L'eredità di Hugo Chávez
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L'eredità di Hugo Chávez
L'eredità di Hugo Chávez
Autore: Greg Grandin / Comitato bolivariano http://www.comitatobolivariano.info
6 marzo 2013
Ho incontrato per la prima volta Chávez a New York nel settembre del 2006, appena dopo la sua famigerata apparizione sul podio dell'Assemblea generale dell'ONU, dove ha definito George W. Bush il demonio. “Ieri il diavolo è venuto qui,” ha detto.”Proprio qui. Proprio qui. E questo tavolo a cui sto davanti puzza di zolfo ancora oggi.” Si è fatto poi il segno della croce, si è baciato la mano, ha fatto l'occhiolino agli spettatori e ha guardato verso il cielo. Era il Chávez “di annata”: un'osservazione offensiva appena alleggerita da un dettaglio con il giusto tocco (lo zolfo che ancora indugiava sul tavolo) per renderla qualche cosa di più di sola retorica e dava un taglio alle panacee soporifere dei diplomatici e allontanava l'ira dall'Iran che in quell'incontro era al centro dell'attenzione.
La stampa naturalmente ha mostrato grande risentimento e non soltanto per l'ovvia ragione che una cosa è che gli oppositori in Medio Oriente chiamino gli Stati Uniti il Grande Satana e un'altra cosa è che il presidente di una nazione latino americana in prima persona scelga di definire, mentre si trova sul suolo statunitense, il loro presidente nientemeno che Belzebù.
Penso che quello che davvero ha irritato è stato che Chávez reclamava un privilegio che era appartenuto per lungo tempo agli Stati Uniti, cioè il diritto di rappresentare i propri avversari non come protagonisti razionali ma come male esistenziale....segue link http://www.forumdesalternatives.org/it/ ... ugo-chavez
Autore: Greg Grandin / Comitato bolivariano http://www.comitatobolivariano.info
6 marzo 2013
Ho incontrato per la prima volta Chávez a New York nel settembre del 2006, appena dopo la sua famigerata apparizione sul podio dell'Assemblea generale dell'ONU, dove ha definito George W. Bush il demonio. “Ieri il diavolo è venuto qui,” ha detto.”Proprio qui. Proprio qui. E questo tavolo a cui sto davanti puzza di zolfo ancora oggi.” Si è fatto poi il segno della croce, si è baciato la mano, ha fatto l'occhiolino agli spettatori e ha guardato verso il cielo. Era il Chávez “di annata”: un'osservazione offensiva appena alleggerita da un dettaglio con il giusto tocco (lo zolfo che ancora indugiava sul tavolo) per renderla qualche cosa di più di sola retorica e dava un taglio alle panacee soporifere dei diplomatici e allontanava l'ira dall'Iran che in quell'incontro era al centro dell'attenzione.
La stampa naturalmente ha mostrato grande risentimento e non soltanto per l'ovvia ragione che una cosa è che gli oppositori in Medio Oriente chiamino gli Stati Uniti il Grande Satana e un'altra cosa è che il presidente di una nazione latino americana in prima persona scelga di definire, mentre si trova sul suolo statunitense, il loro presidente nientemeno che Belzebù.
Penso che quello che davvero ha irritato è stato che Chávez reclamava un privilegio che era appartenuto per lungo tempo agli Stati Uniti, cioè il diritto di rappresentare i propri avversari non come protagonisti razionali ma come male esistenziale....segue link http://www.forumdesalternatives.org/it/ ... ugo-chavez
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: L'eredità di Hugo Chávez
Le prossime elezioni in Venezuela le vincerà Hugo Chávez
di Niccolò Locatelli
IL MONDO OGNI SETTIMANA Il 14 aprile il Venezuela sceglierà il nuovo presidente. Maduro si presenta come "figlio di Chávez" ed eredita un controllo dello Stato quasi assoluto, che dovrebbe spianargli la strada. Anche l'emozione legata alla morte di Hugo gioca contro Capriles, che però ha una strategia.
Ufficialmente, la campagna elettorale per le presidenziali del 14 aprile in Venezuela inizierà il 2 aprile.
Nei fatti, è iniziata quando Hugo Chávez era ancora vivo, ha ripreso vigore nel giorno della sua morte e non è destinata a fermarsi prima del voto.
I toni e le scelte dei due principali contendenti (Nicolás Maduro per il fronte chavista ed Henrique Capriles per l’opposizione) sono sempre più distinguibili. Alcune notizie e dichiarazioni recenti aiutano a comprenderli meglio.
Cominciamo da Maduro, diventato presidente del Venezuela poche ore dopo il funerale di Chávez. In questa settimana è stato rimosso uno dei due principali ostacoli alla sua elezione: la possibilità che settori di spicco della galassia chavista non lo sostenessero. Maduro ha invece ricevuto attestati di supporto da protagonisti come il presidente dell’Assemblea Nazionale Diosdado Cabello, uomo vicino alle Forze Armate; dallo stesso ministro della Difesa Diego Molero; da Rafael Ramírez, ministro del Petrolio e presidente della compagnia petrolifera statale PdVSA. Tutti gli uomini più rappresentativi dell’era chavista sono al lavoro per garantire la sua elezione.
L’ex ministro degli Esteri era stato pubblicamente indicato da Chávez come suo successore nell’ultimo discorso alla nazione del defunto presidente, nel dicembre dell’anno scorso, poco prima di partire per Cuba. Proprio da Cuba è arrivato un ulteriore, importante, endorsement: quello di Raúl Castro. Ciò non vuol dire che il fronte chavista sia necessariamente unito dietro Maduro, ma rompere apertamente con lui ora avrebbe dato l'idea di un tradimento delle indicazioni di Chávez.
L’altro grande ostacolo alla vittoria dell'attuale presidente è per definizione insuperabile, ma può essere aggirato: è il fatto che il delfino di Chávez non sia, appunto, Chávez. Maduro è un sindacalista, chavista dal 1993 e in qualità di ministro degli Esteri ha rappresentato la diplomazia bolivariana. Gli manca però il carisma, quell’abilità nel parlare alle masse che ha fatto la fortuna non solo elettorale dello scomparso colonnello bolivariano. Prima di testare le sue competenze governative, sarà il suo appeal a dover passare la prova delle urne.
Conscio dei suoi limiti, Maduro punta a legittimarsi come “figlio di Chávez e della rivoluzione”. Non solo e non tanto ripresentando come programma elettorale quello del compianto leader, ma sfruttando i temi cari a quest’ultimo: in particolare, accennando a un complotto tra “l’estrema destra” venezuelana (termine con cui i chavisti identificano chiunque non la pensi come loro) e gli Stati Uniti d’America. Prima questo complotto sarebbe servito ad avvelenare Chávez, inoculandogli il cancro; poi a destabilizzare il paese. Come reazione invero risibile rispetto all’enormità dell’accusa formulata, ecco l’espulsione di due addetti dell’ambasciata Usa in Venezuela (ricambiata nei giorni scorsi). Successivamente Maduro ha avvisato che gli Usa starebbero progettando un attentato ai danni di Capriles.
Il senso di questi messaggi, che la ragione umana consiglierebbe di classificare come fantascienza, è il seguente: con la morte di Chávez il paese rischia di attraversare una fase di instabilità di cui potrebbero approfittare i nemici della patria. In queste condizioni, è difficile garantire la sicurezza persino del principale candidato dell’opposizione, che comunque rimane uno squallido esponente dell’oligarchia. Meglio chiudere al più presto la transizione, sostenendo Maduro come fosse Chávez.
Quest’insistenza sul legame quasi religioso tra il colonnello bolivariano che sta già diventando un mito e il suo delfino dovrebbe essere vincente alle urne. Oltre all’ondata emotiva, Maduro può contare sul controllo pressochè assoluto dei poteri dello Stato, lascito dell’èra Chávez, e su fondi pubblici con cui oliare i meccanismi del consenso (come accadde prima delle elezioni di ottobre 2012).
A Capriles, come del resto a tutta l’opposizione, non resta che giocare di rimessa. L’avvocato e attuale governatore di Miranda è il candidato più credibile che il fronte anti-chavista potesse esprimere: è giovane (40 anni) ma ha già una grande esperienza politica; è stato abile a evitare un confronto sul piano della retorica al tempo di Chávez (imbattibile in quel campo), mentre ora vorrebbe un dibattito con il meno trascinante Maduro; è apparso rispettoso della malattia del presidente e successivamente del lutto legato alla sua scomparsa. Quando ha corso contro di lui, nell’ottobre del 2012, ha perso ma ha riscosso una quota di voti record per essere lo sfidante del colonnello bolivariano.
La sua strategia elettorale poggia su tre elementi:
1) cercare di staccare Maduro da Chávez, sottolineando che la continuità tra i due non è automatica né benefica per il paese;
2) promettere di mantenere alta l’attenzione (e i finanziamenti) verso le classi più popolari, che al defunto presidente devono una casa, un’istruzione, le cure mediche e soprattutto l’inclusione nel dibattito politico;
3) insistere sui numerosi problemi del Venezuela odierno: corruzione, violenza, inflazione, alto deficit pubblico, black out, difficoltà nel reperire beni primari.
Capriles non ha molte probabilità di vincere le prossime elezioni presidenziali, ma si sta giocando le poche carte che ha in mano nel miglior modo possibile.
Tra meno di un mese il verdetto.
Per approfondire: Hugo Chávez e la rivoluzione incompiuta http://temi.repubblica.it/limes/il-pres ... orto/42974
(15/03/2013)
da LIMES http://temi.repubblica.it/limes/il-pres ... orto/42974
di Niccolò Locatelli
IL MONDO OGNI SETTIMANA Il 14 aprile il Venezuela sceglierà il nuovo presidente. Maduro si presenta come "figlio di Chávez" ed eredita un controllo dello Stato quasi assoluto, che dovrebbe spianargli la strada. Anche l'emozione legata alla morte di Hugo gioca contro Capriles, che però ha una strategia.
Ufficialmente, la campagna elettorale per le presidenziali del 14 aprile in Venezuela inizierà il 2 aprile.
Nei fatti, è iniziata quando Hugo Chávez era ancora vivo, ha ripreso vigore nel giorno della sua morte e non è destinata a fermarsi prima del voto.
I toni e le scelte dei due principali contendenti (Nicolás Maduro per il fronte chavista ed Henrique Capriles per l’opposizione) sono sempre più distinguibili. Alcune notizie e dichiarazioni recenti aiutano a comprenderli meglio.
Cominciamo da Maduro, diventato presidente del Venezuela poche ore dopo il funerale di Chávez. In questa settimana è stato rimosso uno dei due principali ostacoli alla sua elezione: la possibilità che settori di spicco della galassia chavista non lo sostenessero. Maduro ha invece ricevuto attestati di supporto da protagonisti come il presidente dell’Assemblea Nazionale Diosdado Cabello, uomo vicino alle Forze Armate; dallo stesso ministro della Difesa Diego Molero; da Rafael Ramírez, ministro del Petrolio e presidente della compagnia petrolifera statale PdVSA. Tutti gli uomini più rappresentativi dell’era chavista sono al lavoro per garantire la sua elezione.
L’ex ministro degli Esteri era stato pubblicamente indicato da Chávez come suo successore nell’ultimo discorso alla nazione del defunto presidente, nel dicembre dell’anno scorso, poco prima di partire per Cuba. Proprio da Cuba è arrivato un ulteriore, importante, endorsement: quello di Raúl Castro. Ciò non vuol dire che il fronte chavista sia necessariamente unito dietro Maduro, ma rompere apertamente con lui ora avrebbe dato l'idea di un tradimento delle indicazioni di Chávez.
L’altro grande ostacolo alla vittoria dell'attuale presidente è per definizione insuperabile, ma può essere aggirato: è il fatto che il delfino di Chávez non sia, appunto, Chávez. Maduro è un sindacalista, chavista dal 1993 e in qualità di ministro degli Esteri ha rappresentato la diplomazia bolivariana. Gli manca però il carisma, quell’abilità nel parlare alle masse che ha fatto la fortuna non solo elettorale dello scomparso colonnello bolivariano. Prima di testare le sue competenze governative, sarà il suo appeal a dover passare la prova delle urne.
Conscio dei suoi limiti, Maduro punta a legittimarsi come “figlio di Chávez e della rivoluzione”. Non solo e non tanto ripresentando come programma elettorale quello del compianto leader, ma sfruttando i temi cari a quest’ultimo: in particolare, accennando a un complotto tra “l’estrema destra” venezuelana (termine con cui i chavisti identificano chiunque non la pensi come loro) e gli Stati Uniti d’America. Prima questo complotto sarebbe servito ad avvelenare Chávez, inoculandogli il cancro; poi a destabilizzare il paese. Come reazione invero risibile rispetto all’enormità dell’accusa formulata, ecco l’espulsione di due addetti dell’ambasciata Usa in Venezuela (ricambiata nei giorni scorsi). Successivamente Maduro ha avvisato che gli Usa starebbero progettando un attentato ai danni di Capriles.
Il senso di questi messaggi, che la ragione umana consiglierebbe di classificare come fantascienza, è il seguente: con la morte di Chávez il paese rischia di attraversare una fase di instabilità di cui potrebbero approfittare i nemici della patria. In queste condizioni, è difficile garantire la sicurezza persino del principale candidato dell’opposizione, che comunque rimane uno squallido esponente dell’oligarchia. Meglio chiudere al più presto la transizione, sostenendo Maduro come fosse Chávez.
Quest’insistenza sul legame quasi religioso tra il colonnello bolivariano che sta già diventando un mito e il suo delfino dovrebbe essere vincente alle urne. Oltre all’ondata emotiva, Maduro può contare sul controllo pressochè assoluto dei poteri dello Stato, lascito dell’èra Chávez, e su fondi pubblici con cui oliare i meccanismi del consenso (come accadde prima delle elezioni di ottobre 2012).
A Capriles, come del resto a tutta l’opposizione, non resta che giocare di rimessa. L’avvocato e attuale governatore di Miranda è il candidato più credibile che il fronte anti-chavista potesse esprimere: è giovane (40 anni) ma ha già una grande esperienza politica; è stato abile a evitare un confronto sul piano della retorica al tempo di Chávez (imbattibile in quel campo), mentre ora vorrebbe un dibattito con il meno trascinante Maduro; è apparso rispettoso della malattia del presidente e successivamente del lutto legato alla sua scomparsa. Quando ha corso contro di lui, nell’ottobre del 2012, ha perso ma ha riscosso una quota di voti record per essere lo sfidante del colonnello bolivariano.
La sua strategia elettorale poggia su tre elementi:
1) cercare di staccare Maduro da Chávez, sottolineando che la continuità tra i due non è automatica né benefica per il paese;
2) promettere di mantenere alta l’attenzione (e i finanziamenti) verso le classi più popolari, che al defunto presidente devono una casa, un’istruzione, le cure mediche e soprattutto l’inclusione nel dibattito politico;
3) insistere sui numerosi problemi del Venezuela odierno: corruzione, violenza, inflazione, alto deficit pubblico, black out, difficoltà nel reperire beni primari.
Capriles non ha molte probabilità di vincere le prossime elezioni presidenziali, ma si sta giocando le poche carte che ha in mano nel miglior modo possibile.
Tra meno di un mese il verdetto.
Per approfondire: Hugo Chávez e la rivoluzione incompiuta http://temi.repubblica.it/limes/il-pres ... orto/42974
(15/03/2013)
da LIMES http://temi.repubblica.it/limes/il-pres ... orto/42974
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: L'eredità di Hugo Chávez
capriles è un criminale alla caimano, speriamo non vinca
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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