BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
Oggi Bersani lo vedo veramente inc..... di brutto. Non sembra ,almeno così ho sentore, disponibile ad un Monti bis.....
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
Bersani: "Premio al 10% o salta tutto"
E attacca: "Da ricovero chi pensa a Monti-bis"
Il segretario del Pd:
"Garantire la governabilità con premio al primo partito e soglia di coalizione più bassa o ci metteremo di traverso".
Poi si rivolge a Casini:
"Morirà di tattica".
Il leader dell'Udc:
"Ci tratti con rispetto: non siamo sudditi del Pd.
Contestano la riforma elettorale? Se vogliono tenersi il Porcellum, lo dicano in Parlamento".
Vendola: "Basta trucchi"
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HREC1-8
Il leader dell'Udc:
"non siamo sudditi del Pd.
ma chi te vole,sacrestano...
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
alla grande che torniamo a votare una settimana dopo.Legge elettorale,
il Pd stima: quota 316 impossibile
"Casini non vuole vincitori, si voterà due volte"
Con il mini-premio neanche l'alleanza Pd-Sel-Udc avrebbe la maggioranza, ma al massimo arriverebbe a 297 deputati.
Così a via del Nazareno ci si prepara alla linea dura:
no a un governissimo con il Pdl e nuove elezioni poche settimane dopo.
ROMA -
"Se dopo il voto non c'è una maggioranza chiara si torna alle urne, se lo scordano che governo di nuovo con il Pdl".
Al termine di una giornata passata a insultarsi reciprocamente con Pier Ferdinando Casini, Bersani decide di alzare la posta e mettere sul tavolo della trattativa per la riforma del Porcellum una pistola carica:
lo spettro di un voto che non risolve nulla e costringe l'Italia a tornare di nuovo ai seggi dopo poche settimane inconcludenti.
Uno scenario da incubo, ma è quella l'unica alternativa che il segretario Pd prende in considerazione.
Perché ai piani alti del Nazareno, a dispetto di un'intesa Pd-Udc che sembrava cosa fatta, si stanno convincendo del fatto che Casini stia "scientificamente creando le condizioni per avere un Parlamento senza una maggioranza".
Che costringa perciò Bersani a rinunciare alla sua ambizione di guidare il paese, accettando un'altra fase di governo Monti .
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER2-1
avanti così Pierluigi,non cedere al vaticano e salvaci dal banchiere mannaro.
Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
A me sembra che venga a galla l'ennesimo errore di Bersani (duplice): quello di aver accettato la ricerca di un compromesso con dei noti cialtroni e quello di aver dato credito ad uno come Casini, che sta schierato con gli stessi con i quali votò il porcellum.
Ora, stare a negoziare sul "premio" è un miserevole ripiego.
Non ha ragione Renzi a sostenere, come ha sempre fatto, che "ci vuole una legge chiara dove tu la sera sai chi ha vinto, senza inciuci e imbrogli per cui voti per uno e poi viene eletto un altro" e che "La cosa più semplice è applicare il modello di legge elettorale delle elezioni amministrative, non c'è un problema tecnico, ma di volontà"?
RIFORMA
Bersani: "Non andiamo all'avventura
Ci sarà pareggio e si tornerà a votare"
Il segretario del Pd: "Ci vuole un premio decoroso per garantire la governabilità". E sul Monti-bis ribadisce: "Non se ne parla. Se le elezioni non produrranno vincitori, si voterà due volte". Renzi: "Sì a una legge chiara, senza inciuci nè imbrogli"
ROMA - "Se si vuole trovare un accordo noi ci siamo. Quello che non accettiamo è di mettere l'Italia all'avventura togliendole ogni possibile governabilità, magari da parte di quelle stesse forze che ci consegnarono il porcellum. Chi ci descrive come una forza isolata, non comprende la pubblica opinione". Torna ancora sul tema della legge elettorale, Pierluigi Bersani, dopo il duro scontro di ieri 1, a suon di insulti reciproci, con il leader dell'Udc Pierferdinando Casini. "Siamo al lupo e l'agnello in salsa elettorale. Veniamo accusati di arroganza da coloro che hanno pensato di procedere a colpi di mano parlamentari sulla legge elettorale", dice ancora Bersani.
E in un'intervista a La Stampa avverte: "A quelli che lavorano per produrre un pareggio dico: badate bene che in quel caso si rivota, altro che Monti bis". Uno spettro quello del pareggio che per il segretario del Pd avrebbe un'unica soluzione possibile. "In caso di pareggio si torna a votare e lo dico sulla base di un ragionamento non solo politico, ma anche squisitamente matematico. Forse pensano che tra sei mesi, quando qui dentro ci saranno cento e passa deputati di Grillo, si potrebbe replicare la maggioranza che c'è ora? Non esiste", dice Bersani.
E torna di nuovo a parlare del lodo D'Alimonte, dal nome del professore che lo ha teorizzato, che assegna un premietto di "aggregazione" del 10% al primo partito, nel caso in cui nessuna coalizione riesca a ottenere il premio di maggioranza vero e proprio, visto dagli uomini del segretario come "una trincea assolutamente non discutibile" per garantire la governabilità all'indomani del voto: "Tutti devono capire che ci vuole, non per noi ma per il Paese, un premio decoroso per chi arriva primo. Partito o coalizione che sia" continua il segratario democratico. "Perché la Consulta ha eccepito che non può andar bene che chi vince con il 25% dei voti poi abbia più del doppio dei seggi e su questo non si discute. Ma non ha mica detto che non possa esserci un premio di governabilità" puntualizza.
"Io voglio solo che una coalizione col 35% abbia un premio che garantisca al Paese un presidio di governabilità - aggiunge - Ma sono convinto che al di là dei giochi tattici alla fine lui, Casini, sia disponibile su questa linea. So per certo che gli altri vogliono un pareggio" conclude.
Nel dibattito intorno alla riforma elettorale si inserisce anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi: "Ci vuole una legge chiara dove tu la sera sai chi ha vinto, senza inciuci e imbrogli per cui voti per uno e poi viene eletto un altro" dice a TgCom24. "La cosa più semplice è applicare il modello di legge elettorale delle elezioni amministrative, non c'è un problema tecnico, ma di volontà".
(11 novembre 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER1-1
Ora, stare a negoziare sul "premio" è un miserevole ripiego.
Non ha ragione Renzi a sostenere, come ha sempre fatto, che "ci vuole una legge chiara dove tu la sera sai chi ha vinto, senza inciuci e imbrogli per cui voti per uno e poi viene eletto un altro" e che "La cosa più semplice è applicare il modello di legge elettorale delle elezioni amministrative, non c'è un problema tecnico, ma di volontà"?
RIFORMA
Bersani: "Non andiamo all'avventura
Ci sarà pareggio e si tornerà a votare"
Il segretario del Pd: "Ci vuole un premio decoroso per garantire la governabilità". E sul Monti-bis ribadisce: "Non se ne parla. Se le elezioni non produrranno vincitori, si voterà due volte". Renzi: "Sì a una legge chiara, senza inciuci nè imbrogli"
ROMA - "Se si vuole trovare un accordo noi ci siamo. Quello che non accettiamo è di mettere l'Italia all'avventura togliendole ogni possibile governabilità, magari da parte di quelle stesse forze che ci consegnarono il porcellum. Chi ci descrive come una forza isolata, non comprende la pubblica opinione". Torna ancora sul tema della legge elettorale, Pierluigi Bersani, dopo il duro scontro di ieri 1, a suon di insulti reciproci, con il leader dell'Udc Pierferdinando Casini. "Siamo al lupo e l'agnello in salsa elettorale. Veniamo accusati di arroganza da coloro che hanno pensato di procedere a colpi di mano parlamentari sulla legge elettorale", dice ancora Bersani.
E in un'intervista a La Stampa avverte: "A quelli che lavorano per produrre un pareggio dico: badate bene che in quel caso si rivota, altro che Monti bis". Uno spettro quello del pareggio che per il segretario del Pd avrebbe un'unica soluzione possibile. "In caso di pareggio si torna a votare e lo dico sulla base di un ragionamento non solo politico, ma anche squisitamente matematico. Forse pensano che tra sei mesi, quando qui dentro ci saranno cento e passa deputati di Grillo, si potrebbe replicare la maggioranza che c'è ora? Non esiste", dice Bersani.
E torna di nuovo a parlare del lodo D'Alimonte, dal nome del professore che lo ha teorizzato, che assegna un premietto di "aggregazione" del 10% al primo partito, nel caso in cui nessuna coalizione riesca a ottenere il premio di maggioranza vero e proprio, visto dagli uomini del segretario come "una trincea assolutamente non discutibile" per garantire la governabilità all'indomani del voto: "Tutti devono capire che ci vuole, non per noi ma per il Paese, un premio decoroso per chi arriva primo. Partito o coalizione che sia" continua il segratario democratico. "Perché la Consulta ha eccepito che non può andar bene che chi vince con il 25% dei voti poi abbia più del doppio dei seggi e su questo non si discute. Ma non ha mica detto che non possa esserci un premio di governabilità" puntualizza.
"Io voglio solo che una coalizione col 35% abbia un premio che garantisca al Paese un presidio di governabilità - aggiunge - Ma sono convinto che al di là dei giochi tattici alla fine lui, Casini, sia disponibile su questa linea. So per certo che gli altri vogliono un pareggio" conclude.
Nel dibattito intorno alla riforma elettorale si inserisce anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi: "Ci vuole una legge chiara dove tu la sera sai chi ha vinto, senza inciuci e imbrogli per cui voti per uno e poi viene eletto un altro" dice a TgCom24. "La cosa più semplice è applicare il modello di legge elettorale delle elezioni amministrative, non c'è un problema tecnico, ma di volontà".
(11 novembre 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER1-1
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
"La cosa più semplice è applicare il modello di legge elettorale delle elezioni amministrative, non c'è un problema tecnico, ma di volontà".
Cioè il doppio turno, le prime due coalizioni vanno al ballottaggio, chi vince governa.
Cioè il doppio turno, le prime due coalizioni vanno al ballottaggio, chi vince governa.
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
«NON PENSERANNO CHE MI METTA A GOVERNARE CON BERLUSCONI E FINI...»
Legge elettorale, Bersani avverte:
«Senza governabilità, noi non ci stiamo»
Il segretario del Pd attacca Casini: «Morirà di tattica»
La replica del leader dell'Udc: «Non siamo tutti suoi sudditi»
Bersani parla chiaro: «Se non si garantisce la governabilità, noi ci metteremo di traverso. Dietro questa riforma c'è una logica furba del 'muoia Sansone con tutti i filisteì, ma io sono fiducioso che si possa migliorare».
Il segretario del Pd, dunque, annuncia le barricate del Pd se la riforma elettorale in discussione non prevede un premio al primo partito. Attacca Casini e comincia un botta e risposta con il leader dell'Udc.
GLI ALTRI PARTITI- Bersani, a un incontro promosso da Left, vuole scongiurare strane maggioranze: «Non penseranno che mi metta a governare con Berlusconi e Fini...». E sul leader dell'Udc aggiunge: Casini morirà di tattica. Io spero che metta la barra dritta a un certo punto e decida dove andare».
IL GOVERNO TECNICO- Intanto il segretario torna a smentire di aver ipotizzato che Elsa Fornero possa far parte del suo governo.
«Quando ho detto che, sul piano di principio, i ministri dell'attuale governo possono entrare in politica ero in polemica con Gasparri secondo cui i membri del governo tecnico perdono i diritti politici».
Ma su Monti aggiunge: «Monti deve servire la Repubblica, restare a dare una mano, e bisogna discuterne con lui».
LA REPLICA DI CASINI- «Voglio dire al mio amico Bersani che dice che io sono da ricovero perché penso al Monti bis: come me ci sono molti del Pd che pensano con responsabilità al Monti bis. Sono anche loro da ricovero». Casini replica a stretto giro. E aggiunge: «Noi non siamo stati sudditi di Berlusconi, non lo saremo di Bersani. Siamo abituati a stare a schiena dritta, non chiniamo la schiena». A sua volta il segretario del Ps risponde: «Non è un mio suddito, ma si decida». In mattinata aveva sottolineato: «Bisogna mettere le carte in tavola con serietà sulla legge elettorale. Ho letto che Grillo e Bersani contestano questa riforma. Se vogliono tenere il Porcellum non devono avere paura di dirlo. Lo dicano in Parlamento e mi spieghino che è giusto che chi ha il 30% prenda il 55% dei seggi».
Redazione Online10 novembre 2012 | 14:49© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/12_nove ... 52f7.shtml
Legge elettorale, Bersani avverte:
«Senza governabilità, noi non ci stiamo»
Il segretario del Pd attacca Casini: «Morirà di tattica»
La replica del leader dell'Udc: «Non siamo tutti suoi sudditi»
Bersani parla chiaro: «Se non si garantisce la governabilità, noi ci metteremo di traverso. Dietro questa riforma c'è una logica furba del 'muoia Sansone con tutti i filisteì, ma io sono fiducioso che si possa migliorare».
Il segretario del Pd, dunque, annuncia le barricate del Pd se la riforma elettorale in discussione non prevede un premio al primo partito. Attacca Casini e comincia un botta e risposta con il leader dell'Udc.
GLI ALTRI PARTITI- Bersani, a un incontro promosso da Left, vuole scongiurare strane maggioranze: «Non penseranno che mi metta a governare con Berlusconi e Fini...». E sul leader dell'Udc aggiunge: Casini morirà di tattica. Io spero che metta la barra dritta a un certo punto e decida dove andare».
IL GOVERNO TECNICO- Intanto il segretario torna a smentire di aver ipotizzato che Elsa Fornero possa far parte del suo governo.
«Quando ho detto che, sul piano di principio, i ministri dell'attuale governo possono entrare in politica ero in polemica con Gasparri secondo cui i membri del governo tecnico perdono i diritti politici».
Ma su Monti aggiunge: «Monti deve servire la Repubblica, restare a dare una mano, e bisogna discuterne con lui».
LA REPLICA DI CASINI- «Voglio dire al mio amico Bersani che dice che io sono da ricovero perché penso al Monti bis: come me ci sono molti del Pd che pensano con responsabilità al Monti bis. Sono anche loro da ricovero». Casini replica a stretto giro. E aggiunge: «Noi non siamo stati sudditi di Berlusconi, non lo saremo di Bersani. Siamo abituati a stare a schiena dritta, non chiniamo la schiena». A sua volta il segretario del Ps risponde: «Non è un mio suddito, ma si decida». In mattinata aveva sottolineato: «Bisogna mettere le carte in tavola con serietà sulla legge elettorale. Ho letto che Grillo e Bersani contestano questa riforma. Se vogliono tenere il Porcellum non devono avere paura di dirlo. Lo dicano in Parlamento e mi spieghino che è giusto che chi ha il 30% prenda il 55% dei seggi».
Redazione Online10 novembre 2012 | 14:49© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/12_nove ... 52f7.shtml
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
Schifani: “Via Porcellum o Grillo va all’80%”. Il leader M5S: “Colpo di Stato”
La seconda carica dello Stato è convinta che i partiti "con grande responsabilità" si stiano impegnando per una "riforma condivisa" che "interessi i cittadini". Il timore, condiviso anche da Francesco Rutelli, è che il Movimento 5 Stelle ottenga troppi seggi in Parlamento
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 novembre 2012Commenti (3802)
“Ce la sto mettendo tutta e ce la facciamo, altrimenti Grillo dal 30 va all’80%”. Il presidente del Senato Renato Schifani, intervistato da Fiorello a margine di una visita all’associazione Andrea Tudisco che ospita bambini oncologici e le loro famiglie, interviene sulla legge elettorale e si dice convinto che Camera e Senato arriveranno all’approvazione di una norma “che interessa i cittadini”. Al centro la preoccupazione che il Movimento 5 Stelle, raccogliendo poco meno di un terzo dei consensi, occupi troppi seggi in Parlamento. Timore a cui lo stesso Grillo ha replicato dalle colonne del suo blog, definendo “colpo di Stato” il cambiamento della legge elettorale “per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis“. Una definizione che non è piaciuta al segretario del Pd Pier Luigi Bersani che però, pur specificando di non volere usare i termini di Grillo, ha spiegato che senza nessun’altra misura “si potrebbe arrivare ad una situazione di ingovernabilità”.
“Ce la facciamo – ha detto la seconda carica dello Stato – e spero che il mio ottimismo a breve si traduca in certezza”. Schifani è convinto che ci siano “notevoli margini per pensare che a breve si arrivi ad un’ampia intesa tra le forze parlamentari. Tra i partiti – ha puntualizzato – c’è una fase estremamente delicata e costruttiva. I partiti con grande responsabilità stanno facendo in modo che il provvedimento arrivi in aula per una riforma condivisa. Oramai i tempi sono brucianti – conclude – le lancette si devono fermare”.
Già nei giorni scorsi, sul timore che il Movimento 5 Stelle potesse raggiungere un buon risultato elettorale, era intervenuto Francesco Rutelli, favorevole all’emendamento alla legge elettorale secondo cui, per conquistare il premio di maggioranza, una coalizione deve superare la soglia del 42,5% (oggi invece lo prende la coalizione a prescindere dalla percentuale). Il leader dell’Api non ha fatto mistero che si trattasse di un emendamento ‘anti Grillo’. Infatti, aveva detto, “non si può dare il 55 per cento” dei seggi “a chi prende il 30 per cento” dei voti, “sennò lo prende Grillo”. Posizioni che non sono sfuggite al leader 5 Stelle che oggi sul suo blog attacca le istituzioni europee e scrive: ”E ora, di fronte al colpo di Stato del cambiamento della legge elettorale in corsa e al tetto del 42,5% per il premio di maggioranza per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis, la UE tace”.
Eppure erano state proprio l’Unione europea e l’Ocse a esprimere la necessità di “evitare di apportare modifiche poco prima delle elezioni” per “non apparire come oggetto di manipolazioni partitiche”. Nonostante questo, spiega il leader del M5S, le istituzioni Ue tacciono. “La Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto – prosegue Grillo – ha sancito nel 2003 che ‘gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni non devono poter essere modificati nell’anno che precede l’elezione, o dovrebbero essere legittimati a livello costituzionale o ad un livello superiore a quello della legge ordinaria’”. E conclude: “C’è del marcio a Bruxelles“.
Sulla definizione di ‘colpo di Stato’, oltre al segretario del Pd, è intervenuto anche Massimo D’Alema. Al dirigente del centrosinistra “sembra francamente un’espressione esagerata”, ma ha confermato: “Noi non siamo contenti, come è noto, di questa soglia al 42%. E’ stata votata contro di noi. Quindi non siamo partecipi di nessun colpo di Stato. Stiamo discutendo e spero che si faccia una buona legge, una legge equilibrata”.
Schifani insiste per cambiare la legge elettorale nonostante manchino pochi mesi alle prossime politiche. Proprio come avvenne a fine 2005, quando il Porcellum venne firmato da Ciampi a pochi mesi dalle elezioni. E a esultare, in quell’occasione, fu proprio il centrodestra. Roberto Calderoli, allora ministro per le Riforme e ‘ideatore’ del testo, si era detto “molto felice” della firma del Presidente della Repubblica e “contento per non avere scritto norme anticostituzionali”. Per Sandro Bondi si apriva “una fase nuova” e per Ignazio La Russa si trattava della “legge più democratica che ci sia: vince chi ha più voti”. Il contrario di quanto emergeva tra i banchi del centrosinistra. Dario Franceschini, allora coordinatore della Margherita, sperava che fosse giudicata “incostituzionale” e per Roberto Zaccaria, dello stesso partito, già lo era. Secondo Antonio Di Pietro la Cdl ingannava i cittadini e per Oliviero Diliberto si trattava di “un colpo di mano”. E un mese dopo la firma di Ciampi, Romano Prodi aveva promesso di volerla cambiare con una “larga maggioranza”. Opinione condivisa anche da Piero Fassino mentre Pierluigi Castagnetti riteneva fosse una legge da “cambiare radicalmente”. Da allora sono passati quasi sette anni. Ma un’alternativa al Porcellum ancora non c’è.
Maroni (Lega): “Grillo mi sta simpatico” – Il segretario della Lega ha riscattato la figura del leader del M5s parlando ai Giovani imprenditori a Venezia. ”Grillo mi sta simpatico, mi ricorda noi quando abbiamo cominciato. Avevamo un grande progetto che è ancora da realizzare per nostra incapacità ma anche perché il sistema ha dimostrato di avere anticorpi che non hanno consentito di far partire il federalismo”.
Fini (Fli): “Fiducioso che si possa trovare un accordo” – Il presidente della Camera Gianfranco Fini, parlando al Tg3 della legge elettorale, si è detto “fiducioso perché si possa trovare un accordo e fare una legge largamente condivisa, con una soglia al 40%, un premio alla lista che arriva prima e con la certezza per gli elettori di poter rieleggere i parlamentari non più con la lista bloccata”. Il modello appena votato al Senato, ha detto, “mi convince perché dopo il voto non ci troviamo con un Parlamento greco e mi convince la necessità di avere una soglia sopra la quale scatta il premio. Poi se è il 43 o il 40 non cambia assolutamente nulla”, ha spiegato il presidente della Camera. “Grillo non deve parlare di colpo di Stato, c’è la necessità di individuare una soglia, perché facciamo l’ipotesi che tutti prendano il 24 o il 25% chi prende il 25 si trova con il 55% dei seggi. Sarebbe una distorsione del voto, come è stata finora. Ecco perché la legge va cambiata”, ha spiegato Fini.
Tabacci (Api): “Il problema non è la soglia, ma il premio” – Bruno Tabacci, candidato alle primarie del centrosinistra, ritiene che il vero problema non sia è la soglia del 42,5%, “ma il premio”. Infatti, ha aggiunto: “Vorrei ricordare al leader del Movimento 5 Stelle che in Germania, per esempio, il premio non c’è, ognuno prende i seggi in proporzione ai voti e poi si fanno le alleanze per formare il governo”. E si domanda se Grillo voglia “forse vincere avendo il 55% dei seggi con meno del 20% dei voti”.
Staderini (Radicali): “I golpe continuano da decenni” – ”Beppe Grillo fa confusione – spiega il segretario dei Radicali, Mario Staderini – : il principio di stabilità delle leggi elettorali, per cui non vanno modificate nell’anno che precede il voto, non è stato elaborato all’interno dell’Unione europea bensì dal Consiglio d’Europa e richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il marcio, dunque, sarebbe semmai a Strasburgo, non a Bruxelles“
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... 80/408813/
La seconda carica dello Stato è convinta che i partiti "con grande responsabilità" si stiano impegnando per una "riforma condivisa" che "interessi i cittadini". Il timore, condiviso anche da Francesco Rutelli, è che il Movimento 5 Stelle ottenga troppi seggi in Parlamento
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 novembre 2012Commenti (3802)
“Ce la sto mettendo tutta e ce la facciamo, altrimenti Grillo dal 30 va all’80%”. Il presidente del Senato Renato Schifani, intervistato da Fiorello a margine di una visita all’associazione Andrea Tudisco che ospita bambini oncologici e le loro famiglie, interviene sulla legge elettorale e si dice convinto che Camera e Senato arriveranno all’approvazione di una norma “che interessa i cittadini”. Al centro la preoccupazione che il Movimento 5 Stelle, raccogliendo poco meno di un terzo dei consensi, occupi troppi seggi in Parlamento. Timore a cui lo stesso Grillo ha replicato dalle colonne del suo blog, definendo “colpo di Stato” il cambiamento della legge elettorale “per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis“. Una definizione che non è piaciuta al segretario del Pd Pier Luigi Bersani che però, pur specificando di non volere usare i termini di Grillo, ha spiegato che senza nessun’altra misura “si potrebbe arrivare ad una situazione di ingovernabilità”.
“Ce la facciamo – ha detto la seconda carica dello Stato – e spero che il mio ottimismo a breve si traduca in certezza”. Schifani è convinto che ci siano “notevoli margini per pensare che a breve si arrivi ad un’ampia intesa tra le forze parlamentari. Tra i partiti – ha puntualizzato – c’è una fase estremamente delicata e costruttiva. I partiti con grande responsabilità stanno facendo in modo che il provvedimento arrivi in aula per una riforma condivisa. Oramai i tempi sono brucianti – conclude – le lancette si devono fermare”.
Già nei giorni scorsi, sul timore che il Movimento 5 Stelle potesse raggiungere un buon risultato elettorale, era intervenuto Francesco Rutelli, favorevole all’emendamento alla legge elettorale secondo cui, per conquistare il premio di maggioranza, una coalizione deve superare la soglia del 42,5% (oggi invece lo prende la coalizione a prescindere dalla percentuale). Il leader dell’Api non ha fatto mistero che si trattasse di un emendamento ‘anti Grillo’. Infatti, aveva detto, “non si può dare il 55 per cento” dei seggi “a chi prende il 30 per cento” dei voti, “sennò lo prende Grillo”. Posizioni che non sono sfuggite al leader 5 Stelle che oggi sul suo blog attacca le istituzioni europee e scrive: ”E ora, di fronte al colpo di Stato del cambiamento della legge elettorale in corsa e al tetto del 42,5% per il premio di maggioranza per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis, la UE tace”.
Eppure erano state proprio l’Unione europea e l’Ocse a esprimere la necessità di “evitare di apportare modifiche poco prima delle elezioni” per “non apparire come oggetto di manipolazioni partitiche”. Nonostante questo, spiega il leader del M5S, le istituzioni Ue tacciono. “La Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto – prosegue Grillo – ha sancito nel 2003 che ‘gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni non devono poter essere modificati nell’anno che precede l’elezione, o dovrebbero essere legittimati a livello costituzionale o ad un livello superiore a quello della legge ordinaria’”. E conclude: “C’è del marcio a Bruxelles“.
Sulla definizione di ‘colpo di Stato’, oltre al segretario del Pd, è intervenuto anche Massimo D’Alema. Al dirigente del centrosinistra “sembra francamente un’espressione esagerata”, ma ha confermato: “Noi non siamo contenti, come è noto, di questa soglia al 42%. E’ stata votata contro di noi. Quindi non siamo partecipi di nessun colpo di Stato. Stiamo discutendo e spero che si faccia una buona legge, una legge equilibrata”.
Schifani insiste per cambiare la legge elettorale nonostante manchino pochi mesi alle prossime politiche. Proprio come avvenne a fine 2005, quando il Porcellum venne firmato da Ciampi a pochi mesi dalle elezioni. E a esultare, in quell’occasione, fu proprio il centrodestra. Roberto Calderoli, allora ministro per le Riforme e ‘ideatore’ del testo, si era detto “molto felice” della firma del Presidente della Repubblica e “contento per non avere scritto norme anticostituzionali”. Per Sandro Bondi si apriva “una fase nuova” e per Ignazio La Russa si trattava della “legge più democratica che ci sia: vince chi ha più voti”. Il contrario di quanto emergeva tra i banchi del centrosinistra. Dario Franceschini, allora coordinatore della Margherita, sperava che fosse giudicata “incostituzionale” e per Roberto Zaccaria, dello stesso partito, già lo era. Secondo Antonio Di Pietro la Cdl ingannava i cittadini e per Oliviero Diliberto si trattava di “un colpo di mano”. E un mese dopo la firma di Ciampi, Romano Prodi aveva promesso di volerla cambiare con una “larga maggioranza”. Opinione condivisa anche da Piero Fassino mentre Pierluigi Castagnetti riteneva fosse una legge da “cambiare radicalmente”. Da allora sono passati quasi sette anni. Ma un’alternativa al Porcellum ancora non c’è.
Maroni (Lega): “Grillo mi sta simpatico” – Il segretario della Lega ha riscattato la figura del leader del M5s parlando ai Giovani imprenditori a Venezia. ”Grillo mi sta simpatico, mi ricorda noi quando abbiamo cominciato. Avevamo un grande progetto che è ancora da realizzare per nostra incapacità ma anche perché il sistema ha dimostrato di avere anticorpi che non hanno consentito di far partire il federalismo”.
Fini (Fli): “Fiducioso che si possa trovare un accordo” – Il presidente della Camera Gianfranco Fini, parlando al Tg3 della legge elettorale, si è detto “fiducioso perché si possa trovare un accordo e fare una legge largamente condivisa, con una soglia al 40%, un premio alla lista che arriva prima e con la certezza per gli elettori di poter rieleggere i parlamentari non più con la lista bloccata”. Il modello appena votato al Senato, ha detto, “mi convince perché dopo il voto non ci troviamo con un Parlamento greco e mi convince la necessità di avere una soglia sopra la quale scatta il premio. Poi se è il 43 o il 40 non cambia assolutamente nulla”, ha spiegato il presidente della Camera. “Grillo non deve parlare di colpo di Stato, c’è la necessità di individuare una soglia, perché facciamo l’ipotesi che tutti prendano il 24 o il 25% chi prende il 25 si trova con il 55% dei seggi. Sarebbe una distorsione del voto, come è stata finora. Ecco perché la legge va cambiata”, ha spiegato Fini.
Tabacci (Api): “Il problema non è la soglia, ma il premio” – Bruno Tabacci, candidato alle primarie del centrosinistra, ritiene che il vero problema non sia è la soglia del 42,5%, “ma il premio”. Infatti, ha aggiunto: “Vorrei ricordare al leader del Movimento 5 Stelle che in Germania, per esempio, il premio non c’è, ognuno prende i seggi in proporzione ai voti e poi si fanno le alleanze per formare il governo”. E si domanda se Grillo voglia “forse vincere avendo il 55% dei seggi con meno del 20% dei voti”.
Staderini (Radicali): “I golpe continuano da decenni” – ”Beppe Grillo fa confusione – spiega il segretario dei Radicali, Mario Staderini – : il principio di stabilità delle leggi elettorali, per cui non vanno modificate nell’anno che precede il voto, non è stato elaborato all’interno dell’Unione europea bensì dal Consiglio d’Europa e richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il marcio, dunque, sarebbe semmai a Strasburgo, non a Bruxelles“
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... 80/408813/
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
Carte false
di Paolo Flores d'Arcais
| 11 novembre 2012Commenti (110)
Renato Schifani sarà una nullità politica ma è pur sempre il presidente del Senato, una sorta di vice-Napolitano (art. 86 della Costituzione). E un vice-Napolitano che confessa le “carte false” della legge elettorale in gestazione, il cui unico scopo è impedire la vittoria di una delle forze politiche che si presenteranno alle urne, è uno scandalo che dovrebbe fare davvero scandalo, invece di dare avvio al gran ballo del minimalismo.
Soprattutto dopo l’altra confessione, di Monti: “Nell’ipotesi in cui fosse impossibile costituire una maggioranza, io sarei là”. E invece imperversano i reggicoda mediatici della partitocrazia con i sussiegosi “ma quale golpe” e “uno sbarramento ci vuole”, quasi che la “Porcata” l’abbia inventata Grillo anziché la Casta, e l’urgenza improcrastinabile di cambiarla non sia apparsa al Colle improvvisamente, quando M5S ha cominciato a veleggiare su numeri a due cifre.
Perfino Bersani ha dovuto balbettare che Grillo ha ragione, tanto sono sfacciate e indecenti le finalità della nuova legge. Del resto, se si volesse davvero riavvicinare le istituzioni ai cittadini basterebbe proporre l’uninominale a doppio turno con primarie incorporate. La “voce dal sen fuggita” del vice-Napolitano conferma, invece, che le nomenklature vogliono solo continuare a occupare le istituzioni come “Cosa loro”, “riformando” la Porcata in Porcata-plus. Tutta la partitocrazia, purtroppo, Pd compreso, visto che 42,5% o 40% di sbarramento sempre una legge truffa contro l’Altrapolitica resta. Chi minimizza insolentisce la Costituzione repubblicana, chi fa finta di nulla la sta rottamando: verbo disgustoso se si vuole indicare il rinnovamento, che qui rende perfettamente l’idea della lugubre manovra partitocratica in atto.
Quella di Grillo non è certo l’Altrapolitica che preferisco. Quella che vorrei, davvero in grado di portare il Paese fuori della crisi, è il riformismo della Fiom e dei girotondi. Ma Grillo è stato l’unico a scegliere la rottura radicale con la partitocrazia – compresa la sua componente di centrosinistra – e questa era e resta la lucida precondizione di ogni rinnovamento. Senza la quale non si produce realismo politico, ma al massimo un sequel del Gattopardo.
Il Fatto Quotidiano, 11 Novembre 2012
di Paolo Flores d'Arcais
| 11 novembre 2012Commenti (110)
Renato Schifani sarà una nullità politica ma è pur sempre il presidente del Senato, una sorta di vice-Napolitano (art. 86 della Costituzione). E un vice-Napolitano che confessa le “carte false” della legge elettorale in gestazione, il cui unico scopo è impedire la vittoria di una delle forze politiche che si presenteranno alle urne, è uno scandalo che dovrebbe fare davvero scandalo, invece di dare avvio al gran ballo del minimalismo.
Soprattutto dopo l’altra confessione, di Monti: “Nell’ipotesi in cui fosse impossibile costituire una maggioranza, io sarei là”. E invece imperversano i reggicoda mediatici della partitocrazia con i sussiegosi “ma quale golpe” e “uno sbarramento ci vuole”, quasi che la “Porcata” l’abbia inventata Grillo anziché la Casta, e l’urgenza improcrastinabile di cambiarla non sia apparsa al Colle improvvisamente, quando M5S ha cominciato a veleggiare su numeri a due cifre.
Perfino Bersani ha dovuto balbettare che Grillo ha ragione, tanto sono sfacciate e indecenti le finalità della nuova legge. Del resto, se si volesse davvero riavvicinare le istituzioni ai cittadini basterebbe proporre l’uninominale a doppio turno con primarie incorporate. La “voce dal sen fuggita” del vice-Napolitano conferma, invece, che le nomenklature vogliono solo continuare a occupare le istituzioni come “Cosa loro”, “riformando” la Porcata in Porcata-plus. Tutta la partitocrazia, purtroppo, Pd compreso, visto che 42,5% o 40% di sbarramento sempre una legge truffa contro l’Altrapolitica resta. Chi minimizza insolentisce la Costituzione repubblicana, chi fa finta di nulla la sta rottamando: verbo disgustoso se si vuole indicare il rinnovamento, che qui rende perfettamente l’idea della lugubre manovra partitocratica in atto.
Quella di Grillo non è certo l’Altrapolitica che preferisco. Quella che vorrei, davvero in grado di portare il Paese fuori della crisi, è il riformismo della Fiom e dei girotondi. Ma Grillo è stato l’unico a scegliere la rottura radicale con la partitocrazia – compresa la sua componente di centrosinistra – e questa era e resta la lucida precondizione di ogni rinnovamento. Senza la quale non si produce realismo politico, ma al massimo un sequel del Gattopardo.
Il Fatto Quotidiano, 11 Novembre 2012
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
Elezioni, Monti: “Ho un consenso superiore ai partiti”. Ma Bersani lo stoppa
L'ipotesi di un ritorno a palazzo Chigi si intreccia sempre in più al dibattito sulla legge elettorale. Ma il segretario del Pd avverte: "No all'avventura dell'ingovernabilità. Altro che Monti bis, in caso di pareggio si torna a votare". Casini ribatte: "Non siamo vassalli". Fini apre alla riunificazione con il Pdl in nome del sostegno a un nuovo esecutivo del professore
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 11 novembre 2012Commenti (422)
Mentre a destra e a sinistra fervono le primarie, la partita su chi governerà l’Italia dopo le elezioni sembra giocarsi altrove. L’ipotesi di un Monti bis prende sempre più corpo, con il professore che manda quotidiani segnali di disponibilità, tanto da far montare la reazione del segretario del Pd Pier Luigi Bersani che cerca di svincolarsi dalla trappola di una legge elettorale fatta su misura per un risultato confuso, che spalancherebbe le porte al ritorno del professore a Palazzo Chigi: ”Quello che non accettiamo è di mettere l’Italia all’avventura togliendole ogni possibile governabilità”. Comunque sia, chiarisce, “in caso di pareggio si rivota, altro che Monti bis”.
Il destino del professore, infatti, è intrecciato a quello della nuova legge elettorale, in eterna discussione tra tatticismi e calcoli di convenienza. Intanto Monti rivendica una sostanziosa quota di consenso personale : “Non credo possa considerarsi solo uno che, per quello che possono valere i sondaggi, sembra avere un consenso superiore a quello di cui godono i partiti che lo sostengono in Parlamento”, afferma nell’intervista che apre il libro ”Le parole e i fatti”, pubblicato dal Corriere della sera. E ieri sera un periodico francese aveva diffuso un’altra intervista nella quale Monti ribadiva la sua disponibilità a restare alla guida del Paese nel caso dalle urne uscisse un quadro confuso.
“A quelli che lavorano per produrre un pareggio dico: ‘Badate bene che in quel caso si rivota, altro che Monti bis’”, chiarisce Bersani in un’intervista a La Stampa. “Lo dico sulla base di un ragionamento non solo politico, ma anche squisitamente matematico. Forse pensano che tra sei mesi, quando a Montecitorio ci saranno cento e passa deputati di Grillo, si potrebbe replicare la maggioranza che c’è ora? Non esiste”. Bersani è poi tornato sull’argomento: “Quello che non accettiamo è di mettere l’Italia all’avventura togliendole ogni possibile governabilità, magari da parte di quelle stesse forze che ci consegnarono il Porcellum”. Per il segretario del Pd ”siamo al lupo e l’agnello in salsa elettorale. Veniamo accusati di arroganza da coloro che hanno pensato di procedere a colpi di mano parlamentari sulla legge elettorale”.
A tessere la tela del Monti bis, oltre al centrista Pier Ferdinando Casini, c’è il presidente della Camera – e fondatore di Fli – Gianfranco Fini, che in un’intervista a Repubblica apre alla riunificazione del centrodestra a patto che il Pdl sia pronto, dopo il voto, a “continuare con l’agenda Monti”. E cioè “a far nascere un governo politico guidato dallo stesso Monti”. Se Angelino Alfano vincerà le primarie, continua Fini, “voglio vedere se immagina se stesso a Palazzo Chigi, come, d’altra parte, sta già facendo Bersani. Noi della lista per l’Italia stiamo lavorando per tenere Monti a palazzo Chigi dopo il voto”.
Anche Casini, protagonista ieri di un duro scontro c0n Bersani, torna sulla questione: “Bersani vuole un premio per il partito di maggioranza relativa del 10 per cento. Eravamo d’accordo prima, siamo d’accordo oggi, saremo d’accordo domani. In realtà”, aggiunge, “il dibattito di ieri ha dimostrato che molti pensano ad un centro che deve essere subalterno e vassallo della sinistra: non esiste”.
La partita della legge elettorale si gioca soprattutto sul premio di maggioranza, lo strumento principe della “governabilità”. Alla nuova normativa serve “un premio di governabilità”, spiega appunto su Repubblica il politologo Roberto D’Alimonte. “Dare il 10% al primo partito non gli consentirebbe di arrivare alla maggioranza assoluta, ma di avere una massa critica per riuscire a fare un governo che non sia di grandi ammucchiate”, spiega. Senza il premio “di consolazione”, continua, “essendo il 42,5% impossibile da raggiungere, si tornerebbe al proporzionale puro, che in questa situazione di frammentazione e di disaffezione alla politica sarebbe una follia. Con un rischio in più: i voti segreti alla Camera potrebbero cassare le preferenze, e lasciare le liste bloccate. Il peggio del peggio”.
La strada segnata dall’esperto non piace a Pdl e Udc, che per motivi diversi vedrebbero bene un Monti bis. Sono “esattamente quelli che hanno voluto il Porcellum, una legge fatta su misura perché nessuno vincesse”, ricorda D’Alimonte. All’epoca – era il 2005 – il centrodestra aveva la necessità di arginare la vittoria del centrosinistra, preannunciata da tutti i sondaggi dopo l’esito deludente del quinquennio berlusconiano. In un intervento sul Sole 24 Ore, il politologo invita dunque le forze politiche a “non cadere nell’errore di fare una riforma elettorale ad personam”. Perché “tra Bersani e Casini sembra che ci sia di mezzo Monti, o meglio il Monti bis”, scrive. Il problema, aggiunge, è che “questo dissidio rischia di avere un impatto negativo sulla riforma elettorale”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... pa/410184/
L'ipotesi di un ritorno a palazzo Chigi si intreccia sempre in più al dibattito sulla legge elettorale. Ma il segretario del Pd avverte: "No all'avventura dell'ingovernabilità. Altro che Monti bis, in caso di pareggio si torna a votare". Casini ribatte: "Non siamo vassalli". Fini apre alla riunificazione con il Pdl in nome del sostegno a un nuovo esecutivo del professore
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 11 novembre 2012Commenti (422)
Mentre a destra e a sinistra fervono le primarie, la partita su chi governerà l’Italia dopo le elezioni sembra giocarsi altrove. L’ipotesi di un Monti bis prende sempre più corpo, con il professore che manda quotidiani segnali di disponibilità, tanto da far montare la reazione del segretario del Pd Pier Luigi Bersani che cerca di svincolarsi dalla trappola di una legge elettorale fatta su misura per un risultato confuso, che spalancherebbe le porte al ritorno del professore a Palazzo Chigi: ”Quello che non accettiamo è di mettere l’Italia all’avventura togliendole ogni possibile governabilità”. Comunque sia, chiarisce, “in caso di pareggio si rivota, altro che Monti bis”.
Il destino del professore, infatti, è intrecciato a quello della nuova legge elettorale, in eterna discussione tra tatticismi e calcoli di convenienza. Intanto Monti rivendica una sostanziosa quota di consenso personale : “Non credo possa considerarsi solo uno che, per quello che possono valere i sondaggi, sembra avere un consenso superiore a quello di cui godono i partiti che lo sostengono in Parlamento”, afferma nell’intervista che apre il libro ”Le parole e i fatti”, pubblicato dal Corriere della sera. E ieri sera un periodico francese aveva diffuso un’altra intervista nella quale Monti ribadiva la sua disponibilità a restare alla guida del Paese nel caso dalle urne uscisse un quadro confuso.
“A quelli che lavorano per produrre un pareggio dico: ‘Badate bene che in quel caso si rivota, altro che Monti bis’”, chiarisce Bersani in un’intervista a La Stampa. “Lo dico sulla base di un ragionamento non solo politico, ma anche squisitamente matematico. Forse pensano che tra sei mesi, quando a Montecitorio ci saranno cento e passa deputati di Grillo, si potrebbe replicare la maggioranza che c’è ora? Non esiste”. Bersani è poi tornato sull’argomento: “Quello che non accettiamo è di mettere l’Italia all’avventura togliendole ogni possibile governabilità, magari da parte di quelle stesse forze che ci consegnarono il Porcellum”. Per il segretario del Pd ”siamo al lupo e l’agnello in salsa elettorale. Veniamo accusati di arroganza da coloro che hanno pensato di procedere a colpi di mano parlamentari sulla legge elettorale”.
A tessere la tela del Monti bis, oltre al centrista Pier Ferdinando Casini, c’è il presidente della Camera – e fondatore di Fli – Gianfranco Fini, che in un’intervista a Repubblica apre alla riunificazione del centrodestra a patto che il Pdl sia pronto, dopo il voto, a “continuare con l’agenda Monti”. E cioè “a far nascere un governo politico guidato dallo stesso Monti”. Se Angelino Alfano vincerà le primarie, continua Fini, “voglio vedere se immagina se stesso a Palazzo Chigi, come, d’altra parte, sta già facendo Bersani. Noi della lista per l’Italia stiamo lavorando per tenere Monti a palazzo Chigi dopo il voto”.
Anche Casini, protagonista ieri di un duro scontro c0n Bersani, torna sulla questione: “Bersani vuole un premio per il partito di maggioranza relativa del 10 per cento. Eravamo d’accordo prima, siamo d’accordo oggi, saremo d’accordo domani. In realtà”, aggiunge, “il dibattito di ieri ha dimostrato che molti pensano ad un centro che deve essere subalterno e vassallo della sinistra: non esiste”.
La partita della legge elettorale si gioca soprattutto sul premio di maggioranza, lo strumento principe della “governabilità”. Alla nuova normativa serve “un premio di governabilità”, spiega appunto su Repubblica il politologo Roberto D’Alimonte. “Dare il 10% al primo partito non gli consentirebbe di arrivare alla maggioranza assoluta, ma di avere una massa critica per riuscire a fare un governo che non sia di grandi ammucchiate”, spiega. Senza il premio “di consolazione”, continua, “essendo il 42,5% impossibile da raggiungere, si tornerebbe al proporzionale puro, che in questa situazione di frammentazione e di disaffezione alla politica sarebbe una follia. Con un rischio in più: i voti segreti alla Camera potrebbero cassare le preferenze, e lasciare le liste bloccate. Il peggio del peggio”.
La strada segnata dall’esperto non piace a Pdl e Udc, che per motivi diversi vedrebbero bene un Monti bis. Sono “esattamente quelli che hanno voluto il Porcellum, una legge fatta su misura perché nessuno vincesse”, ricorda D’Alimonte. All’epoca – era il 2005 – il centrodestra aveva la necessità di arginare la vittoria del centrosinistra, preannunciata da tutti i sondaggi dopo l’esito deludente del quinquennio berlusconiano. In un intervento sul Sole 24 Ore, il politologo invita dunque le forze politiche a “non cadere nell’errore di fare una riforma elettorale ad personam”. Perché “tra Bersani e Casini sembra che ci sia di mezzo Monti, o meglio il Monti bis”, scrive. Il problema, aggiunge, è che “questo dissidio rischia di avere un impatto negativo sulla riforma elettorale”.
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Re: BLITZ SULLA LEGGE ELETTORALE
Legge elettorale “tagliata” per il Monti bis. Il professore: “Se servo ci sono”
Dietro la battaglia sul premio di maggioranza, la tentazione centrista di riformare il "porcellum" con una normativa confusa, che non dia un vincitore netto. Che è la condizione ribadita dal premier tecnico per restare al governo dopo le elezioni. Ipotesi che non dispiacerebbe al Pdl in disarmo e farebbe muro contro Bersani e Renzi. E Beppe Grillo
di Redazione Il Fatto Quotidiano |
10 novembre 2012Commenti (436)
“Una legge elettorale pensata apposta per non far vincere nessuno e, così, tenere in piedi il governo dei non eletti per altri cinque anni”. E’ l’allarme che Antonio Di Pietro lancia sul suo blog, ma dà corpo a timori ben più diffusi. Soprattutto nel giorno in cui una testata francese pubblica un’intervista a Mario Monti, realizzata a settembre, in cui il premier tecnico ribadisce le sue intenzioni per il futuro: “Nell’ipotesi in cui risultasse impossibile costituire una maggioranza, io ci sarò. E se sarà necessario continuerò”.
Ecco delineato il grande gioco intorno alla legge elettorale che, come dice Nichi Vendola, i partiti trattano “come l’abito di Arlecchino portato nella sartoria delle proprie convenienze di parte”. E per il partito del Monti bis, idealmente capitanato dal centrista Pier Ferdinando Casini, il taglio giusto sarebbe quello di una normativa appositamente confusa, in modo che dalle urne di primavera non esca un vincitore netto. Così da creare le condizioni descritte da Monti come premessa della sua permanenza alla guida del Paese.
Dalla sartoria, ha fatto capire il presidente del Senato Renato Schifani, dovrebbe uscire un abito che impedisca la vittoria di concorrenti sgraditi: “Sono al lavoro sulla legge elettorale per i cittadini, ce la sto mettendo tutta, è quello che ci chiedono in tanti”, ha spiegato ieri Schifani in un intervento pubblico. “Ce la facciamo, se no Grillo altro che al 30%, va all’80%”. L’ispiratore del Movimento 5 stelle ha replicato immediatamente sul sui blog: “Di fronte al colpo di Stato del cambiamento della legge elettorale in corsa e al tetto del 42,5% per il premio di maggioranza per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis, la Ue tace. Chissà forse ci farà una multa per divieto di sosta a Montecitorio”. Ma il comico genovese non è stato l’unico a sottolineare la totale inopportunità di questa sorta di ‘”outing” della seconda carica dello Stato.
In questo quadro arriva lo scontro tra il leader del Pd Pier Luigi Bersani e Casini. La riforma del “Porcellum” attualmente in discussione, ha affermato Bersani, è “un’idea da ricovero perché questa legge porta solo allo tsunami dell’ingovernabilità”. Pur deciso ad alzare i toni contro l’introduzione della soglia del 42,5% per ottenere il premio di maggioranza di coalizione, Bersani ha aspettato qualche giorno prima di prendere di petto Casini, corteggiato per un ‘patto di legislatura’ dopo il voto e dal quale il Pd aveva ricevuto garanzie che sulla riforma elettorale non si sarebbero stati sgambetti. “Non sto affatto chiedendo – ha continuato il segretario Pd – come dice Casini, che con il 30% dei voti hai il 55% dei seggi, questo è il loro Porcellum. Non sto chiedendo una maggioranza assoluta a sbafo, ma se non si mette un premio del 10% (che andrebbe al partito di maggioranza relativa qualora la soglia della maggioranza di coalizione non venisse raggiunta, ndr) il rischio di frammentazione in Parlamento è altissimo e questo porta non al Monti bis ma alla palude”. Se la sera delle elezioni non emerge, grazie ad un premio di maggioranza, se non un vincitore “almeno l’azionista di riferimento”, per il leader Pd l’unica conseguenza sono “le elezioni dopo sei mesi”. Come è accaduto in Grecia, e non è un bel paragone.
In tutto questo, il Pdl pare marciare a fianco degli ex alleati centristi, ma per ragioni diverse: date le tetre previsioni elettorali dell’era post-berlusconiana, il Monti bis potrebbe essere meglio che consegnare il governo al centrosinistra. Il Monti bis va bene “se è senza sotterfugi”, sottolinea il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli. “La pressione del grillismo sul quadro politico sta facendo perdere la calma a più di qualche attore politico e istituzionale, a tutto vantaggio ovviamente della causa grillina”.
La discussione sulla soglia del premio di maggioranza al 40 o al 42,5% è più sostanziale di quanto sembri. Perché una recente rilevazione del’Ipsos presentata a Ballarò stima nel 45% l’indice di gradimento di Matteo Renzi candidato premier nel caso vinca le primarie del centrosinistra, un risultato ottenuto grazie all’appoggio dei moderati esterni all’area, che a Bersani non darebbero lo stesso sostegno. Stando a questi numeri (che naturalmente fotografano l’oggi e possono cambiare sensibilmente da qui al voto), un ipotetico candidato premier Matteo Renzi potrebbe giocarsi il golden gol sul filo di pochi voti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... no/410117/
Dietro la battaglia sul premio di maggioranza, la tentazione centrista di riformare il "porcellum" con una normativa confusa, che non dia un vincitore netto. Che è la condizione ribadita dal premier tecnico per restare al governo dopo le elezioni. Ipotesi che non dispiacerebbe al Pdl in disarmo e farebbe muro contro Bersani e Renzi. E Beppe Grillo
di Redazione Il Fatto Quotidiano |
10 novembre 2012Commenti (436)
“Una legge elettorale pensata apposta per non far vincere nessuno e, così, tenere in piedi il governo dei non eletti per altri cinque anni”. E’ l’allarme che Antonio Di Pietro lancia sul suo blog, ma dà corpo a timori ben più diffusi. Soprattutto nel giorno in cui una testata francese pubblica un’intervista a Mario Monti, realizzata a settembre, in cui il premier tecnico ribadisce le sue intenzioni per il futuro: “Nell’ipotesi in cui risultasse impossibile costituire una maggioranza, io ci sarò. E se sarà necessario continuerò”.
Ecco delineato il grande gioco intorno alla legge elettorale che, come dice Nichi Vendola, i partiti trattano “come l’abito di Arlecchino portato nella sartoria delle proprie convenienze di parte”. E per il partito del Monti bis, idealmente capitanato dal centrista Pier Ferdinando Casini, il taglio giusto sarebbe quello di una normativa appositamente confusa, in modo che dalle urne di primavera non esca un vincitore netto. Così da creare le condizioni descritte da Monti come premessa della sua permanenza alla guida del Paese.
Dalla sartoria, ha fatto capire il presidente del Senato Renato Schifani, dovrebbe uscire un abito che impedisca la vittoria di concorrenti sgraditi: “Sono al lavoro sulla legge elettorale per i cittadini, ce la sto mettendo tutta, è quello che ci chiedono in tanti”, ha spiegato ieri Schifani in un intervento pubblico. “Ce la facciamo, se no Grillo altro che al 30%, va all’80%”. L’ispiratore del Movimento 5 stelle ha replicato immediatamente sul sui blog: “Di fronte al colpo di Stato del cambiamento della legge elettorale in corsa e al tetto del 42,5% per il premio di maggioranza per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis, la Ue tace. Chissà forse ci farà una multa per divieto di sosta a Montecitorio”. Ma il comico genovese non è stato l’unico a sottolineare la totale inopportunità di questa sorta di ‘”outing” della seconda carica dello Stato.
In questo quadro arriva lo scontro tra il leader del Pd Pier Luigi Bersani e Casini. La riforma del “Porcellum” attualmente in discussione, ha affermato Bersani, è “un’idea da ricovero perché questa legge porta solo allo tsunami dell’ingovernabilità”. Pur deciso ad alzare i toni contro l’introduzione della soglia del 42,5% per ottenere il premio di maggioranza di coalizione, Bersani ha aspettato qualche giorno prima di prendere di petto Casini, corteggiato per un ‘patto di legislatura’ dopo il voto e dal quale il Pd aveva ricevuto garanzie che sulla riforma elettorale non si sarebbero stati sgambetti. “Non sto affatto chiedendo – ha continuato il segretario Pd – come dice Casini, che con il 30% dei voti hai il 55% dei seggi, questo è il loro Porcellum. Non sto chiedendo una maggioranza assoluta a sbafo, ma se non si mette un premio del 10% (che andrebbe al partito di maggioranza relativa qualora la soglia della maggioranza di coalizione non venisse raggiunta, ndr) il rischio di frammentazione in Parlamento è altissimo e questo porta non al Monti bis ma alla palude”. Se la sera delle elezioni non emerge, grazie ad un premio di maggioranza, se non un vincitore “almeno l’azionista di riferimento”, per il leader Pd l’unica conseguenza sono “le elezioni dopo sei mesi”. Come è accaduto in Grecia, e non è un bel paragone.
In tutto questo, il Pdl pare marciare a fianco degli ex alleati centristi, ma per ragioni diverse: date le tetre previsioni elettorali dell’era post-berlusconiana, il Monti bis potrebbe essere meglio che consegnare il governo al centrosinistra. Il Monti bis va bene “se è senza sotterfugi”, sottolinea il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli. “La pressione del grillismo sul quadro politico sta facendo perdere la calma a più di qualche attore politico e istituzionale, a tutto vantaggio ovviamente della causa grillina”.
La discussione sulla soglia del premio di maggioranza al 40 o al 42,5% è più sostanziale di quanto sembri. Perché una recente rilevazione del’Ipsos presentata a Ballarò stima nel 45% l’indice di gradimento di Matteo Renzi candidato premier nel caso vinca le primarie del centrosinistra, un risultato ottenuto grazie all’appoggio dei moderati esterni all’area, che a Bersani non darebbero lo stesso sostegno. Stando a questi numeri (che naturalmente fotografano l’oggi e possono cambiare sensibilmente da qui al voto), un ipotetico candidato premier Matteo Renzi potrebbe giocarsi il golden gol sul filo di pochi voti.
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