quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
Corriere 6.1.13
Pd, battaglia sui posti in lista Le mosse di Bersani mettono fuori gioco i «liberal»
Follini: fa come Fanfani contro i degasperiani
di M. Gu.
ROMA — La disfida di Piacenza è un po' il simbolo della lotta fratricida che si combatte nel Pd per un posto in lista. Il braccio destro di Renzi, Roberto Reggi, rischia di restare fuori dal Parlamento, mentre ci sarà il braccio destro di Bersani, Maurizio Migliavacca. Il quale non solo è piacentino anche lui (è nato a Fiorenzuola d'Arda), ma è l'uomo a cui il leader ha affidato la scrematura finale delle candidature.
Ieri notte il caso Reggi, inviso ai dirigenti toscani, era ancora irrisolto. Bersani ha trovato posto alla filosofa Michela Marzano e al sociologo Franco Cassano, ma a Reggi ancora no. E il giallo sul nome dell'ex sindaco di Piacenza conferma come la sinistra, che ha trionfato alle primarie, abbia messo in minoranza i riformisti.
Il malumore è forte in tutte le correnti: protestano gli ambientalisti per l'esclusione di Ferrante e Della Seta, il renziano Andrea Sarubbi attacca tutti (Renzi incluso), i consumatori alzano la voce contro l'idea di mettere in lista l'ad delle Ferrovie Mauro Moretti...
Ma chi forse paga il prezzo più alto sono quei liberal che si sono battuti nel tentativo di spostare il baricentro del Pd verso le posizioni di Monti. C'è chi ha scelto di non candidarsi alle primarie, chi per orgoglio non ha chiesto la deroga a Bersani e chi sperava in un posto nel listino dei garantiti, che invece non ci sarà. E così quell'area filomontiana che si è divisa tra veltroniani e renziani rischia di assottigliarsi molto, privando il partito di «tecnici» di valore.
Pietro Ichino è passato con Monti, senza che i vertici del Pd si siano agitati più di tanto per convincerlo a restare.
E altri montiani del Pd stanno dialogando con il centro, anche se al Nazareno si prevede «al massimo qualche fuga isolata». Enrico Morando ha deciso di restare e però spera che da qui a martedì, quando la Direzione ufficializzerà le liste, Bersani trovi il modo di ristabilire il pluralismo.
«La nostra area è stata penalizzata, perché noi siamo nell'epicentro del conflitto — conferma Giorgio Tonini —. Ma finirà con un happy end, perché Bersani e Monti non potranno non collaborare per il governo del Paese».
La tesi di Tonini è che, nello schema del segretario, i riformisti in lista «non servano più di tanto» perché poi il Pd dovrà allearsi con il centro. «E questo schema ha il suo prezzo — conclude — quello della non autosufficienza che Monti vuole far pagare al Pd».
Bersani ha vissuto con insofferenza il movimentismo dei fautori dell'agenda Monti e il 12 gennaio, pur stimando Morando per le sue competenze economiche, potrebbe disertare il convegno di Libertà Eguale a Orvieto, che sarà aperto da una relazione di Monti. Se i riformisti pensano che il segretario abbia esagerato nel «bersanizzare» le liste, Matteo Orfini non è d'accordo: «Se parliamo di politica e non di posti, le idee di chi ha firmato le lettere pro agenda Monti hanno piena cittadinanza nel Pd. Molti di quei temi sono stati raccolti da Renzi, una delle personalità più valorizzate...».
Eppure Marco Follini pensa che Bersani abbia fatto come Fanfani nella Dc del '54: «Scatenò i suoi armigeri e sbaragliò la vecchia guardia degasperiana.
Bersani ha guadagnato molto in forza, ma ha perso qualcosa in termini di ampiezza di consenso».
Per Walter Verini invece «la cartina di tornasole» non è tanto la presenza negli organismi, quanto il programma di governo: «Il Pd va misurato per la sua agenda riformista».
Lei ci crede, alla scissione dei liberal? «Non esiste, le battaglie si fanno dentro i partiti». Stefano Ceccanti ha fatto la sua battaglia conquistando la vetta delle statistiche sul rendimento dei senatori, eppure al momento il costituzionalista è fuori: «Nel comporre le liste andavano rispecchiati gli equilibri emersi con le primarie per la premiership». Davvero vuole lasciare il Pd? «Sono in silenzio stampa...».
Pd, battaglia sui posti in lista Le mosse di Bersani mettono fuori gioco i «liberal»
Follini: fa come Fanfani contro i degasperiani
di M. Gu.
ROMA — La disfida di Piacenza è un po' il simbolo della lotta fratricida che si combatte nel Pd per un posto in lista. Il braccio destro di Renzi, Roberto Reggi, rischia di restare fuori dal Parlamento, mentre ci sarà il braccio destro di Bersani, Maurizio Migliavacca. Il quale non solo è piacentino anche lui (è nato a Fiorenzuola d'Arda), ma è l'uomo a cui il leader ha affidato la scrematura finale delle candidature.
Ieri notte il caso Reggi, inviso ai dirigenti toscani, era ancora irrisolto. Bersani ha trovato posto alla filosofa Michela Marzano e al sociologo Franco Cassano, ma a Reggi ancora no. E il giallo sul nome dell'ex sindaco di Piacenza conferma come la sinistra, che ha trionfato alle primarie, abbia messo in minoranza i riformisti.
Il malumore è forte in tutte le correnti: protestano gli ambientalisti per l'esclusione di Ferrante e Della Seta, il renziano Andrea Sarubbi attacca tutti (Renzi incluso), i consumatori alzano la voce contro l'idea di mettere in lista l'ad delle Ferrovie Mauro Moretti...
Ma chi forse paga il prezzo più alto sono quei liberal che si sono battuti nel tentativo di spostare il baricentro del Pd verso le posizioni di Monti. C'è chi ha scelto di non candidarsi alle primarie, chi per orgoglio non ha chiesto la deroga a Bersani e chi sperava in un posto nel listino dei garantiti, che invece non ci sarà. E così quell'area filomontiana che si è divisa tra veltroniani e renziani rischia di assottigliarsi molto, privando il partito di «tecnici» di valore.
Pietro Ichino è passato con Monti, senza che i vertici del Pd si siano agitati più di tanto per convincerlo a restare.
E altri montiani del Pd stanno dialogando con il centro, anche se al Nazareno si prevede «al massimo qualche fuga isolata». Enrico Morando ha deciso di restare e però spera che da qui a martedì, quando la Direzione ufficializzerà le liste, Bersani trovi il modo di ristabilire il pluralismo.
«La nostra area è stata penalizzata, perché noi siamo nell'epicentro del conflitto — conferma Giorgio Tonini —. Ma finirà con un happy end, perché Bersani e Monti non potranno non collaborare per il governo del Paese».
La tesi di Tonini è che, nello schema del segretario, i riformisti in lista «non servano più di tanto» perché poi il Pd dovrà allearsi con il centro. «E questo schema ha il suo prezzo — conclude — quello della non autosufficienza che Monti vuole far pagare al Pd».
Bersani ha vissuto con insofferenza il movimentismo dei fautori dell'agenda Monti e il 12 gennaio, pur stimando Morando per le sue competenze economiche, potrebbe disertare il convegno di Libertà Eguale a Orvieto, che sarà aperto da una relazione di Monti. Se i riformisti pensano che il segretario abbia esagerato nel «bersanizzare» le liste, Matteo Orfini non è d'accordo: «Se parliamo di politica e non di posti, le idee di chi ha firmato le lettere pro agenda Monti hanno piena cittadinanza nel Pd. Molti di quei temi sono stati raccolti da Renzi, una delle personalità più valorizzate...».
Eppure Marco Follini pensa che Bersani abbia fatto come Fanfani nella Dc del '54: «Scatenò i suoi armigeri e sbaragliò la vecchia guardia degasperiana.
Bersani ha guadagnato molto in forza, ma ha perso qualcosa in termini di ampiezza di consenso».
Per Walter Verini invece «la cartina di tornasole» non è tanto la presenza negli organismi, quanto il programma di governo: «Il Pd va misurato per la sua agenda riformista».
Lei ci crede, alla scissione dei liberal? «Non esiste, le battaglie si fanno dentro i partiti». Stefano Ceccanti ha fatto la sua battaglia conquistando la vetta delle statistiche sul rendimento dei senatori, eppure al momento il costituzionalista è fuori: «Nel comporre le liste andavano rispecchiati gli equilibri emersi con le primarie per la premiership». Davvero vuole lasciare il Pd? «Sono in silenzio stampa...».
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Re: quo vadis PD ????
La Stampa 6.1.13
E i democratici arruolano la filosofa Marzano
di R. Mas.
Si intitola «Volevo essere una farfalla» il libro forse più famoso di Michela Marzano, neocandidata nelle liste del Pd, e racconta una sua lontana tenzone con l’anoressia. Il libro, che ha commosso molti proprio per le fragilità e le insicurezze che racconta, fa risaltare ancora di più il carattere ora fortissimo di questa giovane donna romana di 42 anni, che ha scritto 18 libri e che da molti anni insegna filosofia morale nell’Università di Parigi V.
Si è occupata soprattutto dell’etica legata al corpo, alla sessualità, alla differenza di genere e a quell’insieme di temi che vanno sotto l’etichetta di bioetica.
E i democratici arruolano la filosofa Marzano
di R. Mas.
Si intitola «Volevo essere una farfalla» il libro forse più famoso di Michela Marzano, neocandidata nelle liste del Pd, e racconta una sua lontana tenzone con l’anoressia. Il libro, che ha commosso molti proprio per le fragilità e le insicurezze che racconta, fa risaltare ancora di più il carattere ora fortissimo di questa giovane donna romana di 42 anni, che ha scritto 18 libri e che da molti anni insegna filosofia morale nell’Università di Parigi V.
Si è occupata soprattutto dell’etica legata al corpo, alla sessualità, alla differenza di genere e a quell’insieme di temi che vanno sotto l’etichetta di bioetica.
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Re: quo vadis PD ????
l’Unità 6.1.13
«L’Italia attraversa una crisi profonda. Per uscirne, ognuno di noi ha il dovere di impegnarsi»
Trattative ancora aperte sul listino, il segretario fa sapere: «L’ultima parola sarà mia»
Pd, c’è Marzano. Pronti i capilista
La filosofa dice sì alla candidatura offerta da Bersani. Martedì la Direzione varerà le liste
Il leader inizierà subito la campagna elettorale: niente convegno di Orvieto coi Liberal e Monti
di Simone Collini
Sabato sarà già impegnato nella campagna elettorale e non andrà al convegno organizzato a Orvieto dai liberal del Pd, che verrà aperto da Mario Monti. Pier Luigi Bersani osserva con attenzione le mosse del presidente del Consiglio ma ai suoi più stretti collaboratori spiega che non intende cambiare strategia, ora che il senatore a vita ha deciso di «salire in politica».
Il leader del Pd sa che parte da una situazione di vantaggio e che in queste sette settimane che mancano al voto sarebbe un errore farsi dettare l’agenda da altri. Per questo Bersani continuerà a insistere nelle iniziative che ha programmato in giro per l’Italia sui temi dell’«economia reale» e inserirà nel programma anche alcuni appuntamenti di taglio europeo, compreso quello a Torino del 9 febbraio con leader e capi di Stato e di governo della famiglia progressista.
L’unica novità, a questo punto, riguarda i tempi. Bersani vuole accelerare e immediatamente dopo l’approvazione delle liste elettorali del Pd, alla direzione convocata per dopodomani, farà partire la campagna elettorale vera e propria. L’obiettivo è subito far leva sul vantaggio acquisito sugli altri (leggi Berlusconi e Monti) che presumibilmente per martedì saranno ancora alle prese con la scelta dei nomi da schierare alla Camera e al Senato.
MONTI DAI LIBERAL PD
E ufficialmente sono proprio gli impegni precedentemente presi che non faranno andare Bersani a Orvieto, sabato, all’assemblea annuale di Libertà eguale, che questa volta sarà aperta da un intervento di Monti. L’invito al premier, giurano Enrico Morando, Stefano Ceccanti, Giorgio Tonini e gli altri della componente liberal del Pd che hanno organizzato l’iniziativa, era stato inviato un anno fa, quando però Monti aveva dovuto dare forfait per il nuovo impegno da premier.
Questa volta invece ci sarà, e sarà proprio lui ad aprire i lavori del convegno “Riformismo vs Populismo”, al quale Bersani è stato invitato dopo che Monti si è schierato.
LA FILOSOFA MARZANO CANDIDATA
Il leader del Pd già a partire da questa settimana sarà invece in piena campagna elettorale, insieme ai capilista e agli altri candidati democratici. Le telefonate con esponenti del mondo delle professioni e dell’associazionismo che Bersani vorrebbe inserire nel listino continuano, e dopo Pietro Grasso, Massimo Mucchetti, Rosaria Capacchione, Maria Chiara Carrozza, Luigi Taranto, ci saranno altre novità.
Ieri ha accettato di correre alle prossime politiche nelle liste Pd la docente all’Università René Descartes di Parigi Michela Marzano. Che spiega: «L’Italia attraversa un momento di crisi profonda. Per uscirne, ognuno di noi ha il dovere di impegnarsi. Se ho accettato di candidarmi, è perché credo nell’Italia, nelle sue risorse e nelle sue potenzialità intellettuali ed etiche. Non ho mai fatto politica in senso stretto. Sono una filosofa e un’intellettuale ed è in quanto filosofa e intellettuale che intendo contribuire al cambiamento proposto da Pier Luigi Bersani». Il leader del Pd incassa la disponibilità della docente di filosofia morale con molta soddisfazione: «Sono contento che il Pd possa candidare un talento italiano, orgoglio del Paese».
LA MAPPA DEI CAPILISTA
Benché sarà la riunione del comitato elettorale, domani, e poi la direzione del partito, martedì, a dare il via libera definitivo alle liste elettorali, il quadro delle candidature a questo punto è piuttosto chiaro. A guidare il Pd in Lombardia, Lazio e Sicilia sarà lo stesso Bersani. Schierati anche tutti gli altri big, da Enrico Letta capolista nel Veneto a Dario Franceschini in Emilia Romagna, da Rosy Bindi in Campania ad Anna Finocchiaro in Calabria. A Beppe Fioroni è stato proposto di guidare la lista in Sicilia ma preferirebbe correre come secondo nel Lazio, dove potrebbe essere capolista l’ex magistrato e parlamentare l’uscente Donatella Ferranti.
Tra le personalità del listino scelte da Bersani, Grasso guiderà le liste Pd per il Senato nel Lazio, Franco Cassano quelle per la Camera della Puglia, Massimo Mucchetti sarà in Lombardia, Carrozza in Toscana. E poi ci saranno Josefa Idem in Emilia Romagna, Franco Marini in Abruzzo insieme a Stefania Pezzopane, Guglielmo Epifani in Umbria insieme a Ermete Realacci, unico capolista degli esponenti del Pd che alle primarie per la premiership hanno sostenuto Matteo Renzi. Tra i trenta-quarantenni, ci sarà Andrea Orlando a guidare la lista in Liguria, Roberto Speranza in Basilicata, Maurizio Martina in Lombardia, Silvio Lai in Sardegna.
Non mancano comunque ancora diversi nodi da sciogliere. Il principale problema che andrà risolto prima della direzione di martedì sarà far accettare ai dirigenti regionali le quote di nomi del listino decise a Roma. I vertici della Sicilia sono i più recalcitranti ad accettare di inserire nelle liste in posizioni di eleggibilità certa, a scapito di chi ha corso alle primarie, i nomi decisi dal nazionale (chiedono di dimezzarli, passando da 11 a 6). Ma si sono fatti sentire anche i dirigenti della Sardegna, penalizzata dalla perdita di un deputato e un senatore in base alla nuova ripartizione nazionale, e anche del Lazio (che dovrebbe inserire nelle liste 13 nomi scelti dal nazionale). Bersani ha fatto sapere che sulle liste l’ultima parola sarà la sua.
«L’Italia attraversa una crisi profonda. Per uscirne, ognuno di noi ha il dovere di impegnarsi»
Trattative ancora aperte sul listino, il segretario fa sapere: «L’ultima parola sarà mia»
Pd, c’è Marzano. Pronti i capilista
La filosofa dice sì alla candidatura offerta da Bersani. Martedì la Direzione varerà le liste
Il leader inizierà subito la campagna elettorale: niente convegno di Orvieto coi Liberal e Monti
di Simone Collini
Sabato sarà già impegnato nella campagna elettorale e non andrà al convegno organizzato a Orvieto dai liberal del Pd, che verrà aperto da Mario Monti. Pier Luigi Bersani osserva con attenzione le mosse del presidente del Consiglio ma ai suoi più stretti collaboratori spiega che non intende cambiare strategia, ora che il senatore a vita ha deciso di «salire in politica».
Il leader del Pd sa che parte da una situazione di vantaggio e che in queste sette settimane che mancano al voto sarebbe un errore farsi dettare l’agenda da altri. Per questo Bersani continuerà a insistere nelle iniziative che ha programmato in giro per l’Italia sui temi dell’«economia reale» e inserirà nel programma anche alcuni appuntamenti di taglio europeo, compreso quello a Torino del 9 febbraio con leader e capi di Stato e di governo della famiglia progressista.
L’unica novità, a questo punto, riguarda i tempi. Bersani vuole accelerare e immediatamente dopo l’approvazione delle liste elettorali del Pd, alla direzione convocata per dopodomani, farà partire la campagna elettorale vera e propria. L’obiettivo è subito far leva sul vantaggio acquisito sugli altri (leggi Berlusconi e Monti) che presumibilmente per martedì saranno ancora alle prese con la scelta dei nomi da schierare alla Camera e al Senato.
MONTI DAI LIBERAL PD
E ufficialmente sono proprio gli impegni precedentemente presi che non faranno andare Bersani a Orvieto, sabato, all’assemblea annuale di Libertà eguale, che questa volta sarà aperta da un intervento di Monti. L’invito al premier, giurano Enrico Morando, Stefano Ceccanti, Giorgio Tonini e gli altri della componente liberal del Pd che hanno organizzato l’iniziativa, era stato inviato un anno fa, quando però Monti aveva dovuto dare forfait per il nuovo impegno da premier.
Questa volta invece ci sarà, e sarà proprio lui ad aprire i lavori del convegno “Riformismo vs Populismo”, al quale Bersani è stato invitato dopo che Monti si è schierato.
LA FILOSOFA MARZANO CANDIDATA
Il leader del Pd già a partire da questa settimana sarà invece in piena campagna elettorale, insieme ai capilista e agli altri candidati democratici. Le telefonate con esponenti del mondo delle professioni e dell’associazionismo che Bersani vorrebbe inserire nel listino continuano, e dopo Pietro Grasso, Massimo Mucchetti, Rosaria Capacchione, Maria Chiara Carrozza, Luigi Taranto, ci saranno altre novità.
Ieri ha accettato di correre alle prossime politiche nelle liste Pd la docente all’Università René Descartes di Parigi Michela Marzano. Che spiega: «L’Italia attraversa un momento di crisi profonda. Per uscirne, ognuno di noi ha il dovere di impegnarsi. Se ho accettato di candidarmi, è perché credo nell’Italia, nelle sue risorse e nelle sue potenzialità intellettuali ed etiche. Non ho mai fatto politica in senso stretto. Sono una filosofa e un’intellettuale ed è in quanto filosofa e intellettuale che intendo contribuire al cambiamento proposto da Pier Luigi Bersani». Il leader del Pd incassa la disponibilità della docente di filosofia morale con molta soddisfazione: «Sono contento che il Pd possa candidare un talento italiano, orgoglio del Paese».
LA MAPPA DEI CAPILISTA
Benché sarà la riunione del comitato elettorale, domani, e poi la direzione del partito, martedì, a dare il via libera definitivo alle liste elettorali, il quadro delle candidature a questo punto è piuttosto chiaro. A guidare il Pd in Lombardia, Lazio e Sicilia sarà lo stesso Bersani. Schierati anche tutti gli altri big, da Enrico Letta capolista nel Veneto a Dario Franceschini in Emilia Romagna, da Rosy Bindi in Campania ad Anna Finocchiaro in Calabria. A Beppe Fioroni è stato proposto di guidare la lista in Sicilia ma preferirebbe correre come secondo nel Lazio, dove potrebbe essere capolista l’ex magistrato e parlamentare l’uscente Donatella Ferranti.
Tra le personalità del listino scelte da Bersani, Grasso guiderà le liste Pd per il Senato nel Lazio, Franco Cassano quelle per la Camera della Puglia, Massimo Mucchetti sarà in Lombardia, Carrozza in Toscana. E poi ci saranno Josefa Idem in Emilia Romagna, Franco Marini in Abruzzo insieme a Stefania Pezzopane, Guglielmo Epifani in Umbria insieme a Ermete Realacci, unico capolista degli esponenti del Pd che alle primarie per la premiership hanno sostenuto Matteo Renzi. Tra i trenta-quarantenni, ci sarà Andrea Orlando a guidare la lista in Liguria, Roberto Speranza in Basilicata, Maurizio Martina in Lombardia, Silvio Lai in Sardegna.
Non mancano comunque ancora diversi nodi da sciogliere. Il principale problema che andrà risolto prima della direzione di martedì sarà far accettare ai dirigenti regionali le quote di nomi del listino decise a Roma. I vertici della Sicilia sono i più recalcitranti ad accettare di inserire nelle liste in posizioni di eleggibilità certa, a scapito di chi ha corso alle primarie, i nomi decisi dal nazionale (chiedono di dimezzarli, passando da 11 a 6). Ma si sono fatti sentire anche i dirigenti della Sardegna, penalizzata dalla perdita di un deputato e un senatore in base alla nuova ripartizione nazionale, e anche del Lazio (che dovrebbe inserire nelle liste 13 nomi scelti dal nazionale). Bersani ha fatto sapere che sulle liste l’ultima parola sarà la sua.
Re: quo vadis PD ????
Se la fa ministro delle pari opportunità ha senso, se la candida per indorare il palmares no.
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Re: quo vadis PD ????
il Fatto 6.1.13
L’intervista: Massimo Mucchetti
“La sinistra e l’alta finanza? Errori politici, nessun reato”
di Silvia Truzzi
Una decisione sotto l’albero, il commiato sul giornale in edicola oggi: Massimo Mucchetti, vicedirettore ad personam del Corriere, lascia via Solferino per entrare in politica.
D>Mucchetti, lei è uno dei più autorevoli commentatori economici. Cosa l’ha spinta a mollare tutto?
Pier Luigi Bersani mi ha proposto di candidarmi come indipendente. Dopo una riflessione abbastanza tormentata ho detto di sì.
Ci sono doveri civici che, quando capitano, vanno onorati.
D>Indipendente, ma eletto nelle liste di un partito che partecipa a una coalizione: non la spaventa?
Nei limiti della serietà e della dignità, bisogna collaborare con i colleghi della coalizione e, se possibile, anche con gli altri. Accade anche nei giornali, dove esistono redazioni e direttori. L’indipendenza non è un’etichetta, ma una pratica di vita. Di per sé non è un vanto: si può essere indipendenti e sbagliare. Al Corriere della Sera il massimo dell’indipendenza è stato garantito dal senatore del regno Luigi Albertini: un grande direttore ed editore che ebbe il merito di costruire un quotidiano di successo, liberale in politica e liberista in economia e tuttavia così nazionalista da sostenere le offensive di Cadorna sull’Isonzo: centinaia di migliaia di morti inutili.
D>Nelle trasmissioni televisive di questi giorni non è stato tenero con Monti.
Con Monti studiai una grande inchiesta sui monopoli per il Corriere. Un maestro. Continuo a stimarlo. E però un centro-destra europeo non s’improvvisa invitando gli altri a silenziare, mentre si sorvola sui diritti civili o sugli effetti del “nuovo welfare” che piace alla finanza. Il Pd ha impiegato vent’anni a diventare quello che è. E non è finita. Dubito che a Monti bastino 20 giorni per costruire una cultura politica condivisa. La confusione delle liste alla Camera lo conferma e rende posticcia la lista unica al Senato. La fuga di Montezemolo e la ritirata di Passera la dicono lunga. L’appello alla società civile è ottimo, ma non è certo un’esclusiva di Monti. Da dove vengono Piero Grasso e Carlo Dell’Aringa? Monti promette una prevenzione rigorosa dei conflitti d’interesse nelle sue liste. Buon lavoro!
D>Anche Bersani, finalmente, ha detto che si occuperà del conflitto d’interessi.
Il centro-sinistra ne è stato abbastanza al riparo. Aver rimosso negli anni ’90 quello di Berlusconi fu un errore, anche se va ricordato che le maggioranze parlamentari in materia sono sempre state assai incerte. D’altra parte, certi conflitti attraversano la società. A cominciare dalla finanza .
D>In “Confiteor”, lei chiede conto a Geronzi della ristrutturazione del debito dei Ds.
Lui risponde e io completo. Sarebbe opportuno che le banche fossero obbligate e rendere pubblici i loro rapporti con partiti e fondazioni politiche.
D>Qualche imbarazzo per i rapporti degli allora diessini con i Capitani coraggiosi, i furbetti del quartierino?
Allora indagai per capire se fosse girato denaro tra gli scalatori di Tele-com - Colannino, Gnutti - e i Ds: non ho trovato nulla. Se altri, più bravi, hanno evidenze, leggerò con interesse. Il fumus, invece, mi piace poco. Altra cosa è il giudizio politico sulla privatizzazione di Telecom, sull’Opa e su quanto è seguito.
D>Torniamo a Monti: che pensa dei suo rapporti con le grandi lobby finanziarie internazionali?
Credo poco alle leggende sulle Trilateral e i Bilderberg. Cuccia non vi ha mai partecipato, eppure comandava sulla Fiat di Giovanni Agnelli, che vi partecipava.
D>A proposito di Fiat, lei è stato sempre con Marchionne.
Ho solo paragonato Fiat-Chrysler alla concorrenza, conti alla mano. Di qui i dubbi su Fabbrica Italia, purtroppo confermati dalla realtà.
D>Monti ha avuto parole di stima per Marchionne, a Melfi.
Spero siano parole di circostanza. Il premier visita gli operai al lavoro, e fa bene. Ma non può dimenticare i cassintegrati e abbandonare la Fiat al mero interesse degli Agnelli. Così come non può considerare pregiudizialmente nemica la Cgil, cioè milioni di cittadini. L’arte del governo è coinvolgere con iniziative che mettano ciascuno – gli Agnelli, la Cgil e tutti gli altri - di fronte alle proprie responsabilità creando nuove convenienze.
D>E del nuovo presenzialismo del Professore che dice?
Rischia il personalismo, e l’Italia non ha bisogno di un altro Uomo della Provvidenza.
D>Di lei si dice che ha ottimi rapporti con alcuni banchieri, tipo Bazoli. È vero?
Il mondo bazoliano mi rimprovera di ascoltare troppo Mediobanca, e Mediobanca di ascoltare Intesa Sanpaolo. Quelli della Fiom di stare a sentire la Cisl e viceversa. In realtà, da trent’anni ascolto tutti per potermi fare, lette le carte, un’idea mia.
L’intervista: Massimo Mucchetti
“La sinistra e l’alta finanza? Errori politici, nessun reato”
di Silvia Truzzi
Una decisione sotto l’albero, il commiato sul giornale in edicola oggi: Massimo Mucchetti, vicedirettore ad personam del Corriere, lascia via Solferino per entrare in politica.
D>Mucchetti, lei è uno dei più autorevoli commentatori economici. Cosa l’ha spinta a mollare tutto?
Pier Luigi Bersani mi ha proposto di candidarmi come indipendente. Dopo una riflessione abbastanza tormentata ho detto di sì.
Ci sono doveri civici che, quando capitano, vanno onorati.
D>Indipendente, ma eletto nelle liste di un partito che partecipa a una coalizione: non la spaventa?
Nei limiti della serietà e della dignità, bisogna collaborare con i colleghi della coalizione e, se possibile, anche con gli altri. Accade anche nei giornali, dove esistono redazioni e direttori. L’indipendenza non è un’etichetta, ma una pratica di vita. Di per sé non è un vanto: si può essere indipendenti e sbagliare. Al Corriere della Sera il massimo dell’indipendenza è stato garantito dal senatore del regno Luigi Albertini: un grande direttore ed editore che ebbe il merito di costruire un quotidiano di successo, liberale in politica e liberista in economia e tuttavia così nazionalista da sostenere le offensive di Cadorna sull’Isonzo: centinaia di migliaia di morti inutili.
D>Nelle trasmissioni televisive di questi giorni non è stato tenero con Monti.
Con Monti studiai una grande inchiesta sui monopoli per il Corriere. Un maestro. Continuo a stimarlo. E però un centro-destra europeo non s’improvvisa invitando gli altri a silenziare, mentre si sorvola sui diritti civili o sugli effetti del “nuovo welfare” che piace alla finanza. Il Pd ha impiegato vent’anni a diventare quello che è. E non è finita. Dubito che a Monti bastino 20 giorni per costruire una cultura politica condivisa. La confusione delle liste alla Camera lo conferma e rende posticcia la lista unica al Senato. La fuga di Montezemolo e la ritirata di Passera la dicono lunga. L’appello alla società civile è ottimo, ma non è certo un’esclusiva di Monti. Da dove vengono Piero Grasso e Carlo Dell’Aringa? Monti promette una prevenzione rigorosa dei conflitti d’interesse nelle sue liste. Buon lavoro!
D>Anche Bersani, finalmente, ha detto che si occuperà del conflitto d’interessi.
Il centro-sinistra ne è stato abbastanza al riparo. Aver rimosso negli anni ’90 quello di Berlusconi fu un errore, anche se va ricordato che le maggioranze parlamentari in materia sono sempre state assai incerte. D’altra parte, certi conflitti attraversano la società. A cominciare dalla finanza .
D>In “Confiteor”, lei chiede conto a Geronzi della ristrutturazione del debito dei Ds.
Lui risponde e io completo. Sarebbe opportuno che le banche fossero obbligate e rendere pubblici i loro rapporti con partiti e fondazioni politiche.
D>Qualche imbarazzo per i rapporti degli allora diessini con i Capitani coraggiosi, i furbetti del quartierino?
Allora indagai per capire se fosse girato denaro tra gli scalatori di Tele-com - Colannino, Gnutti - e i Ds: non ho trovato nulla. Se altri, più bravi, hanno evidenze, leggerò con interesse. Il fumus, invece, mi piace poco. Altra cosa è il giudizio politico sulla privatizzazione di Telecom, sull’Opa e su quanto è seguito.
D>Torniamo a Monti: che pensa dei suo rapporti con le grandi lobby finanziarie internazionali?
Credo poco alle leggende sulle Trilateral e i Bilderberg. Cuccia non vi ha mai partecipato, eppure comandava sulla Fiat di Giovanni Agnelli, che vi partecipava.
D>A proposito di Fiat, lei è stato sempre con Marchionne.
Ho solo paragonato Fiat-Chrysler alla concorrenza, conti alla mano. Di qui i dubbi su Fabbrica Italia, purtroppo confermati dalla realtà.
D>Monti ha avuto parole di stima per Marchionne, a Melfi.
Spero siano parole di circostanza. Il premier visita gli operai al lavoro, e fa bene. Ma non può dimenticare i cassintegrati e abbandonare la Fiat al mero interesse degli Agnelli. Così come non può considerare pregiudizialmente nemica la Cgil, cioè milioni di cittadini. L’arte del governo è coinvolgere con iniziative che mettano ciascuno – gli Agnelli, la Cgil e tutti gli altri - di fronte alle proprie responsabilità creando nuove convenienze.
D>E del nuovo presenzialismo del Professore che dice?
Rischia il personalismo, e l’Italia non ha bisogno di un altro Uomo della Provvidenza.
D>Di lei si dice che ha ottimi rapporti con alcuni banchieri, tipo Bazoli. È vero?
Il mondo bazoliano mi rimprovera di ascoltare troppo Mediobanca, e Mediobanca di ascoltare Intesa Sanpaolo. Quelli della Fiom di stare a sentire la Cisl e viceversa. In realtà, da trent’anni ascolto tutti per potermi fare, lette le carte, un’idea mia.
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Re: quo vadis PD ????
Corriere 6.1.13
Mucchetti: perché ho scelto di saltare il fosso
Caro direttore,
l'altro ieri, nell'inserire una mia dichiarazione nel servizio sulla giornata politica, il Tg1 mi ha presentato come vicedirettore del Corriere. Per evitare l'equivoco che la mia fosse ancora una voce del giornale, pochi istanti dopo ti ho mandato una mail nella quale chiarivo di aver già cessato di scrivere, una volta annunciata la mia candidatura come indipendente nelle liste del Pd. E tu hai titolato: «Mucchetti lascia il Corriere». Oggi, dunque, sono un ex vicedirettore ad personam. Ma quel testo, forse, era troppo conciso. Molti lettori, infatti, mi hanno scritto per chiedere maggiori lumi su questa scelta, del tutto personale, dopo 9 anni in via Solferino. Dalla grande maggioranza ho ricevuto parole di incoraggiamento, e li ringrazio: ne ho bisogno. Altri hanno manifestato riserve, ed è a loro che ti chiedo la cortesia di potermi rivolgere in libertà, com'è costume dalle nostre parti (mi perdonerai se uso ancora l'aggettivo nostre: è l'affetto).
Ma come, si chiedono alcuni lettori, lei, Mucchetti, si rende conto che, adesso, rinuncia alla sua indipendenza? Risposta: non rinuncio alla mia indipendenza di uomo che, cercando di ragionare con la propria testa, collaborerà, se eletto, con i nuovi colleghi e non avrà timore della solitudine, ove il suo contributo non venisse apprezzato. Credo di averne già dato prova in qualche frangente anche al Corriere, dove venni assunto da Stefano Folli, e gliene sono ancora grato, e dove ho infine trovato un ampio spazio con te, Ferruccio de Bortoli, e ti ringrazio di cuore. Certo, il Parlamento non è una redazione, ma l'area del centrosinistra è oggi quella a maggior tasso di democrazia reale.
Il centralismo dell'antico Pci non caratterizza più da anni il regime interno del Pd, crogiuolo di diverse culture politiche. Mi pare invece di ritrovarlo, spesso in forma caricaturale, in altri partiti dove il leader pensa per tutti.
Lei però, incalzano altri lettori, cessa di fare informazione e farà politica. Sarà fatalmente di parte. Non è un tradimento del Corriere? Risposta: è vero, cesso di dare notizie, analisi e opinioni sul più grande quotidiano d'informazione italiano. Ho saltato il fosso perché, maturando sul piano professionale, ho via via cercato di associare e discutere le possibili soluzioni alla pura denuncia di quel che non va. Passare dallo scrivere al fare potrebbe essere uno sviluppo positivo — almeno me lo auguro — e non un tradimento. Un esempio illustre. Luigi Einaudi, prima firma di economia del Corriere fino al Fascismo e poi corrispondente dell'Economist, assimilava il giornalismo al sacerdozio. E tuttavia fu senatore del Regno e poi governatore della Banca d'Italia, ministro liberale e presidente della Repubblica. Non per questo si sentì uno spretato. Negli anni 90, collaboratori illustri come Lucio Colletti, Piero Melograni e Saverio Vertone si candidarono per Forza Italia. Non ricordo scandali. E lo stesso Mario Monti ha costruito la sua reputazione, che l'ha portato prima a Bruxelles e poi a palazzo Chigi, in buona parte scrivendo articoli di fondo sul Corriere. I grandi giornali — al pari delle università, delle imprese, dei sindacati e dei partiti politici in senso più stretto — possono fornire persone alle istituzioni. Dovrebbe essere sentito come un onore e un dovere. La politica democratica è un insieme di parti che, nelle convergenze e nelle divergenze, servono l'interesse generale. Se fatta bene e onestamente, è la più alta delle attività umane.
Terza e ultima osservazione avanzata da (pochissimi) lettori: alla luce del suo ingresso in politica che cosa dobbiamo pensare dei suoi articoli? Si preparava forse un seggio parlamentare? Risposta: contro l'insinuazione di principio, alzo le mani; e se vuole, il sospettoso potrà sempre estendere i sospetti alle grandi firme che ho appena citato e a tante altre che, provenendo da questo e da altri giornali, hanno svolto un temporaneo servizio alla Camera, al Senato o al governo. Ma insinuazioni del genere provano troppo e dunque non provano nulla. Un caso per tutti: una simile logica dovrebbe indurci a dire che Silvio Berlusconi costruì Mediaset per fare il premier, mentre è vero l'inverso. L'ex premier scese in campo non solo per un suo progetto politico ma anche perché temeva che gli fossero tolte le tv. Quanto poi fosse fondato quel timore è un altro discorso, naturalmente...
Sono sicuro che il Corriere non mi farà sconti. E di questo lo ringrazio fin d'ora.
Un abbraccio
Massimo Mucchetti
Mucchetti: perché ho scelto di saltare il fosso
Caro direttore,
l'altro ieri, nell'inserire una mia dichiarazione nel servizio sulla giornata politica, il Tg1 mi ha presentato come vicedirettore del Corriere. Per evitare l'equivoco che la mia fosse ancora una voce del giornale, pochi istanti dopo ti ho mandato una mail nella quale chiarivo di aver già cessato di scrivere, una volta annunciata la mia candidatura come indipendente nelle liste del Pd. E tu hai titolato: «Mucchetti lascia il Corriere». Oggi, dunque, sono un ex vicedirettore ad personam. Ma quel testo, forse, era troppo conciso. Molti lettori, infatti, mi hanno scritto per chiedere maggiori lumi su questa scelta, del tutto personale, dopo 9 anni in via Solferino. Dalla grande maggioranza ho ricevuto parole di incoraggiamento, e li ringrazio: ne ho bisogno. Altri hanno manifestato riserve, ed è a loro che ti chiedo la cortesia di potermi rivolgere in libertà, com'è costume dalle nostre parti (mi perdonerai se uso ancora l'aggettivo nostre: è l'affetto).
Ma come, si chiedono alcuni lettori, lei, Mucchetti, si rende conto che, adesso, rinuncia alla sua indipendenza? Risposta: non rinuncio alla mia indipendenza di uomo che, cercando di ragionare con la propria testa, collaborerà, se eletto, con i nuovi colleghi e non avrà timore della solitudine, ove il suo contributo non venisse apprezzato. Credo di averne già dato prova in qualche frangente anche al Corriere, dove venni assunto da Stefano Folli, e gliene sono ancora grato, e dove ho infine trovato un ampio spazio con te, Ferruccio de Bortoli, e ti ringrazio di cuore. Certo, il Parlamento non è una redazione, ma l'area del centrosinistra è oggi quella a maggior tasso di democrazia reale.
Il centralismo dell'antico Pci non caratterizza più da anni il regime interno del Pd, crogiuolo di diverse culture politiche. Mi pare invece di ritrovarlo, spesso in forma caricaturale, in altri partiti dove il leader pensa per tutti.
Lei però, incalzano altri lettori, cessa di fare informazione e farà politica. Sarà fatalmente di parte. Non è un tradimento del Corriere? Risposta: è vero, cesso di dare notizie, analisi e opinioni sul più grande quotidiano d'informazione italiano. Ho saltato il fosso perché, maturando sul piano professionale, ho via via cercato di associare e discutere le possibili soluzioni alla pura denuncia di quel che non va. Passare dallo scrivere al fare potrebbe essere uno sviluppo positivo — almeno me lo auguro — e non un tradimento. Un esempio illustre. Luigi Einaudi, prima firma di economia del Corriere fino al Fascismo e poi corrispondente dell'Economist, assimilava il giornalismo al sacerdozio. E tuttavia fu senatore del Regno e poi governatore della Banca d'Italia, ministro liberale e presidente della Repubblica. Non per questo si sentì uno spretato. Negli anni 90, collaboratori illustri come Lucio Colletti, Piero Melograni e Saverio Vertone si candidarono per Forza Italia. Non ricordo scandali. E lo stesso Mario Monti ha costruito la sua reputazione, che l'ha portato prima a Bruxelles e poi a palazzo Chigi, in buona parte scrivendo articoli di fondo sul Corriere. I grandi giornali — al pari delle università, delle imprese, dei sindacati e dei partiti politici in senso più stretto — possono fornire persone alle istituzioni. Dovrebbe essere sentito come un onore e un dovere. La politica democratica è un insieme di parti che, nelle convergenze e nelle divergenze, servono l'interesse generale. Se fatta bene e onestamente, è la più alta delle attività umane.
Terza e ultima osservazione avanzata da (pochissimi) lettori: alla luce del suo ingresso in politica che cosa dobbiamo pensare dei suoi articoli? Si preparava forse un seggio parlamentare? Risposta: contro l'insinuazione di principio, alzo le mani; e se vuole, il sospettoso potrà sempre estendere i sospetti alle grandi firme che ho appena citato e a tante altre che, provenendo da questo e da altri giornali, hanno svolto un temporaneo servizio alla Camera, al Senato o al governo. Ma insinuazioni del genere provano troppo e dunque non provano nulla. Un caso per tutti: una simile logica dovrebbe indurci a dire che Silvio Berlusconi costruì Mediaset per fare il premier, mentre è vero l'inverso. L'ex premier scese in campo non solo per un suo progetto politico ma anche perché temeva che gli fossero tolte le tv. Quanto poi fosse fondato quel timore è un altro discorso, naturalmente...
Sono sicuro che il Corriere non mi farà sconti. E di questo lo ringrazio fin d'ora.
Un abbraccio
Massimo Mucchetti
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: quo vadis PD ????
- CONCIATI PER IL VOTO
– POSSIBILE CHE UNA COME PAOLA CONCIA, CHE SI È SBATTUTA COME UN MOULINEX PER I DIRITTI CIVILI DEL MONDO OMOSEX, SIA COSTRETTA A FARE APPELLO PER ESSERE DI NUOVA CANDIDATA DA BERSANI?
- LA QUOTA CATTO-PIDDINA DEI BINDI E DEI FIORONI QUANTO HA BRIGATO PER FARLA FUORI?
– DA GUIDO ROSSI A MACALUSO, L’APPELLO PER PAOLA….
1. L'APPELLO AL SEGRETARIO «SCHIERA LA CONCIA"
Corriere.it - Paola Concia candidata. Lo chiedono al Pd «donne e uomini di professioni, culture, ambienti diversi, accomunati da una certezza: dopo una legislatura di scelte conservatrici e antistoriche il tema dei diritti civili nel nostro Paese ha urgenza di trovare spazio e soluzioni». Si tratta di rappresentanti del «mondo della cultura, delle professioni, del giornalismo, dell'associazionismo e dell'imprenditoria» che con le loro firme si rivolgono al Pd per candidare Concia, parlamentare uscente ma alla sua prima legislatura, omosessuale sposata in Germania con la sua compagna.
Tra i firmatari Lucia Annunziata, Emanuele Macaluso, Gianni Minoli, Barbara Palombelli, Stefano Rodotà, Mario Pirani, Guido Rossi, Chiara Saraceno, Mara Venier. «Se il Pd - scrivono - vuole davvero costruire una società più giusta non può rinunciare a chi della sua costruzione ha fatto una ragione di vita».
APPELLO DEL MONDO DELLA CULTURA, DELLE PROFESSIONI, DEL GIORNALISMO, DELL'ASSOCIAZIONISMO E DELL'IMPRENDITORIA PER LA CANDIDATURA DI PAOLA CONCIA:
Siamo donne e uomini di professioni, culture, ambienti diversi, accomunati da una certezza: dopo una legislatura di scelte conservatrici e antistoriche il tema dei diritti civili nel nostro paese ha urgenza di trovare spazio e soluzioni. Perché non riguarda solo chi diritti non ha, ma coinvolge l'intera nazione e ne dimostra il grado di civiltà. Anna Paola Concia in questa sua prima legislatura ha lavorato con dedizione, passione e coraggio su questi temi. Chiediamo che possa continuare a farlo nella prossima legislatura. Il lavoro che ha svolto è patrimonio di tutti. Se il Partito Democratico vuole davvero costruire una società più giusta non può rinunciare a chi della sua costruzione ha fatto una ragione di vita.
Lucia Annunziata (Direttrice di Huffington Post)
Ileana Argentin (Deputata)
Maria Berlinguer (Giornalista)
Alessandra Bocchetti (Femminista / Saggista)
Massimo Bordin (giornalista)
Paola Brandolini (Presidente nazionale Arcilesbica)
Lia Celi (Giornalista/Scrittrice)
Laura Cesaretti (Giornalista)
Franca Chiaromonte (Senatrice)
Rita De Santis (Presidente Ass. Genitori e Amici di Omosessuali)
Daniela Del Boca (economista, Univ. Torino)
Angelo Di Nepi (Imprenditore)
Fiammetta Fanizza (Sociologa, Università di Foggia)
Claudia Fellus Pirani (ASL Roma D)
Eliana Frosali (Copywriter)
Nadia Fusini (Prof. SUM Istituto Science umane, FI / Scrittrice)
Gilberto Gabrielli (Imprenditore)
Roberto Giachetti (Deputato)
Barbara Giardina (Consiglio di Amministrazione REGESTA)
Cristina Gramolini (Segretaria Nazionale Arcilesbica)
Roberto Grassilli (Disegnatore)
Rosaria Iardino (Presidente di "Donne in Rete")
Francesca Luchi (Avvocato)
Vladimir Luxuria (Artista/Attivista LGBT)
Emanuele Macaluso (Leader Storico / Editore)
Valeria Magli (Performer)
Paolo Manasse (Economista, Università di Bologna)
Aurelio Mancuso (Presidente di EQUALITY)
Roberto Marchionni (Imprenditore)
Fabrizio Marrazzo (gaycenter)
Pio Mastrobuoni (Giornalista)
Tonia Mastrobuoni (Giornalista)
Maria Teresa Meli (Giornalista)
Massimo Micucci (Imprenditore)
Giovanni Minoli (Giornalista)
Michela Murgia (Scrittrice)
Barbara Palombelli (Giornalista)
Mario Pirani (Editorialista)
Stefano Rodotà (Costituzionalista)
Flavio Romani (Presidente Nazionale Arcigay)
Guido Rossi (Giurista)
Chiara Saraceno (Sociologa, Università di Torino)
Luciano Scalia (Presidente Associazione Miriam Mafai)
Mara Venier (Conduttrice televisiva)
Pedro Zerolo (Partito socialista spagnolo)
– POSSIBILE CHE UNA COME PAOLA CONCIA, CHE SI È SBATTUTA COME UN MOULINEX PER I DIRITTI CIVILI DEL MONDO OMOSEX, SIA COSTRETTA A FARE APPELLO PER ESSERE DI NUOVA CANDIDATA DA BERSANI?
- LA QUOTA CATTO-PIDDINA DEI BINDI E DEI FIORONI QUANTO HA BRIGATO PER FARLA FUORI?
– DA GUIDO ROSSI A MACALUSO, L’APPELLO PER PAOLA….
1. L'APPELLO AL SEGRETARIO «SCHIERA LA CONCIA"
Corriere.it - Paola Concia candidata. Lo chiedono al Pd «donne e uomini di professioni, culture, ambienti diversi, accomunati da una certezza: dopo una legislatura di scelte conservatrici e antistoriche il tema dei diritti civili nel nostro Paese ha urgenza di trovare spazio e soluzioni». Si tratta di rappresentanti del «mondo della cultura, delle professioni, del giornalismo, dell'associazionismo e dell'imprenditoria» che con le loro firme si rivolgono al Pd per candidare Concia, parlamentare uscente ma alla sua prima legislatura, omosessuale sposata in Germania con la sua compagna.
Tra i firmatari Lucia Annunziata, Emanuele Macaluso, Gianni Minoli, Barbara Palombelli, Stefano Rodotà, Mario Pirani, Guido Rossi, Chiara Saraceno, Mara Venier. «Se il Pd - scrivono - vuole davvero costruire una società più giusta non può rinunciare a chi della sua costruzione ha fatto una ragione di vita».
APPELLO DEL MONDO DELLA CULTURA, DELLE PROFESSIONI, DEL GIORNALISMO, DELL'ASSOCIAZIONISMO E DELL'IMPRENDITORIA PER LA CANDIDATURA DI PAOLA CONCIA:
Siamo donne e uomini di professioni, culture, ambienti diversi, accomunati da una certezza: dopo una legislatura di scelte conservatrici e antistoriche il tema dei diritti civili nel nostro paese ha urgenza di trovare spazio e soluzioni. Perché non riguarda solo chi diritti non ha, ma coinvolge l'intera nazione e ne dimostra il grado di civiltà. Anna Paola Concia in questa sua prima legislatura ha lavorato con dedizione, passione e coraggio su questi temi. Chiediamo che possa continuare a farlo nella prossima legislatura. Il lavoro che ha svolto è patrimonio di tutti. Se il Partito Democratico vuole davvero costruire una società più giusta non può rinunciare a chi della sua costruzione ha fatto una ragione di vita.
Lucia Annunziata (Direttrice di Huffington Post)
Ileana Argentin (Deputata)
Maria Berlinguer (Giornalista)
Alessandra Bocchetti (Femminista / Saggista)
Massimo Bordin (giornalista)
Paola Brandolini (Presidente nazionale Arcilesbica)
Lia Celi (Giornalista/Scrittrice)
Laura Cesaretti (Giornalista)
Franca Chiaromonte (Senatrice)
Rita De Santis (Presidente Ass. Genitori e Amici di Omosessuali)
Daniela Del Boca (economista, Univ. Torino)
Angelo Di Nepi (Imprenditore)
Fiammetta Fanizza (Sociologa, Università di Foggia)
Claudia Fellus Pirani (ASL Roma D)
Eliana Frosali (Copywriter)
Nadia Fusini (Prof. SUM Istituto Science umane, FI / Scrittrice)
Gilberto Gabrielli (Imprenditore)
Roberto Giachetti (Deputato)
Barbara Giardina (Consiglio di Amministrazione REGESTA)
Cristina Gramolini (Segretaria Nazionale Arcilesbica)
Roberto Grassilli (Disegnatore)
Rosaria Iardino (Presidente di "Donne in Rete")
Francesca Luchi (Avvocato)
Vladimir Luxuria (Artista/Attivista LGBT)
Emanuele Macaluso (Leader Storico / Editore)
Valeria Magli (Performer)
Paolo Manasse (Economista, Università di Bologna)
Aurelio Mancuso (Presidente di EQUALITY)
Roberto Marchionni (Imprenditore)
Fabrizio Marrazzo (gaycenter)
Pio Mastrobuoni (Giornalista)
Tonia Mastrobuoni (Giornalista)
Maria Teresa Meli (Giornalista)
Massimo Micucci (Imprenditore)
Giovanni Minoli (Giornalista)
Michela Murgia (Scrittrice)
Barbara Palombelli (Giornalista)
Mario Pirani (Editorialista)
Stefano Rodotà (Costituzionalista)
Flavio Romani (Presidente Nazionale Arcigay)
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- Iscritto il: 21/02/2012, 17:56
Re: quo vadis PD ????
La mappa dei capilista PD:
http://www.unita.it/foto/photogallery-i ... d-1.477489
http://www.unita.it/foto/photogallery-i ... d-1.477489
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Re: quo vadis PD ????
quasi metà degli eletti del PD saranno donne:
le "sicure" dovrebbero essere 143 su 306...
Fatti, non parole...
le "sicure" dovrebbero essere 143 su 306...
Fatti, non parole...
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Re: quo vadis PD ????
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
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