Personalmente non sto giudicando se il M5S stia facendo la cosa giusta o meno. Però è innegabile che Grillo difficilmente scende a patti con i partiti avendoli distrutti di critiche per mesiAmadeus ha scritto:Paolino glielo dici tu ai disoccupati di mangiare pane e protesta fino a data da destinarsi?
Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
Chiusura totale del M5S, i capigruppo hanno detto chiaramente che chi vota la fiducia (ricordiamoci che è per appello nominale) si mette fuori dal movimento.
In queste condizioni il tentativo di bersani è inutile.
Meglio rimettersi al PdR per un governo di scopo che faccia la legge elettorale e subito dopo si va a votare.
Ormai è chiaro che né grillo né casaleggio, né tantomeno l'esercito brancaleone così eterogeneo e per nulla preparato, non erano preparati a diventare una forza di governo.
Saluti
In queste condizioni il tentativo di bersani è inutile.
Meglio rimettersi al PdR per un governo di scopo che faccia la legge elettorale e subito dopo si va a votare.
Ormai è chiaro che né grillo né casaleggio, né tantomeno l'esercito brancaleone così eterogeneo e per nulla preparato, non erano preparati a diventare una forza di governo.
Saluti
Ultima modifica di Joblack il 11/03/2013, 17:59, modificato 1 volta in totale.
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‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
E' quello che dico io da giorni, infatti, al di là del giudizio che si possa dare sul comportamento di Grillo
Anche se attenzione, sicuri che alla fine non facciano il governissimo come in questi ultimi mesi?
Anche se attenzione, sicuri che alla fine non facciano il governissimo come in questi ultimi mesi?
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
Perchè non accettare la provocazione.
Se 5 Stelle vuole governare presenti la squadra dei ministri,
non avendo la maggioranza in nessuna delle due camere sarebbe in balia del PD, cioè si può fare tutto ciò che ha l'approvazione del PD.
Certo sarebbe bello vedere i punti deboli del PD.
Se 5 Stelle vuole governare presenti la squadra dei ministri,
non avendo la maggioranza in nessuna delle due camere sarebbe in balia del PD, cioè si può fare tutto ciò che ha l'approvazione del PD.
Certo sarebbe bello vedere i punti deboli del PD.
Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
"Gli 8 punti del pd sono acqua calda"
"Cari amici, anche io sarei favorevole a una intesa tra M5S e PD, ma devo riconoscere che gli 8 punti del PD sono acqua calda. Manca il tema della riduzione dei costi della politica, l'eliminazione del finanziamento pubblico dei partiti, le indennità parlamentari sproporzionate, i rimborsi elettorali anche a chi è stato sconfitto; poi c'è il problema delle spese enormi degli organi costituzionali : fa bene Grillo a non accettarli; sarebbe un suicidio."
Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione
"Cari amici, anche io sarei favorevole a una intesa tra M5S e PD, ma devo riconoscere che gli 8 punti del PD sono acqua calda. Manca il tema della riduzione dei costi della politica, l'eliminazione del finanziamento pubblico dei partiti, le indennità parlamentari sproporzionate, i rimborsi elettorali anche a chi è stato sconfitto; poi c'è il problema delle spese enormi degli organi costituzionali : fa bene Grillo a non accettarli; sarebbe un suicidio."
Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
« Obiettivi (Tauro).L’indegno sit-in di protesta del Pdl davanti al tribunale di Milano… »
Il M5S rinuncia ai rimborsi elettorali, Bersani forse. #BersaniFirmaQui (Beppe Grillo).
11/03/2013 di triskel182
https://www.youtube.com/watch?feature=p ... qG44-YkzPQ
Il MoVimento 5 Stelle rinuncia ai contributi pubblici, previsti dalle leggi in vigore, per le spese sostenute dai partiti e dai movimenti politici e non richiederà né i rimborsi per le spese elettorali, né i contributi per l’attività politica. Si tratta di 42.782.512,50 di euro che appartengono ai cittadini, anche in virtù di un referendum. Il M5S li rifiuta esattamente come per le elezioni amministrative. Le spese per la campagna elettorale sono state integralmente sostenute grazie ai contributi volontari raccolti e verranno comunque rendicontate. Il MoVimento 5 Stelle, anche tramite i propri eletti, svolgerà ogni azione diretta ad assicurare che i contributi ad esso spettanti non vengano erogati ad altre forze politiche, ma trattenuti all’Erario.
Il mio auspicio è che tutte le forze politiche seguano il nostro esempio, in particolare il pdmenoelle al quale spetta la quota più rilevante: oltre 45 milioni di euro (al pdl “solo” 38). Non è necessaria una legge, è sufficiente che Bersani dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma. Per facilitare il compito ho preparato il documento che Bersani può firmare per ufficializzare il rifiuto. Bersani, firma qui! Meno parole e più fatti.
PS: #BersaniFirmaQui è in questo momento il primo Trending Topic in Italia su Twitter. Grazie a tutti coloro che stanno partecipando!
Da beppegrillo.it del 11/03/2013.
Il M5S rinuncia ai rimborsi elettorali, Bersani forse. #BersaniFirmaQui (Beppe Grillo).
11/03/2013 di triskel182
https://www.youtube.com/watch?feature=p ... qG44-YkzPQ
Il MoVimento 5 Stelle rinuncia ai contributi pubblici, previsti dalle leggi in vigore, per le spese sostenute dai partiti e dai movimenti politici e non richiederà né i rimborsi per le spese elettorali, né i contributi per l’attività politica. Si tratta di 42.782.512,50 di euro che appartengono ai cittadini, anche in virtù di un referendum. Il M5S li rifiuta esattamente come per le elezioni amministrative. Le spese per la campagna elettorale sono state integralmente sostenute grazie ai contributi volontari raccolti e verranno comunque rendicontate. Il MoVimento 5 Stelle, anche tramite i propri eletti, svolgerà ogni azione diretta ad assicurare che i contributi ad esso spettanti non vengano erogati ad altre forze politiche, ma trattenuti all’Erario.
Il mio auspicio è che tutte le forze politiche seguano il nostro esempio, in particolare il pdmenoelle al quale spetta la quota più rilevante: oltre 45 milioni di euro (al pdl “solo” 38). Non è necessaria una legge, è sufficiente che Bersani dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma. Per facilitare il compito ho preparato il documento che Bersani può firmare per ufficializzare il rifiuto. Bersani, firma qui! Meno parole e più fatti.
PS: #BersaniFirmaQui è in questo momento il primo Trending Topic in Italia su Twitter. Grazie a tutti coloro che stanno partecipando!
Da beppegrillo.it del 11/03/2013.
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
Repubblica 11.3.13
Da Saviano a Serra: “L’accordo è possibile”
Nuovo appello per un governo di alto profilo. Oltre 30 mila firme per Spinelli-Settis
di Silvio Buzzanca
ROMA — Un altro appello a Pd e Movimento 5Stelle per un accordo che riesca «a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento». Questa volta il documento, che non a caso porta il titolo “Facciamolo”, arriva da Michele Serra insieme a Roberto Saviano, Roberto Benigni, don Luigi Ciotti, Fabio Fazio, Oscar Farinetti, don Andrea Gallo, Carlo Petrini, Salvatore Settis, Barbara Spinelli, Ferzan Ozpetek e Lorenzo Jovanotti. Il cantante ha anche scritto della sua adesione su Facebook e in poche tempo ha raccolto oltre 1500 “mi piace”.
Il nuovo appello arriva dopo quello lanciato sulle pagine e sul sito di Repubblica, lanciato ancora da Barbara Spinelli e altri intellettuali come Remo Bodei, Roberta De Monticelli, Tommaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa e Salvatore Settis. Un testo, questo, che ha già raccolto oltre trentamila firme.
«Se per Beppe Grillo è vero che “uno vale uno” - spiega Serra - allora ascolti anche noi e, con noi, quei tanti elettori che hanno votato per il suo movimento e per il centrosinistra e che adesso non vogliono vedere sprecata questa importante occasione di cambiamento con un Parlamento radicalmente rinnovato che può fare
subito cose importanti a partire dall'ambiente e dalla legalità».
Lo scrittore dice anche che rispetto all'altro appello, quello degli intellettuali, la sua iniziativa «è molto più naif, perchè noi non parliamo con sapienza politica, ma lo facciamo però in nome di quei tanti elettori, del centrosinistra e di M5S, che incontriamo in giro, al bar, nei posti qualunque, e che ora sono disorientati da questa situazione di ansia e tensione e che vorrebbero un accordo tra le due forze politiche che sono uscite vincitrici dalle elezioni».
Nel documento si legge infatti che «mai, dal dopoguerra a oggi il Parlamento italiano è stato così profondamente rinnovato dal voto popolare. Per la prima volta i giovani e le donne sono parte cospicua delle due Camere. Per la prima volta ci sono i numeri per dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato».
Dunque, secondo i firmatari, «sarebbe grave e triste che questa occasione venisse tradita, soprattutto in presenza di una crisi economica e sociale gravissima». Per questo, si sottolinea, è necessario che «nel nome della volontà popolare sortita dal voto del 24-25 febbraio, questa speranza di cambiamento non venga travolta da interessi di partito, calcoli di vertice, chiusure settarie, diffidenze, personalismi».
«Lo chiediamo gentilmente spiegano i promotori - ma ad alta voce, senza avere alcun titolo istituzionale o politico per farlo, ma nella coscienza di interpretare il pensiero e le aspettative di una maggioranza vera, reale di italiani». Questa maggioranza, conclude il testo «chiede ai suoi rappresentanti eletti in Parlamento, ai loro leader e ai loro portavoce, di impegnarsi fino allo stremo per riuscire a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento». La risposta dei grillini? «Non leggiamo appelli ma l'appello lo abbiamo fatto noi dicendo prima delle elezioni di votare M5S», dice il capogruppo Vito Crimi.
Da Saviano a Serra: “L’accordo è possibile”
Nuovo appello per un governo di alto profilo. Oltre 30 mila firme per Spinelli-Settis
di Silvio Buzzanca
ROMA — Un altro appello a Pd e Movimento 5Stelle per un accordo che riesca «a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento». Questa volta il documento, che non a caso porta il titolo “Facciamolo”, arriva da Michele Serra insieme a Roberto Saviano, Roberto Benigni, don Luigi Ciotti, Fabio Fazio, Oscar Farinetti, don Andrea Gallo, Carlo Petrini, Salvatore Settis, Barbara Spinelli, Ferzan Ozpetek e Lorenzo Jovanotti. Il cantante ha anche scritto della sua adesione su Facebook e in poche tempo ha raccolto oltre 1500 “mi piace”.
Il nuovo appello arriva dopo quello lanciato sulle pagine e sul sito di Repubblica, lanciato ancora da Barbara Spinelli e altri intellettuali come Remo Bodei, Roberta De Monticelli, Tommaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa e Salvatore Settis. Un testo, questo, che ha già raccolto oltre trentamila firme.
«Se per Beppe Grillo è vero che “uno vale uno” - spiega Serra - allora ascolti anche noi e, con noi, quei tanti elettori che hanno votato per il suo movimento e per il centrosinistra e che adesso non vogliono vedere sprecata questa importante occasione di cambiamento con un Parlamento radicalmente rinnovato che può fare
subito cose importanti a partire dall'ambiente e dalla legalità».
Lo scrittore dice anche che rispetto all'altro appello, quello degli intellettuali, la sua iniziativa «è molto più naif, perchè noi non parliamo con sapienza politica, ma lo facciamo però in nome di quei tanti elettori, del centrosinistra e di M5S, che incontriamo in giro, al bar, nei posti qualunque, e che ora sono disorientati da questa situazione di ansia e tensione e che vorrebbero un accordo tra le due forze politiche che sono uscite vincitrici dalle elezioni».
Nel documento si legge infatti che «mai, dal dopoguerra a oggi il Parlamento italiano è stato così profondamente rinnovato dal voto popolare. Per la prima volta i giovani e le donne sono parte cospicua delle due Camere. Per la prima volta ci sono i numeri per dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato».
Dunque, secondo i firmatari, «sarebbe grave e triste che questa occasione venisse tradita, soprattutto in presenza di una crisi economica e sociale gravissima». Per questo, si sottolinea, è necessario che «nel nome della volontà popolare sortita dal voto del 24-25 febbraio, questa speranza di cambiamento non venga travolta da interessi di partito, calcoli di vertice, chiusure settarie, diffidenze, personalismi».
«Lo chiediamo gentilmente spiegano i promotori - ma ad alta voce, senza avere alcun titolo istituzionale o politico per farlo, ma nella coscienza di interpretare il pensiero e le aspettative di una maggioranza vera, reale di italiani». Questa maggioranza, conclude il testo «chiede ai suoi rappresentanti eletti in Parlamento, ai loro leader e ai loro portavoce, di impegnarsi fino allo stremo per riuscire a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento». La risposta dei grillini? «Non leggiamo appelli ma l'appello lo abbiamo fatto noi dicendo prima delle elezioni di votare M5S», dice il capogruppo Vito Crimi.
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Re: Appello a B.Grillo e a 5 Stelle: se non ora, quando
La Stampa 11.3.13
Un macigno sulla strada di Bersani
di Federico Geremicca
Ci sono porte che si chiudono, porte che vengono sbattute e porte che non erano mai state aperte. Quella di Beppe Grillo, per esempio, non si era mai nemmeno socchiusa, nonostante il bussare insistente del Pd. E invece per una settimana si è voluto far finta di credere (o di far credere) che l’ipotesi di un governo Bersani-Grillo - viene da sorridere al solo scriverlo - fosse una ipotesi, come si dice, in campo. Non lo era, e non lo è: e la giornata di ieri, con Grillo che annuncia l’addio alla politica se il M5S darà la fiducia «a chi ha distrutto l’Italia», e i capigruppo grillini di Camera e Senato che chiudono alla possibilità perfino di prendere un caffè «con quelli che ci hanno portati fin qui», dovrebbe averlo chiarito con sufficiente nettezza.
Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio e le schiere di parlamentari arrivate a Roma sull’onda di uno tsunami che continua a produrre effetti, non sono spendibili (perchè non intendono esserlo) nella soluzione del complesso ingorgo politico-istituzionale che è di fronte al nuovo Parlamento.
Saggezza e senso di responsabilità consiglierebbero, dunque, di guardare in faccia alla situazione con maggior realismo, così da concentrarsi - finalmente - sulle due opzioni rimaste in campo. La prima: un governo di un qualche tipo che - sostenuto dai voti di Pd e Pdl - vari una nuova legge elettorale e porti il Paese al voto presumibilmente con le europee della prossima primavera; la seconda: elezioni subito (cioè già a giugno) con la prospettiva, però, che - aperte le urne - ci si ritrovi poi di fronte a una situazione sostanzialmente identica a quella attuale...
Comunque sia, la giornata di ieri ha cambiato le carte in tavola, consegnando al Presidente della Repubblica una matassa difficilissima da sbrogliare. Pesano, naturalmente, le difficoltà oggettive determinate da un voto che non ha prodotto maggioranze in grado di governare; ma pesano anche gli impacci - per usare un eufemismo - che frenano l’azione dei tre leader che dovrebbero indicare la via da imboccare. Silvio Berlusconi, per esempio, non ha nemmeno avuto il tempo di gioire per lo scampato disastro elettorale, che si è ritrovato sballottato tra aule di tribunale e corsie d’ospedale, per i suoi vecchi e nuovi guai giudiziari; Beppe Grillo, invece, ha certo avuto il tempo di esultare, salvo poi realizzare che il successo elettorale gli consegnava responsabilità politiche che non vuole o non è in grado di affrontare. E Pier Luigi Bersani, infine, ha subito un colpo così inatteso - e che lo ha così duramente provato - che ancora si attende di capire quale sia la via che intende davvero perseguire.
Non si può credere, infatti, che il leader del Partito democratico pensi sul serio che l’ipotesi di un governo con Beppe Grillo sia realmente percorribile (e se lo credeva, in ogni caso, da ieri può metterci una pietra sopra). È all’interno dello stesso Pd, del resto, che molti pensano che il segretario sia già concentrato sul suo personalissimo «piano b», che prevede un rapido ritorno alle urne. I più maliziosi, anzi, si spingono addirittura a ipotizzare che proprio le elezioni anticipate già a giugno siano da subito dopo il risultato del voto - il vero «piano a» del segretario: i tempi stretti, infatti, renderebbero difficili nuove primarie, rinvierebbero a tempi migliori l’inevitabile «regolamento di conti» con Matteo Renzi e gli consegnerebbero quasi automaticamente una nuova chance di guidare da candidato premier il centrosinistra anche alle prossime elezioni.
Si vedrà se le cose stanno così. Alcuni segnali, però, lo lascerebbero credere. Chiuso in una sorta di «torre d’avorio», è giorni che Pier Luigi Bersani ha scarsissimi contatti con i dirigenti del suo partito: chi vuole parlare con lui, deve per ora accontentarsi dei fidati Errani e Migliavacca. «Ho capito - dice polemicamente Matteo Orfini - che dovrò chiedere a Crimi, capogruppo Cinque Stelle, quali sono i nomi che il Pd indica per le presidenze di Camera e Senato...». Già, le presidenze: cioè il primo impegno istituzionale di fronte al nuovo Parlamento (si inizia a votare venerdì).
Circolano molte ipotesi confuse, ma una pare essere diventata più forte delle altre: offrire la presidenza del Senato ai centristi di Monti e tenere quella della Camera per Dario Franceschini. Non è un’offerta che allarga la maggioranza, certo; né può esser considerata una «cortesia istituzionale» rivolta all’opposizione (o a una significativa forza di opposizione). Ma somiglia molto, invece, a una sorta di patto pre-elettorale: per portare il Partito democratico al voto il prossimo giugno forse ancora con Nichi Vendola, ma ancor più certamente - stavolta - da alleati con Mario Monti...
Un macigno sulla strada di Bersani
di Federico Geremicca
Ci sono porte che si chiudono, porte che vengono sbattute e porte che non erano mai state aperte. Quella di Beppe Grillo, per esempio, non si era mai nemmeno socchiusa, nonostante il bussare insistente del Pd. E invece per una settimana si è voluto far finta di credere (o di far credere) che l’ipotesi di un governo Bersani-Grillo - viene da sorridere al solo scriverlo - fosse una ipotesi, come si dice, in campo. Non lo era, e non lo è: e la giornata di ieri, con Grillo che annuncia l’addio alla politica se il M5S darà la fiducia «a chi ha distrutto l’Italia», e i capigruppo grillini di Camera e Senato che chiudono alla possibilità perfino di prendere un caffè «con quelli che ci hanno portati fin qui», dovrebbe averlo chiarito con sufficiente nettezza.
Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio e le schiere di parlamentari arrivate a Roma sull’onda di uno tsunami che continua a produrre effetti, non sono spendibili (perchè non intendono esserlo) nella soluzione del complesso ingorgo politico-istituzionale che è di fronte al nuovo Parlamento.
Saggezza e senso di responsabilità consiglierebbero, dunque, di guardare in faccia alla situazione con maggior realismo, così da concentrarsi - finalmente - sulle due opzioni rimaste in campo. La prima: un governo di un qualche tipo che - sostenuto dai voti di Pd e Pdl - vari una nuova legge elettorale e porti il Paese al voto presumibilmente con le europee della prossima primavera; la seconda: elezioni subito (cioè già a giugno) con la prospettiva, però, che - aperte le urne - ci si ritrovi poi di fronte a una situazione sostanzialmente identica a quella attuale...
Comunque sia, la giornata di ieri ha cambiato le carte in tavola, consegnando al Presidente della Repubblica una matassa difficilissima da sbrogliare. Pesano, naturalmente, le difficoltà oggettive determinate da un voto che non ha prodotto maggioranze in grado di governare; ma pesano anche gli impacci - per usare un eufemismo - che frenano l’azione dei tre leader che dovrebbero indicare la via da imboccare. Silvio Berlusconi, per esempio, non ha nemmeno avuto il tempo di gioire per lo scampato disastro elettorale, che si è ritrovato sballottato tra aule di tribunale e corsie d’ospedale, per i suoi vecchi e nuovi guai giudiziari; Beppe Grillo, invece, ha certo avuto il tempo di esultare, salvo poi realizzare che il successo elettorale gli consegnava responsabilità politiche che non vuole o non è in grado di affrontare. E Pier Luigi Bersani, infine, ha subito un colpo così inatteso - e che lo ha così duramente provato - che ancora si attende di capire quale sia la via che intende davvero perseguire.
Non si può credere, infatti, che il leader del Partito democratico pensi sul serio che l’ipotesi di un governo con Beppe Grillo sia realmente percorribile (e se lo credeva, in ogni caso, da ieri può metterci una pietra sopra). È all’interno dello stesso Pd, del resto, che molti pensano che il segretario sia già concentrato sul suo personalissimo «piano b», che prevede un rapido ritorno alle urne. I più maliziosi, anzi, si spingono addirittura a ipotizzare che proprio le elezioni anticipate già a giugno siano da subito dopo il risultato del voto - il vero «piano a» del segretario: i tempi stretti, infatti, renderebbero difficili nuove primarie, rinvierebbero a tempi migliori l’inevitabile «regolamento di conti» con Matteo Renzi e gli consegnerebbero quasi automaticamente una nuova chance di guidare da candidato premier il centrosinistra anche alle prossime elezioni.
Si vedrà se le cose stanno così. Alcuni segnali, però, lo lascerebbero credere. Chiuso in una sorta di «torre d’avorio», è giorni che Pier Luigi Bersani ha scarsissimi contatti con i dirigenti del suo partito: chi vuole parlare con lui, deve per ora accontentarsi dei fidati Errani e Migliavacca. «Ho capito - dice polemicamente Matteo Orfini - che dovrò chiedere a Crimi, capogruppo Cinque Stelle, quali sono i nomi che il Pd indica per le presidenze di Camera e Senato...». Già, le presidenze: cioè il primo impegno istituzionale di fronte al nuovo Parlamento (si inizia a votare venerdì).
Circolano molte ipotesi confuse, ma una pare essere diventata più forte delle altre: offrire la presidenza del Senato ai centristi di Monti e tenere quella della Camera per Dario Franceschini. Non è un’offerta che allarga la maggioranza, certo; né può esser considerata una «cortesia istituzionale» rivolta all’opposizione (o a una significativa forza di opposizione). Ma somiglia molto, invece, a una sorta di patto pre-elettorale: per portare il Partito democratico al voto il prossimo giugno forse ancora con Nichi Vendola, ma ancor più certamente - stavolta - da alleati con Mario Monti...
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