Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Non può stupire per niente quello che sta succedendo perché al pool di Mani pulite è stato impedito di andare fino in fondo.
Nel settore tangenti è cambiata solo l’aliquota. Fattasi l’esperienza con Mani pulite subito un anno o due dopo che la bufera si è calmata, hanno cominciato a chiedere la mazzetta + il contributo per le eventuali spese legali.
In questo modo chi riceveva la mazzetta poteva continuare a godere della stessa senza che venissero detratte eventuali spese legali.
Oppure, se non accadeva nulla uno si poteva godere un’importo superiore in conseguenza della mancate spese legali.
I partiti del Caimano, gli ex fasisti, monsignor Casini, una buona parte dei piddini, hanno sempre chiamato l’Idv un partito “giustizialista”. Monsignor Casini, al Sel aveva messo uno sbarramento, ma Di Pietro, non avrebbe dovuto mai far parte di una coalizione con l’U Dc.
Il dramma fondamentale che ci si ritrova oggi di fronte, dipende dal fatto che hanno attraversato il guado buona parte del sistema della corruzione della prima Repubblica, ma che la magistratura non era riuscita a toccare.
Adesso siamo di nuovo daccapo. Gli stessi personaggi si stanno muovendo tutti per passare il guado nella terza Repubblica.
In questo modo nascerebbe marcia alle radici come è nata marcia la seconda Repubblica.
Ma agli italiani interessa???
Sembrerebbe proprio di no osservando le intenzioni di voto.
Inutile poi che facciano i meravigliati e sgomenti davanti ai casi Penati, Lusi, Belsito, Saggese, Roby Forchettoni e tutti gli altri. Sono i risultati del menefreghismo di allora.
Nel settore tangenti è cambiata solo l’aliquota. Fattasi l’esperienza con Mani pulite subito un anno o due dopo che la bufera si è calmata, hanno cominciato a chiedere la mazzetta + il contributo per le eventuali spese legali.
In questo modo chi riceveva la mazzetta poteva continuare a godere della stessa senza che venissero detratte eventuali spese legali.
Oppure, se non accadeva nulla uno si poteva godere un’importo superiore in conseguenza della mancate spese legali.
I partiti del Caimano, gli ex fasisti, monsignor Casini, una buona parte dei piddini, hanno sempre chiamato l’Idv un partito “giustizialista”. Monsignor Casini, al Sel aveva messo uno sbarramento, ma Di Pietro, non avrebbe dovuto mai far parte di una coalizione con l’U Dc.
Il dramma fondamentale che ci si ritrova oggi di fronte, dipende dal fatto che hanno attraversato il guado buona parte del sistema della corruzione della prima Repubblica, ma che la magistratura non era riuscita a toccare.
Adesso siamo di nuovo daccapo. Gli stessi personaggi si stanno muovendo tutti per passare il guado nella terza Repubblica.
In questo modo nascerebbe marcia alle radici come è nata marcia la seconda Repubblica.
Ma agli italiani interessa???
Sembrerebbe proprio di no osservando le intenzioni di voto.
Inutile poi che facciano i meravigliati e sgomenti davanti ai casi Penati, Lusi, Belsito, Saggese, Roby Forchettoni e tutti gli altri. Sono i risultati del menefreghismo di allora.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Di Pietro, per quello che ricordo,…ma mi potrei sbagliare e quindi chi è stato più attento potrebbe correggermi, non ha mai specificato il perché ad un certo punto abbandona la magistratura.shiloh ha scritto:camillobenso ha scritto:paolo11 ha scritto:Tutto il pul di mani pulite intervistati hanno detto.Quella era la punta iceberg, ora ce ne rendiamo conto.
Ciao
Paolo11
Però dovrebbero avere il coraggio di dire chi li ha bloccati.
Perchè già allora si sapeva che le cose stavano in questo modo
mi vien da dire che li abbiamo bloccati noi...
e precisamente quando,nel 94,con la nostra"gioiosa macchina da guerra" perdemmo delle elezioni impossibili da perdere e consegnammo quindi il potere legislativo nella mani del malavitoso di Hardcore.
e poi continuammo a dargli una mano con quello che fece la "bicamerale"
(credendosi più furbo di lui...) la quale bicamerale sospese la legge sulle frequenze TV.
e poi lo aiutammo ancora con quell'intelligentone del "noi andiamo da soli"...
poi ovviamente,le colpe maggiori del "blocco" vanno individuate in tutti quegli italioti che lo hanno votato e giustificato per 20 anni.
Chi ha impedito ad ADP di proseguire???
Il pool è andato avanti lo stesso ma tutto è scemato.
Colombo sostiene che loro avevano fatto il possibile cercando di rimanere nella legalità e che spettava alla politica.
***
mi vien da dire che li abbiamo bloccati noi...
Se facciamo un’analisi storica degli ultimi 20 anni possiamo individuare che la sinistra quando ha governato lo ha fatto sotto tutela.
Al sistema dei poteri forti che arriva dalla tradizione fascista e poi democristiana la sinistra proprio non va giù.
Sono stati costretti con Prodi (democristiano) ad accettare il compromesso dell’Ulivo.
Ma dopo solo 2 anni lo hanno fatto cadere. La questione di Bertinotti è solo una scusante, poteva andare in onda il Prodi bis con il sostegno esterno di Rifondazione.
E invece guarda caso, Cossiga ormai fuori dai giochi della politica, entra a far parte dell’Udeur di Mastella e lo fa trasbordare da destra a sinistra, favorisce il governo D’Alema e poi esce di nuovo dalla politica.
D’Alema non ha mai fatto nulla che potesse dare fastidio ai poteri forti. Quando cade gli subentra Amato, già presidente del Consiglio di transizione e uomo della prima Repubblica.
La “sinistra” torna al potere per altri due anni nel 2006, sempre con Prodi, ma ai poteri forti dava nuovamente fastidio e hanno lavorato per farlo cadere. In più su altro versante lavorava il banana per farlo cadere per impellenti suoi problemi giudiziari.
La sinistra come la intendiamo noi, cozza con gli interessi dei poteri forti. Preferiscono una sinistra non sinistra completamente annacquata dai democristi che non s’impunta contro i loro affari.
Pure Di Pietro non sta bene ai poteri forti, perché difende gli operai, sta con la Fiom, e difende in genere il mondo del lavoro, pur non essendo di origini di sinistra.
Il modello giusto per loro in questo momento è monsignor Casini.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Comunque almeno l'Idv risponde chiaramente, a differenza di altri
http://video.repubblica.it/dossier/regi ... ef=HRER1-1
http://video.repubblica.it/dossier/regi ... ef=HRER1-1
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il Paese allo sbando – 60
Diario di un disastro annunciato – 10 ottobre 2012 – 3
Percorsi di guerra
LA MARCIA DEL CAVALIERE VERSO IL MONTI BIS COMINCIA DALLA SICILIA - LA VITTORIA DEL DESTRO MUSUMECI PRODURRA' SULL'ISOLA IL PRIMO EMBRIONE DI GRANDE COALIZIONE E LA SPACCATURA DEL PD -
CON L'AIUTO DI CASINI, PUNTERA' PRIMA SU UNA RIFORMA ELETTORALE PROPORZIONALE. POI LASCERA' CORRERE COME LEADER DEI MODERATI MONTEZEMOLO -
LUCHINO E PIER HANNO GIA' FIRMATO L'ARMISTIZIO IL 29 SETTEMBRE SCORSO...
Tommaso Labate per "Pubblico"
CASINI BERLUSCONI
Come non era sicuro della nuova discesa in campo, forse non è certo al cento per cento neanche dell'uscita di scena «per riunire i moderati», anticipata da Angelino Alfano ieri l'altro e confermata dal diretto interessato prima in un'intervista a Libero poi nel corso della Telefonata con Maurizio Belpietro su Canale 5. Le uniche certezze di Silvio Berlusconi, in questo momento, riguardano il suo obiettivo finale e la tempistica.
BERLUSCONI_CASINI
L'obiettivo finale è quello che l'ex presidente del Consiglio ha dichiarato implicitamente. E cioè fare di Mario Monti «il leader del moderati» e di conseguenza - è il non detto - riportarlo a Palazzo Chigi senza farlo passare dalle elezioni. La tempistica, invece, è legata a due eventi di cui il Cavaliere ha lungamente parlato anche con Pier Ferdinando Casini, in una serie di colloqui telefonici riservati andati in scena nelle ultime settimane.
SILVIO BERLUSCONI E LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO JPEG
«La decisione sul mio futuro», ha spiegato "Silvio" all'amico ritrovato "Pier", «la prenderò solo dopo l'approvazione della legge elettorale. Ma la nuova legge elettorale», ha aggiunto, «arriverà solo a inizio novembre, dopo che si conoscerà l'esito delle elezioni regionali siciliane».
Impossibile sapere quale sia stata la risposta di Casini. Non foss'altro perché, dallo staff del leader dell'Udc, negano (ovviamente) anche che i colloqui in questione. Ma in una storia che presenta più ombre che luci, è dalla war room di Palazzo Grazioli che arrivano i primi punti fermi. Il primo è che Berlusconi è convinto che, nella contesa siciliana di fine ottobre, il candidato del centrodestra Nello Musumeci avrà la meglio su Rosario Crocetta, sostenuto dal blocco Pd-Udc.
MONTEZEMOLO E BERLUSCONI
«Sta già avanti di qualche punto», avrebbe garantito il Cavaliere ad alcuni amici siciliani. La seconda certezza è che, stando a quanto emerge dai sondaggi commissionati dall'ex premier, in ogni caso il centrodestra non avrà la maggioranza nell'Assemblea regionale e quindi sarà costretto a stipulare una «grande coalizione siciliana» coi centristi e con quel pezzo del Pd che rifiuterà il muro contro muro.
MONTEZEMOLO-CASINI
La terza certezza è che il voto in Sicilia provocherà il divorzio definitivo tra Pd e Udc. La quarta, ai limiti dell'ovvio, è che il cantiere isolano servirà per fare le prove generali di quello che potrebbe accadere in Italia nella primavera prossima. Elezioni senza nessun vincitore, Democratici spaccati, Udc schierata coi moderati, una Grande Coalizione di cui Berlusconi sarebbe uno dei due soci di maggioranza. E, sottinteso, un presidente del Consiglio già definito, alla guida di un governo politico. E cioè Mario Monti.
MARIO MONTI
Il Professore, ovviamente, resiste. E, tolta quella frase con cui da Washington si dichiarò disponibile a tornare a servire il Paese, non farà altri passi in avanti. Neanche mezzo. Ma non può essere un caso se il tema del ritorno post-elettorale di Monti viene ormai declinato apertamente anche dai ministri del suo governo.
ANGELINO ALFANO
In un'intervista pubblicata sul numero di oggi del settimanale A diretto da Maria Latella, il titolare dell'Agricoltura Mario Catania la mette così: «Io non so quello che riterrà di fare il presidente del Consiglio. Mi pare però un po' forzata la lettura secondo cui Monti, per tornare a Palazzo Chigi, dovrebbe passare dalle elezioni. Visto che nella Costituzione questo non c'è, dove sta scritto? È un assioma falso. Fatta questa premessa, la domanda è un altra. Dopo il voto ci sarà o no una maggioranza politica che intenda chiedere al presidente della Repubblica la prosecuzione dell'avventura di Monti in persona al governo?».
E alla sua stessa domanda retorica Catania risponde senza esitazioni: «Io auspico che ci sia. E che sia coesa. Monti potrebbe essere il presidente del Consiglio di un governo politico, con ministri politici».
ROSARIO CROCETTA
In fondo, è lo schema su cui lavora Berlusconi. Ma come ci si arriva? Sempre che in Sicilia si materializzi quella vittoria di Musumeci che potrebbe far saltare il tappo, a quel punto il Cavaliere passerebbe alla seconda parte del piano. Stringere i bulloni di un accordo Udc, Fli e Lega per portare a casa una riforma elettorale proporzionale, con un premio di maggioranza del 10 per cento per il primo partito e, magari, pure con le preferenze.
NELLO MUSUMECI
«Su questo», gli hanno garantito i suoi in uno degli ultimi vertici di Palazzo Grazioli, «alla fine un pezzo del Pd, con la scusa di accantonare il Porcellum, finirebbe per stare con noi». Senza dimenticare che, come gli ha pronosticato Gaetano Quagliariello in camera caritatis, «è sempre possibile che a fornirci un testo-base alla fine sia il governo, che potrebbe tirar fuori un disegno di legge benedetto dal Colle».
Solo dopo l'eventuale vittoria di Musumeci in Sicilia, e con la certezza di avere in tasca una riforma elettorale proporzionale con premio di maggioranza (basso) per il partito, Berlusconi scioglierebbe ogni riserva, spegnerebbe la voglia di primarie che ha contagiato il suo partito, si farebbe da parte e, da ultimo, consegnerebbe la chiave della «casa dei moderati» all'unico nome che ha in mente: quello di Luca Cordero di Montezemolo.
PIERFERDINANDO CASINI LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO
Il leader di Italia Futura, di fronte all'obiettivo comune di lavorare per «il ritorno di Monti», sarebbe già pronto ad accettare. D'altronde basta sentire come una delle sue teste d'uovo, Nicola Rossi, ha commentato la parole con cui Berlusconi ha giurato di volersi fare da parte. «Se confermato sarebbe un grande gesto di responsabilità».
MARIO CATANIA
Di fronte al quale, ha aggiunto l'economista, «il mondo dei moderati si troverebbe a ragionare in una situazione diversa e con esiti diversi». E Casini? E i rapporti non certo idilliaci tra «Luca» e «Pier»? Tutto (o quasi) risolto la sera del 29 settembre scorso. Quando i due ex nemici si sono ritrovati nella residenza romana del presidente della Ferrari per discutere della «Lista per l'Italia» e di come avviare un'interlocuzione «con Matteo Renzi».
Un politico di lungo corso, amico di entrambi, dietro la garanzia dell'anonimato svela il possibile esito della lunga tela: «Montezemolo farebbe il candidato premier, magari senza neanche candidarsi in Parlamento. Casini coltiverebbe il sogno del Quirinale, con la consapevolezza che l'obiettivo minimo della presidenza del Senato sarebbe già a portata di mano».
Il tutto, sottotesto, con Monti di nuovo a Palazzo Chigi. E con Berlusconi che diventerebbe uno dei soci di maggioranza della Grande Coalizione. Che, in fondo, è l'unica speranza che gli rimane.
Diario di un disastro annunciato – 10 ottobre 2012 – 3
Percorsi di guerra
LA MARCIA DEL CAVALIERE VERSO IL MONTI BIS COMINCIA DALLA SICILIA - LA VITTORIA DEL DESTRO MUSUMECI PRODURRA' SULL'ISOLA IL PRIMO EMBRIONE DI GRANDE COALIZIONE E LA SPACCATURA DEL PD -
CON L'AIUTO DI CASINI, PUNTERA' PRIMA SU UNA RIFORMA ELETTORALE PROPORZIONALE. POI LASCERA' CORRERE COME LEADER DEI MODERATI MONTEZEMOLO -
LUCHINO E PIER HANNO GIA' FIRMATO L'ARMISTIZIO IL 29 SETTEMBRE SCORSO...
Tommaso Labate per "Pubblico"
CASINI BERLUSCONI
Come non era sicuro della nuova discesa in campo, forse non è certo al cento per cento neanche dell'uscita di scena «per riunire i moderati», anticipata da Angelino Alfano ieri l'altro e confermata dal diretto interessato prima in un'intervista a Libero poi nel corso della Telefonata con Maurizio Belpietro su Canale 5. Le uniche certezze di Silvio Berlusconi, in questo momento, riguardano il suo obiettivo finale e la tempistica.
BERLUSCONI_CASINI
L'obiettivo finale è quello che l'ex presidente del Consiglio ha dichiarato implicitamente. E cioè fare di Mario Monti «il leader del moderati» e di conseguenza - è il non detto - riportarlo a Palazzo Chigi senza farlo passare dalle elezioni. La tempistica, invece, è legata a due eventi di cui il Cavaliere ha lungamente parlato anche con Pier Ferdinando Casini, in una serie di colloqui telefonici riservati andati in scena nelle ultime settimane.
SILVIO BERLUSCONI E LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO JPEG
«La decisione sul mio futuro», ha spiegato "Silvio" all'amico ritrovato "Pier", «la prenderò solo dopo l'approvazione della legge elettorale. Ma la nuova legge elettorale», ha aggiunto, «arriverà solo a inizio novembre, dopo che si conoscerà l'esito delle elezioni regionali siciliane».
Impossibile sapere quale sia stata la risposta di Casini. Non foss'altro perché, dallo staff del leader dell'Udc, negano (ovviamente) anche che i colloqui in questione. Ma in una storia che presenta più ombre che luci, è dalla war room di Palazzo Grazioli che arrivano i primi punti fermi. Il primo è che Berlusconi è convinto che, nella contesa siciliana di fine ottobre, il candidato del centrodestra Nello Musumeci avrà la meglio su Rosario Crocetta, sostenuto dal blocco Pd-Udc.
MONTEZEMOLO E BERLUSCONI
«Sta già avanti di qualche punto», avrebbe garantito il Cavaliere ad alcuni amici siciliani. La seconda certezza è che, stando a quanto emerge dai sondaggi commissionati dall'ex premier, in ogni caso il centrodestra non avrà la maggioranza nell'Assemblea regionale e quindi sarà costretto a stipulare una «grande coalizione siciliana» coi centristi e con quel pezzo del Pd che rifiuterà il muro contro muro.
MONTEZEMOLO-CASINI
La terza certezza è che il voto in Sicilia provocherà il divorzio definitivo tra Pd e Udc. La quarta, ai limiti dell'ovvio, è che il cantiere isolano servirà per fare le prove generali di quello che potrebbe accadere in Italia nella primavera prossima. Elezioni senza nessun vincitore, Democratici spaccati, Udc schierata coi moderati, una Grande Coalizione di cui Berlusconi sarebbe uno dei due soci di maggioranza. E, sottinteso, un presidente del Consiglio già definito, alla guida di un governo politico. E cioè Mario Monti.
MARIO MONTI
Il Professore, ovviamente, resiste. E, tolta quella frase con cui da Washington si dichiarò disponibile a tornare a servire il Paese, non farà altri passi in avanti. Neanche mezzo. Ma non può essere un caso se il tema del ritorno post-elettorale di Monti viene ormai declinato apertamente anche dai ministri del suo governo.
ANGELINO ALFANO
In un'intervista pubblicata sul numero di oggi del settimanale A diretto da Maria Latella, il titolare dell'Agricoltura Mario Catania la mette così: «Io non so quello che riterrà di fare il presidente del Consiglio. Mi pare però un po' forzata la lettura secondo cui Monti, per tornare a Palazzo Chigi, dovrebbe passare dalle elezioni. Visto che nella Costituzione questo non c'è, dove sta scritto? È un assioma falso. Fatta questa premessa, la domanda è un altra. Dopo il voto ci sarà o no una maggioranza politica che intenda chiedere al presidente della Repubblica la prosecuzione dell'avventura di Monti in persona al governo?».
E alla sua stessa domanda retorica Catania risponde senza esitazioni: «Io auspico che ci sia. E che sia coesa. Monti potrebbe essere il presidente del Consiglio di un governo politico, con ministri politici».
ROSARIO CROCETTA
In fondo, è lo schema su cui lavora Berlusconi. Ma come ci si arriva? Sempre che in Sicilia si materializzi quella vittoria di Musumeci che potrebbe far saltare il tappo, a quel punto il Cavaliere passerebbe alla seconda parte del piano. Stringere i bulloni di un accordo Udc, Fli e Lega per portare a casa una riforma elettorale proporzionale, con un premio di maggioranza del 10 per cento per il primo partito e, magari, pure con le preferenze.
NELLO MUSUMECI
«Su questo», gli hanno garantito i suoi in uno degli ultimi vertici di Palazzo Grazioli, «alla fine un pezzo del Pd, con la scusa di accantonare il Porcellum, finirebbe per stare con noi». Senza dimenticare che, come gli ha pronosticato Gaetano Quagliariello in camera caritatis, «è sempre possibile che a fornirci un testo-base alla fine sia il governo, che potrebbe tirar fuori un disegno di legge benedetto dal Colle».
Solo dopo l'eventuale vittoria di Musumeci in Sicilia, e con la certezza di avere in tasca una riforma elettorale proporzionale con premio di maggioranza (basso) per il partito, Berlusconi scioglierebbe ogni riserva, spegnerebbe la voglia di primarie che ha contagiato il suo partito, si farebbe da parte e, da ultimo, consegnerebbe la chiave della «casa dei moderati» all'unico nome che ha in mente: quello di Luca Cordero di Montezemolo.
PIERFERDINANDO CASINI LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO
Il leader di Italia Futura, di fronte all'obiettivo comune di lavorare per «il ritorno di Monti», sarebbe già pronto ad accettare. D'altronde basta sentire come una delle sue teste d'uovo, Nicola Rossi, ha commentato la parole con cui Berlusconi ha giurato di volersi fare da parte. «Se confermato sarebbe un grande gesto di responsabilità».
MARIO CATANIA
Di fronte al quale, ha aggiunto l'economista, «il mondo dei moderati si troverebbe a ragionare in una situazione diversa e con esiti diversi». E Casini? E i rapporti non certo idilliaci tra «Luca» e «Pier»? Tutto (o quasi) risolto la sera del 29 settembre scorso. Quando i due ex nemici si sono ritrovati nella residenza romana del presidente della Ferrari per discutere della «Lista per l'Italia» e di come avviare un'interlocuzione «con Matteo Renzi».
Un politico di lungo corso, amico di entrambi, dietro la garanzia dell'anonimato svela il possibile esito della lunga tela: «Montezemolo farebbe il candidato premier, magari senza neanche candidarsi in Parlamento. Casini coltiverebbe il sogno del Quirinale, con la consapevolezza che l'obiettivo minimo della presidenza del Senato sarebbe già a portata di mano».
Il tutto, sottotesto, con Monti di nuovo a Palazzo Chigi. E con Berlusconi che diventerebbe uno dei soci di maggioranza della Grande Coalizione. Che, in fondo, è l'unica speranza che gli rimane.
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Re: Come se ne viene fuori ?
SE AVESSE RAGIONE TOMMASO LABATE DI "PUBBLICO GIORNALE" ALLORA SIGNIFICA CHE DOPO 20 ANNI STIAMO FACENDO GLI STESSI REGALIE GLI STESSI ERRORIshiloh ha scritto:camillobenso ha scritto:paolo11 ha scritto:Tutto il pul di mani pulite intervistati hanno detto.Quella era la punta iceberg, ora ce ne rendiamo conto.
Ciao
Paolo11
Però dovrebbero avere il coraggio di dire chi li ha bloccati.
Perchè già allora si sapeva che le cose stavano in questo modo
mi vien da dire che li abbiamo bloccati noi...
e precisamente quando,nel 94,con la nostra"gioiosa macchina da guerra" perdemmo delle elezioni impossibili da perdere e consegnammo quindi il potere legislativo nella mani del malavitoso di Hardcore.
e poi continuammo a dargli una mano con quello che fece la "bicamerale"
(credendosi più furbo di lui...) la quale bicamerale sospese la legge sulle frequenze TV.
e poi lo aiutammo ancora con quell'intelligentone del "noi andiamo da soli"...
poi ovviamente,le colpe maggiori del "blocco" vanno individuate in tutti quegli italioti che lo hanno votato e giustificato per 20 anni.
La terza certezza è che il voto in Sicilia provocherà il divorzio definitivo tra Pd e Udc. La quarta, ai limiti dell'ovvio, è che il cantiere isolano servirà per fare le prove generali di quello che potrebbe accadere in Italia nella primavera prossima. Elezioni senza nessun vincitore, Democratici spaccati, Udc schierata coi moderati, una Grande Coalizione di cui Berlusconi sarebbe uno dei due soci di maggioranza. E, sottinteso, un presidente del Consiglio già definito, alla guida di un governo politico. E cioè Mario Monti.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il Paese allo sbando – 61
Diario di un disastro annunciato – 10 ottobre 2012 – 4
Il pollame della finta sinistra
Bel Pietro, come al solito esagera negli atti di devozione verso il suo duce, perché fa i conti senza l’oste, da per scontato qualcosa come se l’utilizzatore finale sia consenziente.
Ma un conto è dichiararsi a disposizione su una seconda chiamata presidenziale a fronte di una situazione oltremodo instabile dovuta a rovinosi risultati elettorali, e un altro conto è diventare la guida dei moderati come pretenderebbe il disperato Silvan brianzolo che pensa di aver trovato la soluzione ai suoi problemi personali. Degli elettori di centrodestra se ne sbatte altamente perché li ha sempre considerati pupazzi da manovrare come meglio credeva lui per il suo tornaconto. Infatti è lo stesso Bufala Bill a mettere le mani avanti precisando : “Purché il Cavaliere ci assicuri che il bis del Professore sarà molto diverso dalla recita alla quale stiamo assistendo oggi”
In sostanza Bufala si premura di chiedere al “Cavaliere” che Monti sia disposto a cambiare burattinaio.
Come sputtanamento del Professore non c’è male.
L’ansia che ossessiona da un anno a questa parte la destra, è il vantaggio costante di un ipotetico Cs e quindi non guarda come sempre ai problemi generali del Paese ma a quelli particolari di alcuni maggiorenti della destra.
Il disperato non è riuscito a trovare la persona adatta per sostituirlo a livello nazionale e che sia alquanto docile da accettare che sia lui a tirare le fila dietro le quinte.
Piuttosto comico lo sputtanamento di Angelino Alfano tenuto pomposamente in vita come il suo successore a Palazzo Chigi. Il gran maestro di bufale e gran burattinaio non si è smentito neppure in questo caso.
Si tratta solo di andare a vedere le carte, perché in questa lunga partita a vincere è monsignor Casini, che alla fine fuggendo, un po’ come fanno molte donne per far decidere fidanzati incerti, verso sinistra, lo ha obbligato a giocare l’ultima carta possibile, quella di lasciargli in mano il Cd.
Non credo che il disperato abbia altre possibilità di uscita da una situazione così rovinosa.
Può diventare allora più chiara la manovra estiva di monsignore flirtanto con la falsa sinistra. Ringraziando Vendola può rientrare nei giochi della destra.
Ovviamente non si può che rimanere basiti sul pollame strategico della finta sinistra. A parte i pretini del Pd sempre in attesa del ricongiungimento familiare, i nipoti di Peppone si sono dimostrati ancora una volta inadeguati.
E' bastato che la madonna del petrolio dei moderati gli aprisse un po’ le gambe per perdere la testa.
Non so se alla fine Monti accetterà di diventare la guida dei moderati,…ma se maledettamente dovesse accadere, il pollame della finta sinistra rimasto al comando della corsa per tutta la fase finale della gara, come al solito si fa fottere all’ultima curva.
http://tweb.interno.it/pressreview/newWinPDF.php
Diario di un disastro annunciato – 10 ottobre 2012 – 4
Il pollame della finta sinistra
Bel Pietro, come al solito esagera negli atti di devozione verso il suo duce, perché fa i conti senza l’oste, da per scontato qualcosa come se l’utilizzatore finale sia consenziente.
Ma un conto è dichiararsi a disposizione su una seconda chiamata presidenziale a fronte di una situazione oltremodo instabile dovuta a rovinosi risultati elettorali, e un altro conto è diventare la guida dei moderati come pretenderebbe il disperato Silvan brianzolo che pensa di aver trovato la soluzione ai suoi problemi personali. Degli elettori di centrodestra se ne sbatte altamente perché li ha sempre considerati pupazzi da manovrare come meglio credeva lui per il suo tornaconto. Infatti è lo stesso Bufala Bill a mettere le mani avanti precisando : “Purché il Cavaliere ci assicuri che il bis del Professore sarà molto diverso dalla recita alla quale stiamo assistendo oggi”
In sostanza Bufala si premura di chiedere al “Cavaliere” che Monti sia disposto a cambiare burattinaio.
Come sputtanamento del Professore non c’è male.
L’ansia che ossessiona da un anno a questa parte la destra, è il vantaggio costante di un ipotetico Cs e quindi non guarda come sempre ai problemi generali del Paese ma a quelli particolari di alcuni maggiorenti della destra.
Il disperato non è riuscito a trovare la persona adatta per sostituirlo a livello nazionale e che sia alquanto docile da accettare che sia lui a tirare le fila dietro le quinte.
Piuttosto comico lo sputtanamento di Angelino Alfano tenuto pomposamente in vita come il suo successore a Palazzo Chigi. Il gran maestro di bufale e gran burattinaio non si è smentito neppure in questo caso.
Si tratta solo di andare a vedere le carte, perché in questa lunga partita a vincere è monsignor Casini, che alla fine fuggendo, un po’ come fanno molte donne per far decidere fidanzati incerti, verso sinistra, lo ha obbligato a giocare l’ultima carta possibile, quella di lasciargli in mano il Cd.
Non credo che il disperato abbia altre possibilità di uscita da una situazione così rovinosa.
Può diventare allora più chiara la manovra estiva di monsignore flirtanto con la falsa sinistra. Ringraziando Vendola può rientrare nei giochi della destra.
Ovviamente non si può che rimanere basiti sul pollame strategico della finta sinistra. A parte i pretini del Pd sempre in attesa del ricongiungimento familiare, i nipoti di Peppone si sono dimostrati ancora una volta inadeguati.
E' bastato che la madonna del petrolio dei moderati gli aprisse un po’ le gambe per perdere la testa.
Non so se alla fine Monti accetterà di diventare la guida dei moderati,…ma se maledettamente dovesse accadere, il pollame della finta sinistra rimasto al comando della corsa per tutta la fase finale della gara, come al solito si fa fottere all’ultima curva.
http://tweb.interno.it/pressreview/newWinPDF.php
Re: Come se ne viene fuori ?
Qualcosa mi dice che alla fine anche l'Idv sarà della partita. D'altra parte, poiché la matematica non è un'opinione, era abbastanza prevedibile.
Ma a questo punto la domanda è d'obbligo: ma che teste... hanno Bersani e Di Pietro a dirsene di tutti i colori, sapendo che sarebbero poi stati obbligati a stare insieme? Giusto per rendersi, se possibile, ancora meno credibili agli occhi dell'elettorato?
Così come, che senso ha che Vendola proprio ora, a sei mesi delle elezioni, ormai in campagna elettorale, chieda al PD di togliere la spina a Monti, dopo che non lo ha fatto per tutti questi mesi?
Ma a questo punto la domanda è d'obbligo: ma che teste... hanno Bersani e Di Pietro a dirsene di tutti i colori, sapendo che sarebbero poi stati obbligati a stare insieme? Giusto per rendersi, se possibile, ancora meno credibili agli occhi dell'elettorato?
Così come, che senso ha che Vendola proprio ora, a sei mesi delle elezioni, ormai in campagna elettorale, chieda al PD di togliere la spina a Monti, dopo che non lo ha fatto per tutti questi mesi?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Basta riascoltare i due interventi televisivi dei ragazzi della squadra di Bersani per rendersi conto del livello del disfacimento del partito dei defunti che ha rinnegato tutti i suoi valori di fondo nati con la Resistenza.mariok ha scritto:Qualcosa mi dice che alla fine anche l'Idv sarà della partita. D'altra parte, poiché la matematica non è un'opinione, era abbastanza prevedibile.
Ma a questo punto la domanda è d'obbligo: ma che teste... hanno Bersani e Di Pietro a dirsene di tutti i colori, sapendo che sarebbero poi stati obbligati a stare insieme? Giusto per rendersi, se possibile, ancora meno credibili agli occhi dell'elettorato?
Così come, che senso ha che Vendola proprio ora, a sei mesi delle elezioni, ormai in campagna elettorale, chieda al PD di togliere la spina a Monti, dopo che non lo ha fatto per tutti questi mesi?
La si può leggere sui vari quotidiani in rete, la dichiarazione di oggi di Ilda Bocassini in merito all’arresto dell’assessore della Celeste Lombardia per ‘ndrangheta. “E’ un vulnus per la democrazia”
Sia ben chiaro, la Bocassini non è di sinistra, ma conserva intatto il senso della democrazia.
A perderlo letteralmente invece è la finta sinistra del Piddì, che anche tramite i “ragazzini” di Bersani hanno ribadito che l’atteggiamento tenuto da Di Pietro nei confronti del capo dello Stato per il caso Ingroia ed intercettazioni, non è assolutamente tollerabile. Secondo loro la giustificazione della rottura e l’esclusione di Di Pietro trova questa motivazione.
In troppi si stanno muovendo perché non si muova la pietra tombale sulla trattativa Mafia-Stato e il Piddì è tra questi malgrado ai merli racconti che la giustizia deve andare fino in fondo.
Ma fino in fondo dove se tentano di bloccare l’operato della Procura di Palermo?
La sinistra berlingueriana era profondamente schierata dal lato anti mafia quanto era anti fascista.
Questa finta sinistra parolaia non mi sembra che abbia questi valori in valigia.
Inoltre una motivazione per cui il Pd non può esporre ufficialmente è il veto assoluto imposto da Casini.
Come adesso per Vendola anche per Di Pietro Casini ha imposto: "O me o lui" e il Piddì ha scelto in blocco Casini.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dalla rassegna stampa di Linea notte, le prime pagine dei quotidiani di domani
Qui va giù la Lombardia - Libero
Qui vie giù tutto – Il Giornale
Il Corriere online
Il Carroccio: «Formigoni faccia un passo indietro o ci sarà azzeramento giunta».
La replica: «Allora cadono Veneto e Piemonte»
(bel colpo,…bel ricattone del Formigone- già fatto più volte)
*
Il Fatto Quotidiano > Giustizia & impunità
Inchiesta Zambetti, Ilda Boccassini “Vicenda devastante per la democrazia”
*
Soddisfazione estrema del direttore di Europa, Menichini, che fa la denuncia di rito sui partiti che si basano sulla denuncia.
Il messaggio: Nessuno faccia più denuncie, così rimane tutto coperto.
*
Filmato Tg3 – Linea notte
Ha gioco facile Grillo: “Bisogna mandarli via tutti e mettere gente per bene”
L’assunto è condivisibile per il 95 % degli italiani, il problema è il come, e poi ci vuole gente anche competente.
*
Da la Repubblica
10 OTTOBRE 2012
Saviano: ''Connivenza di chi nega la 'ndrangheta al nord''
Roberto Saviano legge l'arresto dell'assessore lombardo Zambetti come l'ennesima prova delle infiltrazioni criminali al Nord. Prova ne sono, dice, "le decine di inchieste aperte". Lo scrittore ricorda la "lotta durissima" che gli fecero l'ex ministro Maroni e i media di destra quando denunciò il fenomeno due anni fa. Si stupisce di come questo governo ed esponenti del vecchio esecutivo si meraviglino o accolgano queste notizie come "mele marce". E chiosa: "C'è una connivenza continua nel non comprendere e tacere forme notissime di condizionamento del voto e delle gare pubbliche. Nessuna ripresa economica e democratica sarà possibile se releghiamo le collusioni con la mafia solo solo al Sud"
http://video.repubblica.it/politica/sav ... 370/105750
10 OTTOBRE 2012
Boccassini: ''Acquisto voti devastante per la democrazia''
"Rivolgersi a un'organizzazione come fosse una holding che dà la possibilità di acquistare voti inquina profondamente il meccanismo democratico". Così il procuratore aggiunto antimafia di Milano nel corso della conferenza stampa che segue l'arresto dell'assessore alla Casa della Regione Lombardia. Boccassini segnala che anche chi, come il leghista Marco Tizzoni, ha rifiutato l'appoggio della 'ndrangheta, non ha però denunciato l'accaduto
(video di Marco Billeci)
http://video.repubblica.it/dossier/form ... ref=HREA-1
**
Toghe rosse, giustizialisti, … e chi più ne ha ne metta,….queste sono le accuse ai magistrati di prima linea.
La politica però arriva sempre dopo e solo quando i casi emergono dalla magistratura.
Durante le elezioni amministrative di maggio anche il candidato sindaco di Sesto SG, sapeva che dietro a un concorrente ci stava un noto imprenditore e dietro di lui la ‘ndrangheta, ed è per questo che malgrado il caso Penati in molti hanno preferito ancora la sinistra. Però la politica tace.
I contendenti delle primarie fino adesso di Mafia SpA non ne hanno parlato. Forse lo faranno ora tirati per i capelli, ma diranno le solite cose scontate che non producono nulla. Non tutti sono Falcone, Borsellino,Ingroia o Bocassini.
Qui va giù la Lombardia - Libero
Qui vie giù tutto – Il Giornale
Il Corriere online
Il Carroccio: «Formigoni faccia un passo indietro o ci sarà azzeramento giunta».
La replica: «Allora cadono Veneto e Piemonte»
(bel colpo,…bel ricattone del Formigone- già fatto più volte)
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Il Fatto Quotidiano > Giustizia & impunità
Inchiesta Zambetti, Ilda Boccassini “Vicenda devastante per la democrazia”
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Soddisfazione estrema del direttore di Europa, Menichini, che fa la denuncia di rito sui partiti che si basano sulla denuncia.
Il messaggio: Nessuno faccia più denuncie, così rimane tutto coperto.
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Filmato Tg3 – Linea notte
Ha gioco facile Grillo: “Bisogna mandarli via tutti e mettere gente per bene”
L’assunto è condivisibile per il 95 % degli italiani, il problema è il come, e poi ci vuole gente anche competente.
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Da la Repubblica
10 OTTOBRE 2012
Saviano: ''Connivenza di chi nega la 'ndrangheta al nord''
Roberto Saviano legge l'arresto dell'assessore lombardo Zambetti come l'ennesima prova delle infiltrazioni criminali al Nord. Prova ne sono, dice, "le decine di inchieste aperte". Lo scrittore ricorda la "lotta durissima" che gli fecero l'ex ministro Maroni e i media di destra quando denunciò il fenomeno due anni fa. Si stupisce di come questo governo ed esponenti del vecchio esecutivo si meraviglino o accolgano queste notizie come "mele marce". E chiosa: "C'è una connivenza continua nel non comprendere e tacere forme notissime di condizionamento del voto e delle gare pubbliche. Nessuna ripresa economica e democratica sarà possibile se releghiamo le collusioni con la mafia solo solo al Sud"
http://video.repubblica.it/politica/sav ... 370/105750
10 OTTOBRE 2012
Boccassini: ''Acquisto voti devastante per la democrazia''
"Rivolgersi a un'organizzazione come fosse una holding che dà la possibilità di acquistare voti inquina profondamente il meccanismo democratico". Così il procuratore aggiunto antimafia di Milano nel corso della conferenza stampa che segue l'arresto dell'assessore alla Casa della Regione Lombardia. Boccassini segnala che anche chi, come il leghista Marco Tizzoni, ha rifiutato l'appoggio della 'ndrangheta, non ha però denunciato l'accaduto
(video di Marco Billeci)
http://video.repubblica.it/dossier/form ... ref=HREA-1
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Toghe rosse, giustizialisti, … e chi più ne ha ne metta,….queste sono le accuse ai magistrati di prima linea.
La politica però arriva sempre dopo e solo quando i casi emergono dalla magistratura.
Durante le elezioni amministrative di maggio anche il candidato sindaco di Sesto SG, sapeva che dietro a un concorrente ci stava un noto imprenditore e dietro di lui la ‘ndrangheta, ed è per questo che malgrado il caso Penati in molti hanno preferito ancora la sinistra. Però la politica tace.
I contendenti delle primarie fino adesso di Mafia SpA non ne hanno parlato. Forse lo faranno ora tirati per i capelli, ma diranno le solite cose scontate che non producono nulla. Non tutti sono Falcone, Borsellino,Ingroia o Bocassini.
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Re: Come se ne viene fuori ?
'Ndrangheta,'Lombardia capitale'
Ecco gli intrecci cosche-politica
"Più della 'ndrangheta che si infiltra nel mondo politico si potrebbe dire che è la politica che si infiltra nella 'ndrangheta". Bianca La Rocca, curatrice del rapporto sulla criminalità organizzata di Sos Impresa, fa il punto in un'intervista ad Affaritaliani.it: "Le organizzazioni mafiose movimentano qualcosa come 65 miliardi di euro di liquidità. E a causa loro chiudono 50 aziende al giorno"
Sulle cosche al Nord: "Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni più esposte, e non a caso. I motivi sono economici ma un radicamento così forte sarebbe impossibile senza un tessuto politico e culturale pronto ad accoglierle". Sullo scioglimento del comune di Reggio Calabria: "Era inevitabile. Lì addirittura non si paga più il pizzo, perché quasi tutti i negozi del centro storico sono direttamente di proprietà della 'ndrangheta"
Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia dell'Ue, dichiara ad Affari: "Con questa classe politica le mafie non saranno mai sconfitte. Reggio Calabria? Io scioglierei l'Italia"
CRONACHE
Il sottile confine tra mafia e imprenditoria. "Al Nord non abbiamo gli anticorpi per difenderci"
Giovedì, 29 marzo 2012 - 12:02:00
di Lorenzo Lamperti
"Dire che al Nord abbiamo gli anticorpi per difenderci dalla mafia è falso. Non siamo neppure in grado di riconoscerla". Alessandro Barbaglia, giornalista e scrittore, parla con Affaritaliani.it del libro "Mafie al Nord", che ha scritto insieme ad altri nomi dell'informazione e dell'antimafia. La diagnosi delle infiltrazioni mafiose nelle regioni settentrionali è dura: "Le istituzioni non riescono a mettere in relazione gli eventi fra loro. Così un attentato a un imprenditore resta un caso isolato se non si capisce che entra in un disegno più grande".
I clan hanno rapporti profondi con l'imprenditoria: "A Novara dopo l'omicidio di Marcoli in tanti sapevano ma nessuno parlava. Un'omertà che copre legami e interessi pericolosi. La difficoltà più grossa? Trovare i confini tra legale e illegale. E' lì che si insinuano le organizzazioni criminali, con investimenti sempre meno rischiosi". Sull'azione della politica: "C'è lentezza e incapacità nel comprendere quello che accade. E i cittadini continuano a dormire, pensando di vivere in un'isola felice".
MAFIE AL NORD
Il volume MAFIE AL NORD. IL RADICAMENTO VISTO DA NOVARA costituisce il primo rapporto dell’Osservatorio Provinciale sulle Mafie del coordinamento provinciale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie di Novara.
E’ stato curato da Domenico Rossi, referente del coordinamento provinciale di Libera a Novara dal 2007 e responsabile dell’Osservatorio provinciale sulle mafie.
Contiene testi di: Alessandro Barbaglia, Anna Canepa, Ciro Vittorio Caramore, Lorenzo Frigerio, Marco Nebiolo, Francesca Rispoli, Giulia Rodari e Francesca Rubino
Hanno collaborato: Mattia Anzaldi, Alessandro Buscaglia, Ryan Jessie Coretta, Angela Emanuele e Giuseppe Passalacqua.
L'INTERVISTA
Per tanto tempo ci si è chiesti se la mafia al Nord esiste. Ora è giunto il momento in cui bisogna chiedersi non più se c'è oppure no, ma in che modo è presente?
"Direi proprio di sì. Questa è la domanda che sottende tutta l'analisi presente nel nostro libro. Per tanto tempo nel Nord Italia si è cercata la presenza della mafia seguendo uno stereotipo, quella del padrino con la coppola o la lupara. Ma noi quella mafia lì non ce l'abbiamo e forse non esiste più nemmeno a Platì o ad Africo. I segnali della presenza mafiosa sui nostri territori sono altri e vengono capiti solo se vengono messi in relazione l'uno con l'altro. Un camion che brucia fuori Novara resta solo un camion che brucia se non si capisce che cosa significa, se non si scopre che si tratta di un incendio doloso, simile a quello avvenuto in un'altra ditta di autotrasporti nel centro città. La presenza mafiosa al Nord è questo: si infila nei cantieri, negli appalti e nelle cave. Nello spaccio di droga. Spesso lo fa in una maniera apparentemente pulita".
In questo senso si parla spesso di "mafia invisibile". Ma in realtà, soprattutto negli ultimi anni, si manifesta sempre più spesso in modo visibile, con episodi di violenza. O no?
"E' vero. Guarda, questo libro nasce da un episodio giornalisticamente clamoroso. Era il 20 gennaio del 2010 e a Romentino, in provincia di Novara, si stava tenendo un incontro pubblico con Nando Dalla Chiesa. Stava spiegando che al Nord la mafia esiste ma ha una forma diversa rispetto a quella del Sud. A un certo punto si alza il sindaco di Romentino e dice: 'Sì tutto vero, ma per fortuna noi non abbiamo di questi problemi. Qui queste cose non accadono'. Passano cinque minuti e dal pubblico si alza una signora. Le avevano mandato un messaggio: un imprenditore era appena stato ucciso a colpi di lupara. Lo avevano ritrovato in una cava a dieci minuti di distanza dal luogo dell'incontro con Dalla Chiesa. La vittima era Ettore Marcoli, che faceva parte di una famiglia storica di imprenditori novaresi. I suoi predecessori avevano costruito la tangenziale di Novara e asfaltato tutta la città. Oggi le indagini sono ancora in corso ma è evidente che si è trattato di un omicidio di stampo mafioso, anche se non nel senso classico del termine. Non è che la 'ndrangheta è venuta a Novara per farlo fuori. Gli assassini fanno parte delle infiltrazioni nel Nord, con un modus operandi del tutto simile a quello classico, con una manodopera formata con ogni probabilità da imprenditori novaresi e dei mandanti che hanno legami con rami malavitosi calabresi e siciliani".
E' questa la cosa che fa più paura? La difficoltà nell'identificare il confine tra clan e imprenditori, tra legale e illegale?
"Sì, questo è un grandissimo problema, anche perché la mafia è sempre più in grado di fare investimenti meno rischiosi. Oggi questo si assomma al fatto che gli imprenditori sono in difficoltà economica. Gli enti pubblici pagano a un anno di distanza. Nel frattempo l'imprenditore investe e non ha soldi per pagare gli operai, quindi si rivolge a chi i soldi li ha e in questo momento ce li hanno soprattutto le organizzazioni mafiose. E' difficile trovare un confine netto".
E' appurato il rapporto tra mafia e imprenditoria. E la politica come rientra in questo disegno?
"La mafia è così radicata proprio perché si insinua negli ambiti istituzionali e politici. Nel caso novarese è difficile trovare un collegamento, ma se certe cose capitano significa che non solo c'è incapacità a vederle, ma anche una certa volontà non dico nel favorirle ma almeno nel non impedirle. Con il caso di Marcoli, per esempio, si parla di fatto 'sconvolgente e inaspettato'. Però ci si scorda che nel 1993 a Borgomanero, a 15 chilometri da Novara, è stato arrestato l'autista di Totò Riina. Abbiamo un caso stranissimo di un boss della camorra che ha acquistato e gestisce un bene di lusso, un castello sul lago d'Orta che avrebbe voluto usare come avamposto per l'import/export di droga dall'estero. Il castello gli è stato sequestrato ma è rimasto intestato alla famiglia. Si pensa sempre a casi isolati, ma non è così".
Ma la politica fa abbastanza per contrastare le infiltrazioni mafiose?
"L'impressione è che ci sia troppa lentezza nell'agire. Forse sarà perché il Piemonte ha ancora dei lenti enti sabaudi? Il comune di Novara sta provando a reagire, ma manca rapidità e capacità di lettura. In città solo il 30% delle imprese edili che lavorano sono novaresi. Il resto arriva dalla Campania. Non è un problema a prescindere, però è un dato interessanti. E su questo la politica è arrivata molto in ritardo. Si è chiesta che cosa stava succedendo solo a distanza di parecchio tempo".
Qual è la mafia più presente sul territorio novarese?
"La presenza più concreta è quella della 'ndrangheta. E' l'organizzazione che è più in grado di scendere a patti con chiunque, prende la forma del contenitore che si trova davanti. In una delle ultime operazioni antimafia è emerso il nome di un imprenditore novarese, Rocco Coluccio, inicato come capo della locale 'ndranghetista di Novara. Una locale prevede come minimo 49 affiliati, quindi significa che almeno altri 49 'ndranghetisti sono presenti sul territorio".
Al Nord si fa sempre fatica ad ammettere che esiste un problema mafia. A che punto siamo in questo momento? Si continua a fare finta di niente?
"Novara, per esempio, si è sempre considerata un'isola felice. Si diceva che casomai la mafia era a Milano ma non a Novara. E questa idea esiste ancora, non si ha la percezione di quello che sta capitando. Il nostro libro invece vuole raccontare che qualcosa succede, si muove. Sull'omicidio Marcoli c'è stato un anno e mezzo di omertà totale, un chiaro sintomo di presenza mafiosa. Molti imprenditori sapevano e non hanno parlato, anzi facevano finta di niente quando incontravano la vedova. Per qualcuno c'è stato un brusco risvelgio, ma altri dormono ancora".
Quando si scoprono infiltrazioni mafiose al Nord, i sindaci e i politici ripetono spesso quello che sembra un mantra: "Noi abbiamo gli anticorpi per difenderci dalla mafia". E' davvero così?
"Purtroppo no, forse ne abbiamo ancora meno che al Sud. Questo perché non siamo in grado di leggere i sintomi di questa malattia. Siamo come gli indios che muoiono per un raffreddore".
Nel volume viene sviscerato il tema delle mafie al nord attraverso diversi contributi. Nel primo capitolo il sostituto procuratore della DNA Anna Canepa ci fornisce le coordinate del fenomeno sottolineando soprattutto le caratteristiche economiche del radicamento mafioso nelle regioni settentrionali e descrivendo la dinamica della colonizzazione a cui il nord ha assistito impassibile, senza alcuna reazione, se non quella della magistratura e di una piccola parte della società civile. Seguono i contributi di Marco Nebiolo e Lorenzo Frigerio che si occupano rispettivamente della situazione in Piemonte, soprattutto attraverso l’analisi di quanto emerso dall’inchiesta “Minotauro”, e di fare il punto sulla complessa situazione della Lombardia. Il quarto capitolo e il quinto capitolo si occupano rispettivamente del novarese e del VCO: Alessandro Barbaglia ha sintetizzato il lavoro di ricerca svolto dal gruppo di lavoro dell’Osservatorio provinciale sulle mafie raccontando gli avvenimenti novaresi più significativi degli ultimi anni se inquadrati nel contesto descritto nei capitoli precedenti, mentre Giulia Rodari ha ricostruito in maniera puntuale quanto avvenuto nell’Ossola negli ultimi anni.
Il sostituto procuratore di Novara Ciro Vittorio Caramore, nel sesto capitolo, racconta l’inaccettabile fenomeno della tratta di esseri umani – molto presente nella nostra provincia -, di schiave che ancora ai nostri giorni necessitano di liberazione, mentre il capitolo successivo è dedicato al tema dei beni confiscati sia per l’importanza che questo tema ha per Libera sia perché i beni confiscati testimoniano da un lato la presenza storica delle mafie nei nostri territori, dall’altro il segno del riscatto della collettività sul potere mafioso. L’ultimo capitolo riprende il titolo e ripropone l’utile lavoro La presenza mafiosa nel novarese e nel VCO che la cooperativa Vedogiovane curò nel 2007 e ne prosegue, da un punto di vista cronologico, il lavoro, raccontando storie e inchieste che hanno interessato il novarese riconducibili, a vario titolo, al mondo delle mafie.
Chiude il volume una bibliografia sul tema delle “mafie al nord” o “mafie del nord” come qualcuno, oramai, definisce la complessità dei fenomeni che anche qui abbiamo cercato di affrontare. L’intero lavoro, come già accennato, racconta quanto è già stato messo in evidenza dall’azione della magistratura e delle forze dell’ordine per aprire una nuova e necessaria porta, per cambiare, una volta per tutte, il nostro modo di interrogarci e di affrontare le mafie. Oggi che è stato superato il dilemma della presenza mafiosa al nord ed è ampiamente accertato il radicamento delle organizzazioni mafiose trapiantate anche in territori ritenuti a “presenza non tradizionale” occorre superare la cronaca e i racconti per comprendere più a fondo il problema e provare a cambiare la domanda: non più chiedersi se c’è o non c’è mafia, ma “come” c’è mafia, con quali modalità avviene il trapianto e quali sono le condizioni che ne facilitano il processo.
Ecco gli intrecci cosche-politica
"Più della 'ndrangheta che si infiltra nel mondo politico si potrebbe dire che è la politica che si infiltra nella 'ndrangheta". Bianca La Rocca, curatrice del rapporto sulla criminalità organizzata di Sos Impresa, fa il punto in un'intervista ad Affaritaliani.it: "Le organizzazioni mafiose movimentano qualcosa come 65 miliardi di euro di liquidità. E a causa loro chiudono 50 aziende al giorno"
Sulle cosche al Nord: "Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni più esposte, e non a caso. I motivi sono economici ma un radicamento così forte sarebbe impossibile senza un tessuto politico e culturale pronto ad accoglierle". Sullo scioglimento del comune di Reggio Calabria: "Era inevitabile. Lì addirittura non si paga più il pizzo, perché quasi tutti i negozi del centro storico sono direttamente di proprietà della 'ndrangheta"
Sonia Alfano, presidente della Commissione Antimafia dell'Ue, dichiara ad Affari: "Con questa classe politica le mafie non saranno mai sconfitte. Reggio Calabria? Io scioglierei l'Italia"
CRONACHE
Il sottile confine tra mafia e imprenditoria. "Al Nord non abbiamo gli anticorpi per difenderci"
Giovedì, 29 marzo 2012 - 12:02:00
di Lorenzo Lamperti
"Dire che al Nord abbiamo gli anticorpi per difenderci dalla mafia è falso. Non siamo neppure in grado di riconoscerla". Alessandro Barbaglia, giornalista e scrittore, parla con Affaritaliani.it del libro "Mafie al Nord", che ha scritto insieme ad altri nomi dell'informazione e dell'antimafia. La diagnosi delle infiltrazioni mafiose nelle regioni settentrionali è dura: "Le istituzioni non riescono a mettere in relazione gli eventi fra loro. Così un attentato a un imprenditore resta un caso isolato se non si capisce che entra in un disegno più grande".
I clan hanno rapporti profondi con l'imprenditoria: "A Novara dopo l'omicidio di Marcoli in tanti sapevano ma nessuno parlava. Un'omertà che copre legami e interessi pericolosi. La difficoltà più grossa? Trovare i confini tra legale e illegale. E' lì che si insinuano le organizzazioni criminali, con investimenti sempre meno rischiosi". Sull'azione della politica: "C'è lentezza e incapacità nel comprendere quello che accade. E i cittadini continuano a dormire, pensando di vivere in un'isola felice".
MAFIE AL NORD
Il volume MAFIE AL NORD. IL RADICAMENTO VISTO DA NOVARA costituisce il primo rapporto dell’Osservatorio Provinciale sulle Mafie del coordinamento provinciale di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie di Novara.
E’ stato curato da Domenico Rossi, referente del coordinamento provinciale di Libera a Novara dal 2007 e responsabile dell’Osservatorio provinciale sulle mafie.
Contiene testi di: Alessandro Barbaglia, Anna Canepa, Ciro Vittorio Caramore, Lorenzo Frigerio, Marco Nebiolo, Francesca Rispoli, Giulia Rodari e Francesca Rubino
Hanno collaborato: Mattia Anzaldi, Alessandro Buscaglia, Ryan Jessie Coretta, Angela Emanuele e Giuseppe Passalacqua.
L'INTERVISTA
Per tanto tempo ci si è chiesti se la mafia al Nord esiste. Ora è giunto il momento in cui bisogna chiedersi non più se c'è oppure no, ma in che modo è presente?
"Direi proprio di sì. Questa è la domanda che sottende tutta l'analisi presente nel nostro libro. Per tanto tempo nel Nord Italia si è cercata la presenza della mafia seguendo uno stereotipo, quella del padrino con la coppola o la lupara. Ma noi quella mafia lì non ce l'abbiamo e forse non esiste più nemmeno a Platì o ad Africo. I segnali della presenza mafiosa sui nostri territori sono altri e vengono capiti solo se vengono messi in relazione l'uno con l'altro. Un camion che brucia fuori Novara resta solo un camion che brucia se non si capisce che cosa significa, se non si scopre che si tratta di un incendio doloso, simile a quello avvenuto in un'altra ditta di autotrasporti nel centro città. La presenza mafiosa al Nord è questo: si infila nei cantieri, negli appalti e nelle cave. Nello spaccio di droga. Spesso lo fa in una maniera apparentemente pulita".
In questo senso si parla spesso di "mafia invisibile". Ma in realtà, soprattutto negli ultimi anni, si manifesta sempre più spesso in modo visibile, con episodi di violenza. O no?
"E' vero. Guarda, questo libro nasce da un episodio giornalisticamente clamoroso. Era il 20 gennaio del 2010 e a Romentino, in provincia di Novara, si stava tenendo un incontro pubblico con Nando Dalla Chiesa. Stava spiegando che al Nord la mafia esiste ma ha una forma diversa rispetto a quella del Sud. A un certo punto si alza il sindaco di Romentino e dice: 'Sì tutto vero, ma per fortuna noi non abbiamo di questi problemi. Qui queste cose non accadono'. Passano cinque minuti e dal pubblico si alza una signora. Le avevano mandato un messaggio: un imprenditore era appena stato ucciso a colpi di lupara. Lo avevano ritrovato in una cava a dieci minuti di distanza dal luogo dell'incontro con Dalla Chiesa. La vittima era Ettore Marcoli, che faceva parte di una famiglia storica di imprenditori novaresi. I suoi predecessori avevano costruito la tangenziale di Novara e asfaltato tutta la città. Oggi le indagini sono ancora in corso ma è evidente che si è trattato di un omicidio di stampo mafioso, anche se non nel senso classico del termine. Non è che la 'ndrangheta è venuta a Novara per farlo fuori. Gli assassini fanno parte delle infiltrazioni nel Nord, con un modus operandi del tutto simile a quello classico, con una manodopera formata con ogni probabilità da imprenditori novaresi e dei mandanti che hanno legami con rami malavitosi calabresi e siciliani".
E' questa la cosa che fa più paura? La difficoltà nell'identificare il confine tra clan e imprenditori, tra legale e illegale?
"Sì, questo è un grandissimo problema, anche perché la mafia è sempre più in grado di fare investimenti meno rischiosi. Oggi questo si assomma al fatto che gli imprenditori sono in difficoltà economica. Gli enti pubblici pagano a un anno di distanza. Nel frattempo l'imprenditore investe e non ha soldi per pagare gli operai, quindi si rivolge a chi i soldi li ha e in questo momento ce li hanno soprattutto le organizzazioni mafiose. E' difficile trovare un confine netto".
E' appurato il rapporto tra mafia e imprenditoria. E la politica come rientra in questo disegno?
"La mafia è così radicata proprio perché si insinua negli ambiti istituzionali e politici. Nel caso novarese è difficile trovare un collegamento, ma se certe cose capitano significa che non solo c'è incapacità a vederle, ma anche una certa volontà non dico nel favorirle ma almeno nel non impedirle. Con il caso di Marcoli, per esempio, si parla di fatto 'sconvolgente e inaspettato'. Però ci si scorda che nel 1993 a Borgomanero, a 15 chilometri da Novara, è stato arrestato l'autista di Totò Riina. Abbiamo un caso stranissimo di un boss della camorra che ha acquistato e gestisce un bene di lusso, un castello sul lago d'Orta che avrebbe voluto usare come avamposto per l'import/export di droga dall'estero. Il castello gli è stato sequestrato ma è rimasto intestato alla famiglia. Si pensa sempre a casi isolati, ma non è così".
Ma la politica fa abbastanza per contrastare le infiltrazioni mafiose?
"L'impressione è che ci sia troppa lentezza nell'agire. Forse sarà perché il Piemonte ha ancora dei lenti enti sabaudi? Il comune di Novara sta provando a reagire, ma manca rapidità e capacità di lettura. In città solo il 30% delle imprese edili che lavorano sono novaresi. Il resto arriva dalla Campania. Non è un problema a prescindere, però è un dato interessanti. E su questo la politica è arrivata molto in ritardo. Si è chiesta che cosa stava succedendo solo a distanza di parecchio tempo".
Qual è la mafia più presente sul territorio novarese?
"La presenza più concreta è quella della 'ndrangheta. E' l'organizzazione che è più in grado di scendere a patti con chiunque, prende la forma del contenitore che si trova davanti. In una delle ultime operazioni antimafia è emerso il nome di un imprenditore novarese, Rocco Coluccio, inicato come capo della locale 'ndranghetista di Novara. Una locale prevede come minimo 49 affiliati, quindi significa che almeno altri 49 'ndranghetisti sono presenti sul territorio".
Al Nord si fa sempre fatica ad ammettere che esiste un problema mafia. A che punto siamo in questo momento? Si continua a fare finta di niente?
"Novara, per esempio, si è sempre considerata un'isola felice. Si diceva che casomai la mafia era a Milano ma non a Novara. E questa idea esiste ancora, non si ha la percezione di quello che sta capitando. Il nostro libro invece vuole raccontare che qualcosa succede, si muove. Sull'omicidio Marcoli c'è stato un anno e mezzo di omertà totale, un chiaro sintomo di presenza mafiosa. Molti imprenditori sapevano e non hanno parlato, anzi facevano finta di niente quando incontravano la vedova. Per qualcuno c'è stato un brusco risvelgio, ma altri dormono ancora".
Quando si scoprono infiltrazioni mafiose al Nord, i sindaci e i politici ripetono spesso quello che sembra un mantra: "Noi abbiamo gli anticorpi per difenderci dalla mafia". E' davvero così?
"Purtroppo no, forse ne abbiamo ancora meno che al Sud. Questo perché non siamo in grado di leggere i sintomi di questa malattia. Siamo come gli indios che muoiono per un raffreddore".
Nel volume viene sviscerato il tema delle mafie al nord attraverso diversi contributi. Nel primo capitolo il sostituto procuratore della DNA Anna Canepa ci fornisce le coordinate del fenomeno sottolineando soprattutto le caratteristiche economiche del radicamento mafioso nelle regioni settentrionali e descrivendo la dinamica della colonizzazione a cui il nord ha assistito impassibile, senza alcuna reazione, se non quella della magistratura e di una piccola parte della società civile. Seguono i contributi di Marco Nebiolo e Lorenzo Frigerio che si occupano rispettivamente della situazione in Piemonte, soprattutto attraverso l’analisi di quanto emerso dall’inchiesta “Minotauro”, e di fare il punto sulla complessa situazione della Lombardia. Il quarto capitolo e il quinto capitolo si occupano rispettivamente del novarese e del VCO: Alessandro Barbaglia ha sintetizzato il lavoro di ricerca svolto dal gruppo di lavoro dell’Osservatorio provinciale sulle mafie raccontando gli avvenimenti novaresi più significativi degli ultimi anni se inquadrati nel contesto descritto nei capitoli precedenti, mentre Giulia Rodari ha ricostruito in maniera puntuale quanto avvenuto nell’Ossola negli ultimi anni.
Il sostituto procuratore di Novara Ciro Vittorio Caramore, nel sesto capitolo, racconta l’inaccettabile fenomeno della tratta di esseri umani – molto presente nella nostra provincia -, di schiave che ancora ai nostri giorni necessitano di liberazione, mentre il capitolo successivo è dedicato al tema dei beni confiscati sia per l’importanza che questo tema ha per Libera sia perché i beni confiscati testimoniano da un lato la presenza storica delle mafie nei nostri territori, dall’altro il segno del riscatto della collettività sul potere mafioso. L’ultimo capitolo riprende il titolo e ripropone l’utile lavoro La presenza mafiosa nel novarese e nel VCO che la cooperativa Vedogiovane curò nel 2007 e ne prosegue, da un punto di vista cronologico, il lavoro, raccontando storie e inchieste che hanno interessato il novarese riconducibili, a vario titolo, al mondo delle mafie.
Chiude il volume una bibliografia sul tema delle “mafie al nord” o “mafie del nord” come qualcuno, oramai, definisce la complessità dei fenomeni che anche qui abbiamo cercato di affrontare. L’intero lavoro, come già accennato, racconta quanto è già stato messo in evidenza dall’azione della magistratura e delle forze dell’ordine per aprire una nuova e necessaria porta, per cambiare, una volta per tutte, il nostro modo di interrogarci e di affrontare le mafie. Oggi che è stato superato il dilemma della presenza mafiosa al nord ed è ampiamente accertato il radicamento delle organizzazioni mafiose trapiantate anche in territori ritenuti a “presenza non tradizionale” occorre superare la cronaca e i racconti per comprendere più a fondo il problema e provare a cambiare la domanda: non più chiedersi se c’è o non c’è mafia, ma “come” c’è mafia, con quali modalità avviene il trapianto e quali sono le condizioni che ne facilitano il processo.
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