Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spagna,
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Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spagna,
Il governo portoghese ha annunciato l’abbandono definitivo del progetto di Alta velocità per i collegamenti con la Spagna, sospeso nel giugno di un anno fa, all’indomani dell’insediamento dell’esecutivo conservatore. Il ministro dell’Economia e del Lavoro ha dichiarato “definitivamente abbandonato” il progetto, in seguito a una decisione della Corte dei conti che ha negato l’approvazione al contratto di concessione dell’Alta velocità varato dal precedente esecutivo. Nella nota il governo assicura che saranno valutate le conseguenze giuridiche ed economiche della sentenza, ”per agire in difesa dell’interesse pubblico”.
La Corte dei Conti ha annullato dunque il contratto per l’esecuzione della tratta principale del progetto di Alta velocità fra Lisbona e Madrid, di circa 150 km, che doveva collegate Poceirao con Caia, alla frontiera con la città spagnola di Badajoz.
Con questa decisione, lo storico corridoio Kiev-Lisbona, del quale dovrebbe far parte anche il tratto tra Torino e Lione, perde il capolinea
http://www.quotidianopiemontese.it/2012 ... capolinea/.
.......................................................
E noi!Abbiamo soldi da buttare?
Ciao
Paolo11
La Corte dei Conti ha annullato dunque il contratto per l’esecuzione della tratta principale del progetto di Alta velocità fra Lisbona e Madrid, di circa 150 km, che doveva collegate Poceirao con Caia, alla frontiera con la città spagnola di Badajoz.
Con questa decisione, lo storico corridoio Kiev-Lisbona, del quale dovrebbe far parte anche il tratto tra Torino e Lione, perde il capolinea
http://www.quotidianopiemontese.it/2012 ... capolinea/.
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E noi!Abbiamo soldi da buttare?
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Paolo11
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
Il Portogallo è sull'orlo del fallimento come la Grecia, quindi è comprensibile l'abbandono.
Ma una moratoria sulla TAV sarebbe opportuno visto che anche la Francia dopo le elezioni presidenziali dovrà affrontare un periodo di austerità per cui anche lì ci potrà essere uno STOP con ripercussioni sull'Italia.
Bye
Ma una moratoria sulla TAV sarebbe opportuno visto che anche la Francia dopo le elezioni presidenziali dovrà affrontare un periodo di austerità per cui anche lì ci potrà essere uno STOP con ripercussioni sull'Italia.
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Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
Tav, 114 Km accanto alle miniere d’uranio
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/04/ ... io/194278/
Agli inizi del mese di marzo ho intervistato il responsabile del Comitato No Tav di Susa, Mario Fontana, nella Piazza del Sole della cittadina piemontese.
Ci tengo a precisare che quanto Mario mi ha raccontato si sta dimostrando tutto vero. Oggi Il Fatto Quotidiano si occupa dei giacimenti di uranio confermando quanto anticipatomi.
La settimana successiva all’intervista, La Repubblica ha pubblicato un servizio sul tratto ferroviario riguardante la Slovenia, proseguimento naturale del corridoio 5.
Trenitalia ha cessato da dicembre i servizi dei treni superrapidi verso il Nord Est europeo perché improduttivi.
Anche questo mi era stato anticipato, oltre al fatto che la Slovenia non avesse nessuna intenzione di provvedere all’ammodernamento di quel tratto di ferrovia.
Manca un servizio della troupe di Santoro che due giorni prima dell’intervista aveva documento la presenza di amianto sul costone di montagna che si vede dalla Piazza del Sole.
Anche in questo caso un servizio precedente di Repubblica accennava alla previsione di un’incremento del 10 % delle malattie in tutta la valle.
C’è anche dell’altro, ma i media non se ne sono ancora occupati.
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/04/ ... io/194278/
Agli inizi del mese di marzo ho intervistato il responsabile del Comitato No Tav di Susa, Mario Fontana, nella Piazza del Sole della cittadina piemontese.
Ci tengo a precisare che quanto Mario mi ha raccontato si sta dimostrando tutto vero. Oggi Il Fatto Quotidiano si occupa dei giacimenti di uranio confermando quanto anticipatomi.
La settimana successiva all’intervista, La Repubblica ha pubblicato un servizio sul tratto ferroviario riguardante la Slovenia, proseguimento naturale del corridoio 5.
Trenitalia ha cessato da dicembre i servizi dei treni superrapidi verso il Nord Est europeo perché improduttivi.
Anche questo mi era stato anticipato, oltre al fatto che la Slovenia non avesse nessuna intenzione di provvedere all’ammodernamento di quel tratto di ferrovia.
Manca un servizio della troupe di Santoro che due giorni prima dell’intervista aveva documento la presenza di amianto sul costone di montagna che si vede dalla Piazza del Sole.
Anche in questo caso un servizio precedente di Repubblica accennava alla previsione di un’incremento del 10 % delle malattie in tutta la valle.
C’è anche dell’altro, ma i media non se ne sono ancora occupati.
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
Dieci cose da sapere sul Tav Un’anticipazione dal mio libro “Tav, il treno della discordia”, Aliberti editore
di Loris Mazzetti/
A giorni in libreria Amleto, oggi, invece di chiedersi “Essere o non essere”, forse si domanderebbe: “Tav o No Tav, questo è il problema: se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”. (…) le parole di William Shakespeare, potrebbero essere declamate dai tanti abitanti della Val di Susa che hanno deciso l’occupazione permanente del territorio, ovvero “lotta dura senza paura”. “Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte”.
Alcuni di loro hanno deciso per l’intransigenza contenuta in queste parole di Shakespeare, che rappresentano perfettamente il loro stato d’animo. Anche il migliore dei pacifisti, per tanto tempo inascoltato e sotto pressione, può farsi prendere dal fanatismo: soprattutto quando sente che a essere violato è il proprio territorio. L’esasperazione dell’oltraggio fa sì che Amleto si domandi se è giusto sopportare o reagire, il che non vuol dire necessariamente arrivare alla violenza ma a qualcosa di peggio: la rottura del patto sociale con lo Stato, la fine della democrazia rappresentativa. Questo è ciò che sta accadendo in tante parti dell’Italia.
(…)
Per il momento non andiamo oltre: mescoliamoci con la maggioranza degli abitanti della Valle, la Comunità montana, alcune amministrazioni locali, i vari Comitati No Tav, per tentare di capire cosa c’è dietro la protesta. Le loro denunce sono prima di tutto ambientali. Valutiamone i contenuti. Il cantiere porterebbe danni alle falde acquifere. C’è chi denuncia che il tunnel eliminerebbe acqua per un milione di persone. A sostegno di questo vengono citati alcuni esempi di grandi opere pubbliche già realizzate (…) è sufficiente fare un salto in Toscana, esattamente nel Mugello, dove i danni ambientali creati sono evidenti e hanno procurato un grave impoverimento delle falde (…).
La seconda ragione per dire no al Tav è contenuta nella denuncia di Roberto Saviano in un’inchiesta su Repubblica dal titolo: “Tav, da Napoli alla Val di Susa le mani della mafia sui cantieri”. Tutti parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent’anni l’alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business (…) l’Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie (…). Nella relazione annuale (2011) la Direzione nazionale antimafia ha inserito il Piemonte al secondo posto per la penetrazione della ‘ ndrangheta dopo la Lombardia, escludendo la Calabria (…). Le imprese mafiose in Piemonte vinsero gli appalti per la costruzione della nuova autostrada e del traforo del Frejus verso la Francia (fatto confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 362 del 2009).
Infine i dati del traffico (…). Nel 1997 si raggiunse il massimo dell’utilizzo della linea, circa dieci milioni di tonnellate di merci all’anno. Un flusso comunque inferiore alla portata massima, che è di 17, 5 tonnellate. Con il passare degli anni, contrariamente alle aspettative, l’utilizzo è costantemente diminuito, fino a raggiungere le attuali quattro milioni di tonnellate di merci. Osservando questi dati non ci sarebbe ragione per costruire una nuova ferrovia (…).
Cerchiamo però ora di capire le ragioni che spingono i favorevoli al Tav a non indietreggiare di un passo (…). Il Sì Tav considera l’opera una questione d’interesse nazionale (…). Servirà un bacino di 17 milioni di abitanti, un milione e mezzo di imprese, con un ipotetico volume d’affari di oltre dieci miliardi di euro. Porterà l’aumento dell’occupazione nella valle: gli stessi cantieri daranno lavoro direttamente a circa duemila persone e ad altre seimila come indotto attraverso subappalti, forniture e accoglienza. Pur in assenza di una legge che obblighi a spostare le merci da gomma a rotaia, almeno nei valichi alpini, la nuova infrastruttura trasporterà seicentomila tir ogni anno, spostandoli dalla strada alla ferrovia
(…)
Lo Stato da una parte e i No Tav dall’altra: la solita vecchia storia che divide i cittadini in buoni e cattivi a seconda dei punti di vista, i moderni e gli antichi, chi vive per il futuro e chi pensa solo al passato (…). La mancanza di informazione attorno al Treno alta velocità mi ha spinto a scrivere questo libro. L’idea mi è venuta assistendo a due trasmissioni televisive: la prima “Servizio Pubblico” del primo marzo 2012. A confrontarsi sul Tav c’erano il segretario del Pd Bersani e quello della Fiom Landini. Due uomini che da sempre si battono per i diritti dei più deboli. In questo dibattito risultavano totalmente diversi tra loro. E “Ultima parola” del 2 marzo (…). Il programma parte con un servizio di fronte a Montecitorio, in cui la giornalista pone una semplice domanda ai parlamentari: “Che cos’è il Tav?”.
Scioccato dalle risposte, mi sono posto alcune domande che non hanno trovato spazio, se non in rete e su pochi quotidiani:
1) L’opera serve realmente o è diventata più un fatto di principio?
2) Qual è il rapporto tra costi e benefici?
3) È corretto investire nell’infrastruttura in un momento di profonda crisi economica mentre si taglia il sociale?
4) È solo la questione di una valle o riguarda tutti gli italiani?
5) È a rischio il patto sociale?
6) Si è tenuto conto del forte disagio che verrà procurato alla vita nella valle? Quale sarà la compensazione?
7) A causa della presenza dell’amianto nella rocciasi può garantire una reale protezione per chi lavora e per la popolazione?
8) Quante probabilità ci sono di poter realizzare l’opera contro la volontà dei valligiani? È meglio trovare un accordo o procedere lentamente sotto la scorta della polizia?
9) La Val di Susa non rischia di diventare un ghetto?
10) A chi è utile la macelleria informativa?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... av/203354/
di Loris Mazzetti/
A giorni in libreria Amleto, oggi, invece di chiedersi “Essere o non essere”, forse si domanderebbe: “Tav o No Tav, questo è il problema: se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”. (…) le parole di William Shakespeare, potrebbero essere declamate dai tanti abitanti della Val di Susa che hanno deciso l’occupazione permanente del territorio, ovvero “lotta dura senza paura”. “Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte”.
Alcuni di loro hanno deciso per l’intransigenza contenuta in queste parole di Shakespeare, che rappresentano perfettamente il loro stato d’animo. Anche il migliore dei pacifisti, per tanto tempo inascoltato e sotto pressione, può farsi prendere dal fanatismo: soprattutto quando sente che a essere violato è il proprio territorio. L’esasperazione dell’oltraggio fa sì che Amleto si domandi se è giusto sopportare o reagire, il che non vuol dire necessariamente arrivare alla violenza ma a qualcosa di peggio: la rottura del patto sociale con lo Stato, la fine della democrazia rappresentativa. Questo è ciò che sta accadendo in tante parti dell’Italia.
(…)
Per il momento non andiamo oltre: mescoliamoci con la maggioranza degli abitanti della Valle, la Comunità montana, alcune amministrazioni locali, i vari Comitati No Tav, per tentare di capire cosa c’è dietro la protesta. Le loro denunce sono prima di tutto ambientali. Valutiamone i contenuti. Il cantiere porterebbe danni alle falde acquifere. C’è chi denuncia che il tunnel eliminerebbe acqua per un milione di persone. A sostegno di questo vengono citati alcuni esempi di grandi opere pubbliche già realizzate (…) è sufficiente fare un salto in Toscana, esattamente nel Mugello, dove i danni ambientali creati sono evidenti e hanno procurato un grave impoverimento delle falde (…).
La seconda ragione per dire no al Tav è contenuta nella denuncia di Roberto Saviano in un’inchiesta su Repubblica dal titolo: “Tav, da Napoli alla Val di Susa le mani della mafia sui cantieri”. Tutti parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent’anni l’alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business (…) l’Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie (…). Nella relazione annuale (2011) la Direzione nazionale antimafia ha inserito il Piemonte al secondo posto per la penetrazione della ‘ ndrangheta dopo la Lombardia, escludendo la Calabria (…). Le imprese mafiose in Piemonte vinsero gli appalti per la costruzione della nuova autostrada e del traforo del Frejus verso la Francia (fatto confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 362 del 2009).
Infine i dati del traffico (…). Nel 1997 si raggiunse il massimo dell’utilizzo della linea, circa dieci milioni di tonnellate di merci all’anno. Un flusso comunque inferiore alla portata massima, che è di 17, 5 tonnellate. Con il passare degli anni, contrariamente alle aspettative, l’utilizzo è costantemente diminuito, fino a raggiungere le attuali quattro milioni di tonnellate di merci. Osservando questi dati non ci sarebbe ragione per costruire una nuova ferrovia (…).
Cerchiamo però ora di capire le ragioni che spingono i favorevoli al Tav a non indietreggiare di un passo (…). Il Sì Tav considera l’opera una questione d’interesse nazionale (…). Servirà un bacino di 17 milioni di abitanti, un milione e mezzo di imprese, con un ipotetico volume d’affari di oltre dieci miliardi di euro. Porterà l’aumento dell’occupazione nella valle: gli stessi cantieri daranno lavoro direttamente a circa duemila persone e ad altre seimila come indotto attraverso subappalti, forniture e accoglienza. Pur in assenza di una legge che obblighi a spostare le merci da gomma a rotaia, almeno nei valichi alpini, la nuova infrastruttura trasporterà seicentomila tir ogni anno, spostandoli dalla strada alla ferrovia
(…)
Lo Stato da una parte e i No Tav dall’altra: la solita vecchia storia che divide i cittadini in buoni e cattivi a seconda dei punti di vista, i moderni e gli antichi, chi vive per il futuro e chi pensa solo al passato (…). La mancanza di informazione attorno al Treno alta velocità mi ha spinto a scrivere questo libro. L’idea mi è venuta assistendo a due trasmissioni televisive: la prima “Servizio Pubblico” del primo marzo 2012. A confrontarsi sul Tav c’erano il segretario del Pd Bersani e quello della Fiom Landini. Due uomini che da sempre si battono per i diritti dei più deboli. In questo dibattito risultavano totalmente diversi tra loro. E “Ultima parola” del 2 marzo (…). Il programma parte con un servizio di fronte a Montecitorio, in cui la giornalista pone una semplice domanda ai parlamentari: “Che cos’è il Tav?”.
Scioccato dalle risposte, mi sono posto alcune domande che non hanno trovato spazio, se non in rete e su pochi quotidiani:
1) L’opera serve realmente o è diventata più un fatto di principio?
2) Qual è il rapporto tra costi e benefici?
3) È corretto investire nell’infrastruttura in un momento di profonda crisi economica mentre si taglia il sociale?
4) È solo la questione di una valle o riguarda tutti gli italiani?
5) È a rischio il patto sociale?
6) Si è tenuto conto del forte disagio che verrà procurato alla vita nella valle? Quale sarà la compensazione?
7) A causa della presenza dell’amianto nella rocciasi può garantire una reale protezione per chi lavora e per la popolazione?
8) Quante probabilità ci sono di poter realizzare l’opera contro la volontà dei valligiani? È meglio trovare un accordo o procedere lentamente sotto la scorta della polizia?
9) La Val di Susa non rischia di diventare un ghetto?
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
Dieci cose da sapere sul Tav Un’anticipazione dal mio libro “Tav, il treno della discordia”, Aliberti editore
di Loris Mazzetti/
A giorni in libreria Amleto, oggi, invece di chiedersi “Essere o non essere”, forse si domanderebbe: “Tav o No Tav, questo è il problema: se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”. (…) le parole di William Shakespeare, potrebbero essere declamate dai tanti abitanti della Val di Susa che hanno deciso l’occupazione permanente del territorio, ovvero “lotta dura senza paura”. “Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte”.
Alcuni di loro hanno deciso per l’intransigenza contenuta in queste parole di Shakespeare, che rappresentano perfettamente il loro stato d’animo. Anche il migliore dei pacifisti, per tanto tempo inascoltato e sotto pressione, può farsi prendere dal fanatismo: soprattutto quando sente che a essere violato è il proprio territorio. L’esasperazione dell’oltraggio fa sì che Amleto si domandi se è giusto sopportare o reagire, il che non vuol dire necessariamente arrivare alla violenza ma a qualcosa di peggio: la rottura del patto sociale con lo Stato, la fine della democrazia rappresentativa. Questo è ciò che sta accadendo in tante parti dell’Italia.
(…)
Per il momento non andiamo oltre: mescoliamoci con la maggioranza degli abitanti della Valle, la Comunità montana, alcune amministrazioni locali, i vari Comitati No Tav, per tentare di capire cosa c’è dietro la protesta. Le loro denunce sono prima di tutto ambientali. Valutiamone i contenuti. Il cantiere porterebbe danni alle falde acquifere. C’è chi denuncia che il tunnel eliminerebbe acqua per un milione di persone. A sostegno di questo vengono citati alcuni esempi di grandi opere pubbliche già realizzate (…) è sufficiente fare un salto in Toscana, esattamente nel Mugello, dove i danni ambientali creati sono evidenti e hanno procurato un grave impoverimento delle falde (…).
La seconda ragione per dire no al Tav è contenuta nella denuncia di Roberto Saviano in un’inchiesta su Repubblica dal titolo: “Tav, da Napoli alla Val di Susa le mani della mafia sui cantieri”. Tutti parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent’anni l’alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business (…) l’Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie (…). Nella relazione annuale (2011) la Direzione nazionale antimafia ha inserito il Piemonte al secondo posto per la penetrazione della ‘ ndrangheta dopo la Lombardia, escludendo la Calabria (…). Le imprese mafiose in Piemonte vinsero gli appalti per la costruzione della nuova autostrada e del traforo del Frejus verso la Francia (fatto confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 362 del 2009).
Infine i dati del traffico (…). Nel 1997 si raggiunse il massimo dell’utilizzo della linea, circa dieci milioni di tonnellate di merci all’anno. Un flusso comunque inferiore alla portata massima, che è di 17, 5 tonnellate. Con il passare degli anni, contrariamente alle aspettative, l’utilizzo è costantemente diminuito, fino a raggiungere le attuali quattro milioni di tonnellate di merci. Osservando questi dati non ci sarebbe ragione per costruire una nuova ferrovia (…).
Cerchiamo però ora di capire le ragioni che spingono i favorevoli al Tav a non indietreggiare di un passo (…). Il Sì Tav considera l’opera una questione d’interesse nazionale (…). Servirà un bacino di 17 milioni di abitanti, un milione e mezzo di imprese, con un ipotetico volume d’affari di oltre dieci miliardi di euro. Porterà l’aumento dell’occupazione nella valle: gli stessi cantieri daranno lavoro direttamente a circa duemila persone e ad altre seimila come indotto attraverso subappalti, forniture e accoglienza. Pur in assenza di una legge che obblighi a spostare le merci da gomma a rotaia, almeno nei valichi alpini, la nuova infrastruttura trasporterà seicentomila tir ogni anno, spostandoli dalla strada alla ferrovia
(…)
Lo Stato da una parte e i No Tav dall’altra: la solita vecchia storia che divide i cittadini in buoni e cattivi a seconda dei punti di vista, i moderni e gli antichi, chi vive per il futuro e chi pensa solo al passato (…). La mancanza di informazione attorno al Treno alta velocità mi ha spinto a scrivere questo libro. L’idea mi è venuta assistendo a due trasmissioni televisive: la prima “Servizio Pubblico” del primo marzo 2012. A confrontarsi sul Tav c’erano il segretario del Pd Bersani e quello della Fiom Landini. Due uomini che da sempre si battono per i diritti dei più deboli. In questo dibattito risultavano totalmente diversi tra loro. E “Ultima parola” del 2 marzo (…). Il programma parte con un servizio di fronte a Montecitorio, in cui la giornalista pone una semplice domanda ai parlamentari: “Che cos’è il Tav?”.
Scioccato dalle risposte, mi sono posto alcune domande che non hanno trovato spazio, se non in rete e su pochi quotidiani:
1) L’opera serve realmente o è diventata più un fatto di principio?
2) Qual è il rapporto tra costi e benefici?
3) È corretto investire nell’infrastruttura in un momento di profonda crisi economica mentre si taglia il sociale?
4) È solo la questione di una valle o riguarda tutti gli italiani?
5) È a rischio il patto sociale?
6) Si è tenuto conto del forte disagio che verrà procurato alla vita nella valle? Quale sarà la compensazione?
7) A causa della presenza dell’amianto nella rocciasi può garantire una reale protezione per chi lavora e per la popolazione?
8) Quante probabilità ci sono di poter realizzare l’opera contro la volontà dei valligiani? È meglio trovare un accordo o procedere lentamente sotto la scorta della polizia?
9) La Val di Susa non rischia di diventare un ghetto?
10) A chi è utile la macelleria informativa?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... av/203354/
di Loris Mazzetti/
A giorni in libreria Amleto, oggi, invece di chiedersi “Essere o non essere”, forse si domanderebbe: “Tav o No Tav, questo è il problema: se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”. (…) le parole di William Shakespeare, potrebbero essere declamate dai tanti abitanti della Val di Susa che hanno deciso l’occupazione permanente del territorio, ovvero “lotta dura senza paura”. “Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte”.
Alcuni di loro hanno deciso per l’intransigenza contenuta in queste parole di Shakespeare, che rappresentano perfettamente il loro stato d’animo. Anche il migliore dei pacifisti, per tanto tempo inascoltato e sotto pressione, può farsi prendere dal fanatismo: soprattutto quando sente che a essere violato è il proprio territorio. L’esasperazione dell’oltraggio fa sì che Amleto si domandi se è giusto sopportare o reagire, il che non vuol dire necessariamente arrivare alla violenza ma a qualcosa di peggio: la rottura del patto sociale con lo Stato, la fine della democrazia rappresentativa. Questo è ciò che sta accadendo in tante parti dell’Italia.
(…)
Per il momento non andiamo oltre: mescoliamoci con la maggioranza degli abitanti della Valle, la Comunità montana, alcune amministrazioni locali, i vari Comitati No Tav, per tentare di capire cosa c’è dietro la protesta. Le loro denunce sono prima di tutto ambientali. Valutiamone i contenuti. Il cantiere porterebbe danni alle falde acquifere. C’è chi denuncia che il tunnel eliminerebbe acqua per un milione di persone. A sostegno di questo vengono citati alcuni esempi di grandi opere pubbliche già realizzate (…) è sufficiente fare un salto in Toscana, esattamente nel Mugello, dove i danni ambientali creati sono evidenti e hanno procurato un grave impoverimento delle falde (…).
La seconda ragione per dire no al Tav è contenuta nella denuncia di Roberto Saviano in un’inchiesta su Repubblica dal titolo: “Tav, da Napoli alla Val di Susa le mani della mafia sui cantieri”. Tutti parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent’anni l’alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business (…) l’Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie (…). Nella relazione annuale (2011) la Direzione nazionale antimafia ha inserito il Piemonte al secondo posto per la penetrazione della ‘ ndrangheta dopo la Lombardia, escludendo la Calabria (…). Le imprese mafiose in Piemonte vinsero gli appalti per la costruzione della nuova autostrada e del traforo del Frejus verso la Francia (fatto confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 362 del 2009).
Infine i dati del traffico (…). Nel 1997 si raggiunse il massimo dell’utilizzo della linea, circa dieci milioni di tonnellate di merci all’anno. Un flusso comunque inferiore alla portata massima, che è di 17, 5 tonnellate. Con il passare degli anni, contrariamente alle aspettative, l’utilizzo è costantemente diminuito, fino a raggiungere le attuali quattro milioni di tonnellate di merci. Osservando questi dati non ci sarebbe ragione per costruire una nuova ferrovia (…).
Cerchiamo però ora di capire le ragioni che spingono i favorevoli al Tav a non indietreggiare di un passo (…). Il Sì Tav considera l’opera una questione d’interesse nazionale (…). Servirà un bacino di 17 milioni di abitanti, un milione e mezzo di imprese, con un ipotetico volume d’affari di oltre dieci miliardi di euro. Porterà l’aumento dell’occupazione nella valle: gli stessi cantieri daranno lavoro direttamente a circa duemila persone e ad altre seimila come indotto attraverso subappalti, forniture e accoglienza. Pur in assenza di una legge che obblighi a spostare le merci da gomma a rotaia, almeno nei valichi alpini, la nuova infrastruttura trasporterà seicentomila tir ogni anno, spostandoli dalla strada alla ferrovia
(…)
Lo Stato da una parte e i No Tav dall’altra: la solita vecchia storia che divide i cittadini in buoni e cattivi a seconda dei punti di vista, i moderni e gli antichi, chi vive per il futuro e chi pensa solo al passato (…). La mancanza di informazione attorno al Treno alta velocità mi ha spinto a scrivere questo libro. L’idea mi è venuta assistendo a due trasmissioni televisive: la prima “Servizio Pubblico” del primo marzo 2012. A confrontarsi sul Tav c’erano il segretario del Pd Bersani e quello della Fiom Landini. Due uomini che da sempre si battono per i diritti dei più deboli. In questo dibattito risultavano totalmente diversi tra loro. E “Ultima parola” del 2 marzo (…). Il programma parte con un servizio di fronte a Montecitorio, in cui la giornalista pone una semplice domanda ai parlamentari: “Che cos’è il Tav?”.
Scioccato dalle risposte, mi sono posto alcune domande che non hanno trovato spazio, se non in rete e su pochi quotidiani:
1) L’opera serve realmente o è diventata più un fatto di principio?
2) Qual è il rapporto tra costi e benefici?
3) È corretto investire nell’infrastruttura in un momento di profonda crisi economica mentre si taglia il sociale?
4) È solo la questione di una valle o riguarda tutti gli italiani?
5) È a rischio il patto sociale?
6) Si è tenuto conto del forte disagio che verrà procurato alla vita nella valle? Quale sarà la compensazione?
7) A causa della presenza dell’amianto nella rocciasi può garantire una reale protezione per chi lavora e per la popolazione?
8) Quante probabilità ci sono di poter realizzare l’opera contro la volontà dei valligiani? È meglio trovare un accordo o procedere lentamente sotto la scorta della polizia?
9) La Val di Susa non rischia di diventare un ghetto?
10) A chi è utile la macelleria informativa?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... av/203354/
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
Oggi TG3 del 12.00.Hanno ricominciato a parlare della TAV, degli espropri eccc......
Mi chiedo non potevano stare un momentino fermi:visto le elezioni francesi vicine?
No ormai è un chiodo fisso.
Siamo in recessione.Questa durerà per diversi anni a mio avviso, quidi meno merci da trasportare ecc.......
Non sarebbe il caso di adoperare quei soldi per mettere in sucurezza il nostro territorio dalle alluvioni dai smottamenti, mettere in sucurezza scuole ospedali ecc......
Un privato se deve contruirsi qualcosa deve essere tutto a norma, e nel tempo deve starci dietroa alle nuove normative.Per il bubblico questo non avviene , abbiamo scuole ospedali fatiscenti,e non si fa nulla non ci sono i soldi dicono.
La TAV.Al governo Italiano, agli italiani è gratuita! Abbiamo a L'Aquila ancora persone in albergo dopo 3 anni dal terremoto.
Ciao
Paolo11
Mi chiedo non potevano stare un momentino fermi:visto le elezioni francesi vicine?
No ormai è un chiodo fisso.
Siamo in recessione.Questa durerà per diversi anni a mio avviso, quidi meno merci da trasportare ecc.......
Non sarebbe il caso di adoperare quei soldi per mettere in sucurezza il nostro territorio dalle alluvioni dai smottamenti, mettere in sucurezza scuole ospedali ecc......
Un privato se deve contruirsi qualcosa deve essere tutto a norma, e nel tempo deve starci dietroa alle nuove normative.Per il bubblico questo non avviene , abbiamo scuole ospedali fatiscenti,e non si fa nulla non ci sono i soldi dicono.
La TAV.Al governo Italiano, agli italiani è gratuita! Abbiamo a L'Aquila ancora persone in albergo dopo 3 anni dal terremoto.
Ciao
Paolo11
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
CORRIDOIO 5, BINARIO MORTO
C'era una volta l'Alta velocità europea. Un sogno nato negli anni '90: unire i due estremi del continente con una grande rete di treni veloci. Quasi vent'anni dopo, il progetto stenta a decollare e deve fare i conti con la crisi e alcune defezioni. Viaggio sulla linea che (ancora) non c'è tra Lisbona e Kiev
REPORTAGE dal nostro inviato LUCA RASTELLO
Da Lisbona a Kiev, sognando l'Alta velocità
Viaggio nell'Europa che aspetta la Tav
Doveva, in teoria, unire l'oceano Atlantico con l'ultimo avamposto prima della Federazione Russa. Ma il grande progetto concepito negli anni '90, una linea ferroviaria che collegasse il Portogallo con l'Ucraina, oggi esce ridimensionato da crisi economica e contestazioni.
Abbandonato il "Corridoio 5", il nuovo tracciato porta ora il nome di "Corridoio mediterraneo", con un nuovo via dalla piccola Algeciras, in Andalusia, al posto della capitale lusitana, che ha dato forfait pochi mesi fa.
Intanto anche l'Ucraina sembra sfilarsi, e l'ultima tappa certa potrebbe diventare la più piccola e semisconosciuta Miskolc LISBONA - Santa Apollonia è la stazione principale. Due binari per convogli suburbani, un treno per Bilbao, una tettoia di ferro e vetro affumicato, aria dall'oceano e dal Tago.
Lisbona se ne sta sospesa fra un passato nostalgico d'impero e un futuro internazionale che non verrà più, qualche vezzo liberty e il rimpianto per la promessa - tradita - di diventare la sorgente del mitico "Corridoio 5", l'asse Lisbona-Kiev che doveva unire l'Europa dall'Atlantico alle steppe con il miracolo delle grandi opere e dell'alta velocità e che invece perde le ali e anche pezzi del suo ventre e del suo cuore.
Quinto pilastro di un sontuoso progetto di viabilità europea stabilito nelle conferenze di Creta e Helsinki a metà degli anni Novanta, oggi quel corridoio, spesso nominato (soprattutto a proposito di un suo piccolo tratto, quello tra Torino e Lione) ma mai percorso per intero, rimane sostanzialmente un mistero. Nella sua articolazione, nella sua utilità, nelle prospettive.
E il mistero comincia proprio dalla testa. Il 21 marzo scorso il governo portoghese ha annunciato l'abbandono di ogni progetto di alta velocità. Una decisione accolta con flemma: oplà, il Portogallo non c'è più.
Del resto, lo vedremo, anche l'Ucraina non si sa bene dove sia andata a finire. Resta in piedi però il sogno di un'Europa unita da una rete di infrastrutture viarie, ma nella forma di una ragnatela di tratti a media percorrenza stesa su tutto il continente e chiamata "Ten-T". Quanto al Corridoio 5, ridimensionato, viene oggi ribattezzato Corridoio Mediterraneo.
Il nuovo tracciato. Lasciamoci alle spalle Santa Apollonia, dunque, e anche l'ambizioso complesso della Stazione del Mare (un solo treno al giorno per Madrid, undici ore, come dire che tanto vale andarci a piedi), ricordo dell'Expo del '98.
Non si va a Madrid, però: rotta a sud. E non in treno, in corriera, fra nuvole-batuffolo, colline, sorgenti africane, mulini (eolici). Sommerso il Portogallo, la penisola iberica torna a sdraiarsi dove l'aveva immaginata Strabone, che qui collocò le porte dell'oltretomba: siamo ad Algeciras, di fronte al Marocco, un tiro di lancia da Gibilterra.
È qui che la Commissione europea vuole la fonte del Corridoio Mediterraneo. Palazzine bianche in una conca, un porto dai ritmi frenetici, povertà magrebina, disoccupazione al quaranta per cento.
I migranti marocchini si concentrano a Algeciras per essere vicini alle famiglie: "Se il lavoro va male torno prima e spendo meno", racconta Said Muhammad, titolare di un'agenzia di viaggi. Non ha mai sentito parlare di alta velocità.
Don Carlos Fenoy, invece, presidente della Camera di commercio locale è fra i più convinti sostenitori dell'utilità del Corridoio, solo che lo intende in una maniera per noi italiani sorprendente: "Alta velocità per le merci? Lei è matto! Il consumo energetico e l'usura dei carri oltre gli 80 chilometri orari aumentano esponenzialmente i costi. E poi treni veloci e nodi inadeguati significano intasamenti nell'ultimo chilometro: pensi a una grande autostrada con piccoli caselli".
La Spagna del resto sta riducendo drasticamente gli investimenti infrastrutturali: 5.400 milioni di euro in meno rispetto al 2001 (meno 36 per cento e meno 55,6 per cento per il porto di Algeciras). Non solo: molta parte dei finanziamenti è destinata ad alimentare la rete autostradale, non le ferrovie. Eppure, nonostante i tagli, l'alta velocità passeggeri da Algeciras a Bobadilla (raccordo Tav verso Madrid) si farà. E si farà grazie a una soluzione sorprendente.
Per scoprirla dobbiamo raggiungere Ronda attraversando un labirinto di alture, forre, aranceti in verticale, voli di aguila calvada, grida d'uccelli (ptuiit!). Un solo binario corre tra i boschi, su ogni traliccio un nido di cicogna, su ogni albero il parassita del vischio. Come potrà una linea ad alta velocità attraversare senza danni questa meraviglia?
Rafael Flores, responsabile del nodo ferroviario di Ronda, spiega: "Semplice. Per ottenere lo scartamento adatto ai treni veloci aggiungiamo una terza rotaia all'interno delle due guide sulla linea esistente: i treni lenti correranno sullo scartamento spagnolo, quelli veloci su quello internazionale".
Tutto su un solo binario? "Certo. Con un buon piano di movimento gli incroci si fanno nelle stazioni". Senza cemento, e senza investimenti colossali. È la scelta del ministro per lo Sviluppo Ana Pastor che, accantonando le previsioni a nove zeri d'epoca zapateriana, stanzia in tutto 1.240 milioni di euro per collegare con il "terzo filo" i porti di Tarragona, Castellon, Valencia e Alicante.
Cordoba, Barcellona, Lione. Ma ora, in attesa dell'alta velocità che verrà, per noi è tempo dell'alta velocità che già c'è, quella di cui la rete ferroviaria spagnola è dotata da oltre quindici anni. Ci imbarchiamo così a Cordoba, su un supertreno che gioca all'aereo tra controlli da aeroporto (dopo le stragi di Atocha si può capire) e simulazione d'atterraggio (una voce suadente raccomanda di restare seduti attendendo l'arresto completo del convoglio). Fino a Madrid sono 400 chilometri in un quasi lampo (a prezzi non proprio popolari, 68,9 euro in seconda). Quindi "voliamo" attraverso Barcellona, il confine mediterraneo con la Francia, Perpignan, gli stagni del sud, Montpellier, Lione: niente ci può rallentare, salvo un suicida che inchioda il treno per due ore alle porte della città.
È qui che inizia la storia a noi più nota e controversa. Storia di molte lotte e pochi scavi, tutti comunque sul lato francese: tre tunnel esplorativi paralleli al tracciato che dovrebbe collegare St. Jean de Maurienne a Venaus in val Susa.
In Italia niente: a Chiomonte si combatte intorno a uno steccato perché, in mancanza di progetto esecutivo, non si può scavare nemmeno un centimetro cubo.
Poco sotto St. Jean, all'ingresso del terminal intermodale di Bourgneuf la Rochette, capolinea dell'Autostrada ferroviaria alpina che porta allo scalo italiano di Orbassano, alcuni Tir cisterna attendono il carico sui convogli: quattro al giorno. Pochi, e il progetto che aveva suscitato tante speranze al suo varo sette anni fa è sopravvissuto finora grazie a pesanti sovvenzioni pubbliche: circa 900 euro per ogni mezzo trasportato, oltre cento milioni di euro in contributi statali.
Michel Chaumatte, direttore dell'Afa, però è ottimista: "Il problema era la sagomatura delle gallerie di confine che permetteva solo il trasporto di cisterne, ma ora gli ammodernamenti al Frejus ci permetteranno di portare anche i Tir a sezione quadrata raddoppiando la capacità della linea". I lavori dovevano finire nel 2007, d'accordo, ma la storia del Corridoio è tutta così: i matematici conoscono la legge ricorsiva di Hofstadter - "Ci vuole sempre più tempo del previsto, anche se si tiene conto della legge ricorsiva di Hofstadter" - gli ingegneri e Bruxelles no.
Ma se l'Afa passa dal Frejus, il supertunnel della Torino-Lione a che serve?
Chaumatte: "Diminuendo la pendenza permette di risparmiare sui costi legati alla trazione". A patto di non andare veloci: "Diciamo che l'alta velocità è un vantaggio ma riguarda i passeggeri". Che però, come tutti sanno, sono diminuiti fino a spingere le ferrovie italiane e francesi a sopprimere il collegamento.
Stessa sorte delle merci, per altro: meno 30 per cento di traffico nel decennio scorso, con un ritorno ai volumi del 1993.
Anche i calcoli finanziari stridono: il costo delle opere previsto per il prossimo decennio sull'intera rete europea "Ten-T" si aggira sui 500 miliardi, la Commissione europea propone uno stanziamento di 31,7.
Il resto a carico dei singoli stati e della loro capacità di attrarre investitori privati. Ma se nel decennio scorso i miliardi investiti dalla Ue sono stati solo otto è quantomeno ottimistico pensare che in tempi di crisi Bruxelles autorizzi finanziamenti quadruplicati.
E anche se così fosse al Corridoio Mediterraneo (una sola fra le dieci direttrici prioritarie) spetterebbe al massimo il dieci per cento di quella somma, poco più di tre miliardi.
E volendone stanziare il dieci per cento alla Lione-Torino si arriva alla cifra di 300 milioni da spartire tra Italia e Francia a fronte di una spesa prevista di 17 miliardi. Possiamo permettercelo?
"In effetti - commenta un esponente di Confindustria Piemonte - i vantaggi veri sono solo sulla prospettiva occupazionale locale e a breve: la Torino-Lione in realtà è un caso Jimby: Just in my backyard!".
Il confine "caldo" tra Francia e Italia. Quassù, sui valichi che uniscono la Maurienne alla val Susa, rimbomba ancora l'eco delle liti e delle battaglie, e lo slogan dei No Tav - "Sarà durà" - fronteggia convinzioni di segno opposto: "L'Europa è pronta, manchiamo solo noi". Il vento disegna un labirinto dove ci si può perdere fra voci di rabbia, violenze, ma anche grandi previsioni disattese e promesse a lunghissima scadenza (opere che andranno in esercizio fra il 2030 e il 2050). Ottimismo, mal di montagna, grida di uccelli. Ptuiiit.
Quasi con sollievo procediamo oltre, su piccole, sporche, lente carrozze locali, verso le colline e poi la piana torinese. Per imbatterci però in un grosso guaio a valle, dove il tratto nazionale della Lione-Torino, che devia sotto la collina morenica di Rivoli verso l'interporto di Orbassano per poi riconnettersi alla Tav per Milano attraverso la "gronda nord", semplicemente "non si farà mai".
Ce lo assicura un ingegnere della commissione regionale per la valutazione di impatto ambientale: "Il progetto prevede un interramento a quaranta metri di profondità. Il tunnel si infila né più né meno che nella falda idropotabile della città. Attenzione, non in quella irrigua: proprio nell'acqua che va nelle case dei torinesi. Impensabile e illegale".
Alta velocità da bere, argomento da approfondire. Non ora, però, non qui.
Veniamo trascinati a più di 300 chilometri orari verso Milano, dove ci intasiamo secondo il modello dello spagnolo Fenoy, per correre ancora un po' - poco - fino a Treviglio: attraverseremo la pianura padana a passo di tradizione.
Stranamente, nel tratto geologicamente meno problematico, da Brescia a Padova, l'alta velocità si farà attendere ancora molto: il progetto è in fase preliminare e Rfi (Rete ferroviaria italiana) nega il proprio contributo, anche se il tratto padano doveva essere completato entro il 2010.
Dal 2008 è pronto, però, un segmento di 28 chilometri tra Padova e Mestre, ma non fai in tempo ad aprire la falcata che sei di nuovo in una palude, fra Venezia e Trieste. Qui, per non perdere i soliti fondi spesi in studi di progettazione, a dicembre 2010 fu presentato in fretta e furia un progetto preliminare purchessia: era la "Tav balneare", che doveva portare bagnanti alle spiagge della "grande Jesolo", poi bucare le friabili doline del Carso, sfiorare Monfalcone dove Unicredit intendeva finanziare la triplicazione del porto, superare Trieste in galleria ed entrare in Slovenia.
Ma poi l'amministratore delegato di Rfi, Moretti, fece notare che la Tav serve le grandi città e non gli jesolotti, i sindaci locali documentarono il disastro ambientale in vista, la città di Trieste rifiutò l'interramento: una Caporetto.
In viaggio verso Lubiana. Lasciamo così Trieste al suo destino e ci imbarchiamo mestamente in corriera verso il porto di Koper e lo snodo di Divaca che nessuna ferrovia collegherà mai all'Italia.
Perché è qui, sul Quarnaro, che si apre la ferita mortale all'idea platonica di Corridoio.
L'ultimo treno dall'Italia verso Lubiana è partito nel dicembre 2011.
Dispetti, priorità, ripicche e rappresaglie: fra i litigi italo-sloveni, le piume nazionaliste che si gonfiano sul petto del governo ungherese, la distrazione ucraina in vista degli Europei di calcio, questa diventa ora la storia del nostro viaggio.
Sono in molti oggi a pensare che il Corridoio più redditizio non sia sull'asse est-ovest ma su quello Baltico-adriatico che unisce il Mediterraneo alle grandi economie dell'Europa centrale e settentrionale.
Il progetto europeo ne prevede lo sbocco sui nostri porti friulani, veneti e di Ravenna. La richiesta slovena di una bretella che vi agganciasse Koper è stata rigettata su insistenza del governo italiano, sotto la pressione del governatore veneto Zaia. Rappresaglia da Lubiana: nessun collegamento fra Trieste e i mercati orientali. Le merci dirette a est possono usare il porto di Koper e il nodo di Divaca.
Facciamo quindi visita ai vagoni arrugginiti di Divaca, scavalchiamo Lubiana e poi tappa a Maribor prima di inoltrarci fra le colline ungheresi, in un dedalo di stradine che portano agli snodi "cruciali" (in prospettiva Ten-T) di Zalalovo e Boba: chioschi persi nel paesaggio rurale.
Anche qui come nel sud della Spagna l'aria appartiene alle cicogne, le chiome degli alberi alle palle di vischio. Anche qui si parla di trasporto su gomma: "La nostra priorità - dichiara un portavoce del ministero dei Trasporti - non è la ferrovia: i finanziamenti Ue andranno sulle autostrade, in primo luogo il raccordo anulare della capitale e il collegamento fra Miskolc e il confine ucraino". È un'interpretazione legittima: il Corridoio, nelle intenzioni, è un sistema intermodale che prevede grandi investimenti sull'asfalto, con buona pace di chi ama l'argomento del trasferimento su rotaia. E poi anche qui interessa molto di più il collegamento con il nord, Austria via Gyor, che non con noi.
Il profondo est. Ma lasciamo anche questo tema alle analisi logistiche, il nostro compito è sfiorare le facciate elegantemente asburgiche, i caffè e i tram colorati di Miskolc, pazientare in coda alla frontiera dell'Unione e correre in Ucraina. Dopo Uzhgorod, la strada si raggomitola fra le valli dei Carpazi, villaggi di legno e foreste piene di mostri e leggende. Da qualche parte ci sarà pure un trenino, ogni tanto spunta una stazioncina, si intravede un binario, raramente un cavo per la trazione elettrica. Poi il paesaggio si apre alle piane galiziane, ecco le botteghe color cannella di Drohobycz e le memorie dello sterminio che ha cancellato la civiltà degli shtetl askhenaziti, la cultura chassidica che ha influenzato metà del Novecento letterario europeo e americano.
Raggiungiamo una delle città più belle d'Europa. Leopoli, fasto imperiale, nido di spie, capitale yiddish. Oggi duecentomila pendolari ogni giorno e un'elegante stazione. Mancano meno di 600 chilometri a Kiev, ma servono 15 ore, e si viaggia di notte. In terza classe i letti sono incolonnati a tre a tre a vista, in cima alla carrozza c'è una stufa con fuoco a legna e un capovagone dal cappello rigido offre il tè in bicchieri con supporto in metallo lavorato (da restituire, purtroppo). La notte è un mercato, si può mangiare insieme, fare affari, chiacchierare. Come all'altro capo d'Europa, nessuno ha mai sentito parlare di corridoi, e poi c'erano gli stadi da fare e qui non c'è un'Unione che finanzia, insomma a poco a poco arriva il sonno. Ci si sveglia a Kiev, stupiti, stropicciati: la stazione alterna il moderno allo stile imperiale russo, l'orizzonte è abolito da barriere di torri a trenta piani che disegnano il futuro cementizio delle metropoli europee, ma i treni a motore, antiquati e colorati, percorrono tratte i cui soli nomi bastano a sognare: Chisinau-Pietroburgo, Odessa-Novgorod, Volgograd-Danzica. La nostra missione è compiuta, possiamo tornare indietro dopo 3.200 chilometri percorsi lungo un corridoio che non c'è. Occhi e memoria ingolfati da frammenti di immagini sfiorate più o meno in corsa. Nelle orecchie grida d'uccelli: ptuiit.
12 maggio 2012 Lisbona e Kiev
C'era una volta l'Alta velocità europea. Un sogno nato negli anni '90: unire i due estremi del continente con una grande rete di treni veloci. Quasi vent'anni dopo, il progetto stenta a decollare e deve fare i conti con la crisi e alcune defezioni. Viaggio sulla linea che (ancora) non c'è tra Lisbona e Kiev
REPORTAGE dal nostro inviato LUCA RASTELLO
Da Lisbona a Kiev, sognando l'Alta velocità
Viaggio nell'Europa che aspetta la Tav
Doveva, in teoria, unire l'oceano Atlantico con l'ultimo avamposto prima della Federazione Russa. Ma il grande progetto concepito negli anni '90, una linea ferroviaria che collegasse il Portogallo con l'Ucraina, oggi esce ridimensionato da crisi economica e contestazioni.
Abbandonato il "Corridoio 5", il nuovo tracciato porta ora il nome di "Corridoio mediterraneo", con un nuovo via dalla piccola Algeciras, in Andalusia, al posto della capitale lusitana, che ha dato forfait pochi mesi fa.
Intanto anche l'Ucraina sembra sfilarsi, e l'ultima tappa certa potrebbe diventare la più piccola e semisconosciuta Miskolc LISBONA - Santa Apollonia è la stazione principale. Due binari per convogli suburbani, un treno per Bilbao, una tettoia di ferro e vetro affumicato, aria dall'oceano e dal Tago.
Lisbona se ne sta sospesa fra un passato nostalgico d'impero e un futuro internazionale che non verrà più, qualche vezzo liberty e il rimpianto per la promessa - tradita - di diventare la sorgente del mitico "Corridoio 5", l'asse Lisbona-Kiev che doveva unire l'Europa dall'Atlantico alle steppe con il miracolo delle grandi opere e dell'alta velocità e che invece perde le ali e anche pezzi del suo ventre e del suo cuore.
Quinto pilastro di un sontuoso progetto di viabilità europea stabilito nelle conferenze di Creta e Helsinki a metà degli anni Novanta, oggi quel corridoio, spesso nominato (soprattutto a proposito di un suo piccolo tratto, quello tra Torino e Lione) ma mai percorso per intero, rimane sostanzialmente un mistero. Nella sua articolazione, nella sua utilità, nelle prospettive.
E il mistero comincia proprio dalla testa. Il 21 marzo scorso il governo portoghese ha annunciato l'abbandono di ogni progetto di alta velocità. Una decisione accolta con flemma: oplà, il Portogallo non c'è più.
Del resto, lo vedremo, anche l'Ucraina non si sa bene dove sia andata a finire. Resta in piedi però il sogno di un'Europa unita da una rete di infrastrutture viarie, ma nella forma di una ragnatela di tratti a media percorrenza stesa su tutto il continente e chiamata "Ten-T". Quanto al Corridoio 5, ridimensionato, viene oggi ribattezzato Corridoio Mediterraneo.
Il nuovo tracciato. Lasciamoci alle spalle Santa Apollonia, dunque, e anche l'ambizioso complesso della Stazione del Mare (un solo treno al giorno per Madrid, undici ore, come dire che tanto vale andarci a piedi), ricordo dell'Expo del '98.
Non si va a Madrid, però: rotta a sud. E non in treno, in corriera, fra nuvole-batuffolo, colline, sorgenti africane, mulini (eolici). Sommerso il Portogallo, la penisola iberica torna a sdraiarsi dove l'aveva immaginata Strabone, che qui collocò le porte dell'oltretomba: siamo ad Algeciras, di fronte al Marocco, un tiro di lancia da Gibilterra.
È qui che la Commissione europea vuole la fonte del Corridoio Mediterraneo. Palazzine bianche in una conca, un porto dai ritmi frenetici, povertà magrebina, disoccupazione al quaranta per cento.
I migranti marocchini si concentrano a Algeciras per essere vicini alle famiglie: "Se il lavoro va male torno prima e spendo meno", racconta Said Muhammad, titolare di un'agenzia di viaggi. Non ha mai sentito parlare di alta velocità.
Don Carlos Fenoy, invece, presidente della Camera di commercio locale è fra i più convinti sostenitori dell'utilità del Corridoio, solo che lo intende in una maniera per noi italiani sorprendente: "Alta velocità per le merci? Lei è matto! Il consumo energetico e l'usura dei carri oltre gli 80 chilometri orari aumentano esponenzialmente i costi. E poi treni veloci e nodi inadeguati significano intasamenti nell'ultimo chilometro: pensi a una grande autostrada con piccoli caselli".
La Spagna del resto sta riducendo drasticamente gli investimenti infrastrutturali: 5.400 milioni di euro in meno rispetto al 2001 (meno 36 per cento e meno 55,6 per cento per il porto di Algeciras). Non solo: molta parte dei finanziamenti è destinata ad alimentare la rete autostradale, non le ferrovie. Eppure, nonostante i tagli, l'alta velocità passeggeri da Algeciras a Bobadilla (raccordo Tav verso Madrid) si farà. E si farà grazie a una soluzione sorprendente.
Per scoprirla dobbiamo raggiungere Ronda attraversando un labirinto di alture, forre, aranceti in verticale, voli di aguila calvada, grida d'uccelli (ptuiit!). Un solo binario corre tra i boschi, su ogni traliccio un nido di cicogna, su ogni albero il parassita del vischio. Come potrà una linea ad alta velocità attraversare senza danni questa meraviglia?
Rafael Flores, responsabile del nodo ferroviario di Ronda, spiega: "Semplice. Per ottenere lo scartamento adatto ai treni veloci aggiungiamo una terza rotaia all'interno delle due guide sulla linea esistente: i treni lenti correranno sullo scartamento spagnolo, quelli veloci su quello internazionale".
Tutto su un solo binario? "Certo. Con un buon piano di movimento gli incroci si fanno nelle stazioni". Senza cemento, e senza investimenti colossali. È la scelta del ministro per lo Sviluppo Ana Pastor che, accantonando le previsioni a nove zeri d'epoca zapateriana, stanzia in tutto 1.240 milioni di euro per collegare con il "terzo filo" i porti di Tarragona, Castellon, Valencia e Alicante.
Cordoba, Barcellona, Lione. Ma ora, in attesa dell'alta velocità che verrà, per noi è tempo dell'alta velocità che già c'è, quella di cui la rete ferroviaria spagnola è dotata da oltre quindici anni. Ci imbarchiamo così a Cordoba, su un supertreno che gioca all'aereo tra controlli da aeroporto (dopo le stragi di Atocha si può capire) e simulazione d'atterraggio (una voce suadente raccomanda di restare seduti attendendo l'arresto completo del convoglio). Fino a Madrid sono 400 chilometri in un quasi lampo (a prezzi non proprio popolari, 68,9 euro in seconda). Quindi "voliamo" attraverso Barcellona, il confine mediterraneo con la Francia, Perpignan, gli stagni del sud, Montpellier, Lione: niente ci può rallentare, salvo un suicida che inchioda il treno per due ore alle porte della città.
È qui che inizia la storia a noi più nota e controversa. Storia di molte lotte e pochi scavi, tutti comunque sul lato francese: tre tunnel esplorativi paralleli al tracciato che dovrebbe collegare St. Jean de Maurienne a Venaus in val Susa.
In Italia niente: a Chiomonte si combatte intorno a uno steccato perché, in mancanza di progetto esecutivo, non si può scavare nemmeno un centimetro cubo.
Poco sotto St. Jean, all'ingresso del terminal intermodale di Bourgneuf la Rochette, capolinea dell'Autostrada ferroviaria alpina che porta allo scalo italiano di Orbassano, alcuni Tir cisterna attendono il carico sui convogli: quattro al giorno. Pochi, e il progetto che aveva suscitato tante speranze al suo varo sette anni fa è sopravvissuto finora grazie a pesanti sovvenzioni pubbliche: circa 900 euro per ogni mezzo trasportato, oltre cento milioni di euro in contributi statali.
Michel Chaumatte, direttore dell'Afa, però è ottimista: "Il problema era la sagomatura delle gallerie di confine che permetteva solo il trasporto di cisterne, ma ora gli ammodernamenti al Frejus ci permetteranno di portare anche i Tir a sezione quadrata raddoppiando la capacità della linea". I lavori dovevano finire nel 2007, d'accordo, ma la storia del Corridoio è tutta così: i matematici conoscono la legge ricorsiva di Hofstadter - "Ci vuole sempre più tempo del previsto, anche se si tiene conto della legge ricorsiva di Hofstadter" - gli ingegneri e Bruxelles no.
Ma se l'Afa passa dal Frejus, il supertunnel della Torino-Lione a che serve?
Chaumatte: "Diminuendo la pendenza permette di risparmiare sui costi legati alla trazione". A patto di non andare veloci: "Diciamo che l'alta velocità è un vantaggio ma riguarda i passeggeri". Che però, come tutti sanno, sono diminuiti fino a spingere le ferrovie italiane e francesi a sopprimere il collegamento.
Stessa sorte delle merci, per altro: meno 30 per cento di traffico nel decennio scorso, con un ritorno ai volumi del 1993.
Anche i calcoli finanziari stridono: il costo delle opere previsto per il prossimo decennio sull'intera rete europea "Ten-T" si aggira sui 500 miliardi, la Commissione europea propone uno stanziamento di 31,7.
Il resto a carico dei singoli stati e della loro capacità di attrarre investitori privati. Ma se nel decennio scorso i miliardi investiti dalla Ue sono stati solo otto è quantomeno ottimistico pensare che in tempi di crisi Bruxelles autorizzi finanziamenti quadruplicati.
E anche se così fosse al Corridoio Mediterraneo (una sola fra le dieci direttrici prioritarie) spetterebbe al massimo il dieci per cento di quella somma, poco più di tre miliardi.
E volendone stanziare il dieci per cento alla Lione-Torino si arriva alla cifra di 300 milioni da spartire tra Italia e Francia a fronte di una spesa prevista di 17 miliardi. Possiamo permettercelo?
"In effetti - commenta un esponente di Confindustria Piemonte - i vantaggi veri sono solo sulla prospettiva occupazionale locale e a breve: la Torino-Lione in realtà è un caso Jimby: Just in my backyard!".
Il confine "caldo" tra Francia e Italia. Quassù, sui valichi che uniscono la Maurienne alla val Susa, rimbomba ancora l'eco delle liti e delle battaglie, e lo slogan dei No Tav - "Sarà durà" - fronteggia convinzioni di segno opposto: "L'Europa è pronta, manchiamo solo noi". Il vento disegna un labirinto dove ci si può perdere fra voci di rabbia, violenze, ma anche grandi previsioni disattese e promesse a lunghissima scadenza (opere che andranno in esercizio fra il 2030 e il 2050). Ottimismo, mal di montagna, grida di uccelli. Ptuiiit.
Quasi con sollievo procediamo oltre, su piccole, sporche, lente carrozze locali, verso le colline e poi la piana torinese. Per imbatterci però in un grosso guaio a valle, dove il tratto nazionale della Lione-Torino, che devia sotto la collina morenica di Rivoli verso l'interporto di Orbassano per poi riconnettersi alla Tav per Milano attraverso la "gronda nord", semplicemente "non si farà mai".
Ce lo assicura un ingegnere della commissione regionale per la valutazione di impatto ambientale: "Il progetto prevede un interramento a quaranta metri di profondità. Il tunnel si infila né più né meno che nella falda idropotabile della città. Attenzione, non in quella irrigua: proprio nell'acqua che va nelle case dei torinesi. Impensabile e illegale".
Alta velocità da bere, argomento da approfondire. Non ora, però, non qui.
Veniamo trascinati a più di 300 chilometri orari verso Milano, dove ci intasiamo secondo il modello dello spagnolo Fenoy, per correre ancora un po' - poco - fino a Treviglio: attraverseremo la pianura padana a passo di tradizione.
Stranamente, nel tratto geologicamente meno problematico, da Brescia a Padova, l'alta velocità si farà attendere ancora molto: il progetto è in fase preliminare e Rfi (Rete ferroviaria italiana) nega il proprio contributo, anche se il tratto padano doveva essere completato entro il 2010.
Dal 2008 è pronto, però, un segmento di 28 chilometri tra Padova e Mestre, ma non fai in tempo ad aprire la falcata che sei di nuovo in una palude, fra Venezia e Trieste. Qui, per non perdere i soliti fondi spesi in studi di progettazione, a dicembre 2010 fu presentato in fretta e furia un progetto preliminare purchessia: era la "Tav balneare", che doveva portare bagnanti alle spiagge della "grande Jesolo", poi bucare le friabili doline del Carso, sfiorare Monfalcone dove Unicredit intendeva finanziare la triplicazione del porto, superare Trieste in galleria ed entrare in Slovenia.
Ma poi l'amministratore delegato di Rfi, Moretti, fece notare che la Tav serve le grandi città e non gli jesolotti, i sindaci locali documentarono il disastro ambientale in vista, la città di Trieste rifiutò l'interramento: una Caporetto.
In viaggio verso Lubiana. Lasciamo così Trieste al suo destino e ci imbarchiamo mestamente in corriera verso il porto di Koper e lo snodo di Divaca che nessuna ferrovia collegherà mai all'Italia.
Perché è qui, sul Quarnaro, che si apre la ferita mortale all'idea platonica di Corridoio.
L'ultimo treno dall'Italia verso Lubiana è partito nel dicembre 2011.
Dispetti, priorità, ripicche e rappresaglie: fra i litigi italo-sloveni, le piume nazionaliste che si gonfiano sul petto del governo ungherese, la distrazione ucraina in vista degli Europei di calcio, questa diventa ora la storia del nostro viaggio.
Sono in molti oggi a pensare che il Corridoio più redditizio non sia sull'asse est-ovest ma su quello Baltico-adriatico che unisce il Mediterraneo alle grandi economie dell'Europa centrale e settentrionale.
Il progetto europeo ne prevede lo sbocco sui nostri porti friulani, veneti e di Ravenna. La richiesta slovena di una bretella che vi agganciasse Koper è stata rigettata su insistenza del governo italiano, sotto la pressione del governatore veneto Zaia. Rappresaglia da Lubiana: nessun collegamento fra Trieste e i mercati orientali. Le merci dirette a est possono usare il porto di Koper e il nodo di Divaca.
Facciamo quindi visita ai vagoni arrugginiti di Divaca, scavalchiamo Lubiana e poi tappa a Maribor prima di inoltrarci fra le colline ungheresi, in un dedalo di stradine che portano agli snodi "cruciali" (in prospettiva Ten-T) di Zalalovo e Boba: chioschi persi nel paesaggio rurale.
Anche qui come nel sud della Spagna l'aria appartiene alle cicogne, le chiome degli alberi alle palle di vischio. Anche qui si parla di trasporto su gomma: "La nostra priorità - dichiara un portavoce del ministero dei Trasporti - non è la ferrovia: i finanziamenti Ue andranno sulle autostrade, in primo luogo il raccordo anulare della capitale e il collegamento fra Miskolc e il confine ucraino". È un'interpretazione legittima: il Corridoio, nelle intenzioni, è un sistema intermodale che prevede grandi investimenti sull'asfalto, con buona pace di chi ama l'argomento del trasferimento su rotaia. E poi anche qui interessa molto di più il collegamento con il nord, Austria via Gyor, che non con noi.
Il profondo est. Ma lasciamo anche questo tema alle analisi logistiche, il nostro compito è sfiorare le facciate elegantemente asburgiche, i caffè e i tram colorati di Miskolc, pazientare in coda alla frontiera dell'Unione e correre in Ucraina. Dopo Uzhgorod, la strada si raggomitola fra le valli dei Carpazi, villaggi di legno e foreste piene di mostri e leggende. Da qualche parte ci sarà pure un trenino, ogni tanto spunta una stazioncina, si intravede un binario, raramente un cavo per la trazione elettrica. Poi il paesaggio si apre alle piane galiziane, ecco le botteghe color cannella di Drohobycz e le memorie dello sterminio che ha cancellato la civiltà degli shtetl askhenaziti, la cultura chassidica che ha influenzato metà del Novecento letterario europeo e americano.
Raggiungiamo una delle città più belle d'Europa. Leopoli, fasto imperiale, nido di spie, capitale yiddish. Oggi duecentomila pendolari ogni giorno e un'elegante stazione. Mancano meno di 600 chilometri a Kiev, ma servono 15 ore, e si viaggia di notte. In terza classe i letti sono incolonnati a tre a tre a vista, in cima alla carrozza c'è una stufa con fuoco a legna e un capovagone dal cappello rigido offre il tè in bicchieri con supporto in metallo lavorato (da restituire, purtroppo). La notte è un mercato, si può mangiare insieme, fare affari, chiacchierare. Come all'altro capo d'Europa, nessuno ha mai sentito parlare di corridoi, e poi c'erano gli stadi da fare e qui non c'è un'Unione che finanzia, insomma a poco a poco arriva il sonno. Ci si sveglia a Kiev, stupiti, stropicciati: la stazione alterna il moderno allo stile imperiale russo, l'orizzonte è abolito da barriere di torri a trenta piani che disegnano il futuro cementizio delle metropoli europee, ma i treni a motore, antiquati e colorati, percorrono tratte i cui soli nomi bastano a sognare: Chisinau-Pietroburgo, Odessa-Novgorod, Volgograd-Danzica. La nostra missione è compiuta, possiamo tornare indietro dopo 3.200 chilometri percorsi lungo un corridoio che non c'è. Occhi e memoria ingolfati da frammenti di immagini sfiorate più o meno in corsa. Nelle orecchie grida d'uccelli: ptuiit.
12 maggio 2012 Lisbona e Kiev
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
LE FOTO
Il pacchetto di caffè in giro per l'Europa
Così viaggeranno le merci ad Alta Velocità
Come ne " Il Favoloso mondo di Amelie", abbiamo seguito il viaggio di un'ipotetica confezione da Lisbona a Kiev, lungo la rotta - ormai abbandonata - dell'ex corrodoio 5. Un viaggio tra Spagna, Francia, Italia,Slovenia, Ungheria
http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 51807/1/#1
Il pacchetto di caffè in giro per l'Europa
Così viaggeranno le merci ad Alta Velocità
Come ne " Il Favoloso mondo di Amelie", abbiamo seguito il viaggio di un'ipotetica confezione da Lisbona a Kiev, lungo la rotta - ormai abbandonata - dell'ex corrodoio 5. Un viaggio tra Spagna, Francia, Italia,Slovenia, Ungheria
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
Questa inchiesta sul Corridoio 5 è stata presentata da La Repubblica, uno dei quotidiani che attraverso il fondatore e una parte della redazione si è schierato dalla parte SI TAV.
In democrazia vale la regola: “Conoscere per deliberare”.
Ma allora ci chiediamo:
“Quanto ne sanno il Primo ministro e il ministro Dell’interno, quando mesi addietro il problema TAV si è ripresentato e si sono schierati con determinazione per la realizzazione di qualcosa che fa venire tantissimi sospetti?”
E perché il Pd e il suo segretario e buona parte degli esponenti del partito si sono dichiarati ferventi SI TAV?
Roberto Saviano, sempre su Repubblica ha precisato che il sistema TAV è attualmente l’affare più interessante per la mafia.
Dovremmo scomodare forse il detto di Andreotti?
Quando ci si mette quel puntiglioso di Travaglio, va a scovare tutti i documenti possibili ed immaginabili. In questo momento, in base ai dati dei documenti consultati è schierato con i NO TAV, non perché sia un rosso pericoloso, ma perché ragiona individualmente sui documenti.
In democrazia vale la regola: “Conoscere per deliberare”.
Ma allora ci chiediamo:
“Quanto ne sanno il Primo ministro e il ministro Dell’interno, quando mesi addietro il problema TAV si è ripresentato e si sono schierati con determinazione per la realizzazione di qualcosa che fa venire tantissimi sospetti?”
E perché il Pd e il suo segretario e buona parte degli esponenti del partito si sono dichiarati ferventi SI TAV?
Roberto Saviano, sempre su Repubblica ha precisato che il sistema TAV è attualmente l’affare più interessante per la mafia.
Dovremmo scomodare forse il detto di Andreotti?
Quando ci si mette quel puntiglioso di Travaglio, va a scovare tutti i documenti possibili ed immaginabili. In questo momento, in base ai dati dei documenti consultati è schierato con i NO TAV, non perché sia un rosso pericoloso, ma perché ragiona individualmente sui documenti.
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Re: Tav: il Portogallo abbandona l’alta velocità con la Spag
I due tracciati a confronto
Con le defezioni di Portogallo e Ucraina il progetto originario del Corridoio 5 potrebbe cambiare percorso e denominazione. Il nuovo "Corridoio Mediterraneo" vedrebbe un nuovo punto di partenza, la spagnola Algerciras, e due differenti direttrici iniziali. Una per i passeggeri attraverso Ronda, Cordoba e Madrid, l'altra per le merci, via Alicante e Valencia. Le varianti si ricongiungerebbero a Barcellona al tracciato originario, rimasto immutato fino a Miskolc, in Ungheria, dove la nuova linea ad Alta velocità dovrebbe concludere il suo corso.
http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 4850474%2F
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Con la Spagna che sta per saltare è credibile il nuovo percorso?
Con le defezioni di Portogallo e Ucraina il progetto originario del Corridoio 5 potrebbe cambiare percorso e denominazione. Il nuovo "Corridoio Mediterraneo" vedrebbe un nuovo punto di partenza, la spagnola Algerciras, e due differenti direttrici iniziali. Una per i passeggeri attraverso Ronda, Cordoba e Madrid, l'altra per le merci, via Alicante e Valencia. Le varianti si ricongiungerebbero a Barcellona al tracciato originario, rimasto immutato fino a Miskolc, in Ungheria, dove la nuova linea ad Alta velocità dovrebbe concludere il suo corso.
http://inchieste.repubblica.it/it/repub ... 4850474%2F
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Con la Spagna che sta per saltare è credibile il nuovo percorso?
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