Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La tragicommedia all’italiana - 1
El inciuciamientos ferial, Pd – Pdl, si fa,..si fa……
LE COMMISSIONI NOMINATE DAL COLLE
L'eterno ritorno al mito dei saggi
L'idea di affidare a gruppi di saggi la ricerca di soluzioni è stata evocata per le questioni più diverse
Non sono mancati neppure i «saggi tra i saggi».
In pratica «saggi al cubo».
«Saggissimi».
Scelti per mediare tra i «saggi» della Bicamerale dalemiana ormai incapaci di mediare.
Ma è tutta la storia italiana, spesso stremata da conflittualità dissennate, a traboccare di «saggi».
Prima che Napolitano, nel tentativo di uscire dalle sabbie mobili, scegliesse Valerio Onida, Mario Mauro, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante e con loro altri portatori di saggezza pressoché ignoti agli italiani quali il leghista Giancarlo Giorgetti e il pd Filippo Bubbico, non c'è stata occasione di scontro né passaggio storico più o meno importante, che non abbia visto la proposta di ricorrere a un gruppetto di «saggi».
Tre, di solito. E maschi come tutti quelli scelti ieri.
A meno che non si tratti di una truppa.
Come quando l'Ulivo nel novembre 2006, in coerenza con il governo Prodi che con 102 ministri, viceministri e sottosegretari era il governo più «obeso» di tutti i tempi, diede mandato di scrivere il nuovo Manifesto del Pd alla bellezza di 13 saggi: tredici!
Scelta che spinse tutti i devoti della scaramanzia a prefigurare per il nuovo partito fulgidi destini...
Da quando Concetto Marchesi fu saggiamente incaricato dall'Assemblea costituente di una revisione letteraria della Costituzione perché fosse anche «in bello stile», è stato un tormentone interminabile.
A tre «saggi» furono affidate inizialmente (prima del varo della commissione d'inchiesta) le risposte sui fini oscuri della P2.
A cinque «saggi» giornalisti stranieri (che lasciarono subito perdere: «troppe polemiche») fu chiesto di verificare la correttezza della Rai durante la campagna elettorale del 1994. E via così.
A quattro «saggi» guidati da Fedele Confalonieri fu delegato dalla Federazione Radio Televisioni in quella stessa primavera lo studio «per la revisione legislativa e la razionalizzazione del sistema radiotelevisivo».
A un po' di «saggi del socialismo europeo» Gianni De Michelis propose di dare un giudizio sulla leadership del Psi travolta da Tangentopoli.
A un comitato di «saggi» Francesco Cossiga voleva affidare l'inchiesta sul «dossier Mitrokhin» sulle liste di presunte spie italiane al servizio del KGB.
Ad altri «saggi» pensò Giuseppe Tatarella per «elaborare le regole del gioco della Seconda Repubblica».
E come dimenticare la strepitosa idea di Giulio Andreotti nel pieno della crisi della Dc?
Per salvare il partito suggerì di affidarsi a un gruppo di «saggi» che per sottrarsi al sospetto di mirare a cariche interne future avrebbero dovuto «assumere l'impegno assoluto di non accettare più incarichi per tutta la vita».
Insomma, sentenziò dall'alto della sua collezione di poltrone, era necessaria una «castità delle poltrone». Risposta: marameo!
Non parliamo delle polemiche. Non c'è stata proposta di ricorso ai «saggi», specialmente sui temi più sensibili, che non sia stata accolta da fuochi di sbarramento.
Si pensi alla scelta di Berlusconi nel 1994 di affidare a tre «saggi» (Antonio La Pergola, Giorgio Crisci e Agostino Gambino) l'individuazione di come superare il conflitto di interessi.
«E' solo fumo negli occhi: una commissione nominata dallo stesso controllante che dovrebbe essere controllato», sbottò Mario Segni.
«Non sono garanti, sono consulenti», accusò il costituzionalista Paolo Barile.
E Giuliano Amato rise sostenendo che il Cavaliere «cercava l'imparzialità con lo stile esorbitante degli imperatori cinesi».
Sul fronte opposto restano indimenticabili le risposte all'idea di Massimo D'Alema nell'estate del 1998 di affidare a cinque «saggi» (rifiutando la pretesa della destra d'una commissione d'inchiesta) la rilettura di Tangentopoli.
«Una battuta vacanziera pronunciata in un afoso weekend», ghignò Silvio Berlusconi.
«Perché no? Poi potrebbero fare una seduta spiritica», ironizzò Pier Ferdinando Casini riferendosi alla famosa seduta prodiana durante il sequestro Moro. «Una commissione di saggi?», malignò Marcello Pera, «Potrebbe presiederla Primo Greganti!»
Sia chiaro, talvolta i «saggi» hanno dato davvero consigli saggi. Capitò ad esempio quando Sabino Cassese, Luigi Arcidiacono e Alessandro Pizzorno, incaricati 17 anni fa dal presidente della Camera Luciano Violante di suggerire come combattere la corruzione, proposero di limitare le spese per la politica («Se la spesa è maggiore, maggiore la tendenza a ricorrere a metodi di corruzione per finanziarsi»), di «far conoscere agli elettori sia il nome dei finanziatori sia la destinazione della spesa», di fissare l'ineleggibilità dei condannati per corruzione e tante altre innovazioni che avrebbero cambiato faccia al sistema.
Il guaio è che il loro rapporto finì nel cestino.
Ma i ricordi più indelebili sono legati ai «saggi di Lorenzago».
Era l'estate del 2003 e per cambiare la Costituzione voluta dai De Gasperi e dai Nenni, dai Togliatti e dai Lazzati, dai Saragat e dagli Einaudi, la destra mandò in ritiro in una baita sulle montagne bellunesi la crema della crema dei suoi costituzionalisti: il notaio pescarese Andrea Pastore, l'avvocato messinese Domenico Nania, il dentista bergamasco Roberto Calderoli e il professor Francesco D'Onofrio che spiegava: «Sul federalismo sono tutti d'accordo con me, solo mia mamma Filomena è contro: sapete, ha una cultura da Trento e Trieste».
Il portavoce del solenne sinedrio benedetto da Umberto Bossi («Io gli ho dato uno schema, poi loro lavorano») e destinato a partorire la riforma poi bocciata nel referendum era il futuro ministro-lampo (17 giorni di mandato fino alle dimissioni pretese dal Quirinale per le grane giudiziarie) Aldo Brancher.
Che spiegò le competenze così: «L'esperto di presidenzialismo è Nania.
Se lui è a far la pennichella state certi che non affrontiamo l'argomento».
La citazione della pennica non era casuale. I «saggi» infatti lavoravano vincendo l'abbiocco dopo pranzi e cene a base di cacciagione, fagioli, patate e vino rosso entrati nel mito.
Tutti uniti. Tanto da spingere Brancher ad ammiccare: «Non lo nego, ci sono stati dei dissapori tra noi. D'Onofrio aveva serie perplessità sulla polenta che ho preparato per cena mercoledì: grigia, alla segale, l'ho fatta con una certa farina integrale che ci arriva da un mulino della Carnia».
La battuta più divertente fu di Francesco Cossiga: «Anch'io un tempo mi occupavo di diritto costituzionale ma di fronte al concentrato di cultura e saggezza che c'è a Lorenzago sarei presuntuoso a pronunziarmi».
Gian Antonio Stella
31 marzo 2013 | 8:36© RIPRODUZIONE RISERVATA
El inciuciamientos ferial, Pd – Pdl, si fa,..si fa……
LE COMMISSIONI NOMINATE DAL COLLE
L'eterno ritorno al mito dei saggi
L'idea di affidare a gruppi di saggi la ricerca di soluzioni è stata evocata per le questioni più diverse
Non sono mancati neppure i «saggi tra i saggi».
In pratica «saggi al cubo».
«Saggissimi».
Scelti per mediare tra i «saggi» della Bicamerale dalemiana ormai incapaci di mediare.
Ma è tutta la storia italiana, spesso stremata da conflittualità dissennate, a traboccare di «saggi».
Prima che Napolitano, nel tentativo di uscire dalle sabbie mobili, scegliesse Valerio Onida, Mario Mauro, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante e con loro altri portatori di saggezza pressoché ignoti agli italiani quali il leghista Giancarlo Giorgetti e il pd Filippo Bubbico, non c'è stata occasione di scontro né passaggio storico più o meno importante, che non abbia visto la proposta di ricorrere a un gruppetto di «saggi».
Tre, di solito. E maschi come tutti quelli scelti ieri.
A meno che non si tratti di una truppa.
Come quando l'Ulivo nel novembre 2006, in coerenza con il governo Prodi che con 102 ministri, viceministri e sottosegretari era il governo più «obeso» di tutti i tempi, diede mandato di scrivere il nuovo Manifesto del Pd alla bellezza di 13 saggi: tredici!
Scelta che spinse tutti i devoti della scaramanzia a prefigurare per il nuovo partito fulgidi destini...
Da quando Concetto Marchesi fu saggiamente incaricato dall'Assemblea costituente di una revisione letteraria della Costituzione perché fosse anche «in bello stile», è stato un tormentone interminabile.
A tre «saggi» furono affidate inizialmente (prima del varo della commissione d'inchiesta) le risposte sui fini oscuri della P2.
A cinque «saggi» giornalisti stranieri (che lasciarono subito perdere: «troppe polemiche») fu chiesto di verificare la correttezza della Rai durante la campagna elettorale del 1994. E via così.
A quattro «saggi» guidati da Fedele Confalonieri fu delegato dalla Federazione Radio Televisioni in quella stessa primavera lo studio «per la revisione legislativa e la razionalizzazione del sistema radiotelevisivo».
A un po' di «saggi del socialismo europeo» Gianni De Michelis propose di dare un giudizio sulla leadership del Psi travolta da Tangentopoli.
A un comitato di «saggi» Francesco Cossiga voleva affidare l'inchiesta sul «dossier Mitrokhin» sulle liste di presunte spie italiane al servizio del KGB.
Ad altri «saggi» pensò Giuseppe Tatarella per «elaborare le regole del gioco della Seconda Repubblica».
E come dimenticare la strepitosa idea di Giulio Andreotti nel pieno della crisi della Dc?
Per salvare il partito suggerì di affidarsi a un gruppo di «saggi» che per sottrarsi al sospetto di mirare a cariche interne future avrebbero dovuto «assumere l'impegno assoluto di non accettare più incarichi per tutta la vita».
Insomma, sentenziò dall'alto della sua collezione di poltrone, era necessaria una «castità delle poltrone». Risposta: marameo!
Non parliamo delle polemiche. Non c'è stata proposta di ricorso ai «saggi», specialmente sui temi più sensibili, che non sia stata accolta da fuochi di sbarramento.
Si pensi alla scelta di Berlusconi nel 1994 di affidare a tre «saggi» (Antonio La Pergola, Giorgio Crisci e Agostino Gambino) l'individuazione di come superare il conflitto di interessi.
«E' solo fumo negli occhi: una commissione nominata dallo stesso controllante che dovrebbe essere controllato», sbottò Mario Segni.
«Non sono garanti, sono consulenti», accusò il costituzionalista Paolo Barile.
E Giuliano Amato rise sostenendo che il Cavaliere «cercava l'imparzialità con lo stile esorbitante degli imperatori cinesi».
Sul fronte opposto restano indimenticabili le risposte all'idea di Massimo D'Alema nell'estate del 1998 di affidare a cinque «saggi» (rifiutando la pretesa della destra d'una commissione d'inchiesta) la rilettura di Tangentopoli.
«Una battuta vacanziera pronunciata in un afoso weekend», ghignò Silvio Berlusconi.
«Perché no? Poi potrebbero fare una seduta spiritica», ironizzò Pier Ferdinando Casini riferendosi alla famosa seduta prodiana durante il sequestro Moro. «Una commissione di saggi?», malignò Marcello Pera, «Potrebbe presiederla Primo Greganti!»
Sia chiaro, talvolta i «saggi» hanno dato davvero consigli saggi. Capitò ad esempio quando Sabino Cassese, Luigi Arcidiacono e Alessandro Pizzorno, incaricati 17 anni fa dal presidente della Camera Luciano Violante di suggerire come combattere la corruzione, proposero di limitare le spese per la politica («Se la spesa è maggiore, maggiore la tendenza a ricorrere a metodi di corruzione per finanziarsi»), di «far conoscere agli elettori sia il nome dei finanziatori sia la destinazione della spesa», di fissare l'ineleggibilità dei condannati per corruzione e tante altre innovazioni che avrebbero cambiato faccia al sistema.
Il guaio è che il loro rapporto finì nel cestino.
Ma i ricordi più indelebili sono legati ai «saggi di Lorenzago».
Era l'estate del 2003 e per cambiare la Costituzione voluta dai De Gasperi e dai Nenni, dai Togliatti e dai Lazzati, dai Saragat e dagli Einaudi, la destra mandò in ritiro in una baita sulle montagne bellunesi la crema della crema dei suoi costituzionalisti: il notaio pescarese Andrea Pastore, l'avvocato messinese Domenico Nania, il dentista bergamasco Roberto Calderoli e il professor Francesco D'Onofrio che spiegava: «Sul federalismo sono tutti d'accordo con me, solo mia mamma Filomena è contro: sapete, ha una cultura da Trento e Trieste».
Il portavoce del solenne sinedrio benedetto da Umberto Bossi («Io gli ho dato uno schema, poi loro lavorano») e destinato a partorire la riforma poi bocciata nel referendum era il futuro ministro-lampo (17 giorni di mandato fino alle dimissioni pretese dal Quirinale per le grane giudiziarie) Aldo Brancher.
Che spiegò le competenze così: «L'esperto di presidenzialismo è Nania.
Se lui è a far la pennichella state certi che non affrontiamo l'argomento».
La citazione della pennica non era casuale. I «saggi» infatti lavoravano vincendo l'abbiocco dopo pranzi e cene a base di cacciagione, fagioli, patate e vino rosso entrati nel mito.
Tutti uniti. Tanto da spingere Brancher ad ammiccare: «Non lo nego, ci sono stati dei dissapori tra noi. D'Onofrio aveva serie perplessità sulla polenta che ho preparato per cena mercoledì: grigia, alla segale, l'ho fatta con una certa farina integrale che ci arriva da un mulino della Carnia».
La battuta più divertente fu di Francesco Cossiga: «Anch'io un tempo mi occupavo di diritto costituzionale ma di fronte al concentrato di cultura e saggezza che c'è a Lorenzago sarei presuntuoso a pronunziarmi».
Gian Antonio Stella
31 marzo 2013 | 8:36© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La tragicommedia all’italiana - 2
El inciuciamientos, Pd – Pdl si fa,..si fa……
La prima bordata sullo strano minestrone tutto al maschile arriva da Maria Teresa Meli, che osserva che nei 10 saggi non ci sta una donna. Non ci sono “sagge” all’altezza della situazione. La grande bufala delle quote rosa che imperversa da un po’ di anni viene all’improvviso allo scoperto.
I partiti hanno fatto solo marketing per aumentare i propri consensi. E’ po’ difficile non pensare che siamo di fronte ad una grande operazione di merli di massa.
Nell’articolo precedente di G.A. Stella, "L'eterno ritorno al mito dei saggi" si nota chiaramente che tutte le volte che si ricorre ai “saggi” e ai “saggi al cubo” le donne non ci sono mai.
“Le donne non sono sagge,…ovvia, diciamocelo”.
Anche G.A. Stella nota:
……………….che non abbia visto la proposta di ricorrere a un gruppetto di «saggi».
Tre, di solito. E maschi come tutti quelli scelti ieri.
E' un pò difficile non dare ragione a questa mini rivolta sulla carta stampata delle donne.
Elisabetta Gualmini, ad esempio,
43 anni, docente ordinario di Scienza Politica presso l'Universita' Alma Mater di Bologna, presidente dell’Istituto di Ricerca dell’Istituto Cattaneo sempre in Bologna, che ha dato prova di un forte equilibrio nei sui passaggi televisivi.
Se sono intenzionati a non candidarla alla presidenza della Repubblica, ci stava bene pure Emma Bonino che gronda esperienza più di tanti maschietti chiamati da Napolità.
Ma forse King George ha voluto fare un dispetto a Clio per quella peperonata con le melanzane e la salsiccia.
"Mi hai fatto passare una notte da incubo,...e io non metto nell'elenco dei saggi neppure una donna. Tiè.."
Se fosse toccato a Silvietto avrebbe ribaltato la situazione, 10 olgettine e non se ne parla più.
****
Tra i 10 «saggi» nemmeno una donna
Ma ora evitiamo una scelta di riparazione
E uno, e due, e tre…forse arriva al numero otto…no, e neanche al dieci. Semplicemente non c’è.
Tra i saggi incaricati da Giorgio Napolitano di elaborare un mini programma comune a tutte le forze politiche non c’è nemmeno una donna.
Fa impressione in un mondo in cui Obama le promuove dovunque e Merkel si autopromuove molto bene da sola.
A questo punto c’è un’unica cosa che potrebbe essere persino peggiore di questa assenza: se si pensasse di aggiungere a posteriori una rappresentante femminile. Se accadesse, chiunque sia la donna alla quale viene fatta l’offerta, una prece: rifiuti.
Maria Teresa Meli
30 marzo 2013 | 19:25© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/13_marz ... ece6.shtml
El inciuciamientos, Pd – Pdl si fa,..si fa……
La prima bordata sullo strano minestrone tutto al maschile arriva da Maria Teresa Meli, che osserva che nei 10 saggi non ci sta una donna. Non ci sono “sagge” all’altezza della situazione. La grande bufala delle quote rosa che imperversa da un po’ di anni viene all’improvviso allo scoperto.
I partiti hanno fatto solo marketing per aumentare i propri consensi. E’ po’ difficile non pensare che siamo di fronte ad una grande operazione di merli di massa.
Nell’articolo precedente di G.A. Stella, "L'eterno ritorno al mito dei saggi" si nota chiaramente che tutte le volte che si ricorre ai “saggi” e ai “saggi al cubo” le donne non ci sono mai.
“Le donne non sono sagge,…ovvia, diciamocelo”.
Anche G.A. Stella nota:
……………….che non abbia visto la proposta di ricorrere a un gruppetto di «saggi».
Tre, di solito. E maschi come tutti quelli scelti ieri.
E' un pò difficile non dare ragione a questa mini rivolta sulla carta stampata delle donne.
Elisabetta Gualmini, ad esempio,
43 anni, docente ordinario di Scienza Politica presso l'Universita' Alma Mater di Bologna, presidente dell’Istituto di Ricerca dell’Istituto Cattaneo sempre in Bologna, che ha dato prova di un forte equilibrio nei sui passaggi televisivi.
Se sono intenzionati a non candidarla alla presidenza della Repubblica, ci stava bene pure Emma Bonino che gronda esperienza più di tanti maschietti chiamati da Napolità.
Ma forse King George ha voluto fare un dispetto a Clio per quella peperonata con le melanzane e la salsiccia.
"Mi hai fatto passare una notte da incubo,...e io non metto nell'elenco dei saggi neppure una donna. Tiè.."
Se fosse toccato a Silvietto avrebbe ribaltato la situazione, 10 olgettine e non se ne parla più.
****
Tra i 10 «saggi» nemmeno una donna
Ma ora evitiamo una scelta di riparazione
E uno, e due, e tre…forse arriva al numero otto…no, e neanche al dieci. Semplicemente non c’è.
Tra i saggi incaricati da Giorgio Napolitano di elaborare un mini programma comune a tutte le forze politiche non c’è nemmeno una donna.
Fa impressione in un mondo in cui Obama le promuove dovunque e Merkel si autopromuove molto bene da sola.
A questo punto c’è un’unica cosa che potrebbe essere persino peggiore di questa assenza: se si pensasse di aggiungere a posteriori una rappresentante femminile. Se accadesse, chiunque sia la donna alla quale viene fatta l’offerta, una prece: rifiuti.
Maria Teresa Meli
30 marzo 2013 | 19:25© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/13_marz ... ece6.shtml
Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
presidente dell’Istituto di Ricerca dell’Istituto Cattaneo sempre in Bologna, che ha dato prova di un forte equilibrio nei sui passaggi televisivi.
appunto per questo è meglio che non faccia parte di questo strano conclave .
Sulla presenza delle donne in politica c'è tanta ipocrisia.
per lo più si scelgono perchè c'è l'obbligo delle quote rosa e per "farsi belli" sbandierando il numero di donne candidate ( una aberrazione del numero di conquiste amorose )
raramente si scelgono per le competenze perchè raramente si accetta la competizione e il fatto che poi con una donna tocca lavorare sodo e concludere.
Io sono contraria alle quote rosa obbligatorie , sotto elezioni si apre una squallida caccia e si imbarcano persone incapaci solo perchè c'è l'obbligo di genere.
appunto per questo è meglio che non faccia parte di questo strano conclave .
Sulla presenza delle donne in politica c'è tanta ipocrisia.
per lo più si scelgono perchè c'è l'obbligo delle quote rosa e per "farsi belli" sbandierando il numero di donne candidate ( una aberrazione del numero di conquiste amorose )
raramente si scelgono per le competenze perchè raramente si accetta la competizione e il fatto che poi con una donna tocca lavorare sodo e concludere.
Io sono contraria alle quote rosa obbligatorie , sotto elezioni si apre una squallida caccia e si imbarcano persone incapaci solo perchè c'è l'obbligo di genere.
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
erding ha scritto:Su Napolitano concordiamo tutti,
ma... siamo certi che non ha avuto sponda attiva su (buona) parte del PD?
Il comunicato di E. Letta all'uscita dall'incontro avuto con il PdR,
la sua remissiva accettazione, la sua faccia (quasi giuliva) non mi ha affatto convinto.
Non si tratta di incidenti capitati per... NO sono risultati cercati e voluti.E il PD, vedrete, fatto fuori Bersani e guidato da gente che guarda a destra
ci caschera` per la terza volta.
Chi ha vissuto nella prima Repubblica ha potuto apprendere quali siano i giochi di potere resi espliciti dalla Democrazia Cristiana.
Bill Emmott individua nella presenza vaticana attentissima alla politica “dell’amata Italia”, e del cattolicesimo italiano, i guai e l’arretratezza politica della società italiana.
Basta ricordarsi di Todo modo, il romanzo di Sciascia, realizzato dal regista Elio Petri, nel lontano 1975, la cui trama può essere così riassunta (Da Wikipedia).
Trama [modifica]
La vicenda ha luogo in un albergo-eremo-prigione, nel quale capi politici, grandi industriali, banchieri e dirigenti d'azienda, tutti appartenenti alle varie correnti democristiane, si ritrovano per gli annuali ritiri spirituali (ispirati agli esercizi spirituali) di tre giorni per espiare i reati di corruzione e altro che essi erano soliti praticare. Questa volta la riunione avviene in concomitanza con un'epidemia che miete numerose vittime in Italia.
All'interno di questo luogo, chiamato "Zafer", in realtà dovrebbe avvenire una sorta di rinnovamento del partito, della propria struttura, dei propri vertici, dei propri interessi (storicamente, quando il film uscì, era il periodo in cui si iniziò a parlare di compromesso storico tra Dc e PCI) al fine di mantenere il potere nel Paese. Tra litigi continui e violenti, accuse reciproche e poca pratica spirituale, si sviluppa una serie di apparentemente immotivati delitti, che eliminano, uno alla volta, i personaggi di primo piano del partito.
Tra i tantissimi personaggi, vi è il Presidente, interpretato da Gian Maria Volontè, nei panni del capo politico conciliante, bonario, che mira ad accontentare tutti, ma segretamente animato da un'infinita sete di potere e di dominio.
Nelle trame e nei giochi della politica gli ex Dc (ancora per poco), sono maestri.
Hanno concesso un mese di tempo a Bersani perché potesse sbattere definitivamente la testa nel suo tentativo di poter ottenere un via libera dai 5S.
Fioroni, Bindi, Gentilò, ed altri erano decisamente contrari ad un accordo con il M5S.
Fioroni e Gentilò fanno parte della cordata degli “inciucisti”.
Perché la cordata degli “inciucisti” potesse avere il via libera, necessitava che Bersani si rovinasse con le sue mani in un tentativo disperato che si dall’inizio non trovava sbocchi.
La politica, in modo particolare a quei livelli, è basata su “interesse e convenienza”.
Questa è la base di ogni mossa ed operazione.
La cordata degli “inciucisti” aveva tutto l’interesse che Bersani fallisse per fare l’inciucio con Berlusconi, e non solo.
L’ipocrisia politica, ma anche giornalistica è quella dell’interesse di far credere che il Pd sia un partito di Csx.
Non solo, il garantito, a Piazza San Giovanni, per aizzare la folla in un discorso di matrice mussoliniana, ha riesumato i comunisti.
Ha sostenuto che gli ex comunisti del Pd sono sempre tali.
In realtà, per correttezza nei confronti degli elettori, soprattutto di quelli facilmente influenzabili o che credono a tutte le balle che gli raccontano, il Pd rappresenta il terzo partito di Cdx.
Oggi più che mai, perché fino alla settimana scorsa, le deboli tracce di sinistra del Pd dovevano essere rilevate con il microscopio elettronico.
Bersani doveva farsi mandare un vagone cisterna ogni mese da Parigi di “Eau de gauche” per potersi profumare di sinistra.
Adesso che hanno fatto fuori Bersani è interamente un partito di Cdx, anche se la sceneggiata degli inciucisti per non perdere l’elettorato di base che non si è ancora accorto che sono di destra,continua e continuerà per òplto a spcciarsi di sinistra.
Fa comodo per i giochi futuri.
Ultima modifica di camillobenso il 01/04/2013, 6:49, modificato 1 volta in totale.
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
Amadeus ha scritto:presidente dell’Istituto di Ricerca dell’Istituto Cattaneo sempre in Bologna, che ha dato prova di un forte equilibrio nei sui passaggi televisivi.
appunto per questo è meglio che non faccia parte di questo strano conclave .
Sulla presenza delle donne in politica c'è tanta ipocrisia.
per lo più si scelgono perchè c'è l'obbligo delle quote rosa e per "farsi belli" sbandierando il numero di donne candidate ( una aberrazione del numero di conquiste amorose )
raramente si scelgono per le competenze perchè raramente si accetta la competizione e il fatto che poi con una donna tocca lavorare sodo e concludere.
Io sono contraria alle quote rosa obbligatorie , sotto elezioni si apre una squallida caccia e si imbarcano persone incapaci solo perchè c'è l'obbligo di genere.
Dipende da quello che si vuole ottenere.
La partita numero uno che si sta giocando è la salvezza del Paese.
Questo Napolitano lo sa molto bene, ma inevitabilmente, la sua grande debolezza, che mai i giornali metteranno nero su bianco, è il ricatto di fondo berlusconiano.
Quando i bucaneros berlusconiani parlano di “saggezza del presidente”, in realtà pensano ad altro, alla possibilità di condizionarlo con quanto dispongono nelle loro informazioni.
Nel tentativo di salvare l’Italia, Napolitano è obbligato a salvare anche Berlusconi.
In questo caso la presenza di persona neutra, e per giunta donna è di ostacolo alla salvezza del garantito, e quindi, è meglio che stia fuori.
Ma la salvezza del Paese è un dato che rimane fondamentale e qui ci vuole gente che abbia le idee chiare, senza distinzione di sesso.
Per quanto riguarda le quota rose obbligatorie sono contrario anch'io, perché è solo una grande bufala per merli.
Perché dovrei fare il pieno di quote rosa se poi non sono all'altezza del compito?
Viceversa, perché devo avvalermi di soli maschi se le donne in una certa fase sono più qualificate?
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La vicenda ha luogo in un albergo-eremo-prigione, nel quale capi politici, grandi industriali, banchieri e dirigenti d'azienda, tutti appartenenti alle varie correnti democristiane, si ritrovano per gli annuali ritiri spirituali (ispirati agli esercizi spirituali) di tre giorni per espiare i reati di corruzione e altro che essi erano soliti praticare
E’ questo che associato alla tradizione cattolica della confessione, Bill Emmott, ritiene uno degli aspetti più deleteri del cattolicesimo di cui è impregnata la società italiana.
Fare tre giorni di ritiri spirituali, per i cattolici è come portare le camicie in tintoria.
Le porti sporche e te le restituiscono pulite, pronte per essere riutilizzate. Lo stesso dicasi per la corruzione. Si pentono delle corruzioni passate, ma quando escono dall'eremo sono pronti a ricominciare.
Nelle altre religioni che sono presenti a Nord di Chiasso che non siano cattoliche l’evoluzione in questo senso è rilevante.
I mercanti nel Tempio erano fortissimamente contrari al divorzio, perché gli toglieva una fetta di mercato.
La Sacra Rota è stata una loro invenzione.
Potevano accederci solo coloro chi disponevano di grandi quantità di denaro che potesse permettersi l’annullamento del matrimonio.
L’annullamento del matrimonio attuato dallo Stato a prezzi popolari gli ha rovinato il mercato.
E’ questo che associato alla tradizione cattolica della confessione, Bill Emmott, ritiene uno degli aspetti più deleteri del cattolicesimo di cui è impregnata la società italiana.
Fare tre giorni di ritiri spirituali, per i cattolici è come portare le camicie in tintoria.
Le porti sporche e te le restituiscono pulite, pronte per essere riutilizzate. Lo stesso dicasi per la corruzione. Si pentono delle corruzioni passate, ma quando escono dall'eremo sono pronti a ricominciare.
Nelle altre religioni che sono presenti a Nord di Chiasso che non siano cattoliche l’evoluzione in questo senso è rilevante.
I mercanti nel Tempio erano fortissimamente contrari al divorzio, perché gli toglieva una fetta di mercato.
La Sacra Rota è stata una loro invenzione.
Potevano accederci solo coloro chi disponevano di grandi quantità di denaro che potesse permettersi l’annullamento del matrimonio.
L’annullamento del matrimonio attuato dallo Stato a prezzi popolari gli ha rovinato il mercato.
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La tragicommedia all’italiana - 3
El inciuciamientos ferial, Pd – Pdl, si fa,..si fa……
31 MAR 19:39
LA SAGGEZZA E’ FEMMINA MA I “SAGGI” SONO TUTTI MASCHI
Invece di essere felici di non essere finite in mezzo a un gruppo di presunti “saggi” che fanno la pipì in piedi e fuori dal vaso, le donne si indignano per la scelta maschilista di Napolitano si affida a una “sporca decina” di “old boys”, tutti rigorosamente maschi...
Mariella Gramaglia per La Stampa
A un certo punto era invalsa la moda, per fare un po' gli americani, di chiamare «padri costituenti» i parlamentari che hanno redatto la nostra Costituzione. Errore grave. Le «madri costituenti» erano ventuno, pochissime su 556 eletti, ma era il lontano 1946. Nella vicina incerta primavera del 2013 scopriamo, invece, che le «sagge» non esistono. I saggi, specie rara e preziosa, appartengono a un unico genere, quello maschile.
Solo un manipolo di uomini coraggiosi può essere chiamato a una missione impossibile: stendere, nella minuscola manciata di giorni che ci separa dalla conclusione del mandato del Presidente Napolitano, un microprogramma di breve fase, ma sufficientemente dignitoso e preciso da poter vestire come un guanto la mano di colui (su colei nutriamo poche speranze, date le premesse) che potrebbe succedere a Mario Monti. Insomma un miracolo, cui dar corpo prima che cali il quindicesimo sole. Un miracolo da veri uomini.
Eppure Giorgio Napolitano non ha mai mancato di lodare il talento femminile in politica, ha dichiarato che sarebbe tempo che fosse una donna a succedergli, ha più volte aggiustato la barra del timone quando governava un presidente del Consiglio convinto che la locuzione «dignità femminile» appartenesse a una lingua strana, o addirittura morta, il gaelico, l'ostrogoto, o chissà...
Dunque perché il Presidente ha fatto una simile scelta? La fretta, l'ansia, l'assillo di rendersi utile al Paese con la massima rapidità non spiegano tutto.
Nel leggere i nomi viene in mente un'altra possibile soluzione dell'enigma. Il fatidico secondo livello: per poter esercitare una mediazione di questo tipo devi avere potere da molti anni. Avere delle truppe su cui contare nel caso dei politici. Essere saldamente al vertice di enti e istituzioni nel caso dei tecnici. Insomma, essere in quella cerchia che gli inglesi chiamano «old boys network».
E se fossero proprio gli «old boys», e le loro reti, ad averci fatti colare a picco? Questo Parlamento sarà pure poggiato sulla faglia di un terremoto, tuttavia, senza particolari costrizioni regolamentari, ci ha regalato un'assemblea ringiovanita di dieci anni e una percentuale di donne mai vista prima. Almeno da questo punto di vista gli italiani e le italiane - che hanno lasciato pencolare senza maggioranza il Senato della repubblica - si sono espressi con molto chiarezza. Vogliono più donne e più persone giovani a rappresentarli. E' un messaggio culturale, oltre che politico.
Invece siamo tutti qui, in attesa del verdetto di dieci autorevolissimi e attempati signori.
Bisogna ammettere che, nelle stesse condizioni, i cardinali non se la sono cavata troppo male. Noi laici, però, abbiamo il vantaggio della libertà di scelta e lo svantaggio che ci fa difetto l'assistenza dello Spirito Santo.
El inciuciamientos ferial, Pd – Pdl, si fa,..si fa……
31 MAR 19:39
LA SAGGEZZA E’ FEMMINA MA I “SAGGI” SONO TUTTI MASCHI
Invece di essere felici di non essere finite in mezzo a un gruppo di presunti “saggi” che fanno la pipì in piedi e fuori dal vaso, le donne si indignano per la scelta maschilista di Napolitano si affida a una “sporca decina” di “old boys”, tutti rigorosamente maschi...
Mariella Gramaglia per La Stampa
A un certo punto era invalsa la moda, per fare un po' gli americani, di chiamare «padri costituenti» i parlamentari che hanno redatto la nostra Costituzione. Errore grave. Le «madri costituenti» erano ventuno, pochissime su 556 eletti, ma era il lontano 1946. Nella vicina incerta primavera del 2013 scopriamo, invece, che le «sagge» non esistono. I saggi, specie rara e preziosa, appartengono a un unico genere, quello maschile.
Solo un manipolo di uomini coraggiosi può essere chiamato a una missione impossibile: stendere, nella minuscola manciata di giorni che ci separa dalla conclusione del mandato del Presidente Napolitano, un microprogramma di breve fase, ma sufficientemente dignitoso e preciso da poter vestire come un guanto la mano di colui (su colei nutriamo poche speranze, date le premesse) che potrebbe succedere a Mario Monti. Insomma un miracolo, cui dar corpo prima che cali il quindicesimo sole. Un miracolo da veri uomini.
Eppure Giorgio Napolitano non ha mai mancato di lodare il talento femminile in politica, ha dichiarato che sarebbe tempo che fosse una donna a succedergli, ha più volte aggiustato la barra del timone quando governava un presidente del Consiglio convinto che la locuzione «dignità femminile» appartenesse a una lingua strana, o addirittura morta, il gaelico, l'ostrogoto, o chissà...
Dunque perché il Presidente ha fatto una simile scelta? La fretta, l'ansia, l'assillo di rendersi utile al Paese con la massima rapidità non spiegano tutto.
Nel leggere i nomi viene in mente un'altra possibile soluzione dell'enigma. Il fatidico secondo livello: per poter esercitare una mediazione di questo tipo devi avere potere da molti anni. Avere delle truppe su cui contare nel caso dei politici. Essere saldamente al vertice di enti e istituzioni nel caso dei tecnici. Insomma, essere in quella cerchia che gli inglesi chiamano «old boys network».
E se fossero proprio gli «old boys», e le loro reti, ad averci fatti colare a picco? Questo Parlamento sarà pure poggiato sulla faglia di un terremoto, tuttavia, senza particolari costrizioni regolamentari, ci ha regalato un'assemblea ringiovanita di dieci anni e una percentuale di donne mai vista prima. Almeno da questo punto di vista gli italiani e le italiane - che hanno lasciato pencolare senza maggioranza il Senato della repubblica - si sono espressi con molto chiarezza. Vogliono più donne e più persone giovani a rappresentarli. E' un messaggio culturale, oltre che politico.
Invece siamo tutti qui, in attesa del verdetto di dieci autorevolissimi e attempati signori.
Bisogna ammettere che, nelle stesse condizioni, i cardinali non se la sono cavata troppo male. Noi laici, però, abbiamo il vantaggio della libertà di scelta e lo svantaggio che ci fa difetto l'assistenza dello Spirito Santo.
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La tragicommedia all’italiana - 4
El inciuciamientos ferial, Pd – Pdl, si fa,..si fa……
Presidente, adesso nomini un Consiglio di dieci sagge
di Lorella Zanardo
| 31 marzo 2013Commenti (461)
Al Presidente
apprendiamo con sconcerto e sdegno della nomina di un consiglio di dieci saggi, che dovrebbero supportare il Paese in questo gravissimo momento, e che non prevede alcuna donna.
Riteniamo che il 54% della popolazione debba essere rappresentato tanto più oggi quando le donne stanno svolgendo un ruolo decisivo e irrinunciabile in sostituzione di un welfare spesso inesistente.
Gli ultimi 4 anni ci hanno viste protagoniste di lotte degnissime con l’obbiettivo di chiedere il rispetto del terzo articolo della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica sociale del Paese”.
Le bambine e le ragazze ci osservano e chiedono di crescere potendo esprimere appieno il loro potenziale. Vorremmo Presidente che le Istituzioni tornassero a essere esempio e ispirazione delle loro e delle nostre vite.
Le chiediamo che venga al più presto nominato un Consiglio di 10 sagge che operi insieme al Consiglio già nominato, e con eguali poteri e dignità.
Distinti saluti
Chi lo ritiene opportuno può scrivere qui: https://servizi.quirinale.it/webmail/
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Presidente, adesso nomini un Consiglio di dieci sagge
di Lorella Zanardo
| 31 marzo 2013Commenti (461)
Al Presidente
apprendiamo con sconcerto e sdegno della nomina di un consiglio di dieci saggi, che dovrebbero supportare il Paese in questo gravissimo momento, e che non prevede alcuna donna.
Riteniamo che il 54% della popolazione debba essere rappresentato tanto più oggi quando le donne stanno svolgendo un ruolo decisivo e irrinunciabile in sostituzione di un welfare spesso inesistente.
Gli ultimi 4 anni ci hanno viste protagoniste di lotte degnissime con l’obbiettivo di chiedere il rispetto del terzo articolo della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica sociale del Paese”.
Le bambine e le ragazze ci osservano e chiedono di crescere potendo esprimere appieno il loro potenziale. Vorremmo Presidente che le Istituzioni tornassero a essere esempio e ispirazione delle loro e delle nostre vite.
Le chiediamo che venga al più presto nominato un Consiglio di 10 sagge che operi insieme al Consiglio già nominato, e con eguali poteri e dignità.
Distinti saluti
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La tragicommedia all’italiana - 5
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Nuovo governo, i saggi dell’inciucio e la salvezza di Berlusconi
30 marzo 2013Commenti (621)
E’ difficile dire se i nomi proposti da Napolitano per le due “commissioni” costituiscano una indecenza o una esplicita provocazione contro milioni e milioni di cittadini che chiedono che si volti pagina.
Si tratta infatti di “commissioni” per l’inciucio più spudorato, non per la soluzione dei problemi del paese.
La commissione “istituzionale” vede il sen. Mario Mauro (cioè Monti), il sen. Gaetano Quagliariello (cioè Berlusconi) e il prof. Luciano Violante (che non rappresenta neppure il Pd, ma solo l’ala più becera del Pd).
Secondo Napolitano il M5S non fa parte del Parlamento?
Una epurazione del genere è al limite del golpismo.
Quanto all’unico “intellettuale” o “tecnico”, l’ultima esternazione del professor Onida è avvenuta su Radio Popolare, rilanciata prontamente ed entusiasticamente dal Giornale (di Berlusconi) per sostenere che Berlusconi è perfettamente eleggibile (ma pensa un po’).
Avevo sostenuto che Napolitano stava disputando a Cossiga il titolo di peggior Presidente della Repubblica, ma è ormai palese che lo ha definitivamente superato.
Spero che una grande ventata di democratica indignazione sia già cominciata a soffiare tra i cittadini italiani che hanno ancora a cuore la Costituzione e i suoi valori di giustizia e libertà.
Sia chiaro, Grillo e Casaleggio hanno fatto malissimo a non proporre loro un nome per la Presidenza del Consiglio, limitandosi a ripetere che “deve dare il governo a noi” (se non fate un nome per il Presidente del Consiglio nessuno può dare al M5S nessun incarico), ma è ormai lapalissiano che Napolitano vuole semplicemente salvare Berlusconi, malgrado in Parlamento vi sia per la prima volta una maggioranza potenziale che potrebbe decretarne l’ineleggibilità, liberando il paese dai miasmi di un quasi ventennio di illegalità, rendendo possibile una inedita soluzione governativa e consentendo all’Italia di tornare ad essere credibile in Europa.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03 ... ni/547575/
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Nuovo governo, i saggi dell’inciucio e la salvezza di Berlusconi
30 marzo 2013Commenti (621)
E’ difficile dire se i nomi proposti da Napolitano per le due “commissioni” costituiscano una indecenza o una esplicita provocazione contro milioni e milioni di cittadini che chiedono che si volti pagina.
Si tratta infatti di “commissioni” per l’inciucio più spudorato, non per la soluzione dei problemi del paese.
La commissione “istituzionale” vede il sen. Mario Mauro (cioè Monti), il sen. Gaetano Quagliariello (cioè Berlusconi) e il prof. Luciano Violante (che non rappresenta neppure il Pd, ma solo l’ala più becera del Pd).
Secondo Napolitano il M5S non fa parte del Parlamento?
Una epurazione del genere è al limite del golpismo.
Quanto all’unico “intellettuale” o “tecnico”, l’ultima esternazione del professor Onida è avvenuta su Radio Popolare, rilanciata prontamente ed entusiasticamente dal Giornale (di Berlusconi) per sostenere che Berlusconi è perfettamente eleggibile (ma pensa un po’).
Avevo sostenuto che Napolitano stava disputando a Cossiga il titolo di peggior Presidente della Repubblica, ma è ormai palese che lo ha definitivamente superato.
Spero che una grande ventata di democratica indignazione sia già cominciata a soffiare tra i cittadini italiani che hanno ancora a cuore la Costituzione e i suoi valori di giustizia e libertà.
Sia chiaro, Grillo e Casaleggio hanno fatto malissimo a non proporre loro un nome per la Presidenza del Consiglio, limitandosi a ripetere che “deve dare il governo a noi” (se non fate un nome per il Presidente del Consiglio nessuno può dare al M5S nessun incarico), ma è ormai lapalissiano che Napolitano vuole semplicemente salvare Berlusconi, malgrado in Parlamento vi sia per la prima volta una maggioranza potenziale che potrebbe decretarne l’ineleggibilità, liberando il paese dai miasmi di un quasi ventennio di illegalità, rendendo possibile una inedita soluzione governativa e consentendo all’Italia di tornare ad essere credibile in Europa.
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Re: Napolitano: "Resto". E annuncia due gruppi di "saggi"
La tragicommedia all’italiana - 5
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I saggi di Napolitano a sigillo di un pessimo settennato
di Peter Gomez
| 31 marzo 2013Commenti (4060)
Giorgio Napolitano di peggio non poteva fare. A coronamento di un brutto settennato, che solo una Casta politica e giornalistica sempre più scollegata dalla realtà riesce a continuare a osannare, il futuro ex presidente della Repubblica affida a dieci supposti saggi il compito di concordare un pugno di riforme istituzionali ed economiche. Tra di loro non ci sono donne e non ci sono giovani. In compenso nell’elenco compaiono cariatidi in politica da 40 anni e dinosauri dell’italica burocrazia.
Ci sono garanti nominati alla testa delle loro Authorithy (Giovanni Pitruzzella) non per la “notoria indipendenza” o per la specifica competenza, ma perché legati da rapporti di amicizia e professionali con l’attuale capogruppo Pdl al Senato, Renato Schifani. Ci sono parlamentari (il leghista Giancarlo Giorgetti) che conoscono le regole dell’omertà da quando hanno ricevuto e poi restituito – senza denunciare nulla – una busta piena di soldi gentilmente portata dall’ex big boss della Banca Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani; ex magistrati di sinistra folgorati dalla politica (Luciano Violante) e specializzati nel compromesso opaco alle spalle di elettori e cittadini. Poi, ovviamente, c’è Gaetano Quagliariello, passato con nonchalance dalle file del Partito Radicale ai banchi del Pdl da dove, dopo la morte di Eluana Englaro, dava degli assassini agli avversari.
Insomma, salvo rare eccezioni, la lista dei saggi che dovrebbe portare a un nuovo governo indicando al Paese le quattro o cinque cose importanti da fare nei prossimi mesi, è una perfetta fotografia della classe dirigente, bugiarda, incompetente e voltagabbana, che lo ha affossato.
Questa volta però non basta prendersela con i partiti cattivi. O con il risultato elettorale confuso che obbliga il Parlamento a trovare qualche tipo di accordo. Il responsabile di questo scempio, va detto chiaro, è Giorgio Napolitano: il Capo dello Stato che, se proprio riteneva che la strada dei saggi fosse quella da seguire (cosa che dubitiamo), aveva il dovere di trovare dei nomi diversi. Oppure, e avrebbe fatto bene, avrebbe dovuto dimettersi senza indugio, in modo da far eleggere subito un successore. Un nuovo Presidente che, forte del voto appena ricevuto e del potere di sciogliere le Camere, mettesse immediatamente i partiti davanti all’alternativa: o trovate il modo di dare la fiducia a un governo, o andate a casa.
Ma Napolitano ha deciso altrimenti. E adesso è nudo di fronte a un Paese costretto a poco a poco ad accorgersi della realtà: i risultati politici dei suoi sette anni al Colle di fatto non esistono, quelli istituzionali neppure.
Dietro le spalle di Re Giorgio restano solo una serie di moniti e appelli – dalla riforma elettorale alla situazione delle carceri – sempre inascoltati; la promulgazione, senza tentennamenti, di tutte le leggi ad personam di Berlusconi (dal Lodo Alfano al legittimo impedimento) poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta; le risposte stizzite rivolte ai cittadini che subito dopo l’approvazione dello scudo fiscale, gli chiedevano: «Presidente, non firmi, lo faccia per le persone oneste».
Restano gli interventi a piedi uniti nelle indagini della magistratura e il fallimento dell’operazione Mario Monti, il tecnico che doveva essere il suo successore e che invece gli ha voltato le spalle entrando, con poco successo, direttamente in politica. Dietro Napolitano rimane insomma solo un cumulo di partitocratiche macerie. E adesso l’unica cosa saggia da fare non è affidarsi ai suoi supposti saggi, ma pensare a scegliere un capo dello Stato nuovo che non provenga dalle file dei partiti. Un uomo, o una donna, che conosca l’Italia per davvero e non solo la toponomastica delle stanze e delle segreterie dei Palazzi del Potere.
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I saggi di Napolitano a sigillo di un pessimo settennato
di Peter Gomez
| 31 marzo 2013Commenti (4060)
Giorgio Napolitano di peggio non poteva fare. A coronamento di un brutto settennato, che solo una Casta politica e giornalistica sempre più scollegata dalla realtà riesce a continuare a osannare, il futuro ex presidente della Repubblica affida a dieci supposti saggi il compito di concordare un pugno di riforme istituzionali ed economiche. Tra di loro non ci sono donne e non ci sono giovani. In compenso nell’elenco compaiono cariatidi in politica da 40 anni e dinosauri dell’italica burocrazia.
Ci sono garanti nominati alla testa delle loro Authorithy (Giovanni Pitruzzella) non per la “notoria indipendenza” o per la specifica competenza, ma perché legati da rapporti di amicizia e professionali con l’attuale capogruppo Pdl al Senato, Renato Schifani. Ci sono parlamentari (il leghista Giancarlo Giorgetti) che conoscono le regole dell’omertà da quando hanno ricevuto e poi restituito – senza denunciare nulla – una busta piena di soldi gentilmente portata dall’ex big boss della Banca Popolare di Lodi, Giampiero Fiorani; ex magistrati di sinistra folgorati dalla politica (Luciano Violante) e specializzati nel compromesso opaco alle spalle di elettori e cittadini. Poi, ovviamente, c’è Gaetano Quagliariello, passato con nonchalance dalle file del Partito Radicale ai banchi del Pdl da dove, dopo la morte di Eluana Englaro, dava degli assassini agli avversari.
Insomma, salvo rare eccezioni, la lista dei saggi che dovrebbe portare a un nuovo governo indicando al Paese le quattro o cinque cose importanti da fare nei prossimi mesi, è una perfetta fotografia della classe dirigente, bugiarda, incompetente e voltagabbana, che lo ha affossato.
Questa volta però non basta prendersela con i partiti cattivi. O con il risultato elettorale confuso che obbliga il Parlamento a trovare qualche tipo di accordo. Il responsabile di questo scempio, va detto chiaro, è Giorgio Napolitano: il Capo dello Stato che, se proprio riteneva che la strada dei saggi fosse quella da seguire (cosa che dubitiamo), aveva il dovere di trovare dei nomi diversi. Oppure, e avrebbe fatto bene, avrebbe dovuto dimettersi senza indugio, in modo da far eleggere subito un successore. Un nuovo Presidente che, forte del voto appena ricevuto e del potere di sciogliere le Camere, mettesse immediatamente i partiti davanti all’alternativa: o trovate il modo di dare la fiducia a un governo, o andate a casa.
Ma Napolitano ha deciso altrimenti. E adesso è nudo di fronte a un Paese costretto a poco a poco ad accorgersi della realtà: i risultati politici dei suoi sette anni al Colle di fatto non esistono, quelli istituzionali neppure.
Dietro le spalle di Re Giorgio restano solo una serie di moniti e appelli – dalla riforma elettorale alla situazione delle carceri – sempre inascoltati; la promulgazione, senza tentennamenti, di tutte le leggi ad personam di Berlusconi (dal Lodo Alfano al legittimo impedimento) poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta; le risposte stizzite rivolte ai cittadini che subito dopo l’approvazione dello scudo fiscale, gli chiedevano: «Presidente, non firmi, lo faccia per le persone oneste».
Restano gli interventi a piedi uniti nelle indagini della magistratura e il fallimento dell’operazione Mario Monti, il tecnico che doveva essere il suo successore e che invece gli ha voltato le spalle entrando, con poco successo, direttamente in politica. Dietro Napolitano rimane insomma solo un cumulo di partitocratiche macerie. E adesso l’unica cosa saggia da fare non è affidarsi ai suoi supposti saggi, ma pensare a scegliere un capo dello Stato nuovo che non provenga dalle file dei partiti. Un uomo, o una donna, che conosca l’Italia per davvero e non solo la toponomastica delle stanze e delle segreterie dei Palazzi del Potere.
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