Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
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Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
A Londra gli atleti si battono per un posto sul podio, in Italia i ben più valorosi atleti del lavoro si battono per un posto e basta.
Erri De Luca
Erri De Luca
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Il padre di Aldrovandi: “Perché Schwazer espulso e chi ha ucciso mio figlio no?”
"Lui per doping ha dovuto restituire subito tesserino e pistola, gli agenti condannati dalla Cassazione per l'omicidio di Federico sono ancora in servizio"
di Marco Zavagli | Ferrara | 9 agosto 2012
Perché Alex Schwazer sì e i poliziotti condannati per la morte di Federico no? È la domanda che si pone Lino Aldrovandi, il padre del ragazzo ucciso a Ferrara nel 2005 da quattro agenti di polizia nel 2005, confrontando un caso di doping con uno di omicidio.
Dopo lo scoppio dello scandalo doping che ha investito l’atleta azzurro alle Olimpiadi di Londra, l’Arma dei carabinieri, cui apparteneva il campione di marcia vincitore dell’oro a Pechino 2008, ha preso subito provvedimenti drastici: via dal corpo senza appello.
Gli agenti, invece, nonostante una sentenza di condanna a tre anni e mezzo per omicidio colposo passata in giudicato, prestano ancora servizio nella Polizia di Stato.
“Certo Schwazer ha sbagliato, senza se e senza ma, ma non ha ucciso nessuno”, riflette su facebook Lino Aldrovandi, che ricorda come invece “chi con una divisa, ora pregiudicato, in cooperazione ha ucciso e si è comportato da ‘scheggia impazzita in preda a delirio’ (parole queste pronunciate dal pg davanti alla Corte di Cassazione in sede di requisitoria, ndr), ha bastonato, ha soffocato, ha ucciso, ha detto il falso, ha depistato, ha omesso, ha disonorato quella divisa compiendo di fatto un alto tradimento, nonché ha oltraggiato e offeso dopo una sentenza definitiva la madre della vittima continua a lavorare come se nulla fosse, impunito come troppi tanti individui in divisa di altri morti rimaste senza un colpevole…”.
“Quella divisa avrebbe bisogno di un buon lavaggio”, riflette Lino Aldrovandi, che non dispera di vedere attuato quel provvedimento disciplinare promesso dal ministro Cancellieri: “Sono paziente, e questo a volte è un difetto che mi ha trasmesso mio padre, rallento, respiro e ascolto il mio cuore per accarezzare le tante vittime innocenti di questo nostro assurdo mondo”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... i-10082012
"Lui per doping ha dovuto restituire subito tesserino e pistola, gli agenti condannati dalla Cassazione per l'omicidio di Federico sono ancora in servizio"
di Marco Zavagli | Ferrara | 9 agosto 2012
Perché Alex Schwazer sì e i poliziotti condannati per la morte di Federico no? È la domanda che si pone Lino Aldrovandi, il padre del ragazzo ucciso a Ferrara nel 2005 da quattro agenti di polizia nel 2005, confrontando un caso di doping con uno di omicidio.
Dopo lo scoppio dello scandalo doping che ha investito l’atleta azzurro alle Olimpiadi di Londra, l’Arma dei carabinieri, cui apparteneva il campione di marcia vincitore dell’oro a Pechino 2008, ha preso subito provvedimenti drastici: via dal corpo senza appello.
Gli agenti, invece, nonostante una sentenza di condanna a tre anni e mezzo per omicidio colposo passata in giudicato, prestano ancora servizio nella Polizia di Stato.
“Certo Schwazer ha sbagliato, senza se e senza ma, ma non ha ucciso nessuno”, riflette su facebook Lino Aldrovandi, che ricorda come invece “chi con una divisa, ora pregiudicato, in cooperazione ha ucciso e si è comportato da ‘scheggia impazzita in preda a delirio’ (parole queste pronunciate dal pg davanti alla Corte di Cassazione in sede di requisitoria, ndr), ha bastonato, ha soffocato, ha ucciso, ha detto il falso, ha depistato, ha omesso, ha disonorato quella divisa compiendo di fatto un alto tradimento, nonché ha oltraggiato e offeso dopo una sentenza definitiva la madre della vittima continua a lavorare come se nulla fosse, impunito come troppi tanti individui in divisa di altri morti rimaste senza un colpevole…”.
“Quella divisa avrebbe bisogno di un buon lavaggio”, riflette Lino Aldrovandi, che non dispera di vedere attuato quel provvedimento disciplinare promesso dal ministro Cancellieri: “Sono paziente, e questo a volte è un difetto che mi ha trasmesso mio padre, rallento, respiro e ascolto il mio cuore per accarezzare le tante vittime innocenti di questo nostro assurdo mondo”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... i-10082012
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Caso Alpi, la madre di Ilaria: “Schifata dalla giustizia italiana”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/09/ ... na/204284/
“Sono schifata perché la giustizia in questo Paese non esiste”. Così si è espressa Luciana Alpi, madre di Ilaria, la giornalista di Rai3 uccisa in Somalia insieme al collega Miran Hrovatin il 20 marzo 1994. Dichiarazioni fatte durante la presentazione a Roma del Premio Ilaria Apli che prende il via il 6 settembre, diciottesima edizione del premio giornalistico. La signora Luciana non riesce a trattenere tutta l’amarezza per i diciotto anni trascorsi senza che esecutori e mandanti dell’assassinio della figlia venissero assicurati alla giustizia: “Le autorità italiane, se avessero voluto, avrebbero potuto fare di più per scoprire la verità. Dopo 18 anni non c’è più speranza”. “Ilaria e Miran furono uccisi per impedire di diffondere le notizie che avevano reperito sui traffici di armi e di rifiuti tossici. C’è un provvedimento di un giudice del 2007 che lo dice” afferma Domenico D’Amati, legale della famiglia Alpi. Per Roberto Natale, presidente della Fnsi (federazione nazionale della stampa italiana): “Non ci si può rassegnare a vivere nel paese dei misteri, per questo è importante un premio come questo” di Manolo Lanaro
3 settembre 2012
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/09/ ... na/204284/
“Sono schifata perché la giustizia in questo Paese non esiste”. Così si è espressa Luciana Alpi, madre di Ilaria, la giornalista di Rai3 uccisa in Somalia insieme al collega Miran Hrovatin il 20 marzo 1994. Dichiarazioni fatte durante la presentazione a Roma del Premio Ilaria Apli che prende il via il 6 settembre, diciottesima edizione del premio giornalistico. La signora Luciana non riesce a trattenere tutta l’amarezza per i diciotto anni trascorsi senza che esecutori e mandanti dell’assassinio della figlia venissero assicurati alla giustizia: “Le autorità italiane, se avessero voluto, avrebbero potuto fare di più per scoprire la verità. Dopo 18 anni non c’è più speranza”. “Ilaria e Miran furono uccisi per impedire di diffondere le notizie che avevano reperito sui traffici di armi e di rifiuti tossici. C’è un provvedimento di un giudice del 2007 che lo dice” afferma Domenico D’Amati, legale della famiglia Alpi. Per Roberto Natale, presidente della Fnsi (federazione nazionale della stampa italiana): “Non ci si può rassegnare a vivere nel paese dei misteri, per questo è importante un premio come questo” di Manolo Lanaro
3 settembre 2012
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Provate a farlo in Italia
"Dove lavoro (a Bruxelles in una piccola ditta) è stato appena assunto un ragazzo italiano che in Italia non era mai riuscito a trovare un lavoro. Viene da Firenze, non dal profondo sud. Prima di partire ha seguito in fretta e furia un corso di francese e appena arrivato ha trovato un posto da commesso. Dopo un mese ha pensato di tentare la strada dei suoi studi e rispondendo ad un annuncio è capitato da noi per fare un test di prova. Dopo 2 giorni è stato confermato ed ora è un mio collega con contratto a tempo indeterminato. Una cosa semplice semplice che però in Italia accade raramente. Come mai? Per non deprimere chi legge non scrivo come l'ho trovato io l'impiego qui, dico solo che parlavo si e no 30 parole di francese. Quello che in Italia è impossibile nel nord Europa è normale. Qui è normale che se gli impiegati pubblici sono in pausa caffé ed arriva un cittadino allo sportello la pausa finisce. Qui è normale risolvere i problemi con l'ufficio imposte con una semplice lettera o email. Provate a farlo in Italia. Qui quando un bambino si ammala si ha la possibilità di ottenere un infermiere a domicilio per Euro 15 al giorno (la differenza la paga lo Stato naturalmente). Una baby sitter o una donna delle pulizie regolarizzate e tramite agenzia costano euro 6 all'ora (la differenza la paga lo stato naturalmente). Ogni comune ha il suo park container per gettare le immondizie separate. Ogni residente ha la possibilità anche di prelevare dallo stesso, quindi i libri, i DVD, le biciclette, elettrodomestici funzionanti ecc sono a disposizione di chi li vuole." Fabrizio B., Linkebeek (Belgio)
http://www.beppegrillo.it/2012/09/prova ... talia.html
"Dove lavoro (a Bruxelles in una piccola ditta) è stato appena assunto un ragazzo italiano che in Italia non era mai riuscito a trovare un lavoro. Viene da Firenze, non dal profondo sud. Prima di partire ha seguito in fretta e furia un corso di francese e appena arrivato ha trovato un posto da commesso. Dopo un mese ha pensato di tentare la strada dei suoi studi e rispondendo ad un annuncio è capitato da noi per fare un test di prova. Dopo 2 giorni è stato confermato ed ora è un mio collega con contratto a tempo indeterminato. Una cosa semplice semplice che però in Italia accade raramente. Come mai? Per non deprimere chi legge non scrivo come l'ho trovato io l'impiego qui, dico solo che parlavo si e no 30 parole di francese. Quello che in Italia è impossibile nel nord Europa è normale. Qui è normale che se gli impiegati pubblici sono in pausa caffé ed arriva un cittadino allo sportello la pausa finisce. Qui è normale risolvere i problemi con l'ufficio imposte con una semplice lettera o email. Provate a farlo in Italia. Qui quando un bambino si ammala si ha la possibilità di ottenere un infermiere a domicilio per Euro 15 al giorno (la differenza la paga lo Stato naturalmente). Una baby sitter o una donna delle pulizie regolarizzate e tramite agenzia costano euro 6 all'ora (la differenza la paga lo stato naturalmente). Ogni comune ha il suo park container per gettare le immondizie separate. Ogni residente ha la possibilità anche di prelevare dallo stesso, quindi i libri, i DVD, le biciclette, elettrodomestici funzionanti ecc sono a disposizione di chi li vuole." Fabrizio B., Linkebeek (Belgio)
http://www.beppegrillo.it/2012/09/prova ... talia.html
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Piano energetico, noi faremo come la Svizzera?
di Mario Agostinelli | 17 ottobre 2012
Siamo un po’ al paradosso. Mentre il Governo Monti-Passera fa uscire di soppiatto dalle sue stanze un piano energetico nazionale che guarda al passato (e che impudentemente assicura di sottoporre ad “ampia verifica”), un Paese conservatore, autonomo rispetto all’Ue e fino a ieri moderatamente filonucleare come la Svizzera, mette in consultazione una sua strategia energetica al 2050. E opta per un cambiamento radicale dell’intero sistema, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandonare l’atomo.
Paragonare il piccolo Paese elvetico all’Italia dei “tecnici” mi serve anche per interloquire con i molti commenti riservati al mio blog. Commenti che arricchiscono i miei post rendendoli assai più problematici e articolati di quanto siano in partenza e a cui non posso rispondere direttamente senza ulteriormente frammentare la discussione. Perciò provo a replicare a talune critiche o perplessità ricorrendo a riscontri insospettabili e a prima vista sorprendenti.
È il caso dell’orizzonte energetico con cui si sta misurando la Svizzera e che rende un po’ desuete le presunzioni dei sostenitori inflessibili del nucleare, dei fossili, della continuità del vecchio sistema. Si tratta di un Paese moderno, con un alto tenore di vita ed elevati consumi, con un’abbondanza della fonte idrica, ma non certo favorito quanto lo siamo noi per l’abbondanza delle altre fonti energetiche naturali. In passato, la Svizzera aveva ritenuto risolutivo il ricorso all’energia nucleare. Una riflessione critica dopo Fukushima ha finito col buttare all’aria le carte di una strategia più che consolidata e refrattaria a cambiamenti radicali.
La consigliera federale Doris Leuthard, relatrice del piano energetico, ha stupito più di un osservatore. Nel suo rapporto all’organismo parlamentare ha esordito dicendo che “a livello mondiale abbiamo prezzi molto volatili di fronte ad un aumento della domanda di energia. Dal 2001 il solo prezzo del barile di petrolio è salito da 83 agli attuali 125 dollari, con conseguente aumento del prezzo del gas e delle energie convenzionali. Nello stesso tempo vediamo che le energie alternative costano sempre meno, ma sono ancora relativamente care e vanno quindi sostenute” (Corriere del Ticino, 29 settembre 2012). E ha aggiunto che, con la decisione di abbandono del nucleare, “non resta che puntare decisamente su una graduale trasformazione del sistema energetico attuale”. Esattamente il contrario della proposta Passera che tende al rilancio delle trivellazioni e alla costituzione di un “hub del gas” che saturerebbe l’Italia di tubi, rigassificatori e depositi di fonti fossili.
La strategia elvetica risulta molto chiara: riduzione del consumo pro-capite di energia complessivamente del 35% entro il 2035 (del 50% per combustibili e carburanti); risanamento degli edifici con inasprimento degli standard; prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili (al 2020 massimo di 95 gr CO2/Km); sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili nei settori del riscaldamento e della produzione di elettricità; diffusione delle “smart grid” per consentire un ricorso più efficiente all’autoproduzione e alla generazione decentrata di elettricità. È significativo soprattutto il collegamento tra la politica energetica e quella climatica, con il varo di una riforma fiscale ecologica che accorpa in un’unica tassa sull’energia la tassa sulla CO2 e quella per immettere in rete l’elettricità e il calore autoprodotti.
La consultazione a livello statale durerà 8 mesi. Una volta noti i risultati, si aprirà il dibattito parlamentare con un contraddittorio e una pubblicità assicurata da un protocollo rigoroso per radio e televisioni statali. Da noi ci si limita ad annunciare imprecisate consultazioni online sulla bozza Passera - tutt’ora semiprivata – con formulari predisposti in forma di quesito secco, a cui si potrà rispondere con la stessa aspettativa con cui si imbuca una lettera per un destinatario che non è tenuto a rimandare la ricevuta di ritorno.
Una volta, forse con un po’ di ingenuità, per rivendicare le otto ore di lavoro si cantava “e noi faremo… come la Russia!”. Mai ci saremmo aspettati di rivendicare democrazia energetica e giustizia climatica sospirando “e noi faremo come la Svizzera!”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10 ... ra/384542/
di Mario Agostinelli | 17 ottobre 2012
Siamo un po’ al paradosso. Mentre il Governo Monti-Passera fa uscire di soppiatto dalle sue stanze un piano energetico nazionale che guarda al passato (e che impudentemente assicura di sottoporre ad “ampia verifica”), un Paese conservatore, autonomo rispetto all’Ue e fino a ieri moderatamente filonucleare come la Svizzera, mette in consultazione una sua strategia energetica al 2050. E opta per un cambiamento radicale dell’intero sistema, ritenuto necessario dopo la decisione di abbandonare l’atomo.
Paragonare il piccolo Paese elvetico all’Italia dei “tecnici” mi serve anche per interloquire con i molti commenti riservati al mio blog. Commenti che arricchiscono i miei post rendendoli assai più problematici e articolati di quanto siano in partenza e a cui non posso rispondere direttamente senza ulteriormente frammentare la discussione. Perciò provo a replicare a talune critiche o perplessità ricorrendo a riscontri insospettabili e a prima vista sorprendenti.
È il caso dell’orizzonte energetico con cui si sta misurando la Svizzera e che rende un po’ desuete le presunzioni dei sostenitori inflessibili del nucleare, dei fossili, della continuità del vecchio sistema. Si tratta di un Paese moderno, con un alto tenore di vita ed elevati consumi, con un’abbondanza della fonte idrica, ma non certo favorito quanto lo siamo noi per l’abbondanza delle altre fonti energetiche naturali. In passato, la Svizzera aveva ritenuto risolutivo il ricorso all’energia nucleare. Una riflessione critica dopo Fukushima ha finito col buttare all’aria le carte di una strategia più che consolidata e refrattaria a cambiamenti radicali.
La consigliera federale Doris Leuthard, relatrice del piano energetico, ha stupito più di un osservatore. Nel suo rapporto all’organismo parlamentare ha esordito dicendo che “a livello mondiale abbiamo prezzi molto volatili di fronte ad un aumento della domanda di energia. Dal 2001 il solo prezzo del barile di petrolio è salito da 83 agli attuali 125 dollari, con conseguente aumento del prezzo del gas e delle energie convenzionali. Nello stesso tempo vediamo che le energie alternative costano sempre meno, ma sono ancora relativamente care e vanno quindi sostenute” (Corriere del Ticino, 29 settembre 2012). E ha aggiunto che, con la decisione di abbandono del nucleare, “non resta che puntare decisamente su una graduale trasformazione del sistema energetico attuale”. Esattamente il contrario della proposta Passera che tende al rilancio delle trivellazioni e alla costituzione di un “hub del gas” che saturerebbe l’Italia di tubi, rigassificatori e depositi di fonti fossili.
La strategia elvetica risulta molto chiara: riduzione del consumo pro-capite di energia complessivamente del 35% entro il 2035 (del 50% per combustibili e carburanti); risanamento degli edifici con inasprimento degli standard; prescrizioni sulle emissioni di CO2 delle automobili (al 2020 massimo di 95 gr CO2/Km); sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili nei settori del riscaldamento e della produzione di elettricità; diffusione delle “smart grid” per consentire un ricorso più efficiente all’autoproduzione e alla generazione decentrata di elettricità. È significativo soprattutto il collegamento tra la politica energetica e quella climatica, con il varo di una riforma fiscale ecologica che accorpa in un’unica tassa sull’energia la tassa sulla CO2 e quella per immettere in rete l’elettricità e il calore autoprodotti.
La consultazione a livello statale durerà 8 mesi. Una volta noti i risultati, si aprirà il dibattito parlamentare con un contraddittorio e una pubblicità assicurata da un protocollo rigoroso per radio e televisioni statali. Da noi ci si limita ad annunciare imprecisate consultazioni online sulla bozza Passera - tutt’ora semiprivata – con formulari predisposti in forma di quesito secco, a cui si potrà rispondere con la stessa aspettativa con cui si imbuca una lettera per un destinatario che non è tenuto a rimandare la ricevuta di ritorno.
Una volta, forse con un po’ di ingenuità, per rivendicare le otto ore di lavoro si cantava “e noi faremo… come la Russia!”. Mai ci saremmo aspettati di rivendicare democrazia energetica e giustizia climatica sospirando “e noi faremo come la Svizzera!”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10 ... ra/384542/
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
La casta dei prefetti: mai rimossi, sempre promossi. Anche dopo gli scandali
De Gennaro assurto al governo nonostante il G8. Ubaldi reclutato al ministero dell'Interno dopo una condanna per peculato. Gallitto a presiedere i "Cavalieri" dopo tanti guai giudiziari. Gli alti dirigenti non pagano mai, tranne quando si scontrano coi politici. Come Carlo Mosca, troppo "morbido" coi rom, e Fulvio Sodano, che a Trapani si è permesso di denunciare collusioni mafiose
di Thomas Mackinson | 2 novembre 2012
E’ assurto, suo malgrado, a emblema dell’intoccabilità prefettizia l’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, già prefetto. Un anno fa veniva assolto in Cassazione dall’accusa di istigazione alla falsa testimonianza, ma il suo nome resta indelebilmente legato ai drammatici ai fatti del G8 di Genova. E tuttavia il governo lo ha nominato sottosegretario di Stato, per di più delegandolo alla sicurezza della Repubblica.
Sparsi per l’Italia ci sono tanti altri episodi che, in sedicesimo, raccontano dell’impunità prefettizia. Il più recente è quello dell’ex prefetto di Verbania Riccardo Ubaldi che nel 2009 ha pensato bene di farsi scarrozzare con l’auto blu e due agenti armati al mare. Non proprio dietro casa, ma a Positano, a 929 chilometri di distanza. Il procuratore capo Giulia Perrotti gli contesta anche tre viaggi a Roma in giorni in cui era in ferie. Ubaldi viene condannato per peculato a sette mesi di reclusione, pena sospesa e beneficio della non menzione della condanna (ancora non definitiva). Ma dov’è Ubaldi a fronte di tutto questo? Sbaglia chi si immagina che l’abbiano trasferito nell’ultima provincia d’Italia o in un ufficio a timbrare visti. E’ stato trasferito dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni al Viminale, all’ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, dove oltre allo stipendio percepisce un’indennità di posizione aggiuntiva. Dal primo novembre sarà trasferito agli Affari Interni e territoriali e con la qualifica, niente meno, di vice capo Dipartimento. Insomma, condannato, protetto e premiato due volte. Un prefetto, è per sempre.
Vincenzo Gallitto. Digitando questo nome su Google saltano fuori una serie di articoli che raccontano le plurime condanne dell’ex prefetto di Livorno, concorso in corruzione in atti giudiziari per gli abusi edilizi sull’Isola d’Elba, peculato per aver portato la moglie a Montecatini Terme sulla solita auto blu. Nel 2003 la Corte dei Conti lo interdice dai pubblici uffici, ma Gallitto non demorde. Per tutti, del resto, è sempre il “signor prefetto”. E infatti lo ritroviamo quest’anno a benedire, in qualità di presidente onorario della sezione perugina, il convegno dell’Unci Cavalieri d’Italia, associazione nata per riunire cavalieri del lavoro, grand’ufficiali, commendatori e “tutti coloro che sono insigniti di onorificenze cavalleresche al fine di mantenere alto il sentimento per il riarmo morale, di tutelare il diritto e il rispetto delle istituzioni cavalleresche e di rendere gli insigniti esempio di probità e correttezza civile e morale”. Appunto.
Ma i requisiti di moralità dei prefetti, chi li verifica? Dopo la vicenda di Napoli, assurta a emblema dell’arroganza della casta prefettizia, vale solo la pena ricordare che De Martino ha preso il posto di Carlo Ferrigno, ex commissario nazionale antiracket che ha patteggiato 3 anni e 4 mesi per millantato credito e prostituzione minorile. Ferrigno chiedeva (e otteneva) prestazioni sessuali da ragazze, tra cui una minorenne, in cambio di permessi facili e posti di lavoro. Come se non bastasse, il suo nome compare anche nell’inchiesta sul caso Ruby e le bollenti serate di Arcore. A Milano il dominus prefettizio è Gian Valerio Lombardi. Il suo nome compare regolarmente nelle cronache cittadine e non sempre per meriti: l’ultima volta nell’inchiesta sulle tangenti per le Case vacanza del Comune. Lombardi, secondo i pm di Milano, era parte dello schema della “cerchia” che dispensava e consumava favori, tanto che il figlio poteva godere di un appartamento in centro a prezzi stracciati gentilmente messo a disposizione dall’Istituto dei Ciechi.
Lombardi si attiva anche per piazzare persone e favori, forte dei rapporti politici derivanti dal suo ruolo istituzionale (non a caso il suo nome era già comparso nel Ruby-gate). Dopo aver parcheggiato in uno spazio riservato ai disabili, Lombardi pensa bene di fare ricorso a se stesso (guarda il documento) per annullare un verbale da 78 euro. Per una vicenda simile il vice prefetto di Torino Roberto Rosio è stato indagato per abuso di atti d’ufficio. L’alta burocrazia di Stato è così alta che fa spesso storia a sé.
Ma non sono tutti così, i prefetti d’Italia. Tanti hanno lasciato segni importanti nelle comunità in cui hanno operato, altri hanno pagato un prezzo altissimo per la loro resistenza alle interferenze della politica. Tre esempi, tre epiche battaglie. Nel 2009 a Venezia il prefetto Michele Lepri Gallerano finisce nel mirino della Lega perché ritenuto troppo morbido con i rom. La sua colpa? Non aver impedito il trasloco della comunità dei sinti di via Vallenari nel nuovo villaggio nella notte del 24 e 25 novembre. Il Ministro Maroni non la prende bene e lo rimuove un mese dopo. Per punizione, in accezione leghista, andrà a occuparsi della Sicilia.
Stesso destino per il prefetto di Roma Carlo Mosca destituito nel 2008 perché si era rifiutato di schedare i minori della comunità rom di Roma. Il terzo è un esempio di fermezza contro la collusione tra criminalità e politica. Fulvio Sodano, prefetto di Trapani, fu cacciato dal governo Berlusconi nel 2003 perché, nel denunciare collusioni e mala gestione dei beni confiscati alla mafia, incappò nelle ire del senatore Pdl Tonino D’Alì, allora indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il tutto fu raccontato in una memorabile puntata di Annozero del 2006 e il senatore citò tutti in giudizio, compreso l’ex prefetto. Il tempo ha dato torto a lui e ragione agli altri. E anche se fiaccato dalla Sla, Sodano è rimasto il simbolo di un certo modo di essere prefetto. Un signor prefetto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... li/399080/
De Gennaro assurto al governo nonostante il G8. Ubaldi reclutato al ministero dell'Interno dopo una condanna per peculato. Gallitto a presiedere i "Cavalieri" dopo tanti guai giudiziari. Gli alti dirigenti non pagano mai, tranne quando si scontrano coi politici. Come Carlo Mosca, troppo "morbido" coi rom, e Fulvio Sodano, che a Trapani si è permesso di denunciare collusioni mafiose
di Thomas Mackinson | 2 novembre 2012
E’ assurto, suo malgrado, a emblema dell’intoccabilità prefettizia l’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, già prefetto. Un anno fa veniva assolto in Cassazione dall’accusa di istigazione alla falsa testimonianza, ma il suo nome resta indelebilmente legato ai drammatici ai fatti del G8 di Genova. E tuttavia il governo lo ha nominato sottosegretario di Stato, per di più delegandolo alla sicurezza della Repubblica.
Sparsi per l’Italia ci sono tanti altri episodi che, in sedicesimo, raccontano dell’impunità prefettizia. Il più recente è quello dell’ex prefetto di Verbania Riccardo Ubaldi che nel 2009 ha pensato bene di farsi scarrozzare con l’auto blu e due agenti armati al mare. Non proprio dietro casa, ma a Positano, a 929 chilometri di distanza. Il procuratore capo Giulia Perrotti gli contesta anche tre viaggi a Roma in giorni in cui era in ferie. Ubaldi viene condannato per peculato a sette mesi di reclusione, pena sospesa e beneficio della non menzione della condanna (ancora non definitiva). Ma dov’è Ubaldi a fronte di tutto questo? Sbaglia chi si immagina che l’abbiano trasferito nell’ultima provincia d’Italia o in un ufficio a timbrare visti. E’ stato trasferito dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni al Viminale, all’ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, dove oltre allo stipendio percepisce un’indennità di posizione aggiuntiva. Dal primo novembre sarà trasferito agli Affari Interni e territoriali e con la qualifica, niente meno, di vice capo Dipartimento. Insomma, condannato, protetto e premiato due volte. Un prefetto, è per sempre.
Vincenzo Gallitto. Digitando questo nome su Google saltano fuori una serie di articoli che raccontano le plurime condanne dell’ex prefetto di Livorno, concorso in corruzione in atti giudiziari per gli abusi edilizi sull’Isola d’Elba, peculato per aver portato la moglie a Montecatini Terme sulla solita auto blu. Nel 2003 la Corte dei Conti lo interdice dai pubblici uffici, ma Gallitto non demorde. Per tutti, del resto, è sempre il “signor prefetto”. E infatti lo ritroviamo quest’anno a benedire, in qualità di presidente onorario della sezione perugina, il convegno dell’Unci Cavalieri d’Italia, associazione nata per riunire cavalieri del lavoro, grand’ufficiali, commendatori e “tutti coloro che sono insigniti di onorificenze cavalleresche al fine di mantenere alto il sentimento per il riarmo morale, di tutelare il diritto e il rispetto delle istituzioni cavalleresche e di rendere gli insigniti esempio di probità e correttezza civile e morale”. Appunto.
Ma i requisiti di moralità dei prefetti, chi li verifica? Dopo la vicenda di Napoli, assurta a emblema dell’arroganza della casta prefettizia, vale solo la pena ricordare che De Martino ha preso il posto di Carlo Ferrigno, ex commissario nazionale antiracket che ha patteggiato 3 anni e 4 mesi per millantato credito e prostituzione minorile. Ferrigno chiedeva (e otteneva) prestazioni sessuali da ragazze, tra cui una minorenne, in cambio di permessi facili e posti di lavoro. Come se non bastasse, il suo nome compare anche nell’inchiesta sul caso Ruby e le bollenti serate di Arcore. A Milano il dominus prefettizio è Gian Valerio Lombardi. Il suo nome compare regolarmente nelle cronache cittadine e non sempre per meriti: l’ultima volta nell’inchiesta sulle tangenti per le Case vacanza del Comune. Lombardi, secondo i pm di Milano, era parte dello schema della “cerchia” che dispensava e consumava favori, tanto che il figlio poteva godere di un appartamento in centro a prezzi stracciati gentilmente messo a disposizione dall’Istituto dei Ciechi.
Lombardi si attiva anche per piazzare persone e favori, forte dei rapporti politici derivanti dal suo ruolo istituzionale (non a caso il suo nome era già comparso nel Ruby-gate). Dopo aver parcheggiato in uno spazio riservato ai disabili, Lombardi pensa bene di fare ricorso a se stesso (guarda il documento) per annullare un verbale da 78 euro. Per una vicenda simile il vice prefetto di Torino Roberto Rosio è stato indagato per abuso di atti d’ufficio. L’alta burocrazia di Stato è così alta che fa spesso storia a sé.
Ma non sono tutti così, i prefetti d’Italia. Tanti hanno lasciato segni importanti nelle comunità in cui hanno operato, altri hanno pagato un prezzo altissimo per la loro resistenza alle interferenze della politica. Tre esempi, tre epiche battaglie. Nel 2009 a Venezia il prefetto Michele Lepri Gallerano finisce nel mirino della Lega perché ritenuto troppo morbido con i rom. La sua colpa? Non aver impedito il trasloco della comunità dei sinti di via Vallenari nel nuovo villaggio nella notte del 24 e 25 novembre. Il Ministro Maroni non la prende bene e lo rimuove un mese dopo. Per punizione, in accezione leghista, andrà a occuparsi della Sicilia.
Stesso destino per il prefetto di Roma Carlo Mosca destituito nel 2008 perché si era rifiutato di schedare i minori della comunità rom di Roma. Il terzo è un esempio di fermezza contro la collusione tra criminalità e politica. Fulvio Sodano, prefetto di Trapani, fu cacciato dal governo Berlusconi nel 2003 perché, nel denunciare collusioni e mala gestione dei beni confiscati alla mafia, incappò nelle ire del senatore Pdl Tonino D’Alì, allora indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il tutto fu raccontato in una memorabile puntata di Annozero del 2006 e il senatore citò tutti in giudizio, compreso l’ex prefetto. Il tempo ha dato torto a lui e ragione agli altri. E anche se fiaccato dalla Sla, Sodano è rimasto il simbolo di un certo modo di essere prefetto. Un signor prefetto.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... li/399080/
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Garfagnana, allarme terremoto
I Comuni: "Abbandonate le case"
In molti paesi la gente è scesa in strada e ha passato la notte nei centri di raccolta o in auto. Una segnalazione dell'Istituto di geofisica ha portato all'avviso della Protezione civile che riguarda sedici paesi e oltre trentamila persone. Nessuna scossa
....
la notizia l'abbiamo sentita tutti non la riporto interamente.
certo che siamo un popolo di matti.... all'aquila li hanno condannati per aver tranquillizzato la gente , ora nelle sale operative sono terrorizzati, ma no dalle scosse, dal dubbio .
ordino l'evacuazione o non ordino l'evacuazione? lo dico o non lo dico?
vado in galera per procurato allarme o per omicidio colposo plurimo ( cito da repubblica)
I sette scienziati della Commissione Grandi Rischi che si riunirono all'Aquila cinque giorni prima del sisma devastante, lasciarono il loro "sapere" chiuso in un cassetto, e si prestarono a una "operazione mediatica" - voluta dall'allora capo del dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso - che "disinnescò" in una parte della popolazione "la paura del terremoto" e indusse 28 delle 309 vittime della tragedia del 6 aprile 2009 "ad abbandonare le misure di precauzione individuali seguite per tradizione familiare in occasione di significative scosse di terremoto, con tragiche conseguenze".
fra il tranquillizzare e l'allarmare ci starebbe il costruire bene o il mettere in sicurezza un bel pò di edifici .... ma fra la scienza ( coi suoi limiti) e la politica ( coi suoi limiti) c'è un vuoto enorme , senza limiti.
altra cosa che fa sorridere e incazzare ...twitter...e chi non ce l'ha?
peggio per te, se non sei attrezzato e connesso ti cade la casa in testa.
I Comuni: "Abbandonate le case"
In molti paesi la gente è scesa in strada e ha passato la notte nei centri di raccolta o in auto. Una segnalazione dell'Istituto di geofisica ha portato all'avviso della Protezione civile che riguarda sedici paesi e oltre trentamila persone. Nessuna scossa
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la notizia l'abbiamo sentita tutti non la riporto interamente.
certo che siamo un popolo di matti.... all'aquila li hanno condannati per aver tranquillizzato la gente , ora nelle sale operative sono terrorizzati, ma no dalle scosse, dal dubbio .
ordino l'evacuazione o non ordino l'evacuazione? lo dico o non lo dico?
vado in galera per procurato allarme o per omicidio colposo plurimo ( cito da repubblica)
I sette scienziati della Commissione Grandi Rischi che si riunirono all'Aquila cinque giorni prima del sisma devastante, lasciarono il loro "sapere" chiuso in un cassetto, e si prestarono a una "operazione mediatica" - voluta dall'allora capo del dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso - che "disinnescò" in una parte della popolazione "la paura del terremoto" e indusse 28 delle 309 vittime della tragedia del 6 aprile 2009 "ad abbandonare le misure di precauzione individuali seguite per tradizione familiare in occasione di significative scosse di terremoto, con tragiche conseguenze".
fra il tranquillizzare e l'allarmare ci starebbe il costruire bene o il mettere in sicurezza un bel pò di edifici .... ma fra la scienza ( coi suoi limiti) e la politica ( coi suoi limiti) c'è un vuoto enorme , senza limiti.
altra cosa che fa sorridere e incazzare ...twitter...e chi non ce l'ha?
peggio per te, se non sei attrezzato e connesso ti cade la casa in testa.
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
1)
19 marzo 2013 - 08:38
Nei parchi nazionali italiani si trovano 56mila specie animali. Si tratta del valore più alto in Europa.
Uno studio effettuato dal Ministero dell’Ambiente, stima che in Europa siamo il Paese che vanta il maggior numero di specie animali nei parchi naturali sparsi sul territorio nazionale. Vi sarebbero 56mila specie, diffuse nei parchi della nostra Penisola. I Parchi Nazionali d’Italia sono aree naturali protette terrestri, marine, fluviali o lacustri che contengano uno o più ecosistemi intatti, oppure una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche d’interesse nazionale od internazionale, per valori naturalistici o scientifici, tali da giustificare l’intervento dello Stato per la loro conservazione. Si tratta di una “ricchezza” di inestimabile valore, perchè certifica la biodiversità presente in Italia.
In totale i parchi nazionali sono ventiquattro, e complessivamente coprono una superficie di oltre 1.500.000 ettari, che corrisponde a circa il 5% del territorio nazionale. Famosi sono quelli del Gran Paradiso( il più antico, insieme a quello D’Abruzzo istituito nel 1922), delle Cinqueterre, dello Stelvio e dell’Asinara. In ognuno di questi parchi naturali, esistono tantissime specie, che contribuiscono a rendere ancora più affascinante e variegato il nostro territorio.
2)
Discariche nel Parco del Vesuvio, la protesta delle Mamme Vulcaniche
Martedi 19 Marzo 2013 ore 10:28
Il ministro dell´Ambiente, Corrado Clini, durante una conferenza tenutasi presso l´Antiquarium degli Scavi di Pompei, con tema la questione rifiuti in Campania e lo studio di un progetto per il potenziamento della raccolta differenziata nel sito archeolgico vesuviano e nel Parco Nazionale del Vesuvio, è stato duramente contestato dalle "Mamme Vulcaniche". Nessuno si aspettava l´intervento delle attiviste vesuviane al convegno, che per altro ha lasciato allibito anche lo stesso Clini, proprio mentre il ministro si accingeva a concludere un discorso relativo alla soluzione trovata dal Governo per fronteggiare la grave crisi dei rifiuti del 2010, che ha visto scatenare le dure proteste sul territorio. Una delle esponenti delle "Mamme Vulcaniche", riuscita ad avvicnarsi al tavolo degli intervenuti, ha replicato in maniera abbastanza sostenuta a quanto asserito dal ministro. Le donne, con il loro intervento, hanno voluto denunciare il grave stato di abbandono in cui versa il territorio vesuviano dopo lo scempio ambientale perpetrato in seguito all´insediamento della discarica di Cava Sari nel Parco Nazionale del Vesuvio.
Le richieste al ministro sono state chiare e mirate, soprattutto per quanto riguarda i controlli di alcuni elementi risultati inquinanti a seguito della presunta cattiva gestione dell´impianto. Tra questi, le falde acquifere, i cui dati non sono mai stati resi noti con precisione dai vari organi isituzionali che dovevano vigilare. Inoltre le "Mamme Vulcaniche" hanno voluto sottolineare l´importanza dell´istituzione di un Registro dei Tumori relativo alle aree prossime alla discarica, dove si evince un gran numero di casi sospetti.
La contestazione, anche aspra, è poi continuata all´esterno dell´Auditorium fino a quando il ministro Clini ha voluto parlare personalmente con la presidentessa dell´associazione, Luisa Lettieri, chiedendole le ragioni del loro intervento. La Lettieri, nel suo personale colloquio con il ministro, è stata chiara e ha ribadito l´importanza delle bonifiche promesse per un territorio così affranto dalla carente situazione ambientale, sostenendo l´isituzione immediata del tanto agognato Registro dei Tumori. Il ministro ha promesso, in tal senso, un intervento degli organi centrali dello Stato.
19 marzo 2013 - 08:38
Nei parchi nazionali italiani si trovano 56mila specie animali. Si tratta del valore più alto in Europa.
Uno studio effettuato dal Ministero dell’Ambiente, stima che in Europa siamo il Paese che vanta il maggior numero di specie animali nei parchi naturali sparsi sul territorio nazionale. Vi sarebbero 56mila specie, diffuse nei parchi della nostra Penisola. I Parchi Nazionali d’Italia sono aree naturali protette terrestri, marine, fluviali o lacustri che contengano uno o più ecosistemi intatti, oppure una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche d’interesse nazionale od internazionale, per valori naturalistici o scientifici, tali da giustificare l’intervento dello Stato per la loro conservazione. Si tratta di una “ricchezza” di inestimabile valore, perchè certifica la biodiversità presente in Italia.
In totale i parchi nazionali sono ventiquattro, e complessivamente coprono una superficie di oltre 1.500.000 ettari, che corrisponde a circa il 5% del territorio nazionale. Famosi sono quelli del Gran Paradiso( il più antico, insieme a quello D’Abruzzo istituito nel 1922), delle Cinqueterre, dello Stelvio e dell’Asinara. In ognuno di questi parchi naturali, esistono tantissime specie, che contribuiscono a rendere ancora più affascinante e variegato il nostro territorio.
2)
Discariche nel Parco del Vesuvio, la protesta delle Mamme Vulcaniche
Martedi 19 Marzo 2013 ore 10:28
Il ministro dell´Ambiente, Corrado Clini, durante una conferenza tenutasi presso l´Antiquarium degli Scavi di Pompei, con tema la questione rifiuti in Campania e lo studio di un progetto per il potenziamento della raccolta differenziata nel sito archeolgico vesuviano e nel Parco Nazionale del Vesuvio, è stato duramente contestato dalle "Mamme Vulcaniche". Nessuno si aspettava l´intervento delle attiviste vesuviane al convegno, che per altro ha lasciato allibito anche lo stesso Clini, proprio mentre il ministro si accingeva a concludere un discorso relativo alla soluzione trovata dal Governo per fronteggiare la grave crisi dei rifiuti del 2010, che ha visto scatenare le dure proteste sul territorio. Una delle esponenti delle "Mamme Vulcaniche", riuscita ad avvicnarsi al tavolo degli intervenuti, ha replicato in maniera abbastanza sostenuta a quanto asserito dal ministro. Le donne, con il loro intervento, hanno voluto denunciare il grave stato di abbandono in cui versa il territorio vesuviano dopo lo scempio ambientale perpetrato in seguito all´insediamento della discarica di Cava Sari nel Parco Nazionale del Vesuvio.
Le richieste al ministro sono state chiare e mirate, soprattutto per quanto riguarda i controlli di alcuni elementi risultati inquinanti a seguito della presunta cattiva gestione dell´impianto. Tra questi, le falde acquifere, i cui dati non sono mai stati resi noti con precisione dai vari organi isituzionali che dovevano vigilare. Inoltre le "Mamme Vulcaniche" hanno voluto sottolineare l´importanza dell´istituzione di un Registro dei Tumori relativo alle aree prossime alla discarica, dove si evince un gran numero di casi sospetti.
La contestazione, anche aspra, è poi continuata all´esterno dell´Auditorium fino a quando il ministro Clini ha voluto parlare personalmente con la presidentessa dell´associazione, Luisa Lettieri, chiedendole le ragioni del loro intervento. La Lettieri, nel suo personale colloquio con il ministro, è stata chiara e ha ribadito l´importanza delle bonifiche promesse per un territorio così affranto dalla carente situazione ambientale, sostenendo l´isituzione immediata del tanto agognato Registro dei Tumori. Il ministro ha promesso, in tal senso, un intervento degli organi centrali dello Stato.
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