Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Maucat
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Maucat »

paolo11 ha scritto:Angela Merkel ha detto : avremo ancora 5 anni di questo andazzo, se non peggio per L'europa.
Questo lo avevo capito da solo.Erano i nostri politici che dicevano che stavamo per uscire dal tunnel si vedeva una luce quale?
Ciao
Paolo11
Ripeto sempre la mia battuta di qualche tempo fa...

la luce in fondo al tunnel non è l'uscita ma il treno alta velocità che ci viene addosso nell'altro senso di marcia...

se non la facciamo finita col banchiere mannaro e i suoi accoliti non sarà neanche uno solo il treno che ci spianerà...
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

AZZERIAMO IL DEBITO?
di Gianni Dragoni

Uno dei cavalli di battaglia di Beppe Grillo è il nostro “immorale debito pubblico”. Ma cosa accadrebbe davvero se smettessimo di pagarlo? Ce lo ha spiegato Gianni Dragoni nel suo editoriale di ieri sera.

baskerville2008
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da baskerville2008 »

Ed ecco quello che succede in un paese preso a modello dal nostro Grullo la meravigliosa e fiorente argentina della Kirchner la piu grande stampatrice di soldi del sud america

La capitale Buenos Aires invasa dai manifestanti: «Siamo un milione».
Nel mirino la crescente inflazione,
la corruzione e la possibile riforma per la rielezione della presidente
BUENOS AIRES
Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza ieri sera a Buenos Aires e nelle principali città dell’Argentina per esprimere la loro opposizione alla presidente Cristina Fernandez de Kirchner, in un maxi «cacelorazo» (protesta) senza leader né discorsi che si è svolto senza incidenti di rilievo.

L’epicentro della protesta è stato l’Obelisco sulla Avenida 9 de Julio, una delle più larghe del mondo, verso il quale sono confluite decine di migliaia di manifestanti, mentre proteste minori si sono svolte in vari quartieri della capitale e in varie città del Paese, in un clima pacifico segnato più dal caldo afoso che dalla tensione.

I manifestanti non portavano simboli di partiti politici, mentre erano molto numerose le bandiere argentine e i cartelli fai-da-te, con slogan di protesta riferiti soprattutto all’insicurezza, l’inflazione - ufficialmente al di sotto del 10%, nei fatti intorno al 25% - la possibilità di una riforma che permette una seconda rielezione di Fernandez, la corruzione e le restrizioni sul mercato cambiario.

Più numerosi che nel «cacerolazo» dello scorso 13 settembre, i manifestanti questa volta non erano concentrati esclusivamente nelle zone più benestanti della capitale, ma anche questa volta si erano organizzati - al di là dell’adesione esplicita di molti dirigenti oppositori, di settori che vanno dal centro-destra alla sinistra antiperonista - principalmente attraverso le reti sociali di Internet.

I più ottimisti hanno rivendicato «siamo un milione in piazza», e il governo ha stimato in modo inverosimile, immagini alla mano, che la partecipazione alla protesta è stata di 70-100 mila persone: più realiste risultano le cifre della polizia di Buenos Aires e di alcuni media privati, che parlavano ieri sera di 600-700 mila manifestanti solo nella capitale argentina.
http://www.lastampa.it/2012/11/09/ester ... agina.html


Eh si ma sicuramente erano tutti figuranti pagati dalla Merkel,Monti e BCE. NOI SIAMO LA GENTE IL POTERE CI TEMONO!!!
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Cari amici,
con grande piacere vi invitiamo all'iniziativa del Comitato Arcella per Renzi:
"Un'altra Italia è già qui: basta farla entrare"
Mercoledì 14 Novembre alle 21.00 presso la sede del Circolo PD Arcella - San Carlo - Pontevigodarzere, Via Pontevigordarzere 49
Saranno presenti:
Andrea Ballarè - Sindaco di Novara
Stefano Allievi - Professore di Sociologia dell'Università di Padova
Paolo Cavazzana - Vicepresidente del Consiglio Comunale di Padova
Introdurrà Antonio Bressa, Coordinatore del Comitato Arcella per Renzi.
Sarà un importante momento di condivisione e approfondimento del programma di Matteo Renzi e di confronto aperto e partecipato sulle idee messe in campo per il governo del paese.
In allegato trovate la locandina dell'iniziativa e le istruzioni per votare alle primarie.
Vi aspettiamo numerosi
Comitato Arcella per Renzi.
....................................
Mi è arrivata ora.Non ho staccato la spina ne con il PD ne con Di Pietro.
Ho lasciato la mia mail a disposizione.
Renzi ora è due passi da casa mia.
Non andrò ad ascoltarlo ne a votare il candidato.
Ciao
Paolo11
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

l'andamento del Pil in Italia. Sarà del meno 2,4 o meno 2,3 quest'anno e meno 0,2 o addirittura in pareggio nel 2013. Il segno meno permane in tutti e due gli anni considerati ma tra l'uno e l'altro si registra un miglioramento di tre punti il che significa un aumento di circa 50 miliardi in cifre assolute. Non è molto ma neppure poco. Tre punti di Pil non sono una luce?
Ma di che parla Scalfari? Definisce un miglioramento una minore decrescita nel 2013 rispetto al 2012. Mi ricorda l'affermazione di Brunetta quando parlava di un aumento della "derivata seconda". Cioè un andamento del PIL meno negativo viene contrabbandato per un aumento.
[Monti] ha traccheggiato troppo a lungo sul tema degli esodati. Ha clamorosamente sbagliato quando tagliò i fondi per gli ammalati di Sla. Per l'accompagnamento degli invalidi. Alla fine la copertura è stata trovata, ma perché non prima ma solo dopo aver suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica? Ha sbagliato sul pagamento dei crediti verso la pubblica amministrazione che ancora tarda a venire e sarà solo parziale. Ha sbagliato sulla legge per la corruzione. Ha sbagliato sui tagli alla pubblica istruzione e per ambedue questi punti dovrebbe assolutamente rimediare
Il governo dunque, anche secondo Scalfari, ha fatto clamorosi sbagli nella politica previdenziale, in quella sanitaria-assistenziale, in quella economica, in quella riguardante la lotta alla corruzione e l'istruzione. E' inoltre reticente sullo scandalo Polverini.

Ma non fa più presto a dire in che cosa avrebbe fatto bene?


L'EDITORIALE

Quanto vale la luce in fondo al tunnel
di EUGENIO SCALFARI

La novità della giornata di ieri è una dichiarazione di Monti del tutto inattesa. Ha raccomandato di non perder tempo a discettare sulla futura "premiership" ma di discutere piuttosto sui contenuti e sulle riforme che si debbono ancora fare fino alle elezioni del prossimo aprile. Ancora una volta questa dichiarazione è in piena concordanza con quella di Mario Draghi nel discorso da lui pronunciato in occasione del compimento di un anno dalla sua nomina alla guida della Bce; anche Draghi ha battuto e ribattuto sul tasto delle riforme che sono a suo parere la sola via per rafforzare l'euro e portare fuori dalla crisi economica sia l'Europa sia l'intero Occidente.

La sortita di Monti è diretta ai partiti e all'intera classe dirigente italiana a cominciare dalle forze sociali. Ma a quali partiti in particolare si dirige il premier? L'esortazione a non insistere sul tema della futura "premiership" riguarda soprattutto quelle parti politiche che fanno del Monti-bis un elemento primario della loro campagna elettorale: l'Udc di Casini, Montezemolo e tutti coloro che chiamano a raccolta i moderati.

Monti non ha alcun interesse a diventare l'icona dei moderati i quali, comunque andranno le elezioni di aprile, non possono certo aspirare alla maggioranza assoluta nel Parlamento e neppure ad essere il primo dei partiti votati.

La seconda raccomandazione che riguarda i contenuti è rivolta a tutte le forze politiche della strana maggioranza che tuttora sostiene il governo ma principalmente al Pd di Bersani che - soprattutto nella sua ala vendoliana - si propone di smantellare la cosiddetta agenda Monti.

Questa intenzione è diventata la caratteristica principale di Vendola, di Fassina e della Camusso e viene sventolata sia nelle primarie del Pd sia nella campagna elettorale ormai in corso. Ma è pura demagogia.

Lo scrivo e lo ripeto ormai da tempo: l'agenda Monti coincide perlomeno al novanta per cento con gli impegni che l'Italia ha contratto con l'Europa e in alcuni casi (per esempio il pareggio del bilancio) sono entrati a far parte della nostra Costituzione. Smantellarli significherebbe uscire dall'euro e quindi dall'Europa. A sostenerlo c'è soltanto Grillo e, quand'è di cattivo umore, Silvio Berlusconi. Quindi in questo caso purissima demagogia pre-elettorale.

Monti ha dunque ragione, bisogna parlare di contenuti e di riforme ancora da fare o da completare e poi di quello che dovrà essere il programma del nuovo governo che uscirà dalle urne elettorali.

* * *

Monti continua a segnalare una luce in fondo al tunnel e lo prendono per matto. La sua mattana sarebbe infatti contraddetta sia dalle previsioni dell'Istat sul Pil sia da quelle analoghe della Commissione di Bruxelles. Eppure - oltreché da Monti - quella luce in fondo al tunnel la vedono anche Draghi e il Fondo monetario internazionale. Come si spiega questo così netto contrasto di opinioni?

A parte una legittima differenza di punti di vista sull'andamento delle cose, c'è una cifra condivisa da tutti gli interlocutori di questo dibattito: l'andamento del Pil in Italia. Sarà del meno 2,4 o meno 2,3 quest'anno e meno 0,2 o addirittura in pareggio nel 2013. Il segno meno permane in tutti e due gli anni considerati ma tra l'uno e l'altro si registra un miglioramento di tre punti il che significa un aumento di circa 50 miliardi in cifre assolute. Non è molto ma neppure poco. Tre punti di Pil non sono una luce?

A me sembrano considerazioni elementari. Certo l'aumento del Pil non è il solo dato da considerare, bisogna infatti vedere da dove proviene. Un aumento degli investimenti? Un aumento delle esportazioni? Della produttività? Dei consumi? Dell'occupazione? Non farei molto affidamento sui consumi, potrà semmai essere un effetto non una causa. Lo stesso vale per l'occupazione. Allo stato dei fatti le cause del miglioramento possono provenire dagli investimenti, dalle esportazioni, dalla produttività. Ed anche dai tassi di interesse delle banche e da una ripresa del credito.

Tutti questi elementi sono comunque condizionati da un recupero della fiducia e questo è un fattore che coinvolge l'intera Europa e anche gli Usa. La fiducia può essere paragonata al respiro del corpo d'una persona: se i suoi organi sono in grado di funzionare ma quel corpo non respira, la persona muore. Respirare non è una condizione sufficiente ma necessaria. La fiducia e quindi le aspettative sono la stessa cosa: insufficienti ma necessarie. La fiducia c'entra molto con la politica. Senza una buona politica la fiducia avrà molta difficoltà a manifestarsi.

* * *

Tra le tante cose buone (anche se impopolari per i sacrifici che hanno creato per molti) l'attuale governo ha compiuto numerosi errori. Politici.

Per esempio ha traccheggiato troppo a lungo sul tema degli esodati. Ha clamorosamente sbagliato quando tagliò i fondi per gli ammalati di Sla. Per l'accompagnamento degli invalidi. Alla fine la copertura è stata trovata, ma perché non prima ma solo dopo aver suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica? Ha sbagliato sul pagamento dei crediti verso la pubblica amministrazione che ancora tarda a venire e sarà solo parziale. Ha sbagliato sulla legge per la corruzione. Ha sbagliato sui tagli alla pubblica istruzione e per ambedue questi punti dovrebbe assolutamente rimediare.

La politica è un'attività molto complessa. Si impara con l'esperienza ma presuppone anche una vocazione caratteriale. È difficile che un governo politico come tutti i governi ma composto solo di tecnici abbia una vocazione politica della necessaria intensità. I ministri con quella vocazione sono pochissimi: Fabrizio Barca, Corrado Passera, Andrea Riccardi. Anche il sottosegretario alla Presidenza Catricalà la vocazione ce l'ha ma di solito la mette al servizio d'una cattiva politica e questo è un guaio non da poco.

Monti quella vocazione ce l'ha ma le necessità di un'economia prossima al disastro come quella che ereditò un anno fa l'hanno inevitabilmente ingabbiata. Adesso può finalmente liberarla ed è tempo che lo faccia.

* * *

Molti elementi per una buona politica dipendono ora dalla legge elettorale. Su questa questione occorre ragionare con molta chiarezza.

L'Udc si è alleata con il Pdl e (perfino) con la Lega per uscire definitivamente dal Porcellum che avrebbe stritolato il Terzo Polo. Per Casini era dunque una questione di sopravvivenza e lo si può capire. Ma lui stesso era consapevole che, dopo questo primo passaggio, ce ne voleva un secondo che recuperasse la governabilità. Infatti è quanto dovrebbe avvenire nella definitiva e ultima riunione tra gli interessati prima del voto in aula.

Il compromesso consiste nel "premiolino" da attribuire alla coalizione che avrà più voti di tutte le altre, probabilmente il centrosinistra. Bersani vorrebbe un "premiolino" del 12 per cento, Casini e Pdl offrono l'8. Il compromesso sarà il 10 forse il Pdl non ci starà, ma Casini ci deve stare se la saggezza lo assisterà.

Col "premiolino" il centrosinistra, da Donadi a Vendola, può arrivare fino al 45 per cento, un consenso notevole che però non raggiunge la maggioranza assoluta per la quale, dopo le elezioni, il Centro si alleerà non come ruota di scorta ma come componente necessaria del futuro governo. Del resto che altro potrebbe fare? Si deve ancora risolvere il problema della scelta dei parlamentari, il tema non presenta difficoltà politiche ma tecniche. In un modo o nell'altro dovranno risolverlo.

A questo punto si porrà il problema del Monti-bis e dell'agenda Monti. Di quest'ultima abbiamo già detto. Il primo si pone in questo modo: se Bersani è disponibile a cedere il passo a Monti, va benissimo; se non lo è dovrebbe quantomeno offrire a Monti il ministero dell'Economia e degli Affari europei. Penso che lo farà e a quel punto la palla passerebbe all'attuale premier.

È un declassamento? Formalmente forse, ma nella sostanza no. Del resto c'è un precedente illustre: Ciampi, dopo essere stato premier nel 1993, portò il Paese alle elezioni. Dopo qualche anno nacque il governo Prodi e a Ciampi fu offerto il ministero del Tesoro. Accettò e insieme portarono l'Italia nell'Eurozona nel momento stesso in cui nasceva la moneta comune. Fu la più grande delle riforme che sia stata fatta in Italia e in Europa. Alla caduta del governo Prodi, nel 1998, a Palazzo Chigi andò D'Alema che pose come condizione per accettare l'incarico la presenza di Ciampi che per la seconda volta accettò di servire il Paese. Poi, approvata la legge finanziaria, si dimise. Nel 1999 fu eletto al Quirinale quasi all'unanimità.

Cito questo precedente perché Monti si è detto disponibile a servire ancora il Paese. Questo sarebbe un bel modo per darne un'altra dimostrazione.

Post scriptum. Qualche parola sulla signora Polverni e le elezioni alla Regione Lazio. Quello che sta accadendo è semplicemente vergognoso.

La legge regionale del Lazio, unica tra tutte le Regioni, stabilisce che la data delle elezioni sia fissata dal presidente uscente e debba essere indetta entro 90 giorni dalle dimissioni del suddetto presidente. Il tempo scorre ma la Polverini, interpretando a sua modo la norma, si rifiuta di rispettarla e vuole che si voti in aprile insieme alle Politiche. Nel frattempo l'intero Consiglio regionale è dimissionario ma i suoi membri continuano a percepire lo stipendio e la Polverini sforna ogni giorno provvedimenti a dir poco eccentrici, beneficia a destra e a manca, nomina persone amiche nelle aziende comunali, fonda nuove associazioni ed enti vari. Insomma prosegue lo sperpero che rese possibile il caso Fiorito e gli altri analoghi.

L'Avvocatura dello Stato, richiesta dal governo di un formale parere, lo ha dato ribadendo che le elezioni debbano avvenire entro il termine di 90 giorni dalle dimissioni del presidente ma la Polverini nel suo bunker in via della Pisana continua a dilapidare senza ritegno.

Il Movimento in difesa dei cittadini ha ricorso al Tar del Lazio affinché imponga all'Amazzone l'adempimento della norma. L'Amazzone dal canto suo ha arruolato in sua difesa un avvocato che è al tempo stesso segretario ministeriale di Catricalà che - vedi caso - sostiene l'"election day" con le elezioni regionali in aprile insieme alle politiche. Il segretario di Catricalà si è dimesso dalla carica ministeriale nel momento in cui accettava di difendere la Polverini.

Ma perché Catricalà (e l'avvocato dell'Amazzone) vogliono le elezioni in aprile anziché subito come la norma prevede? Il motivo è evidente: Berlusconi (e Gianni Letta di cui Catricalà è comprovato sodale) non vogliono che la sicura sconfitta del centrodestra avvenga prima delle Politiche. Si vìola una norma? E chi se ne frega, ben altre ne furono violate.

Il governo dovrebbe esprimersi. Eventuali economie connesse con l'"election day" in aprile non compensano la violazione di una norma così importante e sono ampiamente compensati in negativo dalla dissipazione di risorse in atto in via della Pisana.

Il ministro dell'Interno continua a dire che la competenza non è sua. Ciò non dovrebbe impedirle di proclamare chiaro e tondo che la norma è stata violata e va recuperata.

Il Tar ha esaminato il ricorso e farà sentenza martedì prossimo. È possibile che si lavi le mani come fece Ponzio Pilato. In quel caso la vergogna si estenderà anche ai giudici amministrativi e perfino - rincresce dirlo - alla signora Severino, sistematicamente prudente tutte le volte rischi di dispiacere a qualcuno ancora potente (vedi leggi sulla corruzione).

Questa non è economia, onorevole Monti, ma politica. Lei non ha dunque nessun vincolo salvo quello della sua coscienza. Confido che l'ascolti e la metta in atto.
(11 novembre 2012)
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

L'Ultimo tango a Parigi - 9
Cause ed effetti - 7


Gli effetti del secondo tipo 6

In risposta ad Amà.



Il primo governo Berlusconi ha vita breve, dura 252 giorni dal maggio al dicembre del 1994. Un mese prima della sua caduta, S.B. riceve un’avviso di garanzia mentre presiede a Napoli il vertice G7 sulla criminalità organizzata ( Un classico tutto italiano, il referente politico della Mafia SpA presiede un vertice G7 sulla criminalità organizzata. E’ immaginabile il suo grandissimo apporto a favore del “contrasto alla criminalità organizzata”). Però tutto questo fa parte della tragicommedia all’italiana comunemente accettata.

Dal 2001, quando ritorna al potere,S.B., passerà 11 anni a promuovere una serie d’interventi legislativi intesi a contrastare l’azione della magistratura nei suoi confronti con le leggi “ad personam”. A cavallo tra il 2007-2008 è il principale artefice della caduta del governo Prodi. Il motivo è piuttosto semplice. Il suo ex consulente legale Gaetano Pecorella che per professione conosceva molto bene il Foro di Milano, rese noto più volte al boss che per come si erano messe le cose nel dibattimento del caso Mills, soprattutto da come si muoveva il collegio giudicante, questa volta B. non avrebbe avuto scampo (come ad esempio è avvenuto 12 giorni fa). Necessitava quindi urgentemente mettere in atto un sistema per tirarlo fuori dal processo e questo avvenne con il lodo Alfano, che certamente Silvio Berlusconi non poteva promuovere da capo dell’opposizione. Grazie anche alla complicità di Napolitano che si è giocato la faccia e la carriera sostenendo che il lodo era costituzionale, mentre verrà rigettato successivamente dalla Corte Costituzionale, in quanto appunto anti costituzionale. Bastava, tecnicamente, che Napolitano rinviasse il lodo alle Camere per salvare la faccia, in quanto, anche se il lodo Alfano fosse ritornato intonso dalle Camere, dal punto di vista costituzionale il presidente aveva “l’obbligo” di firmare. Ma dato che tutto si giocava sul tempo, le pressioni esercitate hanno spinto Napolitano a perdere la faccia. Berlusconi uscirà in tempo dal caso Mills per soli 4 giorni. Con il rinvio alle Camere, sarebbe stato regolarmente condannato.

I governi Berlusconi hanno solo tirato a campare cercando di favorire il più possibile i suoi elettori al fine di ottenere come ritorno un eterno consenso che gli serviva di rimanere alla guida del governo per proteggersi dalla magistratura.

Sotto il suo governo l’Italia non cresce. Non poteva essere di certo il tributarista Tremonti a comprendere le difficoltà della politica industriale e della crescita.

E la serie di bucanieri al suo seguito non poteva di certo dare suggerimenti in materia, visto che erano con lui solo per spolpare il Paese. Scajola, Verdini, Cosentino sono predatori di lungo corso arruolati per la bisogna del cav caimano. Ci sono poi le vestali che ricordano tanto l’altro Cavaliere, soprattutto nella fase finale delle Repubblica di Salò. E’ interessante constatare che alla fine, la natura di un popolo resiste nel tempo.
Il berlusconismo non è il fascismo ma un facsimile in sedicesimo. Come sosteneva Karl Marx, la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.

Fidel Confalonieri, l’amico di sempre dai tempi in cui lui e Silvietto si guadagnavano da vivere sulle navi da crociera, uno suonando il pianoforte, Fidel, e l’altro cantando e facendo l’entreneuse tutto fare per vecchie tardone in cerca di avventure da crociera (fonte Paolo Villaggio), quindi uno che lo conosce bene da una vita, lo ha definito il Ceusescu buono.

Penso che Fidel l’abbia azzeccata in pieno come definizione, il caimano è un dittatore a suo modo ma non è un uomo di sangue.

Io sono seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeerio, e il mio partito è seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeerio, è lo slogan preferito da sempre da monsignor Bunga Bunga, che ce lo infila nei sui discorsi come intercalare ogni 10 parole.

Monsignore, sostiene di aver frenato assieme al compariello Fini, l’azione del caimano. Però i risultati sembrano dargli torto visto il disastro provocato nel tempo e la sconfitta politica del 2006 dove l’elettorato ha bocciato l’azione del governo nella legislatura 2001-2006. Se veramente fosse stato seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeerio, sarebbe uscito dal governo Berlusconi in tempi non sospetti, come fece Ugo La Malfa nel 1974, quando la Dc propose provvedimenti che avrebbero mandato in bancarotta lo Stato. Ma dato che monsignore è l’icona vivente delle cozze legate alla roccia del potere, è sempre stato un fedele alleato in tutte le porcate berlusconiane, avallando di tutto e di più senza misericordia.

Solo una crisi di dimensioni internazionali peggiori di quella del ’29, poteva smascherare la banda dei bucanieri, spolpatori e predatori all’assalto dello Stato. Altrimenti il caimano mannaro, divenuto nel frattempo, per via della decomposizione naturale, una mummia cinese dagli occhi a mandorla, sarebbe ancora seduto tranquillamente sul seggiolone di Palazzo Chigi.

E per via dell’impegno delle volpi argentate dell’opposizione, su quel seggiolone ci poteva stare comodamente seduto anche per la prossima legislatura 2013-2018, perché loro, l’opposizione dell’usato sicuro, “sotto il vestito niente”,……..ma proprio niente.

Nuovamente, per evitare di toccare i suoi elettori, per paura di non essere rieletto, il caimano non affronta la crisi economica nei dovuti modi, sperando sempre nello stellone tricolore che tanto aveva aiutato tanti nella prima Repubblica. Secondo lui, già a cavallo tra il 2009 e il 2010, la crisi non esisteva più. Certo, che essendo il sesto uomo più ricco del Paese e il sedicesimo del pianeta la crisi non sapeva neppure cosa fosse. La pensava diversamente chi nel Paese non riusciva a raggiungere regolarmente la seconda settimana del mese.

Rimarranno celebri nella storia le sue parole pronunciate mentre il Titanic Italia VI affondava: “In Italia non c’è la crisi, ristoranti, alberghi, luoghi di villeggiatura sono pieni. Per prendere un aereo occorre fare la prenotazione”.

Adesso furbescamente, di sua sponte o per suggerimento doc di qualche consigliore, ha chiesto “scusa agli italiani”, nella remota speranza di recuperare il terreno abbondantemente perduto.

Continua in:

L'Ultimo tango a Parigi - 10
Cause ed effetti - 8


Gli effetti del secondo tipo 7

In risposta ad Amà.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Crisi: “Italiani attenti, la ricetta tedesca vi farà finire come la Grecia”
Intervista a Roberto Lavagna, il "ministro del miracolo" che ha risollevato dal baratro l'economia dell'Argentina: "Prima di tagliare il Welfare colpire i settori improduttivi". Dopo il crac del 2001, Buenos Aires rifiutò i diktat dell'Fmi: "Per esempio decidemmo di bloccare gli sfratti per non mandare sotto i ponti migliaia di persone"

di Angela Nocioni |
11 novembre 2012Commenti (1521)


“Attenzione, se continuate a fare quello che vi chiede la Germania rischiate di fare la fine della Grecia”. Roberto Lavagna (nella foto) è l’economista che traghettò l’Argentina fuori dalla drammatica crisi esplosa nel Natale del 2001 (leggi il suo ritratto). Fu lui a governare l’emergenza. Nominato ministro dell’economia subito dopo il tracollo di Buenos Aires – con il Pil precipitato del 20%, i conti correnti congelati dalle banche e buona parte della classe media finita a rovistare nei cassonetti della spazzatura – riuscì a risollevare le sorti di un Paese dato ormai per spacciato, applicando ricette economiche finalizzate innanzitutto a restituire potere d’acquisto alla popolazione. “El ministro milagro” lo chiamano (anche i nemici) a Buenos Aires.

Ora dice di noi: “Tagliare il welfare non vi farà uscire dalla crisi, o andate a disturbare settori improduttivi e prendete i soldi da lì, o vi ritroverete come Atene”.

Quali settori improduttivi?
Voi non potete giocare con la svalutazione della moneta come facemmo noi nel 2002 in Argentina perché avete l’euro e fate bene a tenervelo caro. Però potete decidere di avere il coraggio di intervenire con tagli molto precisi e molto decisi nei settori meno legati alla crescita. Penso per esempio alle spese per la Difesa. Solo quando c’è potere di acquisto c’è aumento della domanda e come si esce dalla recessione se non si pensa ad aumentare la domanda di beni e servizi da parte della popolazione? Quale senso economico ha distruggere il welfare state per tutelare gli interessi di settori di potere che non producono ricchezza? Pensare che uscirete dalla crisi attuando le politiche che vi raccomanda la troika è un errore gravissimo. Credere che si recupera competitività riducendo il potere di acquisto della popolazione è folle. Vi va male? Se seguite quelle ricette vi andrà peggio.

Quali delle richieste della Banca centrale europea, dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale non la convincono?
Finora mi pare che l’unica cosa concreta fatta in Europa sia stata il salvataggio delle banche. Guardate la Grecia. Lì c’è stato un drastico intervento europeo. Eppure Atene va verso un 2013 con il Pil precipitato, gli indici di disoccupazione e di povertà vanno peggio di come andavano prima del drastico intervento europeo. Perché non viene messa in discussione l’efficacia dell’intervento? Si chiede al governo greco invece di aumentare la politica delle lacrime e sangue. Cosa ha salvato lì il piano di salvataggio europeo? Ha salvato l’esposizione di alcune banche. L’esposizione delle banche in Grecia è diminuita del 60%. E’ l’unica cosa che è stata fatta. Si è privilegiato il salvataggio di quel settore. Si è fatta una scelta specifica, si è salvato l’interesse di un particolare settore di potere.

Era possibile non farlo?
Con la quantità di soldi che si è spesa si poteva salvare parte dell’economia al collasso. Ma guardate quanto si è speso per salvare le banche dei Länder tedeschi che stavano messe male tanto quanto le Caixas spagnole. Perché si parla tanto dei buchi delle Caixas spagnole e non di quelli enormi delle banche dei Länder tedeschi ripianati dalla signora Merkel? Mistero.

Che cosa contesta esattamente alla gestione tedesca della crisi europea?
L’egoismo e la miopia. La sintesi della situazione europea l’ha fatta Helmut Kohl quando ha detto: ‘Finora si trattava di europeizzare la Germania, ora si sta tentando di germanizzare l’Europa’. Che voi seguiate la strada indicata dalla Germania conviene alla Germania, non a voi.

Ma davvero crede che il welfare così come l’abbiamo conosciuto finora possa essere mantenuto?
Ci sono sprechi ed eccessi nel welfare europeo, certo. Ma non si può cominciare a tagliare da lì. Chi va a tagliare i costi del welfare, per farlo con autorevolezza, deve essersi reso prima credibile politicamente prendendo i soldi ai settori di potere improduttivi. Non ci vuole un genio dell’economia per fare cassa tagliando salari pubblici e pensioni.

Quali degli strumenti usati in Argentina per uscire dal tracollo del 2001, ritiene utili nella crisi europea attuale?
Lasciamo perdere le ovvie differenze e guardiamo alle similitudini tra le due situazioni. Sinceramente, le somiglianze tra la Grecia di oggi e l’Argentina di allora sono preoccupanti. La troika chiede ad Atene, e rischiate che tra poco chiederà a voi, le stesse cose che il Fmi chiese a noi dieci anni fa. Se l’avessimo seguito alla lettera, non ci saremmo mai più ripresi. In Argentina la prima richiesta del Fmi durante la crisi economica fu di ridurre le spese per i salari pubblici e per le pensioni del 13%. La prima richiesta fatta alla Grecia è stata di tagliarli del 14%. Noi avemmo il coraggio di dire no a richieste pressanti che ci arrivavano dagli organismi internazionali.

Quali?
Banche e imprese straniere ci chiedevano il pagamento di un’indennità, il “seguro de cambio”, che serviva a rimborsare i profitti persi a causa della svalutazione della moneta. Pagarlo a una sola impresa avrebbe voluto dire sborsare 500 milioni di dollari dalla cassa statale. Dicemmo di no. Altro esempio: decidemmo di sospendere gli sfratti nei casi di unica abitazione. Il Fmi ci disse che era una violazione del principio capitalistico della difesa della proprietà. Trovo che sia un assurdo economico, oltre che un grave attentato alla sicurezza sociale, mandare a vivere sotto ai ponti migliaia di persone. Comunque una decisione simile, pochi anni più tardi fu applicata negli Stati uniti senza scandali. Perché in casi di crisi, l’eterodossia diventa regola. Solo che negli Stati uniti sono stati più abili di noi e la decisione non ha fatto scandalo. Anzi, non ha fatto neanche notizia.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... ia/410003/
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Fatti,…non chiacchiere - 1

Delocalizzazione – 1



Il tempo passa velocemente e i problemi non solo non si risolvono, ma peggiorano di giorno in giorno per l’insipienza manifesta di un’intera classe dirigente. Si avvicinano le elezioni di aprile e per come scorre il tempo possiamo tranquillamente affermare che “sono dietro l’angolo”.

I politici sono tutti presi con i loro problemi di sopravvivenza, che si traducono in pratica in problemi di POLTRONE & FORCHETTE.

Bersani si trastulla con problemi di premi di maggioranza inutili, problemi di leadership all’interno di un partito che conta ben 18 correnti, considerando l’ultima renziana, ma non ha il carisma né l’autorevolezza di imporsi e dettare una linea netta e precisa, ammesso che abbia l’idea sul cosa fare.

Sembra dai fatti e dalle parole che il segretario del Pd di sociologia politica ci capisca ben poco, mentre è molto afferrato in materia di POLTRONE & FORCHETTE, tanto da poter tranquillamente insegnare la materia alla Bocconi, se il suo amico Monty volesse.

Aveva, come anche ora ha, già da quando è stato eletto la partita in mano. Se solo avesse compreso la situazione oggi starebbe oltre il 50 % dei consensi, senza bisogno che qualcuno si sia dato da fare per far resuscitare la vecchia alleanza di 5 anni fa, al solo scopo di sbarrare la strada a partiti non graditi dai poteri forti. Bersani ha scelto invece di proseguire con la bassa politica della casta perdente e morente e adesso si deve arrabattare a crearsi quell’indipendenza dalle correnti per diventare premier cercando di vincere le primarie come fece a suo tempo Prodi per affrancarsi dallo strapotere dei signori delle tessere del tempo, che tentarono subito di mettergli il collare per tenerlo al guinzaglio appena messo piede sul suolo patrio al ritorno da Bruxelles, inventandosi di sana pianta le “primarie italiane” per avere un contrappeso popolare significativo da opporre ai prepotenti signori delle tessere.

Spettacolo all’americana quello di stasera su Sky. Una novità assoluta dopo 7 anni dalle prime primarie di Prodi, che la televisione trasforma in spettacolo privo di contenuti reali nei confronti della realtà drammatica che stiamo vivendo, che PG Battista definisce noioso mentre IFQ, tra qualche ora in edicola, definisce stile X-Factor, ma più noioso.

Altro che noioso, è stato uno spettacolo agghiacciante che fa venire i brividi al solo pensare che uno dei 5 personaggi in cerca di autore possa assumersi la responsabilità di guidare il Titanic Italia VIII, con i problemi che abbiamo di fronte.

Emerge amaramente la profezia di Nanni Moretti, con la variante che PG Battista e colleghi fanno osservare che il Cs potrà vincere le elezioni ma non avrà i numeri al Senato.

Ma il problema non è tanto questo, ma quanto sono completamente fuori dalla realtà i politici di Cs in generale e in modo particolare quelli visti questa sera, che il sito del Pd ha voluto definire, con pessimo gusto, “I FANTASTICI 5”.

Come sempre nei momenti cruciali si fanno superare da qualcuno della destra con le idee più chiare. Infatti ieri mattina ad Agorà Guido Crosetto ha esposto con estrema lucidità il problema principale del Paese, forse perché da imprenditore, diversamente dai suoi cazzuti colleghi conosce la realtà italiana di questa drammatica fase.

Highlights (a destra)
00.16.09
Crosetto (Pdl), Alfano non ha
apprezzato la mia candidatura

Dopo aver elencato alcune cazzate a cascata del governo Monty, ..Crosetto precisa:
<< ………..e soprattutto lo ha fatto nei confronti delle aziende,…guardi che la ricchezza del Paese non la produce lo Stato,..lo Stato preleva ricchezza e la distribuisce,…ma chi la produce? ….Sono milioni di aziende,..noi abbiamo milioni di aziende in difficoltà di cui alcune alla canna del gas altre sull’orlo del baratro……..>>

http://www.agora.rai.it/dl/portali/site ... af261.html

A questa drammatica realtà precisata da Crosetto, se ne inserisce ancora una peggiore, apparsa ieri su Il Fatto Quotidiano del lunedì.

DELOCALIZZAZIONE

Arrivederci Pechino
Le aziende fuggono


Di Roberta Zunini.

La giovane operaia di Shangai parlava un inglese fluente. Parole ricercate, termini tecnici. Il suo nuovo capo, un italiano, era sorpreso: “Che studi hai fatto?”, le chiese. “Sono laureata in ingegneria, ma ora
sono costretta a fare l’operaia, perché l’impresa dove lavoravo se n’è andata.


Addio Shangai, ha delocalizzato in Vietnam. Sarei stata disponibile a trasferirmi, ma con quello che mi pagherebbero laggiù, non mi conviene. Guadagno di più qui come operaia”, rispose.

Il dirigente italiano era appena arrivato nella metropoli cinese per lanciare una fabbrica per realizzare scudetti in stoffa da applicare alle magliette.

Torino era troppo cara.

Ci si trasferisce dall’Italia alla Cina. Ma ecco la sorpresa: l’ultima frontiera del lavoro a basso costo si è già spostata altrove.


In Cina, da qualche mese si assiste a un’accelerazione della delocalizzazione, anzi una delocalizzazione al quadrato: gli stranieri spostano la produzione dal proprio Paese, o ne subappaltano un ramo, in Cina dove però non è più conveniente produrre nemmeno per i cinesi.

Il costo della manodopera infatti si è alzato dopo le annose battaglie combattute dai lavoratori con l’appoggio di sparute organizzazioni per i diritti del lavoro.

I cinesi quindi, dopo aver ottenuto la commessa, a loro volta subappaltano o tra-sferiscono completamente la produzione in un altro Paese.

Proprio quando il messaggio sull’ampliamento dei diritti dei lavoratori sembrava essere stato, almeno in parte, recepito anche dai granitici membri del Pcc, il partito comunista cinese che governa la super potenza, numerosi protagonisti del mercato del lavoro cinese avevano già trasferito i loro stabilimenti nel sud est asiatico per non incappare in regole più severe.

La delocalizzazione che ha fatto la fortuna del Dragone, gli si sta quindi ritorcendo contro?

L’effetto boomerang è stato denunciato nei giorni scorsi dal quotidiano China Daily, dopo la nota ufficiale del ministero del Commercio, in cui si legge: “A causa dell’aumento dei salari e della diminuzione delle esportazioni, numerose aziende cinesi si sono trasferite all’estero e molte altre vorrebbero seguirle nel viaggio verso la delocalizzazione.

Il fenomeno per ora
coinvolgerebbe almeno un terzo delle aziende del settore, che si stanno spostando in Vietnam, Cambogia, Filippine, Bangladesh, Indonesia e Malesia.

Il motivo principale per cui anche gli imprenditori cinesi vogliono andarsene, lasciando senza lavoro decine di milioni di connazionali è la crescita del costo del lavoro a ritmi del 15-20% annui.

I margini di guadagno per aziende che producono merci di bassa qualità verranno pertanto sempre più erosi fino a costringerle alla chiusura o delocalizzazione.

La conseguenza più grave sarà l’arretramento di buona parte del ceto medio, allargatosi sensibilmente nell’ultimo lustro, cioè la classe sociale che più aveva contribuito a far correre l’enorme mercato interno cinese, entrando a piedi uniti nel mondo dei consumi.

A Shenzen, il nucleo produttivo, il salario minimo è stato portato a 1500 yuan (185 euro).

In Vietnam, secondo i dati dello scorso anno, un lavoratore percepiva meno della metà. Anche in Cambogia gli stipendi sono ancora inferiori del 75% rispetto a quelli versati ai cinesi.

Il sito online cinese Vancl.com, che vende articoli di abbigliamento, ha appena stretto un accordo per un primo lotto di produzione di 30mila camicie con un produttore della provincia di Jiangsu che ha una fabbrica in Bangladesh dove i costi del lavoro sono fino al 30% più bassi.

Le prime prove di delocalizzazione, oltre che di business tout court, il Dragone le aveva già fatte nel decennio scorso in tutto il continente africano.

In Etiopia, per esempio, una azienda cinese produce scarpe da esportare in Europa e Nord America.
Fra i vantaggi non c’è solo il basso costo della manovalanza e della materia prima, il cuoio, ma anche benefici fiscali, elettricità gratis e aree edificabili a basso costo.

Negli anni Duemila però il costo della manodopera cinese era ancora basso e quindi gli imprenditori portavano con sé anche molti lavoratori cinesi che, non avendo nulla da perdere in patria, non si facevano problemi a trasferirsi in Africa.

Ora le cose non stanno più così perché i lavoratori cinesi hanno imparato a rivendicare i propri diritti e l’incubo disoccupazione inizia a preoccupare il nuovo establishment cinese, uscito dal diciottesimo congresso del Partito comunista più capitalista del pianeta.

IFQ
Maucat
Messaggi: 1079
Iscritto il: 19/04/2012, 12:04

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Maucat »

Con questa continua rincorsa al ribasso dei costi del lavoro che continua non abbiamo nessuna speranza di uscire dal tunnel della crisi... anzi troveremo buona compagnia inaspettata fino a pochi anni fa nella galleria...
E in fondo ci saranno solo le tenebre di un nuovo medioevo...
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Dagospia: i Bilderberg in Vaticano con Letta e Mentana

I Bilderberg a Roma dal 13 novembre, «quasi come se fosse una provocazione», per parlare del commissariamento dei paesi dell’Eurozona più a rischio: Italia, Spagna e Grecia. «Della riunione – scrive “Dagospia” – non c’è traccia neppure sul sito ufficiale della più potente e misteriosa organizzazione mondiale che raccoglie manager, banchieri e imprenditori da tutto il mondo». Secondo le “talpe” di Roberto D’Agostino, la segretaria organizzativa del “super-clan” planetario, Marlieke de Vogel, sarebbe “disperata”, perché «l’incontro segretissimo di Roma del più potente circolo finanziario para-massonico mondiale» rischia un clamoroso flop. Motivo: l’organizzazione ha piazzato gli ospiti all’Hotel de Russie, angolo piazza del Popolo, a due passi dalla folla di troupe che presidiano il festival del cinema. Peggio: i musei vaticani saranno chiusi in anticipo per consentire ai super-oligarchi di consumare una frugale cenetta tra i capolavori d’arte: centomila euro per 80 invitati.

Interessante, sempre secondo le indiscrezioni di “Dagospia”, la lista degli invitati: ovviamente il premier Mario Monti, «dato per certo alla cena», insieme al «sempre presente» ministro-banchiere Corrado Passera, con alcuni colleghi dell’esecutivo: il ministro dell’istruzione Francesco Profumo e le ministre Paola Severino (giustizia) ed Elsa Fornero (lavoro), mentre la titolare degli interni, Anna Maria Cancellieri, «sentendo puzza di bruciato ha declinato l’invito». Cosa che invece non ha fatto Giuliano Amato, indicato nei documenti ufficiali come semplice presidente della Treccani. Assente, per prudenza, anche Mario Draghi: per la delicatezza dei temi che verranno trattati e che quindi lo coinvolgono istituzionalmente, scrive “Dagospia”, il governatore della Bce ha fatto sapere al francese Henry de Castries, presidente del Bilderberg, che «seguirà prudenzialmente gli sviluppi dei lavori da Francoforte», per scongiurare le «inevitabili strumentalizzazioni» che la sua presenza a Roma scatenerebbe.

Foltissima, sempre secondo D’Agostino, la rappresentanza di giornalisti di punta, vicini al potere televisivo italiano: new entry Enrico Mentana, oltre alla «ormai habitué Lilli Gruber», come a dimostrare che La7 di Franco Bernabé è di casa tra i signori della Terra. «In forse fino all’ultimo momento», invece, il direttore del “Corriere della Sera”, Ferruccio De Bortoli, mentre si attende Vendeline von Bredow dell’“Economist”. Tra i super-manager italiani, continua “Dagospia”, ci saranno Mauro Moretti di Trenitalia e grandi banchieri: Alberto Nagel di Mediobanca, Federico Ghizzoni di Unicredit ed Enrico Cucchiani di Intesa SanPaolo. Poi il presidente di Agcom, Angelo Cardani, con la presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, e Gabriele Galateri, presidente di Generali e Telecom. Dato per presente anche il neopresidente della Cir, Rodolfo De Benedetti (gruppo “Espresso”, “La Repubblica”), mentre sarebbe «ancora indeciso» il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco.

«Per provare a farsi le ossa anche in questa sessione», aggiunge “Dagospia”, parteciperà anche Enrico Letta del Pd, mentre «quelli più furbi che hanno capito l’andazzo vedendo il programma e hanno preferito rinunciare, per non finire paparazzati» sarebbero il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, l’onnipresente Luca Cordero di Montezemolo e industriali come Diego Della Valle e John Elkann del gruppo Fiat. «Tra gli stranieri – continua il sito di D’Agostino – brillano invece Tom Enders, ceo della Eads, Marcus Agius di Barclays, Edmund Clark, canadese boss della Td Bank group, Kenneth Jacobs gran capo della Lazard, l’americano Klaus Kleinfeld chairman dell’Alcoa (che spera di non essere contestato dopo la chiusura dell’impianto in Sardegna), Jorma Ollila della Shell».

Hanno dato forfait, «immaginando forse il casino di Roma», due pezzi da novanta come David Rockefeller e Jean-Claude Trichet, predecessore di Draghi alla Bce. «Riusciranno i nostri eroi a salvare il mondo, magari commissariando ancora i governi più deboli come Grecia, Spagna e Italia», cercando addirittura di passare semi-inosservati «grazie ad un imponente servizio d’ordine che ancora una volta paralizzerà il centro di Roma?». Una cosa è certa, conclude “Dagospia”: prima di riunirsi di nuovo in Italia, i Bilderberg ci penseranno due volte.

http://www.libreidee.org/2012/11/dagosp ... e-mentana/
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