
***
Il celebre economista Nouriel Roubini paventa un 2013 con banchieri impiccati ai lampioni e guerra mondiale in corso
13 luglio 2012 a 09:47
(crisi generata, Resistenza e Rivoluzione, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: 2013, banche centrali, banchieri impiccati, BCE, bolla, bolla dei derivati, crisi,derivati, Efsf-Esm, esecuzioni sommarie, Giavazzi, immissione di liquidità, Iran,Israele, liquidità, monetizzazione, Nouriel Roubini, petrolio, prezzi, rivoluzione globale,Roubini, Stati Uniti, subprime, tassi di interesse, tempesta perfetta, Terza Guerra Mondiale
Le mie previsioni non sembrano più così ardite. (Nouriel Roubini)
«Una tempesta perfetta», con tanto di «banchieri impiccati per le strade». Se a parlare così fosse un minoritario militante extraparlamentare, quasi tutti alzerebbero le spalle sorridendo. Se a dirlo è «Mr. Doom», forse l’unico economista di statura globale che abbia capito per tempo cosa stava accadendo nel 2007, all’epoca dell’esplosione di una bollicina insignificante come i mutui subprime statunitensi, allora è tutta un’altra faccenda.
L’analisi di Nouriel Roubini è impietosa e senza vie d’uscita visibili. E certo non piacerà né a Monti né a Merkel. Ma centra il problema dei problemi.
«Nulla è cambiato dalla crisi finanziaria. Gli incentivi per le banche (la liquidità a piene mani garantita dalle banche centrali, ndr) permettono loro di agire in modo truffaldino, di fare cose illegali e immorali; l’unico modo per evitarlo è rompere questo grande supermercato finanziario».
Altro che codici di autoregolamentazione, istituti che debbono «riscrivere le regole»… Roubini ritiene che solo delle «sanzioni penali» avrebbero potuto fermare la folle ricostruzione del meccanismo che aveva prodotto la crisi del 2007.
«Se alcune persone finiscono in carcere, forse sarà una lezione». Rabbioso, ma probabilmente inefficace e sgradito ai governanti.
L’alternativa, avverte Roubini, è che «qualcuno verrà impiccato per le strade» ["If some people end up in jail, maybe that will teach a lesson to somebody - or somebody will hang in the streets"].
Il fatto è che ci ritroviamo al punto di partenza, nella stessa situazione del giorno prima del fallimento di Lehmann Brothers. E quindi «il 2013 sarà peggio del 2008» perché «oggi siamo a corto di contromisure». Di fatto: «nel 2008 si potevano tagliare i tassi di interesse», che oggi sono a zero quasi dappertutto. Allora e finora si poteva «immettere liquidità»; ma oggi«sta diventando sempre meno efficace perché il problema è di solvibilità, non di liquidità». I debitori non pagano, quindi la circolazione si ferma e il denaro resta in cassaforte. Infine gli stati non possono più salvare nessuno, perché «hanno disavanzi bilancio già troppo grandi» per colpa dei salvataggi di qualche anno fa. Diventa dunque impossibile tornare a «salvare le banche»; i governi sono «prossimi a essere insolventi», come la Grecia e, forse, la Spagna.
L’unica mossa di una certa efficacia per procrastinare l’esplosione globale sarebbe a disposizione della Bce, che dovrebbe fare «una monetizzazione non sterilizzata in quantità illimitata». Ma non è nel suo statuto, quindi le è vietato («costituzionalmente illegale»).
Naturalmente Nouriel è un economista attento anche all’economia reale. Quindi aggiunge un elemento fin qui ignorato dagli opinionisti alla Giavazzi: «infine c’è il pericolo di una possibile guerra tra Israele, Stati uniti e Iran, che raddoppierebbe il prezzo del petrolio in una notte».
Bingo. Difficile sintetizzare meglio le molte ragioni per cui un sistema economico fondato sull’«avidità» individuale a scapito del benessere collettivo è «obbligato» ad esplodere «a grande velocità».
Quando? Roubini è ottimista: «il fondo Efsf-Esm deve essere almeno quadruplicato; in caso contrario si avrà una crisi più grande non tra sei mesi, ma nelle prossime due settimane». Buone vacanze…
Francesco Piccioni
Fonte: http://www.ilmanifesto.it
10.07.2012
Re: La vicenda FIAT
Ma porca miseria, possibile che certe cose le dobbiamo sentir dire a un padrone?non dobbiamo ”perdere tempo a sentire dei chiacchieroni che raccontano banalità che possono essere offensive”
Crisi Fiat, Della Valle: “Lingotto preso con le mani nel sacco mentre tentava la fuga”
Secondo Mr Tod's, la crisi esiste per chi non ha nulla da vendere e a Torino gli uffici stampa lavorano più degli uffici progettazione. "C'è sempre il gruppo dei benpensanti, magari in malafede, che dicono che non è il modo di fare, ma chiederei agli operai che devono andare a casa". Il Wall Street Journal: "Il gruppo di Marchionne? Un player minore nei grandi mercati"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 settembre 2012
La Fiat è stata presa ”con le mani nella marmellata perchè se ne voleva andare, con gli uffici stampa che lavorano più degli uffici progettazione”. Non molla la presa Diego Della Valle che stamattina è così tornato ad attaccare il Lingotto. “Se qualcuno viene dall’estero, tipo la Volkswagen, farà belle macchine. La crisi esiste per chi non ha nulla da vendere”, ha poi detto aggiungendo che non dobbiamo ”perdere tempo a sentire dei chiacchieroni che raccontano banalità che possono essere offensive”.
Secondo il patron della Tod’s, che negli ultimi giorni ha avuto scambi di opinioni molto polemici con i vertici della Fiat, in questo Paese “non è comodo fare delle critiche: poi c’è sempre il gruppo dei benpensanti, magari in malafede, che dicono che non è il modo di fare, ma chiederei agli operai che devono andare a casa” e che stanno ricevendo lettere che prefigurano la perdita del posto di lavoro “se trovano elegante questo modo di fare”.
Della Valle ritiene inoltre che per evitare che il made in Italy si trovi in maggiori difficoltà rispetto all’attuale fase economica “dobbiamo sbrigarci, altrimenti andranno avanti solo alcune imprese toniche, magari come acquirenti di altri gruppi stranieri o come prede dall’estero”. L’eventualità che gruppi stranieri comprino in Italia “in un mercato aperto può succedere e comunque chi è venuto dall’estero sta valorizzando quello che ha comprato”.
Dopo l’incontro fra i vertici del Lingotto e il governo, poi, Della Valle ha criticato “questi improvvisati” che “dicono a noi imprenditori seri che in un momento di crisi non si fanno investimenti per fare nuovi prodotti, mentre noi resistiamo solo perché innoviamo”. Per l’imprenditore marchigiano si tratta “di cose di una banalità tale che l’indisponenza nasce dal fatto che si vuole prendere in giro con argomenti neanche troppo convincenti”. Inoltre, ha continuato, “qualcuno venerdì scorso in maniera molto elegante con un comunicato stampa ha detto che non avrebbe rispettato più nulla. Vorrei chiedere a loro se trovano elegante questo modo di fare”. Il presidente di Tod’s ha poi sottolineato che “noi siamo una tipologia di impreditori abituati a farcela da soli. Non è che tutte le mattine ci alziamo e andiamo dallo Stato a chiedere aiuti di sorta”.
“Contribuzioni finanziarie non sono state chieste e se fossero state chieste non sarebbero state concesse”, ha detto a tal proposito il presidente del Consiglio, Mario Monti. “Il governo – ha insistito il premier- è impegnato non a dare aiuti finanziari ma a creare condizioni di contesto che consentano di salvaguardare la produzione industriale”.
Intanto dagli Stati Uniti arriva la notizia che il rilancio dell’Alfa Romeo negli Usa è stato nuovamente rinviato. Questa volta al 2014, mentre l’ultimo termine era stato fissato nella seconda metà 2012. Colpa, secondo il manager, delle difficoltà del settore in Europa. Secondo il Wall Street Journal online che cita concessionari che hanno assistito all’ultimo briefing dell’ad a Las Vegas, però, la Fiat conta di iniziare l’operazione rilancio con un’auto sportiva a due posti e poi una berlina d’alta gamma, la Giulia. Il primo modello sarà costruito in Italia, il secondo a Belvidere, Illinois, in una fabbrica Chrysler.
Marchionne, scrive ancora il quotidiano, sta cercando di gestire Fiat e Chrysler come un unico produttore globale, condividendo parti, disegni e sviluppo, con l’obiettivo di tagliare i costi ed incrementare le economie di scala. “Rendere Alfa Romeo globale, in ogni caso, è un azzardo”, prosegue il Wsj. Usa e Cina sono ipercompetitive e dominati da marchi radicati sul mercato da Volkswagen a General Motors e Toyota. Secondo il giornale, non sarà nemmeno semplice per Alfa imporsi sui leali clienti dei marchi del lusso come Bmw, Mercedes e Lexus. Honda con la Acura e Nissan con l’Infiniti “ci hanno provato per due decenni e stanno ancora lottando”.
Circa la metà delle vendite Fiat provengono dall’Europa e il 35% dal Brasile. Negli altri mercati, prosegue il Wall Street Journal, il Lingotto “è un player minore”. Nella prima metà del 2012, il mercato dell’auto negli Stati Uniti e in Cina ha raggiunto in totale i 14 milioni di pezzi venduti. “In questi mercati, i due più grandi al mondo – conclude il Wsj – Fiat ha venduto appena 43.800 veicoli”.
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