articolo 18
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Re: articolo 18
La riforma è squilibrata.
Ci battiamo per cambiarla e salvare l'articolo 18.
L'obiettivo principale del governo sembra essere proprio quello di introdurre la libertà di licenziamento.
La riforma è squilibrata anche per quanto riguarda il superamento del dualismo del mercato del lavoro.
Lo aveva spiegato il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, subito dopo l'incontro a palazzo Chigi con il governo del 20 marzo.
Il Direttivo nazionale del 21 marzo ha votato la decisione di proclamare 16 ore di sciopero.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18698
La CGIL si prepara a una mobilitazione dura che cambi le norme del governo:
Ecco una prima scaletta di massima delle iniziative:
1) Petizione popolare per raccogliere milioni di firme.
2) Iniziative specifiche con i giovani per contrastare le norme sbagliate sul precariato.
3) Campagna nazionale a tappeto di informazione in tutti i territori.
4) Prime mobilitazioni nei posti di lavoro e nei territori.
5) Assemblee in tutti i luoghi di lavoro.
6) Avvio del lavoro con la Consulta giuridica per i percorsi legali (ricorsi, ecc).
7) 16 ore di sciopero:
8 per le assemblee e iniziative specifiche e 8 ore in un'unica giornata con manifestazioni territoriali e assemblee nei posti di lavoro.
La data sarà definita sulla base del calendario della discussione in Parlamento.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18700
Ci battiamo per cambiarla e salvare l'articolo 18.
L'obiettivo principale del governo sembra essere proprio quello di introdurre la libertà di licenziamento.
La riforma è squilibrata anche per quanto riguarda il superamento del dualismo del mercato del lavoro.
Lo aveva spiegato il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, subito dopo l'incontro a palazzo Chigi con il governo del 20 marzo.
Il Direttivo nazionale del 21 marzo ha votato la decisione di proclamare 16 ore di sciopero.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18698
La CGIL si prepara a una mobilitazione dura che cambi le norme del governo:
Ecco una prima scaletta di massima delle iniziative:
1) Petizione popolare per raccogliere milioni di firme.
2) Iniziative specifiche con i giovani per contrastare le norme sbagliate sul precariato.
3) Campagna nazionale a tappeto di informazione in tutti i territori.
4) Prime mobilitazioni nei posti di lavoro e nei territori.
5) Assemblee in tutti i luoghi di lavoro.
6) Avvio del lavoro con la Consulta giuridica per i percorsi legali (ricorsi, ecc).
7) 16 ore di sciopero:
8 per le assemblee e iniziative specifiche e 8 ore in un'unica giornata con manifestazioni territoriali e assemblee nei posti di lavoro.
La data sarà definita sulla base del calendario della discussione in Parlamento.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18700
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Re: articolo 18
Sul pubblico impiego e' un po' diverso Paolo.paolo11 ha scritto:Se nel pubblico impiego ci fossero le stesse regole del privato.Primo avrebbero paura di perdere il posto di lavoro,se vanno a farsi la spesa.
Secondo ci sarebbe meno corruzione sapendo che vengono sbattuti fuori dal pubblico impiego per sempre.
Angeletti la deve smettere di calar le braghe nel privato e nel pubblico invece dice di NO.
Ciao
Paolo11
Se nel privato quando l'azienda va in passivo per mancanze di ordini e quindi chiede la possibilita di licenziare. nel pubblico non si puo' fare lo stesso se non si vuole svuotare tutta la P.A. E poi che colpa ne hanno i dipendenti pubblici se i loro dirigenti nonsanno amministrare la cosa pubblica?
Non credo che in questo momento si possa considerare il dipendente pubblico privilegiato ruispetto al privato. Direi il contrario visto che nel momento in cui va in pensione dere ricevere la sua liquidazione 24 mesi dopo. Perxhe questo? Che colpa ne hanno i dipendenti? Qualora anche ci fossero anche dei "lavativi" non avevano questi dei loro diretti responsabili o no?
Quindi, credo che a pagarne le spese da questa manovra, siano proprio questi dipendenti.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: articolo 18
L’articolo 18 al capolinea: mind the gap
di: Alberto Piccinini*
marzo - 20 - 2012
Cercando di districarsi nella girandola di informazioni che noi comuni mortali ritroviamo nei vari organi di stampa, un primo punto sembra incontroverso: i nemici da sempre dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ritengono di avere l’opportunità di portare a casa un ricco bottino. Nonostante questo rivelano un’incontenibile avidità che sembrerebbe non farli accontentare neppure di risultati fino a pochi mesi fa assolutamente impensabili.
Ma andiamo ad esaminare nel dettaglio le tre fattispecie sulle quali ruotano le più disparate ipotesi di “manutenzione” (=
depotenziamento) dell’art. 18
.
Licenziamento discriminatorio.
Su questo anche i più agguerriti falchi sono disposti a concedere la sopravvivenza della reintegrazione nel posto di lavoro, così come prevista dall’attuale articolo 18. Non si illuda l’ingenuo lettore che si tratti di una generosa concessione: in tutti i Paesi del mondo i comportamenti discriminatori sono sanzionati pesantemente e per quanto riguarda, nello specifico, il licenziamento disciplinare, va detto che in concreto i casi in cui un giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L’onere di dimostrare l’intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive. Bisogna quindi aver la piena consapevolezza che questa “concessione” altro non è che uno specchietto per le allodole.
Licenziamento disciplinare.
Con questo termine si intendono quei licenziamenti che i tecnici definiscono per giustificato motivo soggettivo e/o per giusta causa, riconducibili a presunti inadempimenti contrattuali o comportamenti illeciti del lavoratore.
Attualmente il giudice, ove ritenga che i fatti addebitati siano inesistenti, ovvero che il licenziamento sia una sanzione non proporzionata all’infrazione, nelle aziende con più di 15 dipendenti ordina la reintegrazione, mentre in quelle con meno di 16 condanna ad un’indennità non superiore alle 6 mensilità.
Due sono le soluzioni “manutentive” che ad oggi risultano prospettate, in caso di accertamento della illegittimità del licenziamento: 1) che sia il giudice a decidere se applicare la reintegrazione o disporre un risarcimento solo economico; 2) che vi sia solo il risarcimento economico. Sulla prima la mia personale opinione, per quanto poco conti, è che non vi sono ragioni collegabili alla crisi economica in atto per una modifica dell’attuale normativa. Ma è la seconda soluzione che desta gravissime preoccupazioni, perché foriera di abusi sfacciati. Per un datore di lavoro, infatti, che si volesse liberare di un dipendente per le più svariate ragioni (ad esempio perché si assenta troppo dal lavoro per sottoporsi a cicli di chemioterapia) basterebbe contestare allo stesso di aver guardato male il caporeparto, licenziarlo per motivi disciplinari (palesemente illegittimi) e investire un piccolo capitale per liberarsi del dipendente “improduttivo”.
Licenziamento per motivi economici ed organizzativi.
Si chiede con forza una maggiore flessibilità in uscita per queste causali, prospettando falsamente l’attuale impossibilità dell’imprenditore di ridurre il proprio personale in presenza di un calo di ordini, di una contrazione del fatturato e, in genere, per mancanza di lavoro dovuta alla crisi economica. I politici che continuano a sbandierarci questa drammatica situazione gettano solo del fumo negli occhi, in quanto questi licenziamenti già comunemente avvengono nella vigenza dell’art. 18, applicabile, giova ripeterlo, solo ai licenziamenti ingiustificati.
La novità che si vorrebbe introdurre, da parte di alcuni, è quella dell’automatica applicazione di una sanzione economica, in sostituzione della reintegrazione: soluzione che avrebbe il vantaggio – per il datore di lavoro – di poter preventivare in linea di massima i costi della riduzione di personale, senza il rischio che le lungaggini di un processo gonfino in maniera esorbitante il costo di una scelta sbagliata. Essa, tuttavia, inevitabilmente comporta un’equiparazione tra i licenziamenti giustificati e quelli ingiustificati, tramutandosi per entrambi, nella sostanza, in un allungamento dell’indennità sostitutiva del preavviso. Per questo l’ipotesi trova voci di dissenso persino nel fronte imprenditoriale, laddove si evidenzia che, in una situazione di crisi, aumenterebbero i costi, rispetto all’attuale normativa, anche per i licenziamenti giustificati.
Anche qui però vale quanto detto per i licenziamenti disciplinari: prevedere la sola sanzione economica in luogo della reintegrazione lascia spazio a facili abusi, potendosi “battezzare” come licenziamenti economici anche quelli che trovano invece le loro ragioni altrove. Consentendo invece al giudice di verificare la genuinità della motivazione economica addotta (senza ovviamente entrare nel merito della scelta imprenditoriale, come peraltro è già oggi), l’accertamento della insussistenza di valide ragioni “economiche” trasformerebbe il licenziamento in qualcosa di diverso, che non si vede perché non debba essere sanzionato con la reintegrazione.
E’ quindi assolutamente indispensabile che intervenendo – come ormai pare inevitabile – su questa fattispecie, il legislatore non sottragga al giudice la possibilità di esaminare la legittimità dell’atto del datore applicando, se necessario, l’articolo 18.
*Avvocato giuslavorista
http://www.paneacqua.info/2012/03/l%E2% ... d-the-gap/
di: Alberto Piccinini*
marzo - 20 - 2012
Cercando di districarsi nella girandola di informazioni che noi comuni mortali ritroviamo nei vari organi di stampa, un primo punto sembra incontroverso: i nemici da sempre dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ritengono di avere l’opportunità di portare a casa un ricco bottino. Nonostante questo rivelano un’incontenibile avidità che sembrerebbe non farli accontentare neppure di risultati fino a pochi mesi fa assolutamente impensabili.
Ma andiamo ad esaminare nel dettaglio le tre fattispecie sulle quali ruotano le più disparate ipotesi di “manutenzione” (=
depotenziamento) dell’art. 18
.
Licenziamento discriminatorio.
Su questo anche i più agguerriti falchi sono disposti a concedere la sopravvivenza della reintegrazione nel posto di lavoro, così come prevista dall’attuale articolo 18. Non si illuda l’ingenuo lettore che si tratti di una generosa concessione: in tutti i Paesi del mondo i comportamenti discriminatori sono sanzionati pesantemente e per quanto riguarda, nello specifico, il licenziamento disciplinare, va detto che in concreto i casi in cui un giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L’onere di dimostrare l’intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive. Bisogna quindi aver la piena consapevolezza che questa “concessione” altro non è che uno specchietto per le allodole.
Licenziamento disciplinare.
Con questo termine si intendono quei licenziamenti che i tecnici definiscono per giustificato motivo soggettivo e/o per giusta causa, riconducibili a presunti inadempimenti contrattuali o comportamenti illeciti del lavoratore.
Attualmente il giudice, ove ritenga che i fatti addebitati siano inesistenti, ovvero che il licenziamento sia una sanzione non proporzionata all’infrazione, nelle aziende con più di 15 dipendenti ordina la reintegrazione, mentre in quelle con meno di 16 condanna ad un’indennità non superiore alle 6 mensilità.
Due sono le soluzioni “manutentive” che ad oggi risultano prospettate, in caso di accertamento della illegittimità del licenziamento: 1) che sia il giudice a decidere se applicare la reintegrazione o disporre un risarcimento solo economico; 2) che vi sia solo il risarcimento economico. Sulla prima la mia personale opinione, per quanto poco conti, è che non vi sono ragioni collegabili alla crisi economica in atto per una modifica dell’attuale normativa. Ma è la seconda soluzione che desta gravissime preoccupazioni, perché foriera di abusi sfacciati. Per un datore di lavoro, infatti, che si volesse liberare di un dipendente per le più svariate ragioni (ad esempio perché si assenta troppo dal lavoro per sottoporsi a cicli di chemioterapia) basterebbe contestare allo stesso di aver guardato male il caporeparto, licenziarlo per motivi disciplinari (palesemente illegittimi) e investire un piccolo capitale per liberarsi del dipendente “improduttivo”.
Licenziamento per motivi economici ed organizzativi.
Si chiede con forza una maggiore flessibilità in uscita per queste causali, prospettando falsamente l’attuale impossibilità dell’imprenditore di ridurre il proprio personale in presenza di un calo di ordini, di una contrazione del fatturato e, in genere, per mancanza di lavoro dovuta alla crisi economica. I politici che continuano a sbandierarci questa drammatica situazione gettano solo del fumo negli occhi, in quanto questi licenziamenti già comunemente avvengono nella vigenza dell’art. 18, applicabile, giova ripeterlo, solo ai licenziamenti ingiustificati.
La novità che si vorrebbe introdurre, da parte di alcuni, è quella dell’automatica applicazione di una sanzione economica, in sostituzione della reintegrazione: soluzione che avrebbe il vantaggio – per il datore di lavoro – di poter preventivare in linea di massima i costi della riduzione di personale, senza il rischio che le lungaggini di un processo gonfino in maniera esorbitante il costo di una scelta sbagliata. Essa, tuttavia, inevitabilmente comporta un’equiparazione tra i licenziamenti giustificati e quelli ingiustificati, tramutandosi per entrambi, nella sostanza, in un allungamento dell’indennità sostitutiva del preavviso. Per questo l’ipotesi trova voci di dissenso persino nel fronte imprenditoriale, laddove si evidenzia che, in una situazione di crisi, aumenterebbero i costi, rispetto all’attuale normativa, anche per i licenziamenti giustificati.
Anche qui però vale quanto detto per i licenziamenti disciplinari: prevedere la sola sanzione economica in luogo della reintegrazione lascia spazio a facili abusi, potendosi “battezzare” come licenziamenti economici anche quelli che trovano invece le loro ragioni altrove. Consentendo invece al giudice di verificare la genuinità della motivazione economica addotta (senza ovviamente entrare nel merito della scelta imprenditoriale, come peraltro è già oggi), l’accertamento della insussistenza di valide ragioni “economiche” trasformerebbe il licenziamento in qualcosa di diverso, che non si vede perché non debba essere sanzionato con la reintegrazione.
E’ quindi assolutamente indispensabile che intervenendo – come ormai pare inevitabile – su questa fattispecie, il legislatore non sottragga al giudice la possibilità di esaminare la legittimità dell’atto del datore applicando, se necessario, l’articolo 18.
*Avvocato giuslavorista
http://www.paneacqua.info/2012/03/l%E2% ... d-the-gap/
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: articolo 18
Fornero: Parlamento approvi o ci mandi a casa.
http://www.unita.it/economia/marcegagli ... a-1.394119
---------------------------------------------------
la seconda che ha detto ,Signora.
perchè se devo scegliere tra massacrare i lavoratori e spaccare il PD o dismettere questo governo che è tuttora sotto il controllo di Berlusconi, della grande finanza,dei banchieri e di confindustria...la scelta è facile e va nella direzione giusta,cioè quella del bene del paese,soprattutto della sua componenete più debole ed indifesa.
quindi a casa,senza rancore "ma anche" senza rimpianti.
una nota particolare la voglio mettere per la Signora in questione.
mai avrei creduto che la sua arroganza potesse raggiungere queste vette.
in realtà questo comportamento non è tipico di una persona che ha le "fisique du role" per affrontare momenti difficili come questo,
ma è il comportamento del solito signor (a ) nessuno a cui un giorno regalano una divisa della protezione civile e lo mandano a dirigire il traffico o a fare il parcheggiatore in una fiera di paese:
quella divisa lo fa sentire damblè un capo di stato maggiore e si comporta di conseguenza.
il risultato è che ben presto si mette a litigare con tutti e manco assolve il compitino che gli era stato assegnato.
(un po' come quello che ancora amministra il forum in cui scrivevamo prima...per fare un esempio concreto)
http://www.unita.it/economia/marcegagli ... a-1.394119
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la seconda che ha detto ,Signora.
perchè se devo scegliere tra massacrare i lavoratori e spaccare il PD o dismettere questo governo che è tuttora sotto il controllo di Berlusconi, della grande finanza,dei banchieri e di confindustria...la scelta è facile e va nella direzione giusta,cioè quella del bene del paese,soprattutto della sua componenete più debole ed indifesa.
quindi a casa,senza rancore "ma anche" senza rimpianti.
una nota particolare la voglio mettere per la Signora in questione.
mai avrei creduto che la sua arroganza potesse raggiungere queste vette.
in realtà questo comportamento non è tipico di una persona che ha le "fisique du role" per affrontare momenti difficili come questo,
ma è il comportamento del solito signor (a ) nessuno a cui un giorno regalano una divisa della protezione civile e lo mandano a dirigire il traffico o a fare il parcheggiatore in una fiera di paese:
quella divisa lo fa sentire damblè un capo di stato maggiore e si comporta di conseguenza.
il risultato è che ben presto si mette a litigare con tutti e manco assolve il compitino che gli era stato assegnato.
(un po' come quello che ancora amministra il forum in cui scrivevamo prima...per fare un esempio concreto)
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Re: articolo 18
p.s.
e riflettendo ulteriormente su questa frase della Fornero:
non mi pare che toccasse a lei dirla,ma eventualmente a Monti.
perchè è lui il primo ministro, non la Fornero .
e quindi è il governo Monti che andrebbe a casa...che almeno fosse lasciata a lui la decisione di mettersi a disposizione...
e riflettendo ulteriormente su questa frase della Fornero:
non mi pare che toccasse a lei dirla,ma eventualmente a Monti.
perchè è lui il primo ministro, non la Fornero .
e quindi è il governo Monti che andrebbe a casa...che almeno fosse lasciata a lui la decisione di mettersi a disposizione...
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Re: articolo 18
http://www.youtube.com/watch?v=VHhCAahwMH4
Quel 23 marzo 2002.... con altri 3milioni di persone io c'ero!
SONO PRONTO A TORNARCI!!!
Come me, penso, sono pronti a farlo... tutti.
un saluto
Quel 23 marzo 2002.... con altri 3milioni di persone io c'ero!
SONO PRONTO A TORNARCI!!!
Come me, penso, sono pronti a farlo... tutti.
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Re: articolo 18
Benone, signora, se ne vada a casa allora.
Ragazzi, cerchiamo di creare una coscienza e una possibile mobilitazione nei nostri luoghi di lavoro.
Dobbiamo spingere fin da ora per convincere la gente ad opporsi e ad aderire al prossimo sciopero generale (aspettando la data).
Dobbiamo convincere tuti che non dobbiamo avere nessuna paura del governo e dei suoi accoliti.
Ragazzi, cerchiamo di creare una coscienza e una possibile mobilitazione nei nostri luoghi di lavoro.
Dobbiamo spingere fin da ora per convincere la gente ad opporsi e ad aderire al prossimo sciopero generale (aspettando la data).
Dobbiamo convincere tuti che non dobbiamo avere nessuna paura del governo e dei suoi accoliti.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: articolo 18
da non dimenticare:
e complimenti a @mariok.mariok ha scritto:
La cosiddetta riforma dell'art. 18 è alle battute finali.
Siamo dunque vicini alla conclusione di un lungo periodo di discussioni, talvolta accese, polemiche, lacerazioni, che hanno attraversato in particolar modo il Partito Democratico soprattutto ad opera di coloro che mi permisi di definire, nel vecchio forum, "i liberisti di noantri".
Al di là delle questioni di principio, più o meno condivisibili, intorno all'art. 18 della legge 300, sulle questioni di "civiltà" dei rapporti sociali ed economici ad esso connesse, alla concezione del valore del diritto al lavoro e della sua "monetizzazione", ho sempre sostenuto che in realtà il dibattito e lo scontro tra le posizioni era viziato da una profonda mistificazione e da una chiara mala fede da parte dei sostenitori di improbabili modelli nord-europei.
Per aver affermato che le tesi del prof. Ichino, a prescindere dal giudizio di merito sulle soluzioni prospettate, erano viziate da un'incontestabile dose di mala fede, tendente a prospettare un "paradiso" alternativo esplicitamente ispirato al cosiddetto modello danese (modello più volte richiamato dal professore nei suoi numerosi interventi e documenti), pur nella consapevolezza che per motivi di incompatibilità finanziarie, sociali e culturali con il contesto nostrano, esso era in realtà altamente improbabile e scarsamente credibile, fui minacciato di essere "bannato" dal forum.
Oggi, nel momento della resa dei conti, i termini delle questioni sono più chiari e concreti e gli spazi per le mistificazioni notevolmente più ridotti.
Per parlare in termini semplici di una problematica ostica e complessa, facciamo l'esempio tra ciò che accadrebbe, secondo il modello danese-Ichino ad un lavoratore licenziato per "motivi economici" (quindi non disciplinari o discriminatori) e ciò che è previsto dall'attuale formulazione della riforma Fornero dell'art. 18.
Nel primo caso, a detta di Ichino, al lavoratore spetterebbe:
- un'indennità di preavviso pari almeno a tante mensilità per quanti sono gli anni di anzianità fino ad un massimo di 12;
- un’indennità di licenziamento pari a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro, quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda oltre i dodici coperti dall'indennità di cui al punto precedente;
- l’erogazione a cura e spese del datore di lavoro di un trattamento complementare per il periodo di disoccupazione effettiva e involontaria, tale che il trattamento complessivo ammonti al 90 per cento dell’ultima retribuzione per il primo anno, all’80 per cento per il secondo e al 70 per cento per il terzo;
- l’erogazione di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, "secondo le migliori tecniche del settore";
- la predisposizione di iniziative di formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali "appropriati in relazione alle capacità del lavoratore".
Quando il lavoratore abbia maturato venti anni di anzianità di servizio e non abbia ancora maturato il diritto al pensionamento di vecchiaia, il licenziamento motivato con esigenze oggettive si presume dettato da intendimento di discriminazione in ragione dell’età, salva prova del giustificato motivo economico, tecnico od organizzativo, della quale il datore di lavoro è onerato in giudizio.
Passando dal "paradiso danese" all'inferno italiano, tutto ciò si riduce, secondo la "riforma Fornero" ad un assegno pari al 70% della retribuzione fino ad un massimo di 1.119 € mensili per la durata di un anno, prorogabile fino a 18 messi per i lavoratori di età superiore ai 55 anni (!).
Solo nel caso in cui il lavoratore intenti causa contro il datore di lavoro e venga riconosciuta l'illeggittimità del licenziamento per assenza di motivi oggettivi, si vedrebbe riconosciuto (forse dopo almeno tre anni di cause) un indennizzo compreso tra le 15 e le 27 mensilità.
Di fronte ad una tale schifezza, una qualunque persona in buona fede, al posto del prof. Ichino prenderebbe le distanze mettendo ben in evidenza che "la sua riforma" nulla ha a che vedere con questa clamorosa truffa contrabbandata per flexsecurity all'amatriciana.
Ed invece, l'esimio professore, mentre il suo partito per bocca del segretario cerca di porre uno stop, si affretta a scrivere sul Corriere del 22 marzo una lettera in cui definisce la riforma "molto imperfetta" ma che "va nella direzione giusta", declassando le voragini sopra evidenziate come "qualche difetto" nell'ambito di un progetto che "tende ad allineare il nostro sistema di protezione del lavoro a quelli dei nostri maggiori partner europei".
Qui evidentemente non siamo in presenza di una contrapposizione tra diverse visioni politiche e culturali, ma alla truffa bella e buona che come tale andrebbe trattata.
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Re: articolo 18
Cercando di arrivare ad una conclusione o almeno a fare un punto del work in progress:
riforme, giovani, inpulso all'economia, sgravi alle aziende, passi avanti indietro di lato,
tabelle, studi, ecc… ecc…
Domanda:
qualcuno sa quanti nuovi posti di lavoro verranno creati con tutte queste riforme epocali ???
esiste un dato, una frase, un sito ,un link o anche un semplice peto di Monti da annusare per riuscire a capire ???
riforme, giovani, inpulso all'economia, sgravi alle aziende, passi avanti indietro di lato,
tabelle, studi, ecc… ecc…
Domanda:
qualcuno sa quanti nuovi posti di lavoro verranno creati con tutte queste riforme epocali ???
esiste un dato, una frase, un sito ,un link o anche un semplice peto di Monti da annusare per riuscire a capire ???
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Re: articolo 18
Per la prima volta nella storia repubblicana abbiamo due presidenti del consiglio:
Mario Monti e Giorgio Napolitano.
Non abbiamo la repubblica presidenziale, ma le presidenze repubblicane.
Invece di verificare la copertura finanziaria del decreto liberalizzazioni, come gli competerebbe, Napolitano esterna sull'art. 18:
http://www.unita.it/italia/lavoro-napol ... a-1.394345
Teme il fallimento di Monti perchè facendosi troppo coinvolgere sarebbe un suo fallimento.
Veramente non è possibile attestarsi al modello tedesco e non andare oltre?
Si eviterebbe una crisi drammatica di coesione sociale.
Si aprirebbe la strada ad un contrasto di lungo periodo con sullo sfondo un probabile referendum.
E tutto per che cosa?
Per far bello in Europa il nostro Mario Monti?
Non si riforma il lavoro contro il sindacato:
tutto il sindacato e non come ha detto Monti la CGIL.
perchè qui pare che dietro a questa riforma ci sia tutto:
-accanimento ideologico.
-asservimento alle richieste di confindustria.
-mossa politica e non tecnica per spaccare il PD.
-continuazione della politica di isolamento della CGIL.
tutto meno che nuovi posti di lavoro...
Mario Monti e Giorgio Napolitano.
Non abbiamo la repubblica presidenziale, ma le presidenze repubblicane.
Invece di verificare la copertura finanziaria del decreto liberalizzazioni, come gli competerebbe, Napolitano esterna sull'art. 18:
http://www.unita.it/italia/lavoro-napol ... a-1.394345
Teme il fallimento di Monti perchè facendosi troppo coinvolgere sarebbe un suo fallimento.
Veramente non è possibile attestarsi al modello tedesco e non andare oltre?
Si eviterebbe una crisi drammatica di coesione sociale.
Si aprirebbe la strada ad un contrasto di lungo periodo con sullo sfondo un probabile referendum.
E tutto per che cosa?
Per far bello in Europa il nostro Mario Monti?
Non si riforma il lavoro contro il sindacato:
tutto il sindacato e non come ha detto Monti la CGIL.
perchè qui pare che dietro a questa riforma ci sia tutto:
-accanimento ideologico.
-asservimento alle richieste di confindustria.
-mossa politica e non tecnica per spaccare il PD.
-continuazione della politica di isolamento della CGIL.
tutto meno che nuovi posti di lavoro...
Chi c’è in linea
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