Chi sono i liberisti?
Chi sono i liberisti?
Ieri a Ballarò è stato trasmesso un servizio sul comune di Amsterdam.
Il comune cofinanzia a tasso zero i suoi cittadini per l'acquisto della casa, eroga 250€ al mese agli studenti e fornisce loro un alloggio a "prezzo politico".
Ebbene, secondo alcuni illustri esponenti della sinistra nostrana, questi sarebbero i liberisti, che stanno imponendo all'Europa la politica "del rigore", madre di tutti i nostri guai.
Per non parlare di quella "culona" della Merkel (il termine, non a caso, è stato coniato da Berlusconi e ripreso dai suoi scudieri Feltri e Sallusti), che dai "democratici" greci è stata assimilata ieri ai nazisti in una squallida quanto macabra carnevalata.
Se è così, non ho dubbi: anch'io sono liberista.
E se devo scegliere tra il popolo olandese e quello greco, che ha sostenuto per decenni governi corrotti, secondo i quali lo stato sociale non serve ad erogare servizi ma ad assicurare migliaia di posti di lavoro (si fa per dire) ad una pletora di "clienti", non ho dubbi:
sto con gli Olandesi!
Il comune cofinanzia a tasso zero i suoi cittadini per l'acquisto della casa, eroga 250€ al mese agli studenti e fornisce loro un alloggio a "prezzo politico".
Ebbene, secondo alcuni illustri esponenti della sinistra nostrana, questi sarebbero i liberisti, che stanno imponendo all'Europa la politica "del rigore", madre di tutti i nostri guai.
Per non parlare di quella "culona" della Merkel (il termine, non a caso, è stato coniato da Berlusconi e ripreso dai suoi scudieri Feltri e Sallusti), che dai "democratici" greci è stata assimilata ieri ai nazisti in una squallida quanto macabra carnevalata.
Se è così, non ho dubbi: anch'io sono liberista.
E se devo scegliere tra il popolo olandese e quello greco, che ha sostenuto per decenni governi corrotti, secondo i quali lo stato sociale non serve ad erogare servizi ma ad assicurare migliaia di posti di lavoro (si fa per dire) ad una pletora di "clienti", non ho dubbi:
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Re: Chi sono i liberisti?
In tempi come questi dove imperano i vari maghi Otelma della politica, coniare i termini per fare fessi i merli è la normalità.
C’è chi abusa parlando di riformisti, chi di progressisti, chi di moderati, chi di liberisti. Per praticare la nobile professione di venditori di tappeti volanti taroccati, un minimo di preparazione bisogna pur averla.
Chi sono i moderati? I ladri oggi si chiamano così. E’ possibile, lo spazzino è diventato l’operatore ecologico, le prostitute, “escort”, e ci meravigliamo se i ladri si chiamano moderati?
E i riformisti chi sono? Quelli che alla mattina si alzano e cominciano a riformare fino a sera?
Riforma e riforma tutti santi giorni poi alla fine non rimane più nulla di riformare e quindi devono cominciare da capo a riformare quello che avevano già riformato. Altrimenti che riformisti sono?
E liberisti chi sono?
Nello stivalone si usano spesso gli occhiali deformanti.
C’è chi abusa parlando di riformisti, chi di progressisti, chi di moderati, chi di liberisti. Per praticare la nobile professione di venditori di tappeti volanti taroccati, un minimo di preparazione bisogna pur averla.
Chi sono i moderati? I ladri oggi si chiamano così. E’ possibile, lo spazzino è diventato l’operatore ecologico, le prostitute, “escort”, e ci meravigliamo se i ladri si chiamano moderati?
E i riformisti chi sono? Quelli che alla mattina si alzano e cominciano a riformare fino a sera?
Riforma e riforma tutti santi giorni poi alla fine non rimane più nulla di riformare e quindi devono cominciare da capo a riformare quello che avevano già riformato. Altrimenti che riformisti sono?
E liberisti chi sono?
Nello stivalone si usano spesso gli occhiali deformanti.
Re: Chi sono i liberisti?
Vedi Zio, la tragedia è che fino a qualche anno fa credevamo, o ci piaceva credere, che i venditori di tappeti volanti stessero solo dalle parti di Arcore.
Oggi ci rendiamo conto invece che ce ne sono anche dalla nostra (o quella che credevamo nostra) parte.
Oggi ci rendiamo conto invece che ce ne sono anche dalla nostra (o quella che credevamo nostra) parte.
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Re: Chi sono i liberisti?
La cultura e l’informazione, da sempre, sono state le grandi nemiche del potere per la semplice ragione che la categoria “furbissimi” avrebbe le armi spuntate per fare fessi gli altri.
A Napoli sarebbe stato difficile vendere le lattine sigillate con “L’aria di Napoli”. Venderti una macchina fotografica e farti un pacchetto che poi scoprirai in albergo che trattasi di un mattone, non sarebbe più possibile. Il pacco, paccotto e contropaccotto diventerebbero archeologia. Con maggiore cultura, il venditore di tappeti volanti taroccati non avrebbe avuto successo con le sue televisioni di Cologno Monzese. Tantomeno, non sarebbe stato credibile con la Treccani di balle messa in piedi da quando è in politica. Aveva promesso un milione di posti di lavoro. In pratica si sono persi un milione di posti di lavoro.
Il rito del prelievo dell’acqua del Po alla fonte per versarla alla foce da parte di Bossi, con un po’ di cultura non sarebbe mai esistito.
I furbastri professionisti della religione Cattolica esibiscono anelli, crofissi, paramenti costosissimi, soprattutto nelle cerimonie spesso di tipo pagano, non rendendosi conto che non siamo più nel medioevo in cui si poteva colpire facilmente la mente dei più deboli con simbologie appariscenti del potere.
Non mi risulta affatto che il Cristo facesse sfoggio di tutti questi simboli del potere.
Tutte persone che sanno molto bene come parlare alla pancia degli uomini. E’ molto più dura quando devi parlare alla testa.
Ma in quale civiltà evoluta avrebbe potuto avere successo il mago Otelma?
Ma anche i maghi Otelma della politica, grandi manipolatori delle parole non avrebbero tanto spazio.
Quando si trattava di varare lo Statuto dei lavoratori chi aderiva a quel disegno veniva definito progressista.
Adesso, dopo quarant’anni, vengono definiti “conservatori” perché lo difendono.
Da questo si vede l’uso improprio di categorie che non esistono se non al solo scopo di mantenere imbecilli gli imbecilli.
A Napoli sarebbe stato difficile vendere le lattine sigillate con “L’aria di Napoli”. Venderti una macchina fotografica e farti un pacchetto che poi scoprirai in albergo che trattasi di un mattone, non sarebbe più possibile. Il pacco, paccotto e contropaccotto diventerebbero archeologia. Con maggiore cultura, il venditore di tappeti volanti taroccati non avrebbe avuto successo con le sue televisioni di Cologno Monzese. Tantomeno, non sarebbe stato credibile con la Treccani di balle messa in piedi da quando è in politica. Aveva promesso un milione di posti di lavoro. In pratica si sono persi un milione di posti di lavoro.
Il rito del prelievo dell’acqua del Po alla fonte per versarla alla foce da parte di Bossi, con un po’ di cultura non sarebbe mai esistito.
I furbastri professionisti della religione Cattolica esibiscono anelli, crofissi, paramenti costosissimi, soprattutto nelle cerimonie spesso di tipo pagano, non rendendosi conto che non siamo più nel medioevo in cui si poteva colpire facilmente la mente dei più deboli con simbologie appariscenti del potere.
Non mi risulta affatto che il Cristo facesse sfoggio di tutti questi simboli del potere.
Tutte persone che sanno molto bene come parlare alla pancia degli uomini. E’ molto più dura quando devi parlare alla testa.
Ma in quale civiltà evoluta avrebbe potuto avere successo il mago Otelma?
Ma anche i maghi Otelma della politica, grandi manipolatori delle parole non avrebbero tanto spazio.
Quando si trattava di varare lo Statuto dei lavoratori chi aderiva a quel disegno veniva definito progressista.
Adesso, dopo quarant’anni, vengono definiti “conservatori” perché lo difendono.
Da questo si vede l’uso improprio di categorie che non esistono se non al solo scopo di mantenere imbecilli gli imbecilli.
Re: Chi sono i liberisti?
Questo posto non esiste
Pubblicato: 12/10/2012 09:00
Come promesso, un altro esempio molto interessante di successo che nasce da una visione condivisa e dirompente. Si tratta del Copenhagen Institute of Interactive Design (CIID), diretto da Simona Maschi. Il CIID è un centro che unisce ricerca, consulenza e insegnamento, con un master intensivo di un anno in Interaction Design. E' stato creato 6 anni fa da Simona e da cinque amici con cui lavorava all'Istituto di Design Interattivo di Ivrea, quando ancora esisteva. Sono partiti da zero: nessun fondo, nessun piano, solo un grande sogno, tanta energia, e grande competenza. Questo è il suo racconto.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=tLZAgzc65eo[/youtube]
Video-intervista a Simona Maschi del CIID
Non ti va bene l'approccio abituale? Cambialo!
Simona e i suoi colleghi volevano creare qualcosa di diverso, a metà tra design, tecnologia e creatività. Un posto basato sull'imparare facendo e la condivisione. Volevano anche incoraggiare l'apprendimento peer-to-peer, in cui puoi imparare da chi è al tuo stesso livello come ruolo. Nella nostra intervista, Simona sottolinea quanto il peer to peer sia fondamentale nella loro visione: "ogni studente mette a disposizione le proprie peculiari conoscenze per il beneficio del gruppo. Abbiamo preso ispirazione da Ivrea, dove venne fatto un questionario tra gli studenti per capire quanto imparavano, e da chi. Con grande sorpresa generale, risultò che imparavano di più dagli altri studenti, confrontandosi tra loro, che dai professori".
Simona e i suoi colleghi hanno anche ribaltato il modello comune di scuola: il programma è co-creato dagli studenti, dal team di CIID, e dai professori. Non hanno corpo docente a tempo pieno, perché ritengono che irrigidirebbe i programmi e l'insegnamento. Specialmente nel mondo delle tecnologie, dove l'obsolescenza è rapidissima. Nella domanda di iscrizione, chiedono agli studenti cosa vogliono imparare (argomento, skills, esperienze), e poi trovano i professori migliori al mondo per insegnarlo. Vero e proprio teaching on demand, con il vantaggio di una grossa flessibilità dal punto di visto dell'offerta educativa, e soprattutto dei costi.
La scuola che non c'è
Simona ha ottenuto un finanziamento dal governo danese, per uno studio di fattibilità, che hanno deciso di realizzare in versione design, creando un prototipo, in questo caso un sito, in cui la prima riga diceva: "La scuola non esiste. Ma se esistesse, sarebbe così. Vorremmo avere questo tipo di insegnanti, studenti con queste attitudini e capacità, e questi corsi". La visione si è rivelata contagiosa. Nel giro di 3 mesi, 147 persone da tutto il mondo hanno mandato la domanda di iscrizione ad una scuola che non esisteva. Cosa hanno consegnato al Ministero come studio di fattibilità? La lista con le iscrizioni, e i nomi dei professori che avevano accettato d'insegnare. Più fattibile di così...
La risposta? Finanziati per 3 anni. Un anno per coinvolgere tutti gli attori chiave in Danimarca: università, industria, servizi. Poi sono partiti con la scuola (80 percento finanziamenti pubblici, 20 percento da aziende private). Una sfida: entro la fine del secondo anno di vita, il CIID doveva trovare un proprio business model, e diventare autonomo dai finanziamenti pubblici.
Premiati!
•Da 2 anni, sono totalmente indipendenti da finanziamenti pubblici. Hanno 4 progetti di ricerca finanziati dall'Unione Europea, una lista di clienti di grande prestigio, una vera e propria comunità di studenti, alumni, e collaboratori, fortemente coesa.
•A maggio hanno ricevuto il Premio come impresa più innovativa di Danimarca, dalla Camera di Commercio Danese.
La prossima sfida? Hanno appena ricevuto fondi per creare un Incubatore d'impresa dal Comune di Copenhagen. Il loro prossimo prototipo.
Ti è piaciuta la storia di Simona? Se si, clicca Mi Piace e condividila. Grazie!
Conosci esempi di visioni magnetiche? Raccontale nello spazio qui sotto, è fatto per questo.
Grazie e a presto!
Pubblicato: 12/10/2012 09:00
Come promesso, un altro esempio molto interessante di successo che nasce da una visione condivisa e dirompente. Si tratta del Copenhagen Institute of Interactive Design (CIID), diretto da Simona Maschi. Il CIID è un centro che unisce ricerca, consulenza e insegnamento, con un master intensivo di un anno in Interaction Design. E' stato creato 6 anni fa da Simona e da cinque amici con cui lavorava all'Istituto di Design Interattivo di Ivrea, quando ancora esisteva. Sono partiti da zero: nessun fondo, nessun piano, solo un grande sogno, tanta energia, e grande competenza. Questo è il suo racconto.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=tLZAgzc65eo[/youtube]
Video-intervista a Simona Maschi del CIID
Non ti va bene l'approccio abituale? Cambialo!
Simona e i suoi colleghi volevano creare qualcosa di diverso, a metà tra design, tecnologia e creatività. Un posto basato sull'imparare facendo e la condivisione. Volevano anche incoraggiare l'apprendimento peer-to-peer, in cui puoi imparare da chi è al tuo stesso livello come ruolo. Nella nostra intervista, Simona sottolinea quanto il peer to peer sia fondamentale nella loro visione: "ogni studente mette a disposizione le proprie peculiari conoscenze per il beneficio del gruppo. Abbiamo preso ispirazione da Ivrea, dove venne fatto un questionario tra gli studenti per capire quanto imparavano, e da chi. Con grande sorpresa generale, risultò che imparavano di più dagli altri studenti, confrontandosi tra loro, che dai professori".
Simona e i suoi colleghi hanno anche ribaltato il modello comune di scuola: il programma è co-creato dagli studenti, dal team di CIID, e dai professori. Non hanno corpo docente a tempo pieno, perché ritengono che irrigidirebbe i programmi e l'insegnamento. Specialmente nel mondo delle tecnologie, dove l'obsolescenza è rapidissima. Nella domanda di iscrizione, chiedono agli studenti cosa vogliono imparare (argomento, skills, esperienze), e poi trovano i professori migliori al mondo per insegnarlo. Vero e proprio teaching on demand, con il vantaggio di una grossa flessibilità dal punto di visto dell'offerta educativa, e soprattutto dei costi.
La scuola che non c'è
Simona ha ottenuto un finanziamento dal governo danese, per uno studio di fattibilità, che hanno deciso di realizzare in versione design, creando un prototipo, in questo caso un sito, in cui la prima riga diceva: "La scuola non esiste. Ma se esistesse, sarebbe così. Vorremmo avere questo tipo di insegnanti, studenti con queste attitudini e capacità, e questi corsi". La visione si è rivelata contagiosa. Nel giro di 3 mesi, 147 persone da tutto il mondo hanno mandato la domanda di iscrizione ad una scuola che non esisteva. Cosa hanno consegnato al Ministero come studio di fattibilità? La lista con le iscrizioni, e i nomi dei professori che avevano accettato d'insegnare. Più fattibile di così...
La risposta? Finanziati per 3 anni. Un anno per coinvolgere tutti gli attori chiave in Danimarca: università, industria, servizi. Poi sono partiti con la scuola (80 percento finanziamenti pubblici, 20 percento da aziende private). Una sfida: entro la fine del secondo anno di vita, il CIID doveva trovare un proprio business model, e diventare autonomo dai finanziamenti pubblici.
Premiati!
•Da 2 anni, sono totalmente indipendenti da finanziamenti pubblici. Hanno 4 progetti di ricerca finanziati dall'Unione Europea, una lista di clienti di grande prestigio, una vera e propria comunità di studenti, alumni, e collaboratori, fortemente coesa.
•A maggio hanno ricevuto il Premio come impresa più innovativa di Danimarca, dalla Camera di Commercio Danese.
La prossima sfida? Hanno appena ricevuto fondi per creare un Incubatore d'impresa dal Comune di Copenhagen. Il loro prossimo prototipo.
Ti è piaciuta la storia di Simona? Se si, clicca Mi Piace e condividila. Grazie!
Conosci esempi di visioni magnetiche? Raccontale nello spazio qui sotto, è fatto per questo.
Grazie e a presto!
Re: Chi sono i liberisti?
Ecco un altro liberista (con gli altri), che per sé invoca politiche protezioniste.
Fiat, Marchionne all'Ue: stop al libero scambio in Europa. Il Progetto Italia? Corrado Passera convoca l'ad
L'Huffington Post | Di Vanina Gerardi Pubblicato: 10/10/2012
Non è più l’era degli incentivi di Stato. Né l’Europa prevede finanziamenti al settore dell’auto. Sergio Marchionne tenta dunque la terza carta cercando spazio nello stop agli accordi sul libero scambio. Il mercato dell’auto è in picchiata. E non si vedrà nessuna ripresa nel 2013 ". Ha detto l’ad di Fiat parlando in una conferenza stampa dell' Acea di cui è presidente. Marchionne si è riferito agli accordi di libero scambio che la Ue sta negoziando con i paesi terzi. Il numero uno di Fiat denuncia una situazione del settore che continua a deteriorarsi e chiede l’intervento della commissione europea.
La richiesta di aiuto giunge nella giornata in cui l’agenzia di rating Moody’s ha tagliato il giudizio su Fiat con prospettive negative. Giudizio che Marchionne si aspettava ma che, dichiara, non rispecchia la solidità finanziaria. Per il manager dal maglioncino blu, quella di Moody’s è comunque una mossa "comprensibile se guardiamo la situazione del mercato in Italia e in Europa".
“In Europa abbiamo perso tre milioni di veicoli tra il 2007 e il 2012". Ciò testimonia che il settore automobilistico "sta vivendo un momento difficile", ha affermato Marchionne nel corso della tavola rotonda 'our future mobility now'. “Non possiamo andare avanti così per molto", ha sottolineato, "accogliamo positivamente la presentazione della nuova politica industriale della commissione europea".
In occasione della tavola rotonda con i principali costruttori dell’auto europei Marchionne spiega che l’industria automobilistica non ha bisogno di finanziamenti, perché si finanzia da sola. “ L'Europa”, ha detto, “deve fornire il quadro normativo più snello e uniforme possibile”.
Un’Europa unita, dunque, per aiutare il settore industriale dell’auto. E’ quanto chiede il presidente dell’Acea spiegando che ormai il problema deve essere risolto in sede Ue. "La ripresa del mercato europeo dell'auto dipende dalle azioni dell'Unione europea e dei paesi membri" dell'Ue. "Ho chiesto questo intervento perché ritengo che serva una risposta europea" alla crisi del settore. Ora occorre che "si trovino la volontà e la determinazione collettive per la creazione di un'Europa unita". Da questo punto di vista, aggiunge Marchionne, "mi preoccupo se non si trova la voglia collettiva di far fronte ai problemi".
Mentre Marchionne fa le sue richieste all’Europa a nome dei principali rappresentanti del settore, in Italia non si hanno ancora notizie sul progetto di Fiat sul territorio. Che fine ha fatto il Progetto Italia? Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera vuole vederci chiaro e ha fissato un incontro per venerdì 12 ottobre. A riportarlo è il quotidiano MF spiegando che Passera non intende mollare la presa sull'ad del Lingotto.
Fiat, Marchionne all'Ue: stop al libero scambio in Europa. Il Progetto Italia? Corrado Passera convoca l'ad
L'Huffington Post | Di Vanina Gerardi Pubblicato: 10/10/2012
Non è più l’era degli incentivi di Stato. Né l’Europa prevede finanziamenti al settore dell’auto. Sergio Marchionne tenta dunque la terza carta cercando spazio nello stop agli accordi sul libero scambio. Il mercato dell’auto è in picchiata. E non si vedrà nessuna ripresa nel 2013 ". Ha detto l’ad di Fiat parlando in una conferenza stampa dell' Acea di cui è presidente. Marchionne si è riferito agli accordi di libero scambio che la Ue sta negoziando con i paesi terzi. Il numero uno di Fiat denuncia una situazione del settore che continua a deteriorarsi e chiede l’intervento della commissione europea.
La richiesta di aiuto giunge nella giornata in cui l’agenzia di rating Moody’s ha tagliato il giudizio su Fiat con prospettive negative. Giudizio che Marchionne si aspettava ma che, dichiara, non rispecchia la solidità finanziaria. Per il manager dal maglioncino blu, quella di Moody’s è comunque una mossa "comprensibile se guardiamo la situazione del mercato in Italia e in Europa".
“In Europa abbiamo perso tre milioni di veicoli tra il 2007 e il 2012". Ciò testimonia che il settore automobilistico "sta vivendo un momento difficile", ha affermato Marchionne nel corso della tavola rotonda 'our future mobility now'. “Non possiamo andare avanti così per molto", ha sottolineato, "accogliamo positivamente la presentazione della nuova politica industriale della commissione europea".
In occasione della tavola rotonda con i principali costruttori dell’auto europei Marchionne spiega che l’industria automobilistica non ha bisogno di finanziamenti, perché si finanzia da sola. “ L'Europa”, ha detto, “deve fornire il quadro normativo più snello e uniforme possibile”.
Un’Europa unita, dunque, per aiutare il settore industriale dell’auto. E’ quanto chiede il presidente dell’Acea spiegando che ormai il problema deve essere risolto in sede Ue. "La ripresa del mercato europeo dell'auto dipende dalle azioni dell'Unione europea e dei paesi membri" dell'Ue. "Ho chiesto questo intervento perché ritengo che serva una risposta europea" alla crisi del settore. Ora occorre che "si trovino la volontà e la determinazione collettive per la creazione di un'Europa unita". Da questo punto di vista, aggiunge Marchionne, "mi preoccupo se non si trova la voglia collettiva di far fronte ai problemi".
Mentre Marchionne fa le sue richieste all’Europa a nome dei principali rappresentanti del settore, in Italia non si hanno ancora notizie sul progetto di Fiat sul territorio. Che fine ha fatto il Progetto Italia? Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera vuole vederci chiaro e ha fissato un incontro per venerdì 12 ottobre. A riportarlo è il quotidiano MF spiegando che Passera non intende mollare la presa sull'ad del Lingotto.
Re: Chi sono i liberisti?
Gian Luca Clementi
Economista
La rivoluzione liberale dell'ultimo ventennio
Pubblicato: 12/10/2012 09:00
Nel periodo 1990-2009, il prodotto interno lordo pro-capite italiano (reale, cioè correggendo per l'inflazione) è cresciuto in media dello 0,6 percento all'anno. In altri termini, in poco meno di vent'anni, il PIL pro-capite è cresciuto solamente dell'11% (dati Banca d'Italia). Se includessi gli ultimi due anni, il risultato del conteggio sarebbe peggiore. Si tratta di dati incontrovertibili, con cui tutti dobbiamo fare i conti, quelli di destra come quelli di sinistra, centro, sotto, o sopra. Perfino Berlusconi e i suoi accoliti, dopo anni spesi a dire baggianate del tipo "chi se ne frega dei dati, visto che i ristoranti sono pieni'', hanno finalmente preso nota.
Ciò su cui, come si conviene, politici, economisti, comici e commentatori vari non trovano un accordo, è la diagnosi del disastro Italia. In questo post, prendo in considerazione l'opinione di coloro, la maggiorparte dei quali collocati all'estrema sinistra dello spettro politico, che additano il trionfo del pensiero liberale come la causa principale, se non unica, della rovina economica del Paese. E non solo del Paese, a sentir loro.
Sì, avete letto bene. Secondo Fassina e Vendola, per fare due esempi noti a tutti, gli ultimi vent'anni sono stati contraddistinti dall'affermazione del paradigma liberale (o liberista, come piace dire ad essi). In questa sede non indulgo in disquisizioni etimologiche, anche perché non sono davvero il mio forte. Mi limito a proporre e descrivere qualche dato aggregato per verificare se tale rivoluzione liberale ha lasciato traccia tangibile nell'economia italiana. Mi rendo perfettamente conto che il mio è un esercizio grossolano. La ragione di questo approccio è che per una volta vorrei esimermi da qualsiasi interpretazione o giudizio di valore. Dubito comunque di farcela (ad esimermi).
I dati sono di provenienza ISTAT e disponibili a chiunque sul sito dell'istituto stesso. Nel 1990, la spesa totale delle pubbliche amministrazioni, al netto degli interessi sul debito, ammontava al 47,3 percento del PIL. Nel 2009, era passata al 53,3%. Non male, per uno stato liberale. A crescere, non è stato solo il costo della politica. Con pochissime eccezioni, tutte le maggiori categorie di spesa sono aumentate. La voce che è cresciuta maggiormente è quella per le prestazioni sociali, passata dal 19,3 al 24,6%.
E' interessante notare che, qualora si includa la spesa per interessi nel computo, si scopre che il rapporto tra uscite e PIL è rimasto essenzialmente invariato. Era il 58,3% nel 1990 ed il 58.4% nel 2009. L'enorme risparmio ottenuto con il calo della spesa per interessi, scesa dall' 11,1% al 5,2% del PIL, è stato compensato da un aumento degli acquisti di beni e servizi e, in misura ben maggiore, della spesa previdenziale.
Stavo per dimenticare le entrate! Nel 1990, le entrate complessive delle pubbliche amministrazioni ammontavano al 45,8% del PIL. Nel 2009, erano il 52,5%. Che strana, questa rivoluzione liberale. Pare che sfugga ai canoni abituali, e non di poco. Che si sbagliasse il buon Friedman quando insisteva sulla riduzione dell'intervento pubblico sull'economia? Non parlo di un errore intellettuale, ma più semplicemente aritmetico. Avrà mica banalmente sbagliato il segno nell'equazione? O è forse il caso che Vendola, Fassina e compagnia bella altro non sono se non ideologi che continuano a ripetere la loro filastrocca nonostante sia in ovvio contrasto con la realtà fattuale? Mi sorge un altro dubbio: che sia l'unica filastrocca che da' loro da mangiare?
Un ultimo pensierino. Ma se durante le rivoluzioni liberali la spesa pubblica aumenta, ne segue forse che Fassina e Vendola, i quali le osteggiano, si battono per la riduzione della spesa? Ora ripongo la penna, che mi gira la testa.
http://www.huffingtonpost.it/gian-luca- ... 56961.html
Economista
La rivoluzione liberale dell'ultimo ventennio
Pubblicato: 12/10/2012 09:00
Nel periodo 1990-2009, il prodotto interno lordo pro-capite italiano (reale, cioè correggendo per l'inflazione) è cresciuto in media dello 0,6 percento all'anno. In altri termini, in poco meno di vent'anni, il PIL pro-capite è cresciuto solamente dell'11% (dati Banca d'Italia). Se includessi gli ultimi due anni, il risultato del conteggio sarebbe peggiore. Si tratta di dati incontrovertibili, con cui tutti dobbiamo fare i conti, quelli di destra come quelli di sinistra, centro, sotto, o sopra. Perfino Berlusconi e i suoi accoliti, dopo anni spesi a dire baggianate del tipo "chi se ne frega dei dati, visto che i ristoranti sono pieni'', hanno finalmente preso nota.
Ciò su cui, come si conviene, politici, economisti, comici e commentatori vari non trovano un accordo, è la diagnosi del disastro Italia. In questo post, prendo in considerazione l'opinione di coloro, la maggiorparte dei quali collocati all'estrema sinistra dello spettro politico, che additano il trionfo del pensiero liberale come la causa principale, se non unica, della rovina economica del Paese. E non solo del Paese, a sentir loro.
Sì, avete letto bene. Secondo Fassina e Vendola, per fare due esempi noti a tutti, gli ultimi vent'anni sono stati contraddistinti dall'affermazione del paradigma liberale (o liberista, come piace dire ad essi). In questa sede non indulgo in disquisizioni etimologiche, anche perché non sono davvero il mio forte. Mi limito a proporre e descrivere qualche dato aggregato per verificare se tale rivoluzione liberale ha lasciato traccia tangibile nell'economia italiana. Mi rendo perfettamente conto che il mio è un esercizio grossolano. La ragione di questo approccio è che per una volta vorrei esimermi da qualsiasi interpretazione o giudizio di valore. Dubito comunque di farcela (ad esimermi).
I dati sono di provenienza ISTAT e disponibili a chiunque sul sito dell'istituto stesso. Nel 1990, la spesa totale delle pubbliche amministrazioni, al netto degli interessi sul debito, ammontava al 47,3 percento del PIL. Nel 2009, era passata al 53,3%. Non male, per uno stato liberale. A crescere, non è stato solo il costo della politica. Con pochissime eccezioni, tutte le maggiori categorie di spesa sono aumentate. La voce che è cresciuta maggiormente è quella per le prestazioni sociali, passata dal 19,3 al 24,6%.
E' interessante notare che, qualora si includa la spesa per interessi nel computo, si scopre che il rapporto tra uscite e PIL è rimasto essenzialmente invariato. Era il 58,3% nel 1990 ed il 58.4% nel 2009. L'enorme risparmio ottenuto con il calo della spesa per interessi, scesa dall' 11,1% al 5,2% del PIL, è stato compensato da un aumento degli acquisti di beni e servizi e, in misura ben maggiore, della spesa previdenziale.
Stavo per dimenticare le entrate! Nel 1990, le entrate complessive delle pubbliche amministrazioni ammontavano al 45,8% del PIL. Nel 2009, erano il 52,5%. Che strana, questa rivoluzione liberale. Pare che sfugga ai canoni abituali, e non di poco. Che si sbagliasse il buon Friedman quando insisteva sulla riduzione dell'intervento pubblico sull'economia? Non parlo di un errore intellettuale, ma più semplicemente aritmetico. Avrà mica banalmente sbagliato il segno nell'equazione? O è forse il caso che Vendola, Fassina e compagnia bella altro non sono se non ideologi che continuano a ripetere la loro filastrocca nonostante sia in ovvio contrasto con la realtà fattuale? Mi sorge un altro dubbio: che sia l'unica filastrocca che da' loro da mangiare?
Un ultimo pensierino. Ma se durante le rivoluzioni liberali la spesa pubblica aumenta, ne segue forse che Fassina e Vendola, i quali le osteggiano, si battono per la riduzione della spesa? Ora ripongo la penna, che mi gira la testa.
http://www.huffingtonpost.it/gian-luca- ... 56961.html
Re: Chi sono i liberisti?
Pensioni, in Germania aumento medio di oltre il 9% tra il 2013-2016
L'incremento sarà dell’8,27% nei Laender occidentali e dell’11% in quelli dell’ex Germania dell’Est. Entro il 2026 le indennità dovrebbero crescere complessivamente del 36% rispetto ai livelli attuali. Questi dati hanno infiammato la discussione politica, con l’Spd che ha accusato Merkel di volersi ingraziare gli elettori con regalie pre-elettorali
di Giorgio Faunieri | 29 novembre 2012
I pensionati tedeschi possono guardare con fiducia al futuro. I loro assegni mensili aumenteranno significativamente nei prossimi anni, grazie all’ottimo stato di salute del sistema previdenziale pubblico che ha beneficiato della crescita degli occupati e dei loro stipendi. Questo è il quadro contenuto nel Rentenversicherung, il rapporto annuale redatto dal governo di Berlino e pubblicato ieri. A differenza di numerosi Paesi europei – Italia inclusa – che hanno sforbiciato le pensione, la Germania intende aumentarle nel periodo 2013-2016 dell’8,27% nei Laender occidentali e dell’11% in quelli dell’ex Germania dell’Est. L’anno prossimo l’aumento sarà dell’1% nell’Ovest e del 3,49% nell’Est, il maggior aumento dal 1997. I cittadini dell’Ovest potranno recuperare il terreno perduto nel 2015, quando vedranno salire le pensioni del 2,55%, il maggior rialzo dal 1993.
Questi dati hanno immediatemente infiammato la discussione politica, con l’Spd (i socialisti attualmente all’opposizione) che ha accusato il cancelliere Angela Merkel di volersi ingraziare gli elettori con regalie pre-elettorali. Il prossimo 22 settembre – data fissata oggi, anche se non ancora ufficialmente – i cittadini tedeschi saranno infatti chiamati alle urne. E per raccogliere voti anche presso i lavoratori il governo ha deciso che a partire dal prossimo primo gennaio il prelievo in busta paga per la previdenza scenderà dall’attuale 19,6% al 18,9%, livello a cui dovrebbe restare fino al 2018. Questa misura è resa possibile dal florido stato del sistema pensionistico: a fine anno le riserve saranno pari a 1,69 mesi di pagamenti (29,4 miliardi di euro), contro gli 1,5 mesi previsti dalla legge. Chi critica l’aumento delle pensioni deciso dalla Merkel punta il dito contro le previsioni di crescita dell’occupazione e degli stipendi contenuti nel rapporto (gli incrementi previdenziali dovranno infatti essere rivisti se la congiuntura sarà più debole del previsto).
Per rispettare la tabella di marcia fissata gli stipendi lordi dovrebbero crescere annualmente ad una percentuale compresa fra il 2,5% e il 2,8% nei prossimi quattro anni, mentre il numero dei disoccupati dovrebbe scendere dagli attuali 2,89 milioni a 2,85 milioni del 2016. Implicitamente, dunque, il governo Merkel ha rivisto le proprie previsioni sul mercato del lavoro che, fino a oggi, prevedevano la creazione di 250 mila posti di lavoro entro il 2016. Altri interessanti dati contenuti nel Rentenversicherung riguardano le pensioni medie percepite nel 2012 dai 20 milioni di tedeschi che ne hanno diritto: le coppie di marito e moglie hanno potuto contare su complessivi 2.433 euro, gli uomini soli su 1.560 e le donne sole su 1.292. Entro il 2030, inoltre, le pensioni dell’Est dovrebbero essere uguali a quelle dell’Ovest: oggi sono solo l’88,8%. Entro il 2026, infine, le pensioni tedesche dovrebbero crescere complessivamente del 36% rispetto ai livelli attuali. Crisi dell’euro permettendo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... 16/429996/
L'incremento sarà dell’8,27% nei Laender occidentali e dell’11% in quelli dell’ex Germania dell’Est. Entro il 2026 le indennità dovrebbero crescere complessivamente del 36% rispetto ai livelli attuali. Questi dati hanno infiammato la discussione politica, con l’Spd che ha accusato Merkel di volersi ingraziare gli elettori con regalie pre-elettorali
di Giorgio Faunieri | 29 novembre 2012
I pensionati tedeschi possono guardare con fiducia al futuro. I loro assegni mensili aumenteranno significativamente nei prossimi anni, grazie all’ottimo stato di salute del sistema previdenziale pubblico che ha beneficiato della crescita degli occupati e dei loro stipendi. Questo è il quadro contenuto nel Rentenversicherung, il rapporto annuale redatto dal governo di Berlino e pubblicato ieri. A differenza di numerosi Paesi europei – Italia inclusa – che hanno sforbiciato le pensione, la Germania intende aumentarle nel periodo 2013-2016 dell’8,27% nei Laender occidentali e dell’11% in quelli dell’ex Germania dell’Est. L’anno prossimo l’aumento sarà dell’1% nell’Ovest e del 3,49% nell’Est, il maggior aumento dal 1997. I cittadini dell’Ovest potranno recuperare il terreno perduto nel 2015, quando vedranno salire le pensioni del 2,55%, il maggior rialzo dal 1993.
Questi dati hanno immediatemente infiammato la discussione politica, con l’Spd (i socialisti attualmente all’opposizione) che ha accusato il cancelliere Angela Merkel di volersi ingraziare gli elettori con regalie pre-elettorali. Il prossimo 22 settembre – data fissata oggi, anche se non ancora ufficialmente – i cittadini tedeschi saranno infatti chiamati alle urne. E per raccogliere voti anche presso i lavoratori il governo ha deciso che a partire dal prossimo primo gennaio il prelievo in busta paga per la previdenza scenderà dall’attuale 19,6% al 18,9%, livello a cui dovrebbe restare fino al 2018. Questa misura è resa possibile dal florido stato del sistema pensionistico: a fine anno le riserve saranno pari a 1,69 mesi di pagamenti (29,4 miliardi di euro), contro gli 1,5 mesi previsti dalla legge. Chi critica l’aumento delle pensioni deciso dalla Merkel punta il dito contro le previsioni di crescita dell’occupazione e degli stipendi contenuti nel rapporto (gli incrementi previdenziali dovranno infatti essere rivisti se la congiuntura sarà più debole del previsto).
Per rispettare la tabella di marcia fissata gli stipendi lordi dovrebbero crescere annualmente ad una percentuale compresa fra il 2,5% e il 2,8% nei prossimi quattro anni, mentre il numero dei disoccupati dovrebbe scendere dagli attuali 2,89 milioni a 2,85 milioni del 2016. Implicitamente, dunque, il governo Merkel ha rivisto le proprie previsioni sul mercato del lavoro che, fino a oggi, prevedevano la creazione di 250 mila posti di lavoro entro il 2016. Altri interessanti dati contenuti nel Rentenversicherung riguardano le pensioni medie percepite nel 2012 dai 20 milioni di tedeschi che ne hanno diritto: le coppie di marito e moglie hanno potuto contare su complessivi 2.433 euro, gli uomini soli su 1.560 e le donne sole su 1.292. Entro il 2030, inoltre, le pensioni dell’Est dovrebbero essere uguali a quelle dell’Ovest: oggi sono solo l’88,8%. Entro il 2026, infine, le pensioni tedesche dovrebbero crescere complessivamente del 36% rispetto ai livelli attuali. Crisi dell’euro permettendo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... 16/429996/
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Re: Chi sono i liberisti?
Bene.
Desumo da questi post interessanti che si tema la presunta assenza di una definizione semantica precisa del termine "liberismo" riconosciuta in campo internazionale.
Ma siamo in Italia.
Dove da decenni con "liberismo" si intendono non la Merkel o gli olandesi, ma le politiche tese
a castrare il concetto stesso di bene pubblico, servizio pubblico, ecc..
Mediante:
- riproposizione di alleanze politiche temerarie gia` viste all'inizio del secolo scorso (mignottari, razzisti, clericali, fasci, secessionisti, ...)
- incuria della PA
- predisposizione delle condizioni di "migliore economia" allo scopo di privatizzare tutto
Serve tutto cio` a ingannare i merli?
Boh.
Io quello che so e` che fra sindacalismi pubblici fuori dal mondo e liberismi, io oggi devo pagare una barca di tasse, contributi e assicurazioni.
Per scuola e sanita`.
E quando avranno terminato di smantellare la PA sara` anche peggio.
Di sicuro anch'io preferirei vivere in un paese scandinavo, anche se governato da destre SCANDINAVE.
Ma vivo in Italia.
E qua la destra non e` "scandinava", e` mignottara, e` trucida, e` clientelare.
E` L-I-B-E-R-I-S-T-A.
Non piace questo termine?
E` impreciso? E` ambiguo?
Se ne trovi allora un altro.
Ma fino ad allora non vedo perche` non usare quel termine usato da decenni
per indicare certi "fenomeni politici" italiani ben precisi.
Ciao.
soloo42000
P.S.: faccio notare che questo argomento della "presunta indefinizione del concetto di liberismo"
e` stato gia` usato su perlulivo e su forumista per tentare di impedire una discussione politica
inficiandone le basi logiche
per la serie "il liberismo non esiste, dunque lo stato sociale non e` sotto attacco"
Desumo da questi post interessanti che si tema la presunta assenza di una definizione semantica precisa del termine "liberismo" riconosciuta in campo internazionale.
Ma siamo in Italia.
Dove da decenni con "liberismo" si intendono non la Merkel o gli olandesi, ma le politiche tese
a castrare il concetto stesso di bene pubblico, servizio pubblico, ecc..
Mediante:
- riproposizione di alleanze politiche temerarie gia` viste all'inizio del secolo scorso (mignottari, razzisti, clericali, fasci, secessionisti, ...)
- incuria della PA
- predisposizione delle condizioni di "migliore economia" allo scopo di privatizzare tutto
Serve tutto cio` a ingannare i merli?
Boh.
Io quello che so e` che fra sindacalismi pubblici fuori dal mondo e liberismi, io oggi devo pagare una barca di tasse, contributi e assicurazioni.
Per scuola e sanita`.
E quando avranno terminato di smantellare la PA sara` anche peggio.
Di sicuro anch'io preferirei vivere in un paese scandinavo, anche se governato da destre SCANDINAVE.
Ma vivo in Italia.
E qua la destra non e` "scandinava", e` mignottara, e` trucida, e` clientelare.
E` L-I-B-E-R-I-S-T-A.
Non piace questo termine?
E` impreciso? E` ambiguo?
Se ne trovi allora un altro.
Ma fino ad allora non vedo perche` non usare quel termine usato da decenni
per indicare certi "fenomeni politici" italiani ben precisi.
Ciao.
soloo42000
P.S.: faccio notare che questo argomento della "presunta indefinizione del concetto di liberismo"
e` stato gia` usato su perlulivo e su forumista per tentare di impedire una discussione politica
inficiandone le basi logiche
per la serie "il liberismo non esiste, dunque lo stato sociale non e` sotto attacco"
Re: Chi sono i liberisti?
A me sembra che qui nessuno tenti di impedire niente a nessuno.soloo42000 ha scritto:
P.S.: faccio notare che questo argomento della "presunta indefinizione del concetto di liberismo"
e` stato gia` usato su perlulivo e su forumista per tentare di impedire una discussione politica
inficiandone le basi logiche
per la serie "il liberismo non esiste, dunque lo stato sociale non e` sotto attacco"
Mi sembra anzi il contrario, che permettersi di mettere in discussione la schematicità di certe semplificazioni, provochi un fastidio obbiettivamente ingiustificato.
E' consentito dire su questo forum che l'anatema "liberista" usato da parte della sinistra italiana per individuare i mali della nostra politica è sbagliato e fuorviante?
Non mi sembra una mia invenzione il fatto che sono non pochi a sostenere che la madre di tutti i problemi e le cause di questa crisi, starebbero nelle "politiche liberiste" rappresentate ed imposte in Europa soprattutto dai paesi del nord.
E' consentito anche in un forum ispirato all'area di centro-sinistra, mettere in dubbio la validità di tale impostazione? E' possibile pensare che i nostri problemi, dalla corruzione alla cattiva gestione della cosa pubblica, non attengono alle categorie del lessez fair contrapposto a politiche keynesiane (che pure non nego in linea di principio), ma alla stratificazione, trasversale rispetto agli schieramenti, di caste, privilegi, corporativismi, se non addirittura di malversazioni?
E' un modo "per tentare di impedire una discussione politica" diffidare di tali semplificazioni?
Io credo di no. Soprattutto quando in nome dell'attacco liberista allo stato sociale (che non vedo nei famigerati paesi del nord europa, almeno non nella misura nostrana) si arriva a far quadrato intorno a Bersani, e con lui D'Alema, Bindi ed un'intera classe dirigente "di sinistra", che rispetto al dramma che sta vivendo questo paese, mi sembra abbiano maggiori responsabilità della Merkel.
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