Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

3 febbraio


«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa.



Sotto le macerie – 99
Cronaca di un affondamento - 49
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 27

Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 3


L’Italia è il Paese dei misteri.

Per scoprire quello che sapevamo già da subito per lo “Stato” ci sono voluti 33 anni. A colpire l’aereo inabissatosi a Ustica è stato un missile.

La prima Repubblica è tutto un mistero che i protagonisti si portano nella tomba.

Ma anche la seconda Repubblica non è certo da meno.

La Mafia SpA esce per la prima volta allo scoperto e fonda un partito tutto suo dopo quasi 50 anni di appoggio alla Dc e negli ultimi anni al Psi.

Alla guida di Forza Italia ci mettono Silvio Berlusconi e alle spalle il mandatario della Mafia Spa al Nord Marcello Dell’Utri.

Bastava una semplice legge sul conflitto d’interessi e il cavalier banana non avrebbe mai prodotto i danni.

E per di più, oltre al danno anche la beffa.

In questi giorni ci dobbiamo sorbire le cazzate di Fini, Casini e Bersani, che per raccattare voti ci raccontano quanto fosse deleterio il cavaliere.

Perché non lo sapevano nel 1994 ????

Monti ci ha anche raccontato che credeva in lui e lo ha anche votato. Ma poi tenerello tenerello ci racconta che si è sentito tradito perché non ha realizzato la rivoluzione liberale.

La rivoluzione liberaleeeeeeeeeeeeeeeee????????? Ma di quale caXXo di rivoluzione liberale parlano????????????????????

Ma se anche i sassi a Milano sapevano che il Berlusca si metteva in politica per salvare se stesso e le sue aziende. E loro non lo sapevano le povere mammolette virginali??????????????’

Ma se dal 1992 nel mondo milanese che conta, sapevano tutti di questa valutazione di Mediobanca, non del Corrierino dei Piccoli o di Topolino

E il candido ed ingenuo MM dove stava? Su Marte, su Venere o su Giove? Il mondo finanziaro sapeva che il Berlusca era alla canna del gas.


Da Wikipedia:
Riguardo all'indebitamento, risulta, dal tradizionale rapporto con cui Mediobanca analizza ogni anno le dieci
maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992 7.140 miliardi di lire di
debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.
Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, peggiorata dal fatto che nel 1993 gli introiti
pubblicitari televisivi registrarono una crescita pari a zero (dopo molti anni di aumenti elevati e ininterrotti), le
banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti.



E la GdF di Via Fabio Filzi che per oltre 10 anni non ha mai potuto fare una verifica nelle sue aziende perché bloccata a turno dal CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) e che quando cade la prima Repubblica sotto i colpi di mani pulite si trova con 10 anni di arretrati di verifiche da fare???

E quando la magistratura si mette in moto, Fini e Casini, per la loro convenienza personale ci hanno fatto rosolare il fegato per anni sostenendo che Berlusconi era una vittima delle persecuzioni della magistratura milanese??????

E il soccorso rosso che si è subito accordato col Berlusca???????????????????????????????????????
http://www.youtube.com/watch?v=sZaIgDBrrZk
Già tutto dimenticato?

Qualche mese fa in un suo editoriale Travaglio chiedeva ai finti sinistri di non dolersi troppo dell’operato del Bersluscone, perché destra e sinistra negli ultimi 18 anni hanno sempre governato insieme stando attenti di non farsi accorgere dagli elettori altrimenti finiva l’albero della cuccagna.

E c’è chi crede ancora alle megapalle di Dalemoni sulla mancata attuazione della legge sul conflitto d’interessi.

Gli italiani sono di bocca buona,……..si bevono di tutto e di più.


La Stampa 3.2.13

La pax senese Pd-Pdl Al Monte c’era posto anche per la destra

di Gianluca Paolucci



Quando arrivava la stagione delle nomine nelle partecipate del Monte scoppiava il putiferio», ricorda dietro la promessa dell’anonimato un importante uomo politico del Pdl senese.

«Arrivavano curriculum e telefonate da Roma e da Firenze».

A riceverli c’era Andrea Pisaneschi, avvocato e docente universitario senese poco più che cinquantenne, consigliere di Mps dal 2002 in quota prima Forza Italia e Pdl poi e, secondo le ricostruzioni, «uomo di raccordo» tra la banca e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini.

La «pax senese» tra Ds e opposizione, anello politico del «groviglio armonioso» che porta gli uomini di Forza Italia nel cuore del Monte dei Paschi viene siglata nel 2000, con Piccini sindaco di Siena e dominus degli allora Ds locali.

Risale ad allora la decisione politica di allargare la rappresentanza nella Fondazione alle forze d’opposizione.

Così quando nel 2001 viene rinnovata la deputazione della Fondazione Mps, tra gli otto «nominati» dal comune entra anche Fabrizio Felici, già consigliere comunale di Siena e segretario provinciale di Forza Italia.


Alla presidenza doveva arrivare lo stesso Piccini ma a sorpresa finirà invece Giuseppe Mussari, all’epoca «solo» un giovane avvocato vicino ai Ds.

Al successivo rinnovo del consiglio di Mps, nel 2003, tra i nomi indicati dalla Fondazione compaiono due consiglieri di «area» Pdl, Pisaneschi e Carlo Querci. Coordinatore regionale di Forza Italia è Denis Verdini, che poi diventerà coordinatore nazionale del Pdl.


Per questa via, entreranno nei cda delle controllate, accanto agli esponenti di area Ds e Margherita, anche gli uomini di Forza Italia. Ovvero, di Denis Verdini, che grazie alla vicinanza con Berlusconi acquisiva sempre più potere a Roma come a Siena.

Come Pier Ettore Olivetti Rason, anche lui indagato nelle inchieste fiorentine sul caso Verdini, che negozia il presito di 150 milioni alla Btp e diventa consigliere di Paschi Gestione Immobiliare. O ancora Pietro Pecorini, avvocato anche lui, che nel 2008 entra nel consiglio della piemontese Biverbanca da poco entrata nel perimetro di Mps.


In questo patto politico rientra, viene ricostruito, rientrerebbe anche la presidenza di Antonveneta. L’anno è sempre il 2008, il Pdl ha appena vinto le elezioni e Mps deve rinnovare il consiglio della banca padovana.


Un testimone diretto della vicenda racconta che fu proprio un accordo a livello politico a portare l’avvocato Pisaneschi alla presidenza.
L’accordo funziona con soddisfazione di tutte le parti, evidentemente. Almeno fino a quando, nel gennaio 2011, non viene indagato nell’ambito delle indagini per il crac della Baldini-Tognozzi-Pontello (Btp), l’impresa di costruzioni che porterà al collasso il Credito Fiorentino dello stesso Verdini.


Tra le operazioni finite sotto la lente della procura di Firenze, che indaga sul crac, c’è anche un prestito sindacato da 150 milioni concesso da un pool di banche con Mps capofila, esposto per 60 milioni. Poi Unipol Banca (50 milioni), Credito Fiorentino (10), Cariprato (20) e Banca Mb (10). E una serie di intercettazioni dove Pisaneschi rassicura Riccardo Fusi della Btp che malgrado tutti i guai della Btp la banca non creerà problemi per quel prestito: «Si rifà il punto anche con me, che c’avrei piacere. Dopodiché io riacchiappo Pompei, riacchiappo Vigni (rispettivamente un alto dirigente e il direttore generale di Mps, ndr), riacchiappo tutti quelli che devo riacchiappare... ».


Nella stessa inchiesta viene intercettato anche Mussari, che non risulta indagato. Verdini lo chiama per chiedergli di intercedere in prima persona per far aumentare di 10 milioni la quota di Mps nel prestito alla Btp, ma l’incremento non verrà mai approvato.


Pisaneschi, dopo le rivelazione sull’indagine, viene costretto a dimettersi ed esce di scena. Fino a ieri.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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4 febbraio


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Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 4



Mai dire la verità in questo Paese……………..


Crozza risponde con una canzone a Mario Monti

Il Premier lo aveva definito "pateticamente disinformato" - Rcd

http://video.corriere.it/crozza-rispond ... ce41528d1f

Maurizio Crozza su La7, in 'Crozza nel Paese delle Meraviglie', risponde con una canzone al Premier uscente Mario Monti che lo aveva definito "pateticamente disinformato". Il comico aveva ironizzato sulle ricchezze dei candidati della Lista Monti, affermando che "il più povero possiede la Kamchakta" e il Senatore a vita si era risentito sottolineando che fra i candidati c'è anche una "terremotata povera".
camillobenso
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4 febbraio


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Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 5



Repubblica 4.2.13

La paura del capo centrista per i consensi in discesa dell’Udc: “Se andiamo al 3% non tengo il partito. Vogliono rendermi irrilevante”
E tra il Professore e Casini ora cala il gelo

di Tommaso Ciriaco


ROMA — «Credevamo di arrivare al 5%, ora speriamo nel 4%. MA con il 3% non tengo il partito, io non ci sto dormendo la notte... ».


L’incubo di Pier Ferdinando Casini ha le sembianze di un flop elettorale. Il leader centrista accusa Mario Monti di averlo condotto per mano in un vicolo cieco, saccheggiando il consenso dell’Udc a favore della sua lista personale.


I due si sentono poco e da giorni a via dei due Macelli è scattato l’allarme.


I sondaggi, infatti, fotografano un’emorragia di voti che nessuno riesce a tamponare.

Uno scenario fosco.

Anche perché tutti i sondaggi deprimono le sue aspettative.

Sebbene i precedenti in qualche modo lo consolano: «I sondaggisti ci sottostimano sempre».

Ma per reagire all’emergenza, il capo dell’Udc ha deciso di intraprendere una campagna tv che lo porterà a Ballarò, Porta a Porta e Otto e mezzo.


Ora, però, la tensione sta aprendo uno vero e proprio scontro dentro il Listone centrista.


L’Udc, infatti, imputa la discesa verticale dei consensi soprattutto a Monti.


Alla sua lista personale che alla Camera ruba consenso allo Scudocrociato e alla scelta di condurre una campagna elettorale “aggressiva” che mette in ombra gli alleati.


Casini l’ha capito bene e sta organizzando le contromosse.


Ha consegnato agli ambasciatori del Professore un messaggio: «Se puntate a rendermi irrilevante, io sono pronto a fare un gruppo autonomo al Senato... ».


Certo, lo scenario scissionista è giudicato dai centristi più avveduti solo una provocazione per evitare di «prendere un’altra fregatura dopo il voto».


Non solo perché i candidati del listone di Palazzo Madama hanno sottoscritto un impegno ad aderire al gruppo unico, ma anche perché solo se l’area Monti infrangerà la soglia del 18%, allora i “casiniani” avranno la speranza di eleggere 10 senatori, il minimo per formare un gruppo autonomo.


Non solo. L’ex presidente della Camera ha iniziato a prendere le distanze dagli attacchi del Professore al Pd.




Lui vuole mantenere aperto il dialogo con Bersani e D’Alema.




E, in caso, anche avviare un dialogo “autonomo” con i Democratici se Monti dovesse arrivare ad una frattura con i futuri alleati e se non dovesse adeguatamente tutelare gli interessi centristi.




Che nel caso di Casini significa la presidenza del Senato.


Insomma il leader Udc non vuole il ruolo del semplice «donatore di sangue».
Sta di fatto che il peso delle tre liste montiane della Camera determinerà a urne chiuse anche gli equilibri dell’area di centro.


Servirà a stabilire le quote del partito che verrà, se davvero si concretizzerà la prospettiva messa nero su bianco davanti al notaio.


In questo senso l’attivismo di Andrea Riccardi rappresenta un ulteriore campanello d’allarme.


Il ministro coltiva da sempre un legame importante con l’associazionismo bianco e con le gerarchie vaticane.


Ha strappato per diversi “cattolici doc” posti utili in lista e nel suo tour in giro per l’Italia non manca mai di fare tappa anche nelle sedi vescovili.


Per gli Udc una temibile calamita dei voti cattolici.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 6



- È DIVORZIO TRA LO “SHERPA” MONTI E PIERFURBY


- LA PRATICA DI SEPARAZIONE AFFIDATA A BONDI CHE DOVRÀ FORNIRE NELLE PROSSIME ORE ALLO SHERPA UNA MAPPA DETTAGLIATA DI TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI, DOVE INTENSIFICARE LA CAMPAGNA ELETTORALE, PER FAR ELEGGERE PROPRI FEDELISSIMI E, VICEVERSA, LASCIARE AL PROPRIO DESTINO LE CIRCOSCRIZIONI AL SENATO DOVE GLI ELEGGIBILI RISULTANO CASINIANI PURI…



DAGOREPORT

L'incontro tra lo Sherpa Monti e Casini Pierfurby venne celebrato a novembre, prima che le Camere venissero sciolte, davanti al suocero Caltariccone Franco alla presentazione del restyling grafico del "Messaggero" a Palazzo delle Esposizioni, davanti ai romani che non si perdono un party, soprattutto se profuma di potere.


A distanza di tre mesi, l'officiante del divorzio e' tale Bondi Enrico, ex responsabile della spending rewiew del governo tecnico e gia' selezionatore di curriculum per la lista Sherpa/Casini/Fini: e' l'uomo di Arezzo che sta facendo in queste ore l'analisi del sangue politico in termini di fedeltà a Casini o a Sherpa/Monti di tutti i candidati di Scelta Civica che hanno qualche possibilità reale di essere eletti.


Con quale obiettivo? Fornire nelle prossime ore allo Sherpa una mappa dettagliata, circoscrizione per circoscrizione, di tutti i posti dove intensificare la campagna elettorale, magari anche con la presenza del premier, per far eleggere propri fedelissimi e, viceversa, lasciare al proprio destino le circoscrizioni al Senato dove gli eleggibili risultano casiniani puri.


Quindi e' guerra aperta al Senato e concentrazione degli sforzi elettorali alla Camera, dove lo Sherpa corre da solo e verra' pesato per questo. E meno male che Bondi in questo lavoro e' assistito di meno dal suo numerosissimo, quasi leggendario, pool di avvocati con i quali ha gestito la liquidazione di Montedison e l'avventura in Parmalat, altrimenti per Pierfurby sarebbero stati dolori più seri.


Nel divorzio Sherpa/Pierfurby il terzo gode, o almeno non ne soffre: di Montezemolo Luca aveva cercato di evitare, litigando anche con il premier in carica per gli affari correnti, che Scelta Civica cedesse al Genero la golden share del gruppo al Senato, ma lo Sherpa l'aveva concessa. Ora il ripensamento e la pratica di separazione affidato a Bondi. E i candidati senatori tremano, non sapendo alla fine se e' meglio o peggio avere come sponsor l'uno o l'altro.

Dalle parti del Pdl e, in parte, da quelle del Pd fanno il tifo affinché Scelta Civica resti al di sotto del 10 per cento, anche con l'aiuto di Crozza Maurizio.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 7



Se confermato il trend negativo dell’U Dc, si aprono nuovi scenari imprevisti nella politica italiana.

Anche Ipr Marketing conferma il calo dell’U Dc al 3,3 % per Piazzapulita.


Da La Repubblica di stamani.

ROMA — «Credevamo di arrivare al 5%, ora speriamo nel 4%. MA con il 3% non tengo il partito, io non ci sto dormendo la notte... ».


L’incubo di Pier Ferdinando Casini ha le sembianze di un flop elettorale. Il leader centrista accusa Mario Monti di averlo condotto per mano in un vicolo cieco, saccheggiando il consenso dell’Udc a favore della sua lista personale.


*

Manca un niente al 3 % per monsignore.

Cosa succederà dietro l’angolo?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa.



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MERCATI
Piazza Affari crolla (-4,5%) con le banche
Il Wsj: «Troppe promesse dai politici»

Il quotidiano Usa: pesano l'inchiesta sui derivati, le promesse
di Berlusconi e lo scandalo tangenti in Spagna. Sale lo spread



Le promesse elettorali di Silvio Berlusconi e la crescita dell'ex premier nei sondaggi preoccupano gli investitori e non essere estranei alle nuove tensioni sui mercati internazionali, oltre agli scivoloni di Piazza Affari che lunedì è crollata del 4,5%. Lo scrive il Wall Street Journal che attribuisce allo stress politico in Italia e Spagna le oscillazioni dell'euro e persino il cattivo andamento delle piazze finanziarie americane.

Il primo quotidiano finanziario del mondo accende il faro, in particolare, sull'inchiesta derivati in Italia e sullo scandalo tangenti che ha colpito, a Madrid, il governo di Mariano Rajoy.


BERLUSCONI: CROLLO? COLPA DI MPS - Silvio Berlusconi ha respinto a stretto giro l'attacco del Wsj «La Borsa va giù - ha detto durante un incontro elettorale a Trieste - perchè c'è un grosso scandalo del Monte dei Paschi di Siena» Un caso che «porta la sfiducia degli operatori internazionali».


LE PREOCCUPAZIONE - E anche il Financial Times non si esime dal correlare la crescita della pressione sui bond decennali italiani al nervosismo legato all'esito delle prossime elezioni politiche. Il quotidiano parla di «preoccupazioni legate ai sondaggi che mostrano la coalizione guidata da Berlusconi recuperare sul centrosinistra». Una tendenza, aggiunge, che lascia pensare che «il voto del 24-25 febbraio potrebbe portare all'instabilità politica».


DERIVATI, INDAGATE A TRANI 5 BANCHE ESTERE- Secondo quanto riportato da Reuters, la procura di Trani avrebbe iscritto nel registro degli indagati anche cinque banche estere - Societe Generale, Barclays, Deutsche Bank, Hsbc e Rbs - e cinque relativi general manager nell'inchiesta per presunta manipolazione del tasso Euribor, oltre agli istituti italiani.L'inchiesta sull'Euribor fa parte dello stesso fascicolo in cui si indaga sui derivati swap che vede coinvolte UniCredit, Bnl (del gruppo Bnp Paribas ), Credem e Banco di Napoli, gruppo Intesa Sanpaolo.


BORSE E BANCHE - Piazza Affari è crollata del 4,5%, inutile aggiungere che è la peggiore in Europa dove pure i mercati azionari hanno archiviato una giornata pesante. Londra ha perso l'1,58%, Francoforte il 2,49%, Parigi il 3%, Madrid il 3,77%. Le banche hanno sofferto su tutte le piazze, le italiane sono andate a picco. Mps è stata tra quelle che hanno perso (relativamente) meno: in chiusura il titolo ha segnato un calo del 4,83% tra scambi per il 3,1 per cento del capitale. Unicredit ha lasciato sul campo l'8,29%, Intesa Sanpaolo il 5,35%, il Banco Popolare il 6,89%.


BTP E BONOS - Lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi ha chiuso sui massimi di giornata a 285 punti, in rialzo di 20 centesimi sui livelli di venerdì scorso. Il rendimento del decennale è al 4,48%. In aumento anche lo spread Bonos/Bund, a 385 punti per un tasso del 5,45% a causa dell'inchiesta sulle presunte tangenti incassate da esponenti del Partito Popolare, che mina la stabilità del governo Rajoy.

WALL STREET - Chiusura in ribasso per Wall Street con il Dow Jones che cede lo -0,93% a 13.880,54 punti e il Nasdaq l'1,51% a 3.131,17 punti. Anche l'indice S&P500 ha perso l'1,15% a 1.495 punti.

Pa.Pic.4 febbraio 2013 | 23:20© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/economia/13_febb ... 97f2.shtml
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

mah a me sta "furia" di Casini mi puzza.
era ovvio che l'elemento catalizzatore sarebbe stato Monti e che l'erosione ci sarebbe stata.
secondo me è un alibi , fa la vittima, si scrolla di dosso un pò di gente che gli sta stretta dando la colpa ad altri e rinasce casto e virginale .
lucfig
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da lucfig »

Scenario 1:

Supponiamo che:
Berlusconi prende il 20% con la lega 4% in tutto il 30%
Monti & co. non arrivano al 8% - 10%
PD & co 35% - 40%
M5S 15% - 20%
Ingroia 4% - 5%

A questo punto mi domando, conviene al PD allearsi con Monti & co., oppure percorrere la strada della Sicilia?
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa


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Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 9


Amà ha postato in altro 3D:

Dopo avere lasciato l’incarico da ministro dell’Energia britannico un anno fa, Chris Huhne lunedì 4 febbraio si è dimesso anche da parlamentare, secondo molti ponendo fine così alla sua carriera politica. Huhne ha ammesso di avere mentito su chi fosse alla guida della sua auto, multata per eccesso di velocità nel 2003. All’epoca la moglie di Huhne accettò al posto suo una riduzione dei punti sulla patente, prendendosi la colpa di un’infrazione che invece aveva commesso Huhne.


Dal giorno alla notte rispetto a quanto accade nella Penisola dei Famosi. Non si tratta di voler essere moralisti a tutti i costi, ma l’economia è l’economia. Una scienza che comporta l’impiego della matematica. E la matematica, di questi tempi di disgregazione sociale, per la stragrande maggioranza dei tricolori è solo un’opinione.

Nel 1977, Enrico Berlinguer, osservando l’andazzo della classe politica italiana maturò la convinzione che tutto sarebbe finito a rotoli e lanciò la “Questione morale”.

Nell’ambito del tentativo di portare in porto il compromesso storico, Berlinguer un anno prima ne parlò ad Aldo Moro.

Entrambi avevano intuito come sarebbe finita se si proseguiva in quel modo. Nel 1974, il repubblicano Ugo la Malfa, usci dalla coalizione a guida democristiana, perché non intendeva avallare una politica di sperperi a danno dello Stato. Caso unico nella storia repubblicana.

Ma quelli erano altri tempi ed altri uomini. Oggi sono i tempi degli omminicchi e dei quaquaraquà.

I tre masnadieri che si contendono la poltrona di Palazzo Chigi, avrebbero mille ragioni per riproporre la questione morale perché la forte crisi mondiale che sta spingendo la Penisola dei Famosi dalla recessione alla depressione, allora non c’era. Oggi, senza questione morale che muove a favore dell’economia non consente di uscire dalla crisi.

Nell’anno del rigore di Rigor Mortis, sono scoppiati in serie un numero consistente di scandali riguardanti i partiti e le loro fameliche fauci.

Ma questo non ha scosso minimamente la fauna politica. Sono ancora tutti li a contendersi a suon di bastonate lo scettro per distribuire le carte.

Questo perché il partito che vince ha il diritto di mangiare di più.

Pd e Pdl sono diventati autentiche macchine da guerra per fare soldi.


Elezioni, i candidati si pagano la poltrona. Pd chiede 35mila euro, 25mila per il Pdl
Il Popolo della libertà li vuole in unica soluzione, al Partito democratico vanno bene anche a rate. Il "balzello" viene fatto pagare ai primi sei nella lista al Senato e i primi nove della Camera. Contributi a tranche anche nella Lega Nord. Berselli (Pdl): "Con il Porcellum non si sostengono costi individuali per l campagna. Per questo pagano tutti con il sorriso sulle labbra"

Un gettone d’ingresso per diventare parlamentare. È quello che chiedono il Pd e il Pdl ai loro candidati. E più precisamente ai primi sei nella lista al Senato e i primi nove della Camera. Quasi fosse un balzello, un pegno da pagare perché tanto quei soldi, a spese dei contribuenti, rientreranno attraverso lo stipendio. La differenza della pratica bipartisan sta solo nelle cifre: il Pdchiede 35mila euro, il Pdl 25mila. Ma la differenza è anche nel metodo di pagamento: i berluscones pretendono che la somma sia cash e assolutamente anticipata, nel partito di Bersani c’è invece la possibilità di rateizzare la cifra. Più alta, ma pagata nei mesi di mandato attraverso una detrazione dallo stipendio di deputato a favore del partito.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... dl/481632/


Questo significa che i margini di recupero per la prossima orgia ci sono ancora. Uno li paga volentieri 35 mila euro come ticket d’ingresso all’orgia se poi sa che verranno moltiplicati come i pani e i pesci.

In tutte le transazioni commerciali regna sempre sovrana la mazzetta. Anzi, in tempi di crisi si diffonde ancora di più, perché quel poco lavoro circolante se lo fanno pagare a peso d’oro.

Il povero Giampaolino, ancora una volta, tra l’altro in presenza delle massime autorità dello Stato, compreso il presidente, lancia il grido d’allarme ai sordomuti presenti in sala.

I presenti in sala sembrano tutti gatti di marmo. Fanno finta di ascoltare il presidente della Corte dei Conti.


Dal Corriere.it

Corte dei conti, allarme corruzione
Ma il pg: «Il condono è fondato»

Il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino

Il presidente Giampaolino: «Ha assunto natura sistemica e pregiudica la nostra economia»
(Ecchissenefotte, avranno pensato i tre masnadieri – ndt)

E sulla politica economica di Monti: «L'aumento delle tasse, forzando una pressione fiscale già fuori linea nel confronto europeo, ha favorito Condizioni per ulteriori effetti recessivi»

http://www.corriere.it/economia/13_febb ... 0aac.shtml

*

Ma vaaaaaaaaaaaaaaaà????????????

A’ Giampaolì ma che stai addì??? Stai parlando der sarvatore de la Patria e de tutti quelli che c’hanno a core er bbene commune (LORO)

Nun se dicheno ste cose Giampaolì. Se penseno ma non se dicheno, sennò, caro Giampaolì, l’animelle candide se turbeno…..



NON CHIEDETEMI PIU’ PER FAVORE PERCHE’ VOTO PER IL PARTITO CHE NON C’E’.


Amà, nun è “disillusione”,……è la certezza ch’annamo a sbatte…….



Nella città de Romolo e Remolo, ad Alemagno er vizietto non passa mai.

- MAZZETTA NERA TRIONFERA’


- TANGENTI/FILOBUS: I VERTICI DI “ROMA METROPOLITANE” SFILANO IN PROCURA

- RICCARDO MANCINI AVREBBE AVUTO DA ALEMANNO IL “MANDATO” A TRATTARE SULLE SCELTE DEL CAMPIDOGLIO PER LA MOBILITA’

- CERAUDO (SEMPRE PIU’) NEI GUAI: IL SUO INTERROGATORIO E QUELLO DI MANCINI SEMBRANO ALLONTANARE L’IPOTESI/SCARCERAZIONE

- NON CONVINCE LA SPIEGAZIONE SUI 200MILA IN CONTANTI NELLA CASSETTA DI SICUREZZA…

Fulvio Fiano per il "Corriere della Sera"



Si allarga l'inchiesta sulla presunta tangente per i filobus, i magistrati convocano i vertici di Roma Metropolitane per approfondire ruoli e responsabilità. I dirigenti in carica all'epoca dell'appalto affidato alla Breda Menarini Bus dietro pagamento di una mazzetta - è l'ipotesi della Procura - al fedelissimo del sindaco Alemanno, Riccardo Mancini, saranno sentiti presto come testimoni dal pm Paolo Ielo.

Roma Metropolitane è da statuto l'organo che «per conto di Roma Capitale svolge le funzioni connesse alla realizzazione, ampliamento, prolungamento e ammodernamento delle linee metropolitane della città di Roma, dei "corridoi della mobilità" e dei sistemi innovativi di trasporto».

L'assegnazione dell'appalto per il corridoio Laurentina - Tor Pagnotta fu deciso nel 2008 da una commissione d'esame composta dall'amministratore delegato dell'epoca, Federico Bortoli, da Francesco De Santis e Valter Di Mario. Ma le scelte strategiche del Campidoglio nel settore venivano prese in vertici allargati ai quali partecipavano - tra gli altri - l'ex presidente dell'Agenzia per la Mobilità, Massimo Tabacchiera, l'ad Enrico Sciarra e l'ex assessore ai Trasporti, Sergio Marchi.

E Riccardo Mancini, stando ai verbali di interrogatorio degli ex di Finmeccanica Lorenzo Cola e Lorenzo Borgogni (allegati all'inchiesta), avrebbe avuto una sorta di «mandato» da Alemanno per trattare di questi temi con le ditte appaltatrici.

La commessa per i 45 filobus sarebbe stata funzionale all'ingresso di Finmeccanica nell'assegnazione dei lavori per la metropolitana. L'ok al prolungamento della B1, da Rebibbia a Casal Monastero, fu decisa ancora da Bortoli, De Santis e Di Mario, assieme a Claudio Pasquali e Domenico Sandri. L'appalto fu vinto da una Ati della quale fa parte anche Ansaldo Sts, controllata come la Breda da Finmeccanica. La proporzione fra i due affari è di uno a cento: venti milioni di euro vale la fornitura dei filobus, due miliardi è il valore potenziale dei lavori per i treni sotterranei.

Si complica intanto la posizione di Roberto Ceraudo. Venerdì sarà esaminata dal tribunale del Riesame la nuova istanza di scarcerazione presentata dall'avvocato Francesco Compagna, dopo quella respinta dal gip la scorsa settimana. Con la differenza che la Procura non sembra più orientata a dare parere favorevole all'uscita dal carcere. Dagli interrogatori suoi (il secondo) e quello di Mancini sarebbero emersi nuovi elementi a carico dell'ex ad di Breda. Uno dei misteri da chiarire è quello delle cifre.

Le versioni di Ceraudo e di Edoardo D'Incà Levis non combaciano su quanti soldi siano davvero stati girati dal mediatore al manager. Ma debole - a giudizio del gip Stefano Aprile, nelle motivazioni con cui ha deciso di respingere la scarcerazione - sembra anche la spiegazione di Ceraudo sui 200mila euro trovati in contanti in una sua cassetta di sicurezza. Banconote tutte da 500 euro, con numero di serie consecutivo. Ceraudo ne ha giustificata la provenienza come un anticipo per la consulenza affidatagli da una società turca. Un incarico, però, che dovrebbe cominciare solo tra un anno.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa



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I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 34
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Il Vanna Marchi Show - 1



Chi vince l’oscar delle balle elettorali?

di Alessandro Robecchi | 6 febbraio 2013
Commenti (142)


Naturalmente scalare il Cervino a mani nude, o lanciarsi da un jet con un paracadute di mutande, o attraversare a nuoto l’Atlantico senza pinne, sono imprese alla portata di tutti.


Più difficile, come sport estremo, è credere alle promesse elettorali.




Una pratica che lascia immancabilmente sul campo morti e feriti, delusioni feroci e l’intimo fastidio che ci fa dire: ci ho creduto, che fesso!




Come sempre quando si ha a che fare con dei feticci – teste impagliate della Guinea, boomerang d’osso aborigeni o promesse elettorali italiane – scatta la sindrome del collezionismo.


Dal Matteo Salvini che tuonava: “Lega, mai più con Berlusconi!” (luglio 2012), fino al Mario Monti di “Non mi presento alle elezioni” (settembre 2012), passando magari per l’Angelino Alfano del “Faremo le primarie, nessuno stop” (dicembre 2012), il problema è quello della raccolta infinita, come dire che l’album non lo completeremo mai.



Perché, come in ogni collezione che si rispetti, anche per quella delle promesse elettorali esiste il problema dei doppioni.


Per esempio sulle primarie del Pdl, per dirne una, ci sono infinite varianti: figurine di merda di fronte, di profilo, di schiena, eccetera.


Buone da scambiare con altri collezionisti, insomma, ti do un Alfano che dice una cazzata in cambio di un Maroni che ne dice due.

Poi – spero capiate il dramma di noi collezionisti – c’è anche un problema di scadenza.

Sì, perché le promesse scadono proprio come lo yogurt, ma nessuno scrive sulla confezione “da consumarsi entro…”.


Per dire: “Non faremo campagna elettorale contro Monti”, prometteva Silvio Berlusconi in dicembre, nemmeno un mese prima di dare del “mascalzone” al professore.


Ma un mese è già parecchio.


C’è anche chi scade in poche ore, come la rara figurina del Maroni stratega: “Facciamo l’election day in aprile!”, detto il primo novembre 2012, cioè due giorni prima della decisione di votare a febbraio.

Una specie di cazzata istantanea, quindi, solubile e da bere subito, prima che vada a male. Ma fin qui, mi rendo conto, parliamo di piccole manie, di archivisti della demagogia.


Un mio vicino di casa ricorda sempre la stoccata berlusconiana del 2008, quell’“Aboliremo il bollo auto” che ancora gli provoca acidità di stomaco ogni volta che lo paga.


Altri, più ecologisti, ricordano il meraviglioso Berlusconi che si impegnava a piantare 100.000 alberi (era il 2010), o quello che “Sconfiggeremo il cancro”, o altre promesse dimenticate e ingiallite dall’oblio come le figurine Liebig di inizio ’900.


Siamo all’elencazione, al ricordo, alla rimembranza: promesse assurde e impossibili come un cameo dei tempi andati, piccole madeleinesproustiane del nostro scontento.


Più difficile (ci vorrebbe un filosofo, un poeta, il Roland Barthes dei Frammenti di un discorso amoroso), è capire come anche la promessa più assurda, folle, spericolata e inconcepibile attecchisca in fondo anche tra gli scettici.


Ti amerò per sempre.

Non ti tradirò mai.

Ti renderò in contanti i soldi dell’Imu, abbasserò l’Irpef.

Vedrai, sarà sempre come il primo giorno.

Non ci crede nessuno, naturalmente.

Eppure c’è un piccolo demone in ogni cuore che ci pungola, che ci dà di gomito, che ci sussurra: “Ma metti che…”. Un minuscolo retrovirus, un globulo stronzo che rode piano piano.


Che ci rende in qualche modo complici di chi fa promesse strampalate.

Come per le truffe, bisogna essere in due: truffatore e truffato.


Anzi in tre: truffatore, truffato e chi tiene il conto. Che è sempre in perdita.

Il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2013
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