M P S
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messaggero.it
Mps, Rizzo conferma le accuse
«C'era una banda del 5%»
Mussari: risponderò ai pm ma non oggi
L'ex funzonario della Dresdner: c'erano pagamenti riservati ai vertici
ROMA - C'era «una banda del 5%» che prendeva una percentuale illecita su ogni operazione e c'erano «pagamenti riservati» ai vertici di Mps: l'ex funzionario della banca d'affari Dresdner, sentito a Roma dalla Gdf,ha confermato tutte le accuse nei confronti di Mps che aveva già messo in un verbale di polizia giudiziaria nel 2008.
L'ex presidente di Banca Monte dei Paschi Giuseppe Mussari è pronto a rispondere a tutte le domande dei sostituti procuratori «ma non in data odierna». Lo ha riferito il suo legale, Fabio Pisillo, spiegando che questa decisione è stata presa in considerazione dell'assenza dell'altro difensore Tullio Padovani. Mussari ha chiesto che venga fissata un'altra data, fin da giovedì di questa settimana, per rispondere all'interrogatorio assistito da entrambi i difensori.
L'interrogatorio. Rizzo, che è stato sentito dagli uomini del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, ha dunque ribadito le sue accuse nei confronti degli ex vertici della banca e ha fatto anche i nomi dei funzionari di Dresdner che hanno partecipato alle riunioni in cui si affrontava la questione delle percentuali per i funzionari di Rocca Salimbeni. Persone che saranno adesso sentite nei prossimi giorni dalla procura di Siena che indaga sull'acquisizione di Antonveneta e sulla vicenda del derivato Alexandria.
Rizzo ha anche confermato l'esistenza dei nastri - depositati a Milano già nel 2008 - sui quali avrebbe registrato le conversazioni tra lui e gli altri funzionari della Dresdner nelle occasioni in cui si parlava di Mps. Si tratterebbe, secondo quanto si apprende, di 2-3 nastri relativi a riunioni interne alla banca d'affari alle quali ha partecipato lo stesso Rizzo. Registrazioni effettuate su suggerimento dei legali nel timore che, una volta denunciate l'anomalia relativa a Mps, nei suoi confronti potesse essere aperta una procedura di licenziamento.
Nel verbale del marzo del 2008, in particolare, Rizzo citava una cena con il funzionario della Dresdner, Michele Cortese - che sarà sentito anche lui nei prossimi giorni - nella quale quest'ultimo affermava che «Baldassarri e Pontone (capo area finanza e responsabile ufficio di Londra Mps, ndr) avevano percepito una commissione indebita dell'operazione per il tramite di Lutifin. Mi disse che i due erano conosciuti come la banda del 5% perché su ogni operazione prendevano una percentuale».
corriere.it
BORSE DI MILANO E MADRID - Piazza Affari crolla del 3,7% ed è ancora una volta la peggiore in Europa. Profondo rosso per l'intero listino, affondato da banche e industriali. Tra gli istituti di credito, sospensione in asta di volatilità per Unicredit (-7,38%) e Intesa Sanpaolo (-4,94%), in parallelo alla risalita dello spread. Mps cede il 5,17%. Male Fiat (-4,91%) e gli altri industriali (Finmeccanica -6,34%, Pirelli -4,75%). Sale, in decisa controtendenza, Saipem (+1,99%) Madrid perde oltre il 2%
Mps, Rizzo conferma le accuse
«C'era una banda del 5%»
Mussari: risponderò ai pm ma non oggi
L'ex funzonario della Dresdner: c'erano pagamenti riservati ai vertici
ROMA - C'era «una banda del 5%» che prendeva una percentuale illecita su ogni operazione e c'erano «pagamenti riservati» ai vertici di Mps: l'ex funzionario della banca d'affari Dresdner, sentito a Roma dalla Gdf,ha confermato tutte le accuse nei confronti di Mps che aveva già messo in un verbale di polizia giudiziaria nel 2008.
L'ex presidente di Banca Monte dei Paschi Giuseppe Mussari è pronto a rispondere a tutte le domande dei sostituti procuratori «ma non in data odierna». Lo ha riferito il suo legale, Fabio Pisillo, spiegando che questa decisione è stata presa in considerazione dell'assenza dell'altro difensore Tullio Padovani. Mussari ha chiesto che venga fissata un'altra data, fin da giovedì di questa settimana, per rispondere all'interrogatorio assistito da entrambi i difensori.
L'interrogatorio. Rizzo, che è stato sentito dagli uomini del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, ha dunque ribadito le sue accuse nei confronti degli ex vertici della banca e ha fatto anche i nomi dei funzionari di Dresdner che hanno partecipato alle riunioni in cui si affrontava la questione delle percentuali per i funzionari di Rocca Salimbeni. Persone che saranno adesso sentite nei prossimi giorni dalla procura di Siena che indaga sull'acquisizione di Antonveneta e sulla vicenda del derivato Alexandria.
Rizzo ha anche confermato l'esistenza dei nastri - depositati a Milano già nel 2008 - sui quali avrebbe registrato le conversazioni tra lui e gli altri funzionari della Dresdner nelle occasioni in cui si parlava di Mps. Si tratterebbe, secondo quanto si apprende, di 2-3 nastri relativi a riunioni interne alla banca d'affari alle quali ha partecipato lo stesso Rizzo. Registrazioni effettuate su suggerimento dei legali nel timore che, una volta denunciate l'anomalia relativa a Mps, nei suoi confronti potesse essere aperta una procedura di licenziamento.
Nel verbale del marzo del 2008, in particolare, Rizzo citava una cena con il funzionario della Dresdner, Michele Cortese - che sarà sentito anche lui nei prossimi giorni - nella quale quest'ultimo affermava che «Baldassarri e Pontone (capo area finanza e responsabile ufficio di Londra Mps, ndr) avevano percepito una commissione indebita dell'operazione per il tramite di Lutifin. Mi disse che i due erano conosciuti come la banda del 5% perché su ogni operazione prendevano una percentuale».
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BORSE DI MILANO E MADRID - Piazza Affari crolla del 3,7% ed è ancora una volta la peggiore in Europa. Profondo rosso per l'intero listino, affondato da banche e industriali. Tra gli istituti di credito, sospensione in asta di volatilità per Unicredit (-7,38%) e Intesa Sanpaolo (-4,94%), in parallelo alla risalita dello spread. Mps cede il 5,17%. Male Fiat (-4,91%) e gli altri industriali (Finmeccanica -6,34%, Pirelli -4,75%). Sale, in decisa controtendenza, Saipem (+1,99%) Madrid perde oltre il 2%
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Re: M P S
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa.
Fatebenefratelli di "Falce e sportello" - 1
il Fatto 3.2.13
La verità di Consorte: “Ecco i segreti della finanza rossa”
Prima dell’estate dei “furbetti” nel 2005 c’era un piano tra Monte Paschi e Unipol per il polo targato sinistra
di Gianni Barbacetto
Milano. Rivincita? Sì, questo potrebbe essere il momento della rivincita. Lui, Gianni Consorte, era il “cattivo”, il “furbetto rosso” che nel 2005 si lancia, in pessima compagnia, alla conquista di Bnl durante l'estate delle scalate.
Quelli del Monte Paschi erano invece i “buoni”, quelli che si erano tenuti lontani dalla “razza mattona” dei Ricucci e compagnia, dicendo un sonoro no a Massimo D'Alema e Piero Fassino che li avrebbero invece voluti al fianco di Consorte nell'assedio a Bnl.
Sfida tra Bologna e Siena
Nell'estate 2005 si è combattuta (anche) una disfida tra Bologna e Siena. Una guerra fratricida che ha spezzato il cuore della finanza rossa. Oggi Giuseppe Mussari e gli uomini della vecchia gestione Mps sono travolti dallo scandalo. “Cattivi” anche loro.
Chissà se Consorte assapora il gusto della vendetta.
“Ma no. Non mi interessa infierire sui miei vecchi avversari che oggi provano cosa vuol dire essere attaccati ogni giorno dai giornali. A me interessa soltanto ristabilire la verità dei fatti di allora, che forse spiega anche quello che sta succedendo oggi”.
L'ex presidente, amministratore delegato e padre-padrone di Unipol è stato processato per le scalate. “E assolto per l'aggiotaggio su Bnl”, dice. Nel gennaio 2006 si è dimesso da ogni carica. Ha lasciato la compagnia di via Stalingrado, a Bologna, “l'assicurazione dei comunisti” diventata grande azienda, buttata nei giochi pericolosi della finanza italiana, senza stare troppo a guardare i compagni d'avventura.
“Quando me ne sono andato”, dice, “ho però lasciato un gruppo con 300 milioni di utile, un patrimonio netto di 6,2 miliardi, un giro d'affari di 10,5. Non voglio fare confronti con altre situazioni”.
Ora assiste al crollo dei suoi vecchi nemici.
“Ma le cose non sarebbero andate così”, continua Consorte, “se Mussari e gli altri del Montepaschi mi avessero dato retta. Avremmo conquistato Bnl e loro non si sarebbero svenati per comprare Antonveneta”. Nel 2005 Consorte tentò di coinvolgere Mps nella scalata alla banca romana. D'Alema, indicato come il gran regista politico dell'operazione, era d'accordo. Fassino non faceva solo il tifo, ma telefonava ripetutamente a Franco Ceccuzzi, allora segretario dei Ds senesi, per convincerli a schierare Mps al fianco di Unipol.
Il no di Ceccuzzi
Siena disse no. Non voleva stare in una cordata con il comando a Bologna. E Ceccuzzi spiegava: “Saremo anche medioevali, noi di Siena, ma abbiamo le calcolatrici e i computer: abbiamo fatto i calcoli, l'affare non ci conviene. Con quei compagni di strada, poi... ”. Peccato che un paio d'anni dopo, abbiano comprato Antonveneta pagandola carissima. Da qual momento, è stato tutto un rilanciare di derivati e contratti segreti, swap e fresh, un poker folle con molti bluff per tentare di aggiustare i conti, o almeno di nascondere quelli veri.
L’opa su Bnl in contanti
“Le racconterò una cosa che smentisce seccamente questa storia delle calcolatrici”, dice Consorte. “Nell'aprile 2005 io e il vicepresidente Ivano Sacchetti abbiamo proposto a Mussari di fare lui l'operazione: un'opa su Bnl in contanti che gli avrebbe permesso di arrivare attorno al 60 per cento e avere così il controllo della banca. Avevo calcolato che gli sarebbe costato 4,8 miliardi. Alla fine, Mussari avrebbe fuso Mps con Bnl e il Monte Paschi sarebbe diventato la più grande banca italiana. A noi avrebbe dato due o trecento filiali che avrebbero razionalizzato la sua rete e fatto crescere la nostra Unipol Banca. Sa la verità? Ero già d'accordo con l'allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Anzi, era stato lui a chiederci di fare l'operazione, così da fermare i baschi di Bbva, il Banco di Bilbao che aveva lanciato una Ops (offerta pubblica di scambio) per conquistare Bnl. Loro pagavano con la carta, scambiando titoli, noi avremmo pagato cash. Avremmo vinto”. Contenti tutti, anche Fazio, impegnato a garantire “l'italianità delle banche”.
Il tradimento di Generali
“Unipol era dal 2001 che cercava di comprare azioni Bnl”, racconta Consorte. “Assicurazioni Generali si era impegnata con noi per cederci il suo pacchetto dell'8 per cento. Poi, nel 2004, l'amministratore delegato di Generali, Giovanni Perissinotto, comincia a raccontarci balle, ci dice che l'accordo era decaduto e intanto si era messo d'accordo con Diego Della Valle e Bbva. È a quel punto che io cerco un'altra strada. Propongo a Mussari di fare lui l'opa. Mi risponde di no. Allora parto da solo. Cerco un accordo con Bbva. Poi nel giugno 2005 chiedo a Mussari di venderci il loro pacchetto di Bnl: Montepaschi aveva un 4-5 per cento, se non ricordo male, tanto che esprimeva un uomo nel consiglio d'amministrazione della banca romana. Mussari mi ha risposto ancora di no. Allora, tra il 1 e il 15 luglio 2005 – non un giorno prima – avvio contatti con gli uomini del cosiddetto 'contropatto' Bnl (da Francesco Gaetano Caltagirone a Stefano Ricucci, da Danilo Coppola a Vito Bonsignore), che non avevo mai visto prima, per acquistare le loro azioni Bnl”.
Si accalora, Consorte, mentre racconta la sua verità.
“Mi hanno fermato. Riempito d'accuse infondate. Processato. Sa, non mi stupisce di aver avuto contro gente come Diego Della Valle o Luca Cordero di Montezemolo. Quello che mi ha ferito è l'avversione di interi settori della sinistra. Io sono e resto un uomo di sinistra. Ho vissuto quegli attacchi come un tradimento. Sì, mi sono sentito tradito”.
Con Gillo, ma di sinistra
Che cosa voterà Consorte, alle prossime elezioni?
“Non mi faccia parlare di politica. Non glielo dico, per chi voto”.
È stato scritto che il “furbetto rosso” è passato a sostenere Beppe Grillo e il Movimento 5 stelle.
“Ma no. Io sono andato, è vero, ai banchetti di Grillo qui a Bologna, a mettere anche la mia firma affinché il movimento potesse presentarsi alle elezioni. Questo sì, ma mi sembra un elementare dovere di democrazia. Ma per chi voto non glielo dico, altrimenti lei prova a farmi parlare di Massimo D'Alema e di Pier Luigi Bersani... Le dico soltanto che io sono e resto un uomo di sinistra. Ma indipendente”.
Il rastrellamento segreto
Meglio tornare a parlare di azioni e di scalate.
“Buono, poi, Della Valle. Mica conferisce i suoi titoli ai baschi del Banco di Bilbao, alla fine. Se li tiene stretti, per poi venderli a caro prezzo a Bnp Paribas, come fanno infine anche i baschi di Bbva”.
È stato scritto in questi giorni che Mps avrebbe comunque aiutato Consorte, rastrellando segretamente azioni Bnl.
“Una balla. Monte Paschi non mi ha aiutato per niente. Anzi: se ha comprato azioni Bnl, lo ha fatto per danneggiarci, perché gli acquisti alzano il prezzo del titolo, rendendo così meno appetibile la nostra offerta, che era molto buona, di pagare nell'Opa 2,70 euro ad azione. Monte Paschi in quelle settimane ha fatto invece un'altra operazione, secondo quanto leggo sui giornali: ha speculato sul titolo Unipol senza pagare le tasse, tanto che ci sarebbe un'indagine fiscale in corso. Ma questo io non lo so, lo apprendo dalla stampa”.
La politica, in questa grande storia che incrocia partiti e banche, passioni e interessi, per Gianni Consorte resta sullo sfondo.
“Io lo so lei dove vuole arrivare, ma io di queste cose non parlo. Glielo ripeto: resto un uomo di sinistra. Indipendente da tutti”.
Fatebenefratelli di "Falce e sportello" - 1
il Fatto 3.2.13
La verità di Consorte: “Ecco i segreti della finanza rossa”
Prima dell’estate dei “furbetti” nel 2005 c’era un piano tra Monte Paschi e Unipol per il polo targato sinistra
di Gianni Barbacetto
Milano. Rivincita? Sì, questo potrebbe essere il momento della rivincita. Lui, Gianni Consorte, era il “cattivo”, il “furbetto rosso” che nel 2005 si lancia, in pessima compagnia, alla conquista di Bnl durante l'estate delle scalate.
Quelli del Monte Paschi erano invece i “buoni”, quelli che si erano tenuti lontani dalla “razza mattona” dei Ricucci e compagnia, dicendo un sonoro no a Massimo D'Alema e Piero Fassino che li avrebbero invece voluti al fianco di Consorte nell'assedio a Bnl.
Sfida tra Bologna e Siena
Nell'estate 2005 si è combattuta (anche) una disfida tra Bologna e Siena. Una guerra fratricida che ha spezzato il cuore della finanza rossa. Oggi Giuseppe Mussari e gli uomini della vecchia gestione Mps sono travolti dallo scandalo. “Cattivi” anche loro.
Chissà se Consorte assapora il gusto della vendetta.
“Ma no. Non mi interessa infierire sui miei vecchi avversari che oggi provano cosa vuol dire essere attaccati ogni giorno dai giornali. A me interessa soltanto ristabilire la verità dei fatti di allora, che forse spiega anche quello che sta succedendo oggi”.
L'ex presidente, amministratore delegato e padre-padrone di Unipol è stato processato per le scalate. “E assolto per l'aggiotaggio su Bnl”, dice. Nel gennaio 2006 si è dimesso da ogni carica. Ha lasciato la compagnia di via Stalingrado, a Bologna, “l'assicurazione dei comunisti” diventata grande azienda, buttata nei giochi pericolosi della finanza italiana, senza stare troppo a guardare i compagni d'avventura.
“Quando me ne sono andato”, dice, “ho però lasciato un gruppo con 300 milioni di utile, un patrimonio netto di 6,2 miliardi, un giro d'affari di 10,5. Non voglio fare confronti con altre situazioni”.
Ora assiste al crollo dei suoi vecchi nemici.
“Ma le cose non sarebbero andate così”, continua Consorte, “se Mussari e gli altri del Montepaschi mi avessero dato retta. Avremmo conquistato Bnl e loro non si sarebbero svenati per comprare Antonveneta”. Nel 2005 Consorte tentò di coinvolgere Mps nella scalata alla banca romana. D'Alema, indicato come il gran regista politico dell'operazione, era d'accordo. Fassino non faceva solo il tifo, ma telefonava ripetutamente a Franco Ceccuzzi, allora segretario dei Ds senesi, per convincerli a schierare Mps al fianco di Unipol.
Il no di Ceccuzzi
Siena disse no. Non voleva stare in una cordata con il comando a Bologna. E Ceccuzzi spiegava: “Saremo anche medioevali, noi di Siena, ma abbiamo le calcolatrici e i computer: abbiamo fatto i calcoli, l'affare non ci conviene. Con quei compagni di strada, poi... ”. Peccato che un paio d'anni dopo, abbiano comprato Antonveneta pagandola carissima. Da qual momento, è stato tutto un rilanciare di derivati e contratti segreti, swap e fresh, un poker folle con molti bluff per tentare di aggiustare i conti, o almeno di nascondere quelli veri.
L’opa su Bnl in contanti
“Le racconterò una cosa che smentisce seccamente questa storia delle calcolatrici”, dice Consorte. “Nell'aprile 2005 io e il vicepresidente Ivano Sacchetti abbiamo proposto a Mussari di fare lui l'operazione: un'opa su Bnl in contanti che gli avrebbe permesso di arrivare attorno al 60 per cento e avere così il controllo della banca. Avevo calcolato che gli sarebbe costato 4,8 miliardi. Alla fine, Mussari avrebbe fuso Mps con Bnl e il Monte Paschi sarebbe diventato la più grande banca italiana. A noi avrebbe dato due o trecento filiali che avrebbero razionalizzato la sua rete e fatto crescere la nostra Unipol Banca. Sa la verità? Ero già d'accordo con l'allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Anzi, era stato lui a chiederci di fare l'operazione, così da fermare i baschi di Bbva, il Banco di Bilbao che aveva lanciato una Ops (offerta pubblica di scambio) per conquistare Bnl. Loro pagavano con la carta, scambiando titoli, noi avremmo pagato cash. Avremmo vinto”. Contenti tutti, anche Fazio, impegnato a garantire “l'italianità delle banche”.
Il tradimento di Generali
“Unipol era dal 2001 che cercava di comprare azioni Bnl”, racconta Consorte. “Assicurazioni Generali si era impegnata con noi per cederci il suo pacchetto dell'8 per cento. Poi, nel 2004, l'amministratore delegato di Generali, Giovanni Perissinotto, comincia a raccontarci balle, ci dice che l'accordo era decaduto e intanto si era messo d'accordo con Diego Della Valle e Bbva. È a quel punto che io cerco un'altra strada. Propongo a Mussari di fare lui l'opa. Mi risponde di no. Allora parto da solo. Cerco un accordo con Bbva. Poi nel giugno 2005 chiedo a Mussari di venderci il loro pacchetto di Bnl: Montepaschi aveva un 4-5 per cento, se non ricordo male, tanto che esprimeva un uomo nel consiglio d'amministrazione della banca romana. Mussari mi ha risposto ancora di no. Allora, tra il 1 e il 15 luglio 2005 – non un giorno prima – avvio contatti con gli uomini del cosiddetto 'contropatto' Bnl (da Francesco Gaetano Caltagirone a Stefano Ricucci, da Danilo Coppola a Vito Bonsignore), che non avevo mai visto prima, per acquistare le loro azioni Bnl”.
Si accalora, Consorte, mentre racconta la sua verità.
“Mi hanno fermato. Riempito d'accuse infondate. Processato. Sa, non mi stupisce di aver avuto contro gente come Diego Della Valle o Luca Cordero di Montezemolo. Quello che mi ha ferito è l'avversione di interi settori della sinistra. Io sono e resto un uomo di sinistra. Ho vissuto quegli attacchi come un tradimento. Sì, mi sono sentito tradito”.
Con Gillo, ma di sinistra
Che cosa voterà Consorte, alle prossime elezioni?
“Non mi faccia parlare di politica. Non glielo dico, per chi voto”.
È stato scritto che il “furbetto rosso” è passato a sostenere Beppe Grillo e il Movimento 5 stelle.
“Ma no. Io sono andato, è vero, ai banchetti di Grillo qui a Bologna, a mettere anche la mia firma affinché il movimento potesse presentarsi alle elezioni. Questo sì, ma mi sembra un elementare dovere di democrazia. Ma per chi voto non glielo dico, altrimenti lei prova a farmi parlare di Massimo D'Alema e di Pier Luigi Bersani... Le dico soltanto che io sono e resto un uomo di sinistra. Ma indipendente”.
Il rastrellamento segreto
Meglio tornare a parlare di azioni e di scalate.
“Buono, poi, Della Valle. Mica conferisce i suoi titoli ai baschi del Banco di Bilbao, alla fine. Se li tiene stretti, per poi venderli a caro prezzo a Bnp Paribas, come fanno infine anche i baschi di Bbva”.
È stato scritto in questi giorni che Mps avrebbe comunque aiutato Consorte, rastrellando segretamente azioni Bnl.
“Una balla. Monte Paschi non mi ha aiutato per niente. Anzi: se ha comprato azioni Bnl, lo ha fatto per danneggiarci, perché gli acquisti alzano il prezzo del titolo, rendendo così meno appetibile la nostra offerta, che era molto buona, di pagare nell'Opa 2,70 euro ad azione. Monte Paschi in quelle settimane ha fatto invece un'altra operazione, secondo quanto leggo sui giornali: ha speculato sul titolo Unipol senza pagare le tasse, tanto che ci sarebbe un'indagine fiscale in corso. Ma questo io non lo so, lo apprendo dalla stampa”.
La politica, in questa grande storia che incrocia partiti e banche, passioni e interessi, per Gianni Consorte resta sullo sfondo.
“Io lo so lei dove vuole arrivare, ma io di queste cose non parlo. Glielo ripeto: resto un uomo di sinistra. Indipendente da tutti”.
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Re: M P S
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa.
Fatebenefratelli di "Falce e sportello" - 2
- MPS: COME I TROMBATI DEL PARTITO SI ACCOMODANO SULLE POLTRONE DELLA BANCA
- TRA PARTECIPATE E CONTROLLATE, UN ELENCO STERMINATO DI POLITICI DEL PD CHE ATTRAVERSA AVANTI E INDIETRO LE PORTE GIREVOLI CON MPS - IL BOSS DEI “FIGLI D’ARTE”? ALDO BERLINGUER, CONSIGLIERE DI ANTONVENETA E FIGLIO DI LUIGI
- CON LUI CLAUDIO VIGNI (CGIL) - EX ASSESSORI, CONSIGLIERI, AMICI DEGLI AMICI: PER TUTTI UN SUPERSTIPENDIO DA MPS!...
Gianluca Paolucci per "la Stampa"
«Pensa che non mi è toccata nemmeno una poltrona in una partecipata», dice un ex politico senese per descrivere il livello di rottura con il suo partito. Perché alla fine un posto nelle controllate e partecipate del Monte spuntava sempre. E se non ti spettava, l'avevi combinata davvero grossa.
L'elenco è pressoché sterminato. Secondo il bilancio 2011, l'ultimo disponibile, il Gruppo Mps è composto di 34 controllate integrali, due consolidate proporzionalmente e circa 60 partecipate controllate congiuntamente o «sottoposte a influenza notevole». Circa 100 consigli d'amministrazione con almeno cinque membri ciascuna, fa alcune centinaia di poltrone disponibili.
Si può iniziare però da Maurizio Cenni, ex sindaco per due mandati, ex funzionario e sindacalista Mps, nel maggio 2011 lascia la poltrona di primo cittadino e torna in banca. Passano sei mesi e nel dicembre dello stesso anno viene promosso e nominato vicedirettore generale vicario di Mps Gestione Crediti banca. Ancora più singolare la storia di Pierluigi Piccini, predecessore di Cenni. Rompe col suo partito, passa all'opposizione in aperta polemica con tutti. Ma dal 2001 e fino al novembre scorso è presidente Mps France a 450 mila euro all'anno.
Per chi non veniva dalla banca c'era comunque qualche poltrona. Fabio Ceccherini, presidente della provincia ai tempi di Antonveneta, adesso è vicepresidente di Mps Capital services. Accanto a lui siede Claudio Vigni, ex segretario generale della Cgil di Siena. Il capitolo del sindacato merita un discorso a parte. Fabio Borghi, predecessore di Claudio Vigni, arriva fino al cda della banca, in una singolare rivisitazione in salsa senese del modello tedesco.
Con il cambio del cda della capogruppo è rimasto comunque in banca. Adesso è presidente di Mps Leasing and Factoring. Accanto a lui siede Antonio Degortes, impreditore di successo nel settore locali notturni e discoteche. Ma è anche figlio di Aceto, storico fantino del Palio, grande amico di Mussari e socio dell'ex presidente nell'allevamento dei cavalli per il Palio, come Già del Menhir, vincitore di uno storico Palio per l'Istrice. Prima del leasing si era occupato di Mps Belgio, con un passaggio nel cda. Sempre a Mps Belgio sarebbe finito anche un socio di Antonio Degortes.
Il capitolo «figli di» non può però prescindere da Aldo Berlinguer, docente universitario, consigliere di Antonveneta e figlio di Luigi, ex rettore dell'Università di Siena. Tornando alla categoria dei politici trombati, non si può non menzionare Luca Bonechi, ex segretario provinciale Ds, nel cda della Sansedoni, immobiliare partecipata da banca e Fondazione. Alessandro Starnini, anche lui ex presidente della provincia come Ceccherini, è nel board delle Immobiliare Novoli.
Per l'ex assessore Moreno Periccioli c'è Antonveneta e ancora Mps Leasing. A Michele Logi, già assessore provinciale, tocca invece la Popolare Spoleto. In Antonveneta siede anche Mauro Rosati, ex consigliere comunale. Ovviamente ce n'è per tutti, come imponeva la «pax senese». Leonardo Bandinelli, di area cattolica, vice direttore degli industriali toscani, è vice presidente PopSpoleto.
Un elenco pressoché sterminato che potrebbe continuare. Basterà ricordare appena il nuovo ad Fabrizio Viola ha messo mano al dossier partecipate, sono saltati fuori 1,5 milioni di euro di risparmi solo tagliando i posti nei consigli. Poca cosa, certo.
Fatebenefratelli di "Falce e sportello" - 2
- MPS: COME I TROMBATI DEL PARTITO SI ACCOMODANO SULLE POLTRONE DELLA BANCA
- TRA PARTECIPATE E CONTROLLATE, UN ELENCO STERMINATO DI POLITICI DEL PD CHE ATTRAVERSA AVANTI E INDIETRO LE PORTE GIREVOLI CON MPS - IL BOSS DEI “FIGLI D’ARTE”? ALDO BERLINGUER, CONSIGLIERE DI ANTONVENETA E FIGLIO DI LUIGI
- CON LUI CLAUDIO VIGNI (CGIL) - EX ASSESSORI, CONSIGLIERI, AMICI DEGLI AMICI: PER TUTTI UN SUPERSTIPENDIO DA MPS!...
Gianluca Paolucci per "la Stampa"
«Pensa che non mi è toccata nemmeno una poltrona in una partecipata», dice un ex politico senese per descrivere il livello di rottura con il suo partito. Perché alla fine un posto nelle controllate e partecipate del Monte spuntava sempre. E se non ti spettava, l'avevi combinata davvero grossa.
L'elenco è pressoché sterminato. Secondo il bilancio 2011, l'ultimo disponibile, il Gruppo Mps è composto di 34 controllate integrali, due consolidate proporzionalmente e circa 60 partecipate controllate congiuntamente o «sottoposte a influenza notevole». Circa 100 consigli d'amministrazione con almeno cinque membri ciascuna, fa alcune centinaia di poltrone disponibili.
Si può iniziare però da Maurizio Cenni, ex sindaco per due mandati, ex funzionario e sindacalista Mps, nel maggio 2011 lascia la poltrona di primo cittadino e torna in banca. Passano sei mesi e nel dicembre dello stesso anno viene promosso e nominato vicedirettore generale vicario di Mps Gestione Crediti banca. Ancora più singolare la storia di Pierluigi Piccini, predecessore di Cenni. Rompe col suo partito, passa all'opposizione in aperta polemica con tutti. Ma dal 2001 e fino al novembre scorso è presidente Mps France a 450 mila euro all'anno.
Per chi non veniva dalla banca c'era comunque qualche poltrona. Fabio Ceccherini, presidente della provincia ai tempi di Antonveneta, adesso è vicepresidente di Mps Capital services. Accanto a lui siede Claudio Vigni, ex segretario generale della Cgil di Siena. Il capitolo del sindacato merita un discorso a parte. Fabio Borghi, predecessore di Claudio Vigni, arriva fino al cda della banca, in una singolare rivisitazione in salsa senese del modello tedesco.
Con il cambio del cda della capogruppo è rimasto comunque in banca. Adesso è presidente di Mps Leasing and Factoring. Accanto a lui siede Antonio Degortes, impreditore di successo nel settore locali notturni e discoteche. Ma è anche figlio di Aceto, storico fantino del Palio, grande amico di Mussari e socio dell'ex presidente nell'allevamento dei cavalli per il Palio, come Già del Menhir, vincitore di uno storico Palio per l'Istrice. Prima del leasing si era occupato di Mps Belgio, con un passaggio nel cda. Sempre a Mps Belgio sarebbe finito anche un socio di Antonio Degortes.
Il capitolo «figli di» non può però prescindere da Aldo Berlinguer, docente universitario, consigliere di Antonveneta e figlio di Luigi, ex rettore dell'Università di Siena. Tornando alla categoria dei politici trombati, non si può non menzionare Luca Bonechi, ex segretario provinciale Ds, nel cda della Sansedoni, immobiliare partecipata da banca e Fondazione. Alessandro Starnini, anche lui ex presidente della provincia come Ceccherini, è nel board delle Immobiliare Novoli.
Per l'ex assessore Moreno Periccioli c'è Antonveneta e ancora Mps Leasing. A Michele Logi, già assessore provinciale, tocca invece la Popolare Spoleto. In Antonveneta siede anche Mauro Rosati, ex consigliere comunale. Ovviamente ce n'è per tutti, come imponeva la «pax senese». Leonardo Bandinelli, di area cattolica, vice direttore degli industriali toscani, è vice presidente PopSpoleto.
Un elenco pressoché sterminato che potrebbe continuare. Basterà ricordare appena il nuovo ad Fabrizio Viola ha messo mano al dossier partecipate, sono saltati fuori 1,5 milioni di euro di risparmi solo tagliando i posti nei consigli. Poca cosa, certo.
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Re: M P S
- VOLETE SAPERE COME A SIENA SI GONFIAVANO I BILANCI?
- COSÌ: DOPO L’ACQUISTO SCELLERATO DI ANTONVENETA PER 10 MILIARDI, ECCO CHE MPS RIVALUTA D’INCANTO IL MARCHIO DELLA BANCA PER 800 MILIONI
- EPPURE ANTONVENETA AVEVA APPENA REGISTRATO UNA PERDITA (SÌ, NEL 2007, ANNO DI VACCHE GRASSISSIME) E AVEVA PORTATO IN DOTE A MPS 1,8 MILIARDI DI SOFFERENZE…
Fabio Pavesi per "Il sole 24 Ore"
Un colpo di penna e voilà il gioco è fatto. A volte basta davvero poco per cambiare volto a un bilancio.
E quel poco sta in quella scrittura contabile da 794 milioni emersa d'incanto nel bilancio del 2008 di Mps.
Siamo nell'anno della sciagurata e dispendiosissima acquisizione di Antonveneta. Non solo si sono pagati 10 miliardi ma chi predispone il bilancio di Siena iscrive 794 milioni di nuove attività immateriali nella dote che Antonveneta porta in dono a Mps.
Quella voce valeva solo 400mila euro nel giugno di quell'anno a compravendita realizzata. Ecco che sei mesi dopo si scopre che Antonveneta ha in pancia beni intangibili che valgono per Siena la bellezza di quasi 800 milioni.
Un bel balzo da quel quasi zero attribuito durante tutto il periodo di perfezionamento dell'operazione. Già ma cosa vuol dire attività immateriali o intagibili? Lo dice la stessa definzione: sono attività impalpabili a cui aziende e banche danno da sè un valore.
Chi lo stabilisce? Ovviamente l'acquirente senza controprove che quel valore sia davvero tale. È il ventre molle dei conti per qualsiasi società. Una voce aleatoria e spesso è lì che si opera se si vuole alzare il valore di una società.
Niente di più facile per Mps agire su quella voce.
Tutti sapevano, vertici della banca per primi che per Antonveneta era stato pagato un prezzo da affezione. E se paghi caro devi in qualche modo dire che quel che hai comprato vale davvero il prezzo salato. Niente di più facile che tenere alta appunto la voce degli beni intangibili.
L'ICEBERG DELLA MONTE DEI PASCHI DI SIENA
IL BRAND? VALE 800 MILIONI
Quel che oggi suona grottesco al limite del ridicolo è la giustificazione apposta dai compilatori del bilancio di Mps. Quei 794 milioni in più portate in dote da AntonVeneta sono a detta di Siena legate «alla gestione del rapporto con il cliente (client relationship); al marketing rappresentate dal cosiddetto "brand name"».
Tradotto: per Mps c'è un valore emerso dopo il costosissimo acquisto di 800 milioni attribuito alla forza del marchio Antoveneta e ai suoi clienti. Un'espressione vuota e soprattutto non verificabile nè quantificabile.
Il paradosso non è solo quell'aver appiccicato dopo un acquisto-mnostre di 10 miliardi altri 800 milioni, ma il fatto e che quell'extra-valore viene aggiunto mentre Antonveneta già collassa.
È qui il punto. Mentre a Siena si sforzano (e forzano i bilanci) ad assegnare più valore di quel che c'è, la banca neo-acquisita comincia a perdere denaro.
AntonVeneta chiude infatti il 2007., un mese dopo l'accordo di compravendita da Santander, non con utili ma con una perità di 6 milioni di euro. Un fatto già segnalato dagli ex possessori che si lamentano già a inizio del 2007 della caduta di profittabilità della banca di Padova. Nel 2006 infatti Antonveneta fece 400 milioni di utili.
La banca patavina è in caduta libera quando Mussari negozia l'acquisto a quel prezzo monstre che non verrà mai rivisto al ribasso. Non solo, AntonVeneta porta in dote a Siena la bellezza di 1,8 miliardi di crediti a rischio sui 30 miliardi di portafoglio complessivo.
Non poco. Quella è una zavorra che peserà sui conti di Mps per gli anni a venire. Altro che 800 milioni di valore del marchio aggiuntivi. Quella scrittura contabile appare oggi quasi beffarda. Ma aveva un senso all'epoca e molto preciso. Stabilire un extra-valore immateriale per Antonveneta di 800 milioni non era un divertissement.
Quegli 800 milioni valevano a fine 2008 il 10% del patrimonio netto tangibile del Monte dei Paschi di Siena. Era insomma un modo come un altro per tenere alto l'attivo e quindi il capitale della banca senese.
La consapevolezza che l'altissimo prezzo pagato per Antonveneta si sarebbe rivelato in boomerang aveva cominciato ad aleggiare fin da subito in quel di Siena. Tanto da indurli a forzare i conti del 2008. Ma non è bastato.
- COSÌ: DOPO L’ACQUISTO SCELLERATO DI ANTONVENETA PER 10 MILIARDI, ECCO CHE MPS RIVALUTA D’INCANTO IL MARCHIO DELLA BANCA PER 800 MILIONI
- EPPURE ANTONVENETA AVEVA APPENA REGISTRATO UNA PERDITA (SÌ, NEL 2007, ANNO DI VACCHE GRASSISSIME) E AVEVA PORTATO IN DOTE A MPS 1,8 MILIARDI DI SOFFERENZE…
Fabio Pavesi per "Il sole 24 Ore"
Un colpo di penna e voilà il gioco è fatto. A volte basta davvero poco per cambiare volto a un bilancio.
E quel poco sta in quella scrittura contabile da 794 milioni emersa d'incanto nel bilancio del 2008 di Mps.
Siamo nell'anno della sciagurata e dispendiosissima acquisizione di Antonveneta. Non solo si sono pagati 10 miliardi ma chi predispone il bilancio di Siena iscrive 794 milioni di nuove attività immateriali nella dote che Antonveneta porta in dono a Mps.
Quella voce valeva solo 400mila euro nel giugno di quell'anno a compravendita realizzata. Ecco che sei mesi dopo si scopre che Antonveneta ha in pancia beni intangibili che valgono per Siena la bellezza di quasi 800 milioni.
Un bel balzo da quel quasi zero attribuito durante tutto il periodo di perfezionamento dell'operazione. Già ma cosa vuol dire attività immateriali o intagibili? Lo dice la stessa definzione: sono attività impalpabili a cui aziende e banche danno da sè un valore.
Chi lo stabilisce? Ovviamente l'acquirente senza controprove che quel valore sia davvero tale. È il ventre molle dei conti per qualsiasi società. Una voce aleatoria e spesso è lì che si opera se si vuole alzare il valore di una società.
Niente di più facile per Mps agire su quella voce.
Tutti sapevano, vertici della banca per primi che per Antonveneta era stato pagato un prezzo da affezione. E se paghi caro devi in qualche modo dire che quel che hai comprato vale davvero il prezzo salato. Niente di più facile che tenere alta appunto la voce degli beni intangibili.
L'ICEBERG DELLA MONTE DEI PASCHI DI SIENA
IL BRAND? VALE 800 MILIONI
Quel che oggi suona grottesco al limite del ridicolo è la giustificazione apposta dai compilatori del bilancio di Mps. Quei 794 milioni in più portate in dote da AntonVeneta sono a detta di Siena legate «alla gestione del rapporto con il cliente (client relationship); al marketing rappresentate dal cosiddetto "brand name"».
Tradotto: per Mps c'è un valore emerso dopo il costosissimo acquisto di 800 milioni attribuito alla forza del marchio Antoveneta e ai suoi clienti. Un'espressione vuota e soprattutto non verificabile nè quantificabile.
Il paradosso non è solo quell'aver appiccicato dopo un acquisto-mnostre di 10 miliardi altri 800 milioni, ma il fatto e che quell'extra-valore viene aggiunto mentre Antonveneta già collassa.
È qui il punto. Mentre a Siena si sforzano (e forzano i bilanci) ad assegnare più valore di quel che c'è, la banca neo-acquisita comincia a perdere denaro.
AntonVeneta chiude infatti il 2007., un mese dopo l'accordo di compravendita da Santander, non con utili ma con una perità di 6 milioni di euro. Un fatto già segnalato dagli ex possessori che si lamentano già a inizio del 2007 della caduta di profittabilità della banca di Padova. Nel 2006 infatti Antonveneta fece 400 milioni di utili.
La banca patavina è in caduta libera quando Mussari negozia l'acquisto a quel prezzo monstre che non verrà mai rivisto al ribasso. Non solo, AntonVeneta porta in dote a Siena la bellezza di 1,8 miliardi di crediti a rischio sui 30 miliardi di portafoglio complessivo.
Non poco. Quella è una zavorra che peserà sui conti di Mps per gli anni a venire. Altro che 800 milioni di valore del marchio aggiuntivi. Quella scrittura contabile appare oggi quasi beffarda. Ma aveva un senso all'epoca e molto preciso. Stabilire un extra-valore immateriale per Antonveneta di 800 milioni non era un divertissement.
Quegli 800 milioni valevano a fine 2008 il 10% del patrimonio netto tangibile del Monte dei Paschi di Siena. Era insomma un modo come un altro per tenere alto l'attivo e quindi il capitale della banca senese.
La consapevolezza che l'altissimo prezzo pagato per Antonveneta si sarebbe rivelato in boomerang aveva cominciato ad aleggiare fin da subito in quel di Siena. Tanto da indurli a forzare i conti del 2008. Ma non è bastato.
Re: M P S
SIENA - Nell' ambito dell'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena, il nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di Finanza sta eseguendo in queste ore sequestri di titoli e liquidità presso banche e fiduciarie per circa 40 milioni di euro, oggetto di scudo fiscale. I finanzieri stanno dando esecuzione a cinque decreti di sequestro probatorio presso terzi. I provvedimenti - secondo quanto si è appreso - vengono eseguiti nei confronti di banche e fiduciarie nell' ambito del reato contestato ad alcuni indagati dell'inchiesta di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni del Monte dei Paschi di Siena.
Un ispettore arrivato da Roma starebbe controllando da giorni il bilancio 2011 del Comune di Siena. La notizia è stata confermata da alcune fonti. Non è chiaro ancora se si tratti di un ispettore ministeriale o di un altro organismo dello Stato.
E' in corso il consiglio d'amministrazione di Banca Monte dei Paschi, presieduto da Alessandro Profumo. All'ordine del giorno il dossier sui derivati e l'analisi delle soluzioni che saranno illustrate dall'Ad Fabrizio Viola.
L'ex direttore generale di banca Monte dei Paschi Antonio Vigni è appena entrato nel Palazzo di Giustizia di Siena per presentarsi davanti ai magistrati che indagano sull'acquisizione di banca Antonveneta da parte del Monte. Vigni è arrivato accompagnato dai suoi due legali, Roberto Borgogno ed Enrico De Martino, che hanno confermato ai giornalisti che l'ex direttore generale è pronto a rispondere alle domande dei pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari dell'inchiesta su Antonveneta.
NUOVO FILONE A TRANI, SI INDAGA SUI BOND C'é un nuovo filone di indagine per truffa che riguarda i bond emessi da banche italiane e venduti a decine di risparmiatori del nord barese nelle indagini della procura di Trani. I fascicoli sono all'attenzione dei pm inquirenti, Antonio Savasta e Michele Ruggiero, gli stessi che indagano da tempo sui derivati per svariate decine di milioni di euro venduti da cinque banche italiane - Mps, Bnl, Unicredit, Intesa San Paolo e Credem - ad oltre 200 tra risparmiatori ed imprese del nord barese.
... ( ansa)
in Puglia stanno arrivando
Un ispettore arrivato da Roma starebbe controllando da giorni il bilancio 2011 del Comune di Siena. La notizia è stata confermata da alcune fonti. Non è chiaro ancora se si tratti di un ispettore ministeriale o di un altro organismo dello Stato.
E' in corso il consiglio d'amministrazione di Banca Monte dei Paschi, presieduto da Alessandro Profumo. All'ordine del giorno il dossier sui derivati e l'analisi delle soluzioni che saranno illustrate dall'Ad Fabrizio Viola.
L'ex direttore generale di banca Monte dei Paschi Antonio Vigni è appena entrato nel Palazzo di Giustizia di Siena per presentarsi davanti ai magistrati che indagano sull'acquisizione di banca Antonveneta da parte del Monte. Vigni è arrivato accompagnato dai suoi due legali, Roberto Borgogno ed Enrico De Martino, che hanno confermato ai giornalisti che l'ex direttore generale è pronto a rispondere alle domande dei pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari dell'inchiesta su Antonveneta.
NUOVO FILONE A TRANI, SI INDAGA SUI BOND C'é un nuovo filone di indagine per truffa che riguarda i bond emessi da banche italiane e venduti a decine di risparmiatori del nord barese nelle indagini della procura di Trani. I fascicoli sono all'attenzione dei pm inquirenti, Antonio Savasta e Michele Ruggiero, gli stessi che indagano da tempo sui derivati per svariate decine di milioni di euro venduti da cinque banche italiane - Mps, Bnl, Unicredit, Intesa San Paolo e Credem - ad oltre 200 tra risparmiatori ed imprese del nord barese.
... ( ansa)
in Puglia stanno arrivando
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Re: M P S
- BUCO NERO SIENA
- OGGI PROFUMO E VIOLA PRESENTANO IL CONTO: 1 MILIARDO DI PULIZIA SUI CONTI 2012: I 500 MLN IN PIÙ DI MONTI BOND NON BASTANO
- E NON SOLO PERCHÉ MPS È ORMAI UN GIGANTESCO HEDGE FUND PIENO DI DERIVATI CHE SERVIVANO A OCCULTARE PERDITE. O PERCHÉ I QUATTRINI DEI CORRENTISTI SONO STATI USATI PER LA FINANZA SPERICOLATA - LA BANCA HA UN PRIMATO NEGATIVO ANCHE SULL'ATTIVITÀ TIPICA, DI PRESTARE DENARO: 173% DI CREDITI A RISCHIO E PERDITE OLTRE I 6 MLD…
1- MPS, PULIZIA DA UN MILIARDO SUI DERIVATI
- OGGI IN CONSIGLIO VERRANNO PRESENTATE OPERAZIONI CONTABILI PER COPRIRE LE PERDITE
Cesare Peruzzi per "Il Sole 24 Ore"
Pulizia per oltre un miliardo sui conti 2012 di Banca Mps. Il consiglio d'amministrazione del gruppo senese, convocato questo pomeriggio a Rocca Salimbeni, esaminerà il dossier sulle operazioni strutturate costruite dalla passata gestione e oggetto di un'analisi interna che si è conclusa nei giorni scorsi. Lo squilibrio emerso è di 920 milioni, ai quali si aggiungono 120 milioni di costi del personale non contabilizzati.
«Non stiamo parlando di un buco, ma di aggiustamenti di bilancio», ha detto il presidente Alessandro Profumo intervenendo ieri sera a "Otto e mezzo" su La7. «Non credo al pagamento di tangenti per Antonveneta, che pure è stata pagata troppo - ha aggiunto -. Ma se la magistratura dovesse scoprire che ci sono state, allora risaneremmo il bilancio, perchè chiederemo i danni».
Per quanto riguarda le operazioni strutturate Mps la perdita più rilevante, 450 milioni, riguarda il contratto Santorini stipulato con Deutsche bank. Seguono Alexandria (controparte Nomura) per 300 milioni e Nota Italia (con JpMorgan) in rosso di 170 milioni. Le prime due operazioni, ormai famigerate e oggetto di attenzione da parte della magistratura e delle autorità di vigilanza, sono contratti pronti contro termine (in gergo tecnico "repo", repurchase agreement) realizzati per spalmare nel tempo perdite d'investimenti pregressi su titoli (Btp o azioni), le cui cedole sono state oggetto di asset swap per gestire il rischio di tasso.
Nota Italia, che risale al 2006, a differenza delle altre operazioni di epoca successiva (2008-2009), incorpora uno strumento derivato che ha come sottostante titoli di Stato italiani (Btp). Siena dovrà mettere a punto una manovra contabile per assorbire questa pulizia di bilancio, secondo le indicazioni di Profumo e dell'amministratore delegato Fabrizio Viola, impegnati a pilotare il Monte attraverso il mare agitato delle inchieste e dei mercati (ieri il titolo ha ripreso tono mettendo a segno un +3,22% a 0,2279 euro), verso acque più tranquille.
Il consiglio d'amministrazione deve dunque indicare la strada per assorbire l'impatto patrimoniale delle perdite.
L'aumento di 500 milioni dei Monti bond richiesti, da 3,4 a 3,9 miliardi, che saranno emessi nei prossimi giorni e sottoscritti dal ministero dell'Economia, contrariamente a quanto ipotizzato a novembre (quando fu annunciata la maggior richiesta di Monti bond) non basta.
E non potendo praticare la strada di un ulteriore emissione di obbligazionaria, nè ipotizzare di varare adesso l'aumento di capitale da un miliardo già deliberato dagli azionisti (mancano le condizioni), la prospettiva è quella di un aggiustamento contabile, attraverso operazioni sul portafoglio titoli e cessioni di asset, come previsto dal piano industriale.
Profumo e Viola continuano a manifestare fiducia nel futuro.
Un incoraggiamento è arrivato dal Fondo monetario internazionale: «È importante per il Monte dei Paschi andare avanti con i piani di ristrutturazione, in modo da ristabilire lo stato di salute della banca e la sua redditività», ha detto il portavoce Gerry Rice.
Anche Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana (un posto nella Fondazione Mps), esprime ottimismo: «Il Monte ce la farà», dice. Oggi la parola passa al consiglio d'amministrazione di Rocca Salimbeni.
2- SU SIENA IL PESO DEI CREDITI A RISCHIO
Fabio Pavesi per "Il Sole 24 Ore"
Non c'era solo l'attitudine coltivata a Siena di fare della banca un gigantesco hedge fund pieno di derivati che servivano a occultare perdite. O di usare buona parte della raccolta per fare trading finanziario, impiegando quattrini dei correntisti per comprare titoli cercando lì di fare utili.
Basti pensare a quel portafoglio tra titoli e derivati lievitato nel tempo fino alla cifra di 37 miliardi. Una cifra imponente che vale da sola il 25% dell'intero portafoglio prestiti e il 17% dell'intero bilancio della banca senese.
La banca guidata negli ultimi anni da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni ha accumulato un primato negativo anche sull'attività tipica, quella cioè di prestare denaro.
Ebbene, tra le prime 5 banche italiane Siena è tuttora quella con la peggiore qualità dell'attivo.
In assoluto. Basti guardare i numeri del bilancio. I cosiddetti crediti deteriorati, cioè i prestiti a rischio della banca, hanno toccato la cifra record a fine settembre del 2012 di 17,4 miliardi di euro. Un valore (o meglio un disvalore) che sui 145 miliardi dell'intero portafoglio prestiti danno un tasso di prestiti a rischio del 12%. Alto, molto alto. Ma quel che preoccupa ancor di più e assegna a Siena un amaro primato è il rapporto dei crediti dubbi sul capitale netto.
CREDITI A RISCHIO A QUOTA 173%
Quel rapporto è schizzato a fine settembre 2012 al 173%. Un livello che non ha confronti tra i big del credito italiano.
La media in Italia di questo rapporto infatti si colloca poco sotto il 100% sul patrimonio netto tangibile. Mps quindi svetta su tutti e fa impressione la dinamica che mostra un'accelerazione senza soste. Nel 2009 i prestiti a rischio della banca senese stazionavano a 10,2 miliardi con un rapporto sui crediti al 6,8% e sul capitale netto del 60%. Come si vede siamo in presenza di un raddoppio delle partite di credito deteriorate sul portafoglio impieghi e a un balzo di tre volte sul capitale netto della banca.
Certo il problema del drammatico acuirsi della crescita esplosiva delle sofferenze è generalizzato ed è la spada di Damocle che pende da almeno tre anni sull'intero sistema bancario italiano che ha visto le sole sofferenze lorde passare da 60 miliari del 2009 a 122 miliardi nel novembre del 2012. Ma nel caso di Mps tutto si fa più complicato dato che in assoluto è tra le grandi banche quella più sofferente.
Segno inequivocabile di una gestione dei prestiti sotto la gestione Mussari-Vigni peggiore del resto delle grandi banche italiane. E questo apre più di un problema per il futuro. Quel lento accumulo dei crediti a rischio ha per Mps, come per le altre banche del resto, un pesante effetto collaterale.
Vuol dire dover mettere a bilancio sempre nuovi e più alti accantonamenti e rettifiche di valore che deprimono la profittabilità. Basti vedere gli ultimi anni: le rettifiche nette sui crediti sono costati ben 4,2 miliardi nel periodo che va dall'inizio del 2009 ai primi nove mesi del 2012. È questo in soldoni il costo che ha pagato la banca per il cattivo credito negli ultimi anni. Un bagno di sangue che ha infiacchito ancor di più un istituto che ha visto svanire solo per l'avviamento su AntonVeneta altri 5,9 miliardi.
PERDITE OLTRE 6 MILIARDI
Una doppia sofferenza quella del costo del cattivo credito e dell'azzardo sull'acquisizione di Antonveneta strapagata che ha portato il Monte dei Paschi a cumulare perdite per oltre 6 miliardi dal 2011 a settembre del 2012. L'unica nota positiva per il mercato è che a fronte di tale mole di prestiti a rischio Mps ha condotto una politica di copertura previdente con tassi di copertura delle sofferenze in linea con i due big del credito e superiori alla media delle banche più piccole che hanno tassi di copertura più bassi. Ma questo vuol anche dire che le svalutazioni sui bilanci andranno avanti anche nei prossimi trimestri. Vale per tutte le banche certo ma Mps ha in più il fardello degli onerosi Monti-bond sul groppone. Un nodo difficile da sciogliere.
- OGGI PROFUMO E VIOLA PRESENTANO IL CONTO: 1 MILIARDO DI PULIZIA SUI CONTI 2012: I 500 MLN IN PIÙ DI MONTI BOND NON BASTANO
- E NON SOLO PERCHÉ MPS È ORMAI UN GIGANTESCO HEDGE FUND PIENO DI DERIVATI CHE SERVIVANO A OCCULTARE PERDITE. O PERCHÉ I QUATTRINI DEI CORRENTISTI SONO STATI USATI PER LA FINANZA SPERICOLATA - LA BANCA HA UN PRIMATO NEGATIVO ANCHE SULL'ATTIVITÀ TIPICA, DI PRESTARE DENARO: 173% DI CREDITI A RISCHIO E PERDITE OLTRE I 6 MLD…
1- MPS, PULIZIA DA UN MILIARDO SUI DERIVATI
- OGGI IN CONSIGLIO VERRANNO PRESENTATE OPERAZIONI CONTABILI PER COPRIRE LE PERDITE
Cesare Peruzzi per "Il Sole 24 Ore"
Pulizia per oltre un miliardo sui conti 2012 di Banca Mps. Il consiglio d'amministrazione del gruppo senese, convocato questo pomeriggio a Rocca Salimbeni, esaminerà il dossier sulle operazioni strutturate costruite dalla passata gestione e oggetto di un'analisi interna che si è conclusa nei giorni scorsi. Lo squilibrio emerso è di 920 milioni, ai quali si aggiungono 120 milioni di costi del personale non contabilizzati.
«Non stiamo parlando di un buco, ma di aggiustamenti di bilancio», ha detto il presidente Alessandro Profumo intervenendo ieri sera a "Otto e mezzo" su La7. «Non credo al pagamento di tangenti per Antonveneta, che pure è stata pagata troppo - ha aggiunto -. Ma se la magistratura dovesse scoprire che ci sono state, allora risaneremmo il bilancio, perchè chiederemo i danni».
Per quanto riguarda le operazioni strutturate Mps la perdita più rilevante, 450 milioni, riguarda il contratto Santorini stipulato con Deutsche bank. Seguono Alexandria (controparte Nomura) per 300 milioni e Nota Italia (con JpMorgan) in rosso di 170 milioni. Le prime due operazioni, ormai famigerate e oggetto di attenzione da parte della magistratura e delle autorità di vigilanza, sono contratti pronti contro termine (in gergo tecnico "repo", repurchase agreement) realizzati per spalmare nel tempo perdite d'investimenti pregressi su titoli (Btp o azioni), le cui cedole sono state oggetto di asset swap per gestire il rischio di tasso.
Nota Italia, che risale al 2006, a differenza delle altre operazioni di epoca successiva (2008-2009), incorpora uno strumento derivato che ha come sottostante titoli di Stato italiani (Btp). Siena dovrà mettere a punto una manovra contabile per assorbire questa pulizia di bilancio, secondo le indicazioni di Profumo e dell'amministratore delegato Fabrizio Viola, impegnati a pilotare il Monte attraverso il mare agitato delle inchieste e dei mercati (ieri il titolo ha ripreso tono mettendo a segno un +3,22% a 0,2279 euro), verso acque più tranquille.
Il consiglio d'amministrazione deve dunque indicare la strada per assorbire l'impatto patrimoniale delle perdite.
L'aumento di 500 milioni dei Monti bond richiesti, da 3,4 a 3,9 miliardi, che saranno emessi nei prossimi giorni e sottoscritti dal ministero dell'Economia, contrariamente a quanto ipotizzato a novembre (quando fu annunciata la maggior richiesta di Monti bond) non basta.
E non potendo praticare la strada di un ulteriore emissione di obbligazionaria, nè ipotizzare di varare adesso l'aumento di capitale da un miliardo già deliberato dagli azionisti (mancano le condizioni), la prospettiva è quella di un aggiustamento contabile, attraverso operazioni sul portafoglio titoli e cessioni di asset, come previsto dal piano industriale.
Profumo e Viola continuano a manifestare fiducia nel futuro.
Un incoraggiamento è arrivato dal Fondo monetario internazionale: «È importante per il Monte dei Paschi andare avanti con i piani di ristrutturazione, in modo da ristabilire lo stato di salute della banca e la sua redditività», ha detto il portavoce Gerry Rice.
Anche Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana (un posto nella Fondazione Mps), esprime ottimismo: «Il Monte ce la farà», dice. Oggi la parola passa al consiglio d'amministrazione di Rocca Salimbeni.
2- SU SIENA IL PESO DEI CREDITI A RISCHIO
Fabio Pavesi per "Il Sole 24 Ore"
Non c'era solo l'attitudine coltivata a Siena di fare della banca un gigantesco hedge fund pieno di derivati che servivano a occultare perdite. O di usare buona parte della raccolta per fare trading finanziario, impiegando quattrini dei correntisti per comprare titoli cercando lì di fare utili.
Basti pensare a quel portafoglio tra titoli e derivati lievitato nel tempo fino alla cifra di 37 miliardi. Una cifra imponente che vale da sola il 25% dell'intero portafoglio prestiti e il 17% dell'intero bilancio della banca senese.
La banca guidata negli ultimi anni da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni ha accumulato un primato negativo anche sull'attività tipica, quella cioè di prestare denaro.
Ebbene, tra le prime 5 banche italiane Siena è tuttora quella con la peggiore qualità dell'attivo.
In assoluto. Basti guardare i numeri del bilancio. I cosiddetti crediti deteriorati, cioè i prestiti a rischio della banca, hanno toccato la cifra record a fine settembre del 2012 di 17,4 miliardi di euro. Un valore (o meglio un disvalore) che sui 145 miliardi dell'intero portafoglio prestiti danno un tasso di prestiti a rischio del 12%. Alto, molto alto. Ma quel che preoccupa ancor di più e assegna a Siena un amaro primato è il rapporto dei crediti dubbi sul capitale netto.
CREDITI A RISCHIO A QUOTA 173%
Quel rapporto è schizzato a fine settembre 2012 al 173%. Un livello che non ha confronti tra i big del credito italiano.
La media in Italia di questo rapporto infatti si colloca poco sotto il 100% sul patrimonio netto tangibile. Mps quindi svetta su tutti e fa impressione la dinamica che mostra un'accelerazione senza soste. Nel 2009 i prestiti a rischio della banca senese stazionavano a 10,2 miliardi con un rapporto sui crediti al 6,8% e sul capitale netto del 60%. Come si vede siamo in presenza di un raddoppio delle partite di credito deteriorate sul portafoglio impieghi e a un balzo di tre volte sul capitale netto della banca.
Certo il problema del drammatico acuirsi della crescita esplosiva delle sofferenze è generalizzato ed è la spada di Damocle che pende da almeno tre anni sull'intero sistema bancario italiano che ha visto le sole sofferenze lorde passare da 60 miliari del 2009 a 122 miliardi nel novembre del 2012. Ma nel caso di Mps tutto si fa più complicato dato che in assoluto è tra le grandi banche quella più sofferente.
Segno inequivocabile di una gestione dei prestiti sotto la gestione Mussari-Vigni peggiore del resto delle grandi banche italiane. E questo apre più di un problema per il futuro. Quel lento accumulo dei crediti a rischio ha per Mps, come per le altre banche del resto, un pesante effetto collaterale.
Vuol dire dover mettere a bilancio sempre nuovi e più alti accantonamenti e rettifiche di valore che deprimono la profittabilità. Basti vedere gli ultimi anni: le rettifiche nette sui crediti sono costati ben 4,2 miliardi nel periodo che va dall'inizio del 2009 ai primi nove mesi del 2012. È questo in soldoni il costo che ha pagato la banca per il cattivo credito negli ultimi anni. Un bagno di sangue che ha infiacchito ancor di più un istituto che ha visto svanire solo per l'avviamento su AntonVeneta altri 5,9 miliardi.
PERDITE OLTRE 6 MILIARDI
Una doppia sofferenza quella del costo del cattivo credito e dell'azzardo sull'acquisizione di Antonveneta strapagata che ha portato il Monte dei Paschi a cumulare perdite per oltre 6 miliardi dal 2011 a settembre del 2012. L'unica nota positiva per il mercato è che a fronte di tale mole di prestiti a rischio Mps ha condotto una politica di copertura previdente con tassi di copertura delle sofferenze in linea con i due big del credito e superiori alla media delle banche più piccole che hanno tassi di copertura più bassi. Ma questo vuol anche dire che le svalutazioni sui bilanci andranno avanti anche nei prossimi trimestri. Vale per tutte le banche certo ma Mps ha in più il fardello degli onerosi Monti-bond sul groppone. Un nodo difficile da sciogliere.
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Re: M P S
il Fatto 6.2.13
Gioele Magaldi, il padre del Grande Oriente Democratico
“Montepaschi controllato dai massoni”
“L’ex numero uno dell’Abi è nella massoneria da tempo”
“Mussari è stato iniziato ‘libero muratore’ quando cominciò la sua scalata al potere”
Uno dei capi della massoneria, racconta come a Siena le logge influenzino le varie cordate bancarie. E parla di Amato, Luigi Berlinguer e Verdini
di Fabrizio d’Esposito
Da almeno un lustro, il quarantenne Gioele Magaldi denuncia le relazioni invisibili o indicibili tra potere e massoneria. E lo fa dell’interno.
Perché Magaldi è massone dichiarato e ha fondato il Grande Oriente Democratico, in aperta contrapposizione con il Grande Oriente d’Italia di Gustavo Raffi, la maggiore obbedienza italiana.
Per Chiarelettere è attesa da tempo l’uscita di un libro di Magaldi sui segreti che legano i “grembiulini” a politici e religiosi: “Massoni. Società a responsabilità illimitata”.
Lo scandalo Mps ha evocato di nuovo l’ombra di grembiuli e cappucci.
Sul suo sito si ricorda la partecipazione di Mussari a un convegno del Goi del berlusconiano Raffi.
Giuseppe Mussari è un massone. Non perché abbia partecipato ad uno o più convegni del Goi, vi partecipano anche profani di rilievo, ma perché è stato iniziato libero muratore diverso tempo fa, agli inizi della sua scalata al potere.
Sul percorso massonico di Mussari e di altri personaggi dell’establishment italiano, mi soffermo analiticamente nel mio libro in uscita.
A Siena l’intreccio massonico che riflesso ha sulle varie cordate?
Si è parlato di Amato, Bassanini, Luigi Berlinguer, poi dei berlusconiani vicini alla banca come Verdini.
Luigi Berlinguer, presidente della commissione di garanzia del Pd, che risolse con equità, lungimiranza e saggezza il falso ed ipocrita problema della presenza dei massoni nel Pd nel 2010, dichiarandone la piena ammissibilità, appartiene ad una famiglia di antica tradizione massonica.
Luigi Berlinguer non mente quando dice di non essere stato mai affiliato formalmente ad alcuna loggia, ma occorre ricordare che il padre di suo cugino Enrico Berlinguer, Mario Berlinguer, era un noto, convinto e benemerito massone democratico e libertario, antifascista della prima ora, aderente prima al Partito d'Azione e poi al Psi, per il quale fu eletto deputato e senatore.
Nella famiglia Berlinguer, e il discorso vale anche per Luigi, aderente al para-massonico Gruppo Spinelli, con mille sfumature da un individuo all’altro, c’è sempre stata una consolidata vicinanza culturale e ideologica al milieu massonico progressista.
Franco Bassanini, come ricordava lucidamente l’altro giorno anche Cirino Pomicino, è invece molto vicino a certi ambienti massonici francesi.
Giuliano Amato gode di ottime relazioni e amicizie tanto nel mondo massonico anglo-sassone che in determinati ambienti massonici sovranazionali collegati alla finanza e al mondo bancario tedesco.
Denis Verdini ha frequentazioni massoniche un po’ più ruspanti e provinciali di Amato e Bassanini, ma comunque è ben inserito in un certo circuito sia interno che esterno alle principali comunioni massoniche italiane.
Nel suo libro Confiteor con Mucchetti , Geronzi sostiene che in tutte le vicende del risiko bancario la massoneria c’entra sempre.
Geronzi dice il vero.
Ma chiunque conosca un minimo i circuiti finanziari e bancari sovranazionali, che determinano quello che accade anche nella provincia italiana, sa bene che essi sono saldamente in mano di gruppi massonici e paramassonici.
Ci sono diverse anime nella massoneria. Dal XVIII a circa metà del XX secolo ha sempre prevalso l’anima illuminista e progressista.
A partire dalla fine del Novecento, per la prima volta nella sua storia, si sono affermate componenti conservatrici e reazionarie.
Lo stesso Geronzi però difende Gianni Letta e smentisce che sia lui l’incrocio tra “logge e cilicio”, il burattinaio di tutto tra massoneria e Opus Dei.
In questo caso Geronzi mente quando nega che in Gianni Letta si incrocino relazioni massoniche e opusiane.
D’altronde, non bisogna nemmeno sopravvalutare Letta. Ci sono ben altri gran burattinai, in giro per l’Europa e in grado di influire pesantemente sulle faccende italiane.
Leggendo il suo sito, si apprende che il mondo del potere è zeppo di fratelli.
Lasciando da parte P2, P3 e P4, lei chiama fratelli illustri protagonisti della politica e dell’economia.
Due di essi appartengono all’aristocrazia massonica sovranazionale. Su ciò saranno peraltro prodotte importanti e autorevoli testimonianze documentarie nel mio libro.
Tutti massoni.
Occorre dire che troppo spesso, sulla questione Mps, ci si interroga sul livello italiano degli intrecci massonici.
Non è che lei confonde semplici relazioni d’elite con la massoneria vera e propria?
Quando c’è in ballo il potere: economico-finanziario, bancario, politico, diplomatico, ecclesiastico, c’'è sempre di mezzo la massoneria.
Non c’è da stupirsene: il mondo moderno e contemporaneo di matrice euroatlantica è nato grazie all’azione di avanguardia svolta dai liberi muratori contro l’Ancien Regime.
È naturale che i creatori delle società moderne ne abbiano mantenuto il controllo.
Quindi non c’è una massoneria esclusivamente esoterica?
La massoneria, a qualsiasi latitudine, non è mai stata e mai sarà esclusivamente esoterica, cioè dedita solo a questioni spirituali e filosofiche. La massoneria ha cambiato il mondo e continuerà a farlo.
Lei ha fondato il God e da massone dichiarato combatte pubblicamente una battaglia dentro il suo mondo. È la prima volta che accade: perché lo fa?
Perché è necessario tornare allo spirito di quei fratelli liberi muratori che guidarono la rivoluzione americana e quella francese, che fecero il Risorgimento in Italia e ovunque lottarono per affermare istituzioni liberal-democratiche.
Occorre tornare allo spirito di quei fratelli che sconfissero il nazifascismo, Franklin Roosevelt e Winston Churchill su tutti, e che regalarono al mondo un paradigma economico calibrato sulla giustizia sociale e il diritto alla dignità e alla felicità per ogni essere umano.
Il trinomio Libertà-Fratellanza-Uguaglianza è nato nelle logge e adorna ancora adesso i templi massonici, scolpito sotto la cattedra del Maestro Venerabile.
*****
il Fatto 6.2.13
Cappuccio e compasso, le logge italiane
IN ITALIA la storia della massoneria contemporanea è segnata dallo scandalo della loggia P2 di Licio Gelli, dove era iscritto anche Silvio Berlusconi e non solo.
La P2 allignò all’interno del Grande Oriente d’Italia, che ancora oggi resta la più grande obbedienza massonica del Paese con meno di ventimila fratelli con grembiule e cappuccio.
Dopo un altro scandalo, quello dell’inchiesta di Cordova a Palmi, il Goi perse il riconoscimento delle logge di Inghilterra, Scozia e Irlanda che sono considerate il Vaticano della massoneria.
Oggi il Gran Maestro del Goi è Gustavo Raffi, ex repubblicano poi berlusconiano.
Tra i fratelli illustri c’è Giancarlo Elia Valori, uomo di collegamento tra Chiesa e massoni che Luigi De Magistris, da pm, definì “l’uomo più potente d’Italia a capo di una nuova P2”.
Per numero di affiliati, dopo il Goi, c’è l’Alam ossia la Gran Loggia d’Italia degli Antichi liberi accettati muratori con 8.500 iscritti.
Terza è la Gran Loggia regolare d’Italia con 3mila massoni.
In tutto più di 30mila fratelli, cui bisogna aggiungere quelli delle logge autocefale, spesso una massoneria fai-da-te che fa a capo a personaggi pittoreschi.
Gioele Magaldi, il padre del Grande Oriente Democratico
“Montepaschi controllato dai massoni”
“L’ex numero uno dell’Abi è nella massoneria da tempo”
“Mussari è stato iniziato ‘libero muratore’ quando cominciò la sua scalata al potere”
Uno dei capi della massoneria, racconta come a Siena le logge influenzino le varie cordate bancarie. E parla di Amato, Luigi Berlinguer e Verdini
di Fabrizio d’Esposito
Da almeno un lustro, il quarantenne Gioele Magaldi denuncia le relazioni invisibili o indicibili tra potere e massoneria. E lo fa dell’interno.
Perché Magaldi è massone dichiarato e ha fondato il Grande Oriente Democratico, in aperta contrapposizione con il Grande Oriente d’Italia di Gustavo Raffi, la maggiore obbedienza italiana.
Per Chiarelettere è attesa da tempo l’uscita di un libro di Magaldi sui segreti che legano i “grembiulini” a politici e religiosi: “Massoni. Società a responsabilità illimitata”.
Lo scandalo Mps ha evocato di nuovo l’ombra di grembiuli e cappucci.
Sul suo sito si ricorda la partecipazione di Mussari a un convegno del Goi del berlusconiano Raffi.
Giuseppe Mussari è un massone. Non perché abbia partecipato ad uno o più convegni del Goi, vi partecipano anche profani di rilievo, ma perché è stato iniziato libero muratore diverso tempo fa, agli inizi della sua scalata al potere.
Sul percorso massonico di Mussari e di altri personaggi dell’establishment italiano, mi soffermo analiticamente nel mio libro in uscita.
A Siena l’intreccio massonico che riflesso ha sulle varie cordate?
Si è parlato di Amato, Bassanini, Luigi Berlinguer, poi dei berlusconiani vicini alla banca come Verdini.
Luigi Berlinguer, presidente della commissione di garanzia del Pd, che risolse con equità, lungimiranza e saggezza il falso ed ipocrita problema della presenza dei massoni nel Pd nel 2010, dichiarandone la piena ammissibilità, appartiene ad una famiglia di antica tradizione massonica.
Luigi Berlinguer non mente quando dice di non essere stato mai affiliato formalmente ad alcuna loggia, ma occorre ricordare che il padre di suo cugino Enrico Berlinguer, Mario Berlinguer, era un noto, convinto e benemerito massone democratico e libertario, antifascista della prima ora, aderente prima al Partito d'Azione e poi al Psi, per il quale fu eletto deputato e senatore.
Nella famiglia Berlinguer, e il discorso vale anche per Luigi, aderente al para-massonico Gruppo Spinelli, con mille sfumature da un individuo all’altro, c’è sempre stata una consolidata vicinanza culturale e ideologica al milieu massonico progressista.
Franco Bassanini, come ricordava lucidamente l’altro giorno anche Cirino Pomicino, è invece molto vicino a certi ambienti massonici francesi.
Giuliano Amato gode di ottime relazioni e amicizie tanto nel mondo massonico anglo-sassone che in determinati ambienti massonici sovranazionali collegati alla finanza e al mondo bancario tedesco.
Denis Verdini ha frequentazioni massoniche un po’ più ruspanti e provinciali di Amato e Bassanini, ma comunque è ben inserito in un certo circuito sia interno che esterno alle principali comunioni massoniche italiane.
Nel suo libro Confiteor con Mucchetti , Geronzi sostiene che in tutte le vicende del risiko bancario la massoneria c’entra sempre.
Geronzi dice il vero.
Ma chiunque conosca un minimo i circuiti finanziari e bancari sovranazionali, che determinano quello che accade anche nella provincia italiana, sa bene che essi sono saldamente in mano di gruppi massonici e paramassonici.
Ci sono diverse anime nella massoneria. Dal XVIII a circa metà del XX secolo ha sempre prevalso l’anima illuminista e progressista.
A partire dalla fine del Novecento, per la prima volta nella sua storia, si sono affermate componenti conservatrici e reazionarie.
Lo stesso Geronzi però difende Gianni Letta e smentisce che sia lui l’incrocio tra “logge e cilicio”, il burattinaio di tutto tra massoneria e Opus Dei.
In questo caso Geronzi mente quando nega che in Gianni Letta si incrocino relazioni massoniche e opusiane.
D’altronde, non bisogna nemmeno sopravvalutare Letta. Ci sono ben altri gran burattinai, in giro per l’Europa e in grado di influire pesantemente sulle faccende italiane.
Leggendo il suo sito, si apprende che il mondo del potere è zeppo di fratelli.
Lasciando da parte P2, P3 e P4, lei chiama fratelli illustri protagonisti della politica e dell’economia.
Due di essi appartengono all’aristocrazia massonica sovranazionale. Su ciò saranno peraltro prodotte importanti e autorevoli testimonianze documentarie nel mio libro.
Tutti massoni.
Occorre dire che troppo spesso, sulla questione Mps, ci si interroga sul livello italiano degli intrecci massonici.
Non è che lei confonde semplici relazioni d’elite con la massoneria vera e propria?
Quando c’è in ballo il potere: economico-finanziario, bancario, politico, diplomatico, ecclesiastico, c’'è sempre di mezzo la massoneria.
Non c’è da stupirsene: il mondo moderno e contemporaneo di matrice euroatlantica è nato grazie all’azione di avanguardia svolta dai liberi muratori contro l’Ancien Regime.
È naturale che i creatori delle società moderne ne abbiano mantenuto il controllo.
Quindi non c’è una massoneria esclusivamente esoterica?
La massoneria, a qualsiasi latitudine, non è mai stata e mai sarà esclusivamente esoterica, cioè dedita solo a questioni spirituali e filosofiche. La massoneria ha cambiato il mondo e continuerà a farlo.
Lei ha fondato il God e da massone dichiarato combatte pubblicamente una battaglia dentro il suo mondo. È la prima volta che accade: perché lo fa?
Perché è necessario tornare allo spirito di quei fratelli liberi muratori che guidarono la rivoluzione americana e quella francese, che fecero il Risorgimento in Italia e ovunque lottarono per affermare istituzioni liberal-democratiche.
Occorre tornare allo spirito di quei fratelli che sconfissero il nazifascismo, Franklin Roosevelt e Winston Churchill su tutti, e che regalarono al mondo un paradigma economico calibrato sulla giustizia sociale e il diritto alla dignità e alla felicità per ogni essere umano.
Il trinomio Libertà-Fratellanza-Uguaglianza è nato nelle logge e adorna ancora adesso i templi massonici, scolpito sotto la cattedra del Maestro Venerabile.
*****
il Fatto 6.2.13
Cappuccio e compasso, le logge italiane
IN ITALIA la storia della massoneria contemporanea è segnata dallo scandalo della loggia P2 di Licio Gelli, dove era iscritto anche Silvio Berlusconi e non solo.
La P2 allignò all’interno del Grande Oriente d’Italia, che ancora oggi resta la più grande obbedienza massonica del Paese con meno di ventimila fratelli con grembiule e cappuccio.
Dopo un altro scandalo, quello dell’inchiesta di Cordova a Palmi, il Goi perse il riconoscimento delle logge di Inghilterra, Scozia e Irlanda che sono considerate il Vaticano della massoneria.
Oggi il Gran Maestro del Goi è Gustavo Raffi, ex repubblicano poi berlusconiano.
Tra i fratelli illustri c’è Giancarlo Elia Valori, uomo di collegamento tra Chiesa e massoni che Luigi De Magistris, da pm, definì “l’uomo più potente d’Italia a capo di una nuova P2”.
Per numero di affiliati, dopo il Goi, c’è l’Alam ossia la Gran Loggia d’Italia degli Antichi liberi accettati muratori con 8.500 iscritti.
Terza è la Gran Loggia regolare d’Italia con 3mila massoni.
In tutto più di 30mila fratelli, cui bisogna aggiungere quelli delle logge autocefale, spesso una massoneria fai-da-te che fa a capo a personaggi pittoreschi.
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Re: M P S
LO SCANDALO A SIENA
Mps, Viola: «Non ci sono altri derivati . E non c'è la fuga dei depositi. Ora fateci lavorare»
Wsj: «Prestito segreto di Bankitalia a fine 2011». Il rimborso dei Monti-bond slitta al 2016. Perquisizioni a Bologna, nuovi indagati
Non c'è altra finanza tossica rimasta nascosta e non è in corso alcuna fuga dei correntisti dal Mps: «Ora c'è trasparenza, abbassiamo i riflettori». È l'appello di Fabrizio Viola, amministratore delegato del Montepaschi all'indomani dell'operazione-chiarezza del cda che ha indicato a 730 milioni le perdite sui derivati accesi dalla gestione Mussari per far fronte all'esoso acquisto di Antonveneta. In una conference call con gli analisti di Piazza Affari, il neo direttore finanziario Mingrone ha annunciato invece che il rimborso dei Monti-bond slitterà di un anno rispetto al previsto, dal 2015 al 2016, dopo l'aumento di 500 milioni del prestito governativo.
NESSUN MATRIMONIO - «Non c'è fuga di depositi», ha chiarito Viola assicurando che il nuovo corso «va avanti con il piano industriale che vede il rafforzamento dell'attività commerciale della terza banca del Paese». Ma non ci sono aggregazioni alle viste, almeno per ora: «Non mi distraggo con possibili matrimoni, non c'è nulla», ha detto il manager.
BANCA COMMERCIALE E FINANZA - Ora che la mina-derivati è stata disinnescata, ha chiesto Viola, «l'attenzione si riduca a zero. In una banca commerciale come il Montepaschi - ha sostenuto il manager in una conference call - la finanza deve avere un peso residuale e comunque funzionale all'attività. Questo lo confermo e le azioni e le decisioni sono coerenti con questo obiettivo». Piazza Affari ha accolto queste parole rafforzando fino all' 8% il rialzo del titolo al listino, dopo la lunga serie di giornate nere.
IL PRESTITO PUBBLICO - Con l'incremento di 500 milioni di euro dell'emissione dei Monti bond, slitterà di un anno, dal 2015 al 2016, la chiusura del rimborso . «È prudente ipotizzare che, avendo aumentato la dimensione dell'emissione di 500 milioni di euro, si debba traslare di un anno rispetto a quanto annunciato nel giugno scorso il termine ultimo per il rimborso», ha chiarito Mingrone.
WSJ: «NEL 2011 PRESTITO SEGRETO DI BANKITALIA»: Il Wall Street Journal ha scritto che a fine 2011 la Banca d'Italia concedette un prestito (poi rimborsato) all'istituto senese. Mps era «così a secco di liquidità» che dovette negoziare «un prestito di liquidità di circa 2 miliardi con la Banca d'Italia. Anche se pubblicamente i suoi dirigenti rassicuravano che la posizione finanziaria della banca più antica del mondo era adeguata». Il quotidiano Usa cita fonti di Via Nazionale quando afferma che «per timori che si potesse creare panico sui mercati nè Mps nè la Banca d'Italia resero pubblico quel prestito».
Paola Pica
@paolapica
7 febbraio 2013 | 14:06
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/13_febb ... 7164.shtml
Mps, Viola: «Non ci sono altri derivati . E non c'è la fuga dei depositi. Ora fateci lavorare»
Wsj: «Prestito segreto di Bankitalia a fine 2011». Il rimborso dei Monti-bond slitta al 2016. Perquisizioni a Bologna, nuovi indagati
Non c'è altra finanza tossica rimasta nascosta e non è in corso alcuna fuga dei correntisti dal Mps: «Ora c'è trasparenza, abbassiamo i riflettori». È l'appello di Fabrizio Viola, amministratore delegato del Montepaschi all'indomani dell'operazione-chiarezza del cda che ha indicato a 730 milioni le perdite sui derivati accesi dalla gestione Mussari per far fronte all'esoso acquisto di Antonveneta. In una conference call con gli analisti di Piazza Affari, il neo direttore finanziario Mingrone ha annunciato invece che il rimborso dei Monti-bond slitterà di un anno rispetto al previsto, dal 2015 al 2016, dopo l'aumento di 500 milioni del prestito governativo.
NESSUN MATRIMONIO - «Non c'è fuga di depositi», ha chiarito Viola assicurando che il nuovo corso «va avanti con il piano industriale che vede il rafforzamento dell'attività commerciale della terza banca del Paese». Ma non ci sono aggregazioni alle viste, almeno per ora: «Non mi distraggo con possibili matrimoni, non c'è nulla», ha detto il manager.
BANCA COMMERCIALE E FINANZA - Ora che la mina-derivati è stata disinnescata, ha chiesto Viola, «l'attenzione si riduca a zero. In una banca commerciale come il Montepaschi - ha sostenuto il manager in una conference call - la finanza deve avere un peso residuale e comunque funzionale all'attività. Questo lo confermo e le azioni e le decisioni sono coerenti con questo obiettivo». Piazza Affari ha accolto queste parole rafforzando fino all' 8% il rialzo del titolo al listino, dopo la lunga serie di giornate nere.
IL PRESTITO PUBBLICO - Con l'incremento di 500 milioni di euro dell'emissione dei Monti bond, slitterà di un anno, dal 2015 al 2016, la chiusura del rimborso . «È prudente ipotizzare che, avendo aumentato la dimensione dell'emissione di 500 milioni di euro, si debba traslare di un anno rispetto a quanto annunciato nel giugno scorso il termine ultimo per il rimborso», ha chiarito Mingrone.
WSJ: «NEL 2011 PRESTITO SEGRETO DI BANKITALIA»: Il Wall Street Journal ha scritto che a fine 2011 la Banca d'Italia concedette un prestito (poi rimborsato) all'istituto senese. Mps era «così a secco di liquidità» che dovette negoziare «un prestito di liquidità di circa 2 miliardi con la Banca d'Italia. Anche se pubblicamente i suoi dirigenti rassicuravano che la posizione finanziaria della banca più antica del mondo era adeguata». Il quotidiano Usa cita fonti di Via Nazionale quando afferma che «per timori che si potesse creare panico sui mercati nè Mps nè la Banca d'Italia resero pubblico quel prestito».
Paola Pica
@paolapica
7 febbraio 2013 | 14:06
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http://www.corriere.it/economia/13_febb ... 7164.shtml
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