Nichi, che succede?

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Nichi Vendola, candidato alle primarie. Senza le folle di anni fa. Cosa è successo?

L'Huffington Post | Di Angela Mauro
Pubblicato: 13/10/2012 11:30 CEST Aggiornato: 13/10/2012 11:30 CEST

“Stavamo per cascarci. Stavamo per convincerci che poesia e concretezza non sono compatibili. Invece Nichi Vendola ci ha dimostrato il contrario”. 2010: sul sito di Proforma, agenzia pubblicitaria che per volontariato cura tutte le campagne di Nichi Vendola per le primarie, esultano per il premio vinto al Galà della Politica dell’Università di Roma 3 con gli spot ‘La poesia è nei fatti’. 2012: Nichi è di nuovo in corsa per le primarie stavolta nazionali, Proforma è ancora fedele e pronta con lo slogan ‘oppurevendola’, mancano le folle di una volta. Cosa è successo?

I sondaggi danno Sinistra e Libertà intorno al 5 per cento, l’ultima rilevazione da Swg per Agorà indica un 5,7 per cento, a fronte dello stacco segnato dal capo-popolo dei tempi moderni, Beppe Grillo, che con il suo Movimento 5 Stelle arriva secondo (19,4%) dopo il Pd (25,2%). E se i sondaggi non valgono una messa nemmeno se di sinistra, basta andare a guardare la pagina Facebook di Nichi Vendola: foto nuova presa dalla fresca campagna pubblicitaria di Proforma, commenti tra i più vari, tra insulti e apprezzamenti, speranze e comunicazioni di addii politici. Solo due anni fa era diverso, era il tripudio, il successo, la febbre per Nichi. Che fine ha fatto?

Riavvolgiamo il nastro. E vediamo le assemblee gremite per Nichi alle primarie pugliesi del 2010, la folla esultante davanti al comitato elettorale in via de’ Rossi a Bari, freddo da morire, traffico bloccato di corsa dai vigili urbani: festa per la vittoria, "c'è solo un presidente!". Non serve tornare indietro fino al 2005, la prime primarie pugliesi, la prima volta che Vendola rubò al Pd la certezza del governo regionale. E’ più utile tornare a due anni fa, quando Vendola si ricandidò alle primarie carico di cinque anni di amministrazione, un lustro di responsabilità che l’elettorato poteva punire o esaltare. Il risultato fu del secondo tipo e la strada per arrivarci si è inerpicata per assemblee non sempre simpatiche per il governatore, raduni di cassintegrati, precari, licenziati che potevano usare ogni pretesto per contestare il loro presidente. E invece allora non lo trovarono. Magari però lo trovano oggi.

Cosa è successo nel frattempo? Tante cose. In un solo anno. Nel senso che si potrebbe trovare una chiave di interpretazione nell’assemblea del primo ottobre dell’anno scorso a Roma, l’ultima delle Fabbriche di Nichi e che, a detta degli animatori di quei moderni mix di entusiasmo, ingenuità e politica, mise fine alla loro esperienza. Le immaginavano aperte e libere sul genere meet up di Grillo, insomma laboratori per inventare una politica nuova. E invece niente: il partito, retaggio novecentesco, non le aiutò a crescere. Un’altra chiave potrebbe nascondersi nel periodo in cui, sempre negli ultimi due anni, Vendola e i suoi riallacciarono i rapporti con i centri sociali del nord-est (Luca Casarini) e altri pezzi di movimento, vecchi compagni dal G8 di Genova nel 2001, forme anche queste certamente datate di aggregazione politica. Seguirono mesi di rumours su chi si stava conquistando un posto in lista in Parlamento. E va da sé che, con queste ombre e di questi tempi, un progetto così non poteva andare avanti con successo.

Ma nella parabola di Nichi non pesa solo il classico problema di rapporti tra partito e movimenti, tra organizzazione chiusa e modello aperto, insomma l’incontro-scontro che risultò letale per la Rifondazione di Fausto Bertinotti durante il governo Prodi. C’è qualcosa di più. Qualcosa di epocale, di fine corsa per Nichi e il ‘900 che incorpora, nonostante Proforma e lo slogan ‘#oppurevendola’: niente da fare, rimane impresso, colpisce e attrae ma istiga anche gli sfottò sulla rete. Soprattutto però non basta.

Sembra non basti più Nichi che si sgola dal palco, Nichi che arricchisce il linguaggio, Nichi che aggiunge a fabbriche e diritti della classe operaia anche “bambini e animali” per dire “no all’antropocentrismo”, Nichi che cambia arrivando a parlare del suo compagno Ed, del desiderio di sposarsi e di adottare figli. Aggiungere il nuovo al vecchio: ma in politica due più due non sempre fa quattro. “La folla chiede sempre di più al ceto politico perché la politica è talk show – dice lui – e fino a quando resta tale non potrà che apparire come parassitismo sociale e l’antipolitica crescerà: ha ragione Napolitano”. Che arrivasse a parlare come il presidente della Repubblica era inimmaginabile tempo fa, per chi lo ha sempre seguito da vicino. E non perché la cosa non potesse rientrare nel carattere di Vendola, bensì perché la sinistra era rivoluzione non istituzione, piazza e non palazzo. Era così, anche per un governatore con alle spalle due mandati e mezzo in Regione.

Era. Ora Nichi ha scelto un’altra via. Quella dell’alleanza con il Pd e insieme della partecipazione alle primarie del centrosinistra. E’ la via del tradimento, per chi a sinistra accusa una certa ‘sindrome da abbandono di Nichi’, per quelli che lo volevano in piazza nel ruolo che in Grecia svolge Alexis Tsipras di Syriza, collega e amico dei rifondaroli bertinottiani nella (fu) Sinistra Europea. E’ la scelta della responsabilità per quegli elettori di centrosinistra che invece sono affetti dalla ‘sindrome del ‘98’, la caduta del primo governo Prodi ad opera della Rifondazione di Bertinotti. Ma questi ultimi non sono un fortino sicuro di voti oggi.

La corrente è contraria ma Nichi e i suoi continuano a nuotare, anche se sanno che Grillo arriverà prima. Davanti, è tutto da rifare, il seguito di due anni fa non c’è più, ma i vendoliani doc sono convinti che da qui al voto ai gazebo lo scenario cambierà e Vendola arriverà al ballottaggio con Renzi. Sono anche pronti a scommettere, sono gli stessi che nel 2005 e poi nel 2010 avevano preannunciato la vittoria di Nichi alle primarie pugliesi, remando contro mille sondaggi e altrettanti opinionisti. Non era partigianeria allora, oggi chissà. Oggi di certo è diverso. E in fondo, forse, la vera chiave sta nel fatto che in Italia, a differenza che in Grecia, le piazze sono vuote – eccezion fatta per le proteste di cassintegrati e licenziati su altiforni, torri e tetti. E siccome rabbia e protesta non bastano più anche per gli stessi attivisti di associazioni e movimenti, tanto vale cominciare a costruire una sinistra di governo, nel sistema. E’ il ragionamento che ha portato Nichi all’abbraccio con Bersani. In funzione anti-Renzi. Sull’anti-Monti ci stanno lavorando di buona lena. Ma qui si tratta anche di remare contro le pressioni internazionali che lodano il professore. E’ un’ipoteca forte sullo slancio pur sempreverde di un leader.
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