Intervista a toni Servillo
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Ma che rimonta per il centrosinistra
se al posto del leader c'è il gemello folle...
Applausi a "Viva la libertà" di Roberto Andò. In cui un grande Servillo, in un doppio ruolo, racconta le due anime della politica: il segretario di partito stanco e senz'anima e il suo alter ego passionale ed entusiasmante. Il regista: "Basta con le lamentele, volevo immaginare un cambiamento sulla scena progressista"
di CLAUDIA MORGOGLIONE
ROMA - Troppo spesso la politica italiana somiglia a un cattivo film. E invece, con Viva la libertà di Roberto Andò, accade esattamente il contrario: è la politica che diventa (a sorpresa) un buon film. Pronto a sbarcare nelle sale il 14 febbraio, esattamente dieci giorni prima delle elezioni. E non è una coincidenza da poco: la pellicola infatti dipinge in maniera feroce, ma con un tono leggero, la situazione del centrosinistra italiano.
Immaginando che a risollevarne le sorti, a pochi giorni dal voto, arrivi il gemello del segretario di partito. Filosofo, appena uscito dal manicomio per una forte depressione, prende il posto di suo fratello. Riuscendo a galvanizzare il popolo progressista come nessuno era riuscito a fare da decenni.
A incarnare entrambi - il leader stanco, e il suo doppio entusiasmante e un po' folle - è un grande attore come Toni Servillo: solo lui poteva dare credibilità, e misura, a entrambe le facce della medaglia. Duettando con efficacia non solo con se stesso, ma anche con gli altri politici che vediamo sullo schermo: il suo braccio destro Valerio Mastandrea (bravissimo), una Anna Bonaiuto che ricorda Anna Finocchiaro, un Andrea Renzi che interpreta l'infido, cinico e brillante nemico interno, in cui tutti potranno identificare Massimo D'Alema. E un presidente della Repubblica dall'accento napoletano (guarda caso) che si lamenta di essere circondato solo da "rincoglioniti, ladri e banchieri". Tanto per restare sul filo dell'attualità.
Completano il cast due donne: Michela Cescon - moglie di Servillo nella sua veste di "vero" segretario di partito, Enrico Oliveri - e Valeria Bruni Tedeschi, la vecchia fiamma da cui lui si rifugia, quando vede che i sondaggi vanno a picco e che le cose, sul fronte elettorale, si mettono male. Ed è a questo punto che Mastandrea pensa di rimpiazzarlo con fratello Giovanni, che ha scelto da anni il nome d'arte di Giovanni Ernani. Scelta azzardata, ma felice: con la sua schiettezza, il suo punto di vista non burocratico, i suoi comizi ad affetto (nella scena clou cita dal palco una splendida poesia di Brecht, intitolata A chi esita), finisce per conquistare tutti...
Tratto dal romanzo Il trono vuoto (Bompiani) scritto dallo stesso Roberto Andò, vincitore del Campiello come migliore opera prima, il film - applaudito con calore in conferenza stampa - secondo il regista nasce "dal desiderio di immaginare qualcosa che attualmente sulla scena politica non c'è. Ma non avevo voglia di lamentele, ne abbiamo fatte già troppe. E così pensato a un personaggio che portasse con sé un vento di cambiamento. Il risultato è una pellicola che mi ha dato una grande gioia liberatoria, che spero si trasmetta al pubblico". Nessun pessimismo, insomma: "Ci sono tante persone di buona volontà nella politica, in particolare a sinistra che è la parte che mi sta a cuore. Ernani per me rappresenta l'anima della sinistra. C'è però una stanchezza, ci sono troppi predatori, come dimostra il caso Mps. Ma come diceva Camus, se la speranza non c'è più, bisogna inventarsela. Io nel film la rappresento mostrando due simboli di civiltà: Enrico Berlinguer (si vede il suo ritratto in una sequenza, ndr) e Federico Fellini" (che si vede in un'altra scena, mentre protesta al di fuori del Parlamento contro gli spot pubblicitari che interrompono i film in tv).
Quanto alle possibili reazioni da parte dei politici veri, di fronte un film che esce così a ridosso delle elezioni, Andò si dice fiducioso: "Ci sembrava giusto che, essendo pronto, Viva la libertà potesse uscire in un momento come questo. Non è una storia che possa essere strumentalizzata: mostriamo la politica restituita all'anima dei cittadini, senza una figura carismatica a cui delegarla. Certo, poi magari qualcuno si indispettirà...".
Ma al di là delle implicazioni sul fronte dell'attualità, la pellicola è anche una grandissima prova d'attore del suo protagonista: "Recitare due gemelli - spiega Servillo - è un'occasione ghiotta, come per il topo il formaggio. Spero che sul fronte politico questo film serva a qualcosa, che suggerisca qualcosa emozionando: ad esempio può suggerire a qualcuno che se si ha la sensazione di essere superiori bisogna anche avere la forza di dimostrarlo". Il riferimento sembra proprio alla sicurezza della vittoria che rischia di trasformarsi in boomerang, per il centrosinistra. Nessun personalismo, però: "Per interpretare questo doppio ruolo non ho pensato né a Bersani né a Renzi: con tutto il rispetto per le due persone, un attore i suoi riferimenti li trova nell'immaginazione".
A sdrammatizzare il clima, ci pensa - come spesso accade - Mastandrea: "L'idea di lavorare con Toni mi affascinava - racconta - conosce tutto di te, di me, del film. E' come lavorare con una Digos creativa. Il mio qui è uno di quei secondi ruoli che da spettatore mi piacciono da morire, ci sono spesso nei film americani. E' la passione per il secondo posto, per la medaglia d'argento. E rivedendomi nel film, la cosa tramenda è che mi sono quasi piaciuto...".
(08 febbraio 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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