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camillobenso
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Re: L'analisi

Messaggio da camillobenso »

Monti da dimenticare e ammazza Fli e Udc

(Caterina Perniconi).
26/02/2013 di triskel182


Il sorriso è quello di chi cerca un premio di consolazione: “A b b i amo ottenuto un risultato soddisfacente, tre milioni di persone hanno votato per noi”, dice Mario Monti a tarda sera, quando raggiunge il comitato elettorale al terzo piano di un edificio storico del centro di Roma, proprio davanti a Palazzo Chigi. “Ci stimavano un po’ più alti”, ammette. E anche lui ci sperava. CONVINCERLO a parlare è stata un’impresa difficile per i suoi. Il leader di Scelta civica è rimasto chiuso per tutto il giorno nel suo appartamento da premier, godendoselo per quelle che potrebbero essere le ultime ore. Mentre nelle stanze di fronte non c’è mai stata aria di festa. Il portavoce nazionale della lista, Lelio Alfonso, è l’addetto a mantenere un basso profilo in diretta tv. Andrea Romano, candidato alla Camera in Toscana, fa training autogeno: porta con sé il libro “Keep calm and carry on, good advice for hard times”, mantieni la calma e vai avanti, consigli per i tempi duri. Potrebbe averne bisogno. Dice che “il problema è la legge elettorale”. Lo ribadisce anche Monti la sera: “Non esiste Paese in cui sia così marcata la sproporzione tra il risultato elettorale e la realtà per colpa di una legge che ha avuto nella letteratura e nella prassi il nome che simerita”. Una stoccata al Partito democratico. Infatti la “salita” in politica del Professore con il Porcellum è valsa solo un pugno di parlamentari. Nella lotta per la sopravvivenza il presidente del Consiglio si è rivelato un cannibale che non ha esitato un momento a fagocitare i suoi compagni di viaggio (Fli e Udc) per salvare la pelle. C’è riuscito, ma ha pagato un prezzo troppo alto per non arrivare nemmeno all’obiet – tivo che si era prefissato in partenza: diventare l’ago della bilancia di una futura maggioranza di governo. Non è più l’uomo della “Provviden – za europea” e dietro di lui c’è lo spettro del “rospo”, Lamberto Dini, dalla Banca d’Italia al governo e poi in disgrazia, oscillante tra centrodestra e centrosinistra. IL DIECI PER CENTO a Montecitorio (45 deputati) e il nove per cento a Palazzo Madama (una ventina di senatori) non bastano a proporsi come “terza gamba” di una qualsivoglia maggioranza. La speranza cede il passo alla realtà. Niente premiership (a meno di una grande coalizione), niente ministero dell’Economia, un miraggio il Quirinale. “Ora un governo va garantito, serve la massima trasparenza tra forze politiche e responsabilità in un momento molto grave”, dice Monti, senza rivelare il piano che ha in mente. Per non farlo apparire come uno degli sconfitti, nel tardo pomeriggio Enrico Bondi, Andrea Riccardi e Mario Sechi attraversano la strada e lo convincono a parlare con i giornalisti. Difficile non definirlo deluso. “Non è vero, abbiamo preso il 100% in più delle scorse elezioni, non possiamo considerarla una sconfitta” ribattono i suoi al rientro dalla riunione a Palazzo Chigi, accanendosi sulle vittime di questa tornata elettorale: Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, che hanno perso quasi tutto. “Per quanto ci riguarda è impossibile nascondere un risultato totalmente negativo ed è inutile recriminare – dichiara il presidente della Camera, senza nascondere il tremendo flop – per l’Italia temo che il peggio debba ancora venire”. Per lui invece è già arrivato, è fuori dal Parlamento. Casini entra grazie a un posto da capolista in Basilicata dove la lista raggiunge l’8,33% ma l’Udc non tocca il 2% alla Camera dove può sperare solo in qualche seggio residuale. “Abbiamo avuto un risultato dignitoso ma al di sotto delle aspettative, abbiamo fatto i donatori di sangue” dice Casini. Vittime del cannibale, a cui però non basta lo scalpo degli alleati per realizzare il suo sogno: non traslocare.

Da Il Fatto Quotidiano del 26/02/2013.
peanuts
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Re: L'analisi

Messaggio da peanuts »

La fregnero che dice?
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
soloo42000
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Re: L'analisi

Messaggio da soloo42000 »

E Casini dove sta?
Lui e le sue proposte seeeeerie.

Dove stanno tutti loro, Ichino, Monti, coi loro attacchi vigliacchi a PD, SEL, CGIL?
Che mentre i cinesi ci si mangiano le aziende loro giocano alle vendette contro il sindacato?

Si sono rifugiati in Vaticano?


soloo42000
Amadeus

Re: L'analisi

Messaggio da Amadeus »

corriere.it
l'analisi di mennheimer
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Il Movimento 5 Stelle, con più di 8,5 milioni di voti, è apparso il vero dominatore delle elezioni. Grillo ha attratto voti da tutti i partiti: in misura simile da ex elettori Pdl e Pd, ma anche (circa il 20% degli attuali votanti per il M5S) da chi, alle precedenti Politiche del 2008, aveva deciso di astenersi ed è stato questa volta motivato dal comico genovese a partecipare. Ancora, una parte consistente (16%) dei suffragi per Grillo proviene dai giovanissimi che si sono recati alle urne per la prima volta.
Dall'altra parte, i valori assoluti mostrano la débacle della gran parte dei partiti tradizionali. Il Pdl ha subito, in confronto al 2008, l'erosione maggiore, perdendo più di 6 milioni di voti. Solo circa metà degli elettori di Berlusconi ha confermato la propria scelta di cinque anni fa: molti si sono rifugiati, come si è accennato, nel Movimento 5 Stelle, ma anche, in misura maggiore (24%), verso l'astensione che si è fortemente accresciuta. La campagna elettorale di Berlusconi è riuscita comunque a recuperare consensi per il suo partito, che era stimato attorno al 16% a dicembre ed è giunto a sfiorare il 22%. Ma ciò non ha compensato il declino che, peraltro, si era già manifestato quando nel 2009 si è votato per le Europee. È vero, dunque, che il Pdl è uscito dalle urne meglio di quanto si ipotizzasse qualche mese fa, ma è vero anche che deve far fronte alla forte perdita di sostegno tra gli elettori.
Anche il tradizionale alleato di Berlusconi, la Lega Nord, ha assistito a un crollo di suffragi: dai 3 milioni del 2008 si è passati a meno di metà, 1 milione e 400 mila voti. Ha pesato, naturalmente, la crisi interna del partito, sino alla messa in disparte di Bossi e all'ascesa di Maroni e la forte controversia sull'opportunità o meno di allearsi con il Pdl. L'erosione della Lega è ancora più evidente se si prendono in considerazione le regioni del Nord: in Lombardia il partito di Maroni ha perso quasi 600 mila voti; più di 500 mila nel Veneto e oltre 600 mila in Piemonte.

Un calo significativo è stato subito anche dall'altro grande partito presente sul nostro scenario politico: il Pd. Quest'ultimo poteva contare su circa 12,5 milioni di consensi nel 2008. Domenica e lunedì il partito di Bersani ha colto circa 8 milioni e 600 mila voti, con un decremento di quasi 4 milioni di consensi. Il Pd gode comunque di un tasso di riconferma dei suoi votanti alle Politiche precedenti (61%) maggiore del Pdl. Ma quasi il 16% del suo elettorato passato si è diretto verso Grillo. La campagna elettorale di Bersani non è valsa dunque a conquistare nuovi consensi né, peraltro, a mantenere tutti quelli passati. Anche nella zona che una volta veniva chiamata «rossa», ove il Pd è sempre stato più presente, il partito perde voti. In Emilia-Romagna ha lasciato, rispetto al 2008, quasi 300 mila voti. Altrettanto accade in Toscana. Nel Lazio l'erosione supera i 400 mila voti. E in Puglia è pari a 330 mila voti. Si va dunque erodendo anche la base tradizionale, non ultimo a causa di importanti mutamenti avvenuti nella stessa composizione socio-economica dell'elettorato italiano.

L'erosione del consenso del Pd ha avvantaggiato anche Sel, la forza alleata posizionata alla sua sinistra. Quest'ultima aveva ottenuto poco più di 500 mila voti nel 2008, salendo sino a quasi un milione nel 2009 e crescendo di altri 100 mila voti in questa occasione. Nell'insieme, Vendola è riuscito, in controtendenza con le altre forze politiche, a recuperare più di 500 mila voti negli ultimi cinque anni.
Rivoluzione Civile di Ingroia ha invece eroso in larga misura il patrimonio di consensi portatogli dall'Idv di Di Pietro. Quest'ultimo poteva contare nel 2008 su quasi 2 milioni e 200 mila voti, scesi oggi con Ingroia a meno di 800 mila.
Ancora, colpisce il vero e proprio crollo di consensi subito dall'Udc: dai 2 milioni di voti delle politiche del 2008, si è giunti a poco più di un quarto: 610 mila voti. Parte dei consensi passati dell'Udc si sono diretti verso la lista Monti che ha ottenuto, in queste elezioni, quasi 3 milioni di suffragi, sottratti, oltre che a Casini, a Pd e Pdl.

In conclusione, sommando le perdite complessive delle principali forze politiche, si rileva come almeno 16 milioni di elettori abbiano abbandonato i partiti votati cinque anni fa per dirigersi verso altri lidi. Segno del forte mutamento dello scenario elettorale (con l'ingresso di nuovi attori tra cui, specialmente, Grillo e Monti), ma anche, in qualche modo, dell'estendersi dell'insoddisfazione verso l'offerta politica tradizionale.

Renato Mannheimer
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