quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
La maionese impazzita chiamata Pd - 18
Il misterioso sfascista su Marte tornato sulla Terra per violare la ferrea presidente piddosaura, ha un nome e cognome, lo quereli.
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…».
La Marzano abbiamo potuto vedere che è tutt'altro che stupida, ma non sapeva che il suo ruolo è quello dello schiacciabottoni.
Strano però che Civati, che non sta in Francia non sappia pure lui che era stato chiamato a fare lo schiabottoni portando doglianze analoghe.
"Ma perché non stanno zitti", vogliono rovinare i piddosauri???
Bindi: «Bersani? Ci tiene in ostaggio»
Michele Fusco
Roma - Rimane calma. Insospettabilmente calma. Pronunci il nome di Renzi con estrema circospezione, consapevole dei rischi, eppure Rosy Bindi non ti salta alla giugulare. Ti guarda, sospira, mentre le sciorini il tono del giovincello toscano che in questi giorni, sui giornali e alle televisioni, sta recitando in salse plurime e saporite il de profundis di Bersani, dei bersaniani, e dell’intero Partito democratico, almeno concepito com’è oggi.
Sbuffa, questo è il massimo della reazione consentita a una delle grandissime nemiche di Matteo Renzi, la rottamanda non rottamata, l’obiettivo preferito dei suoi strali nuovisti, la “vecchia” democristiana che non gli ha ceduto il passo come invece hanno fatto D’Alema e Veltroni. Rosy Bindi non si inquieta, riflette semmai, e dice semplicemente che «Renzi sta facendo il suo in questo momento, sta dicendo cose che pensano molti cittadini» e allora il segnale è chiaro, inequivocabile, nell’algebra politica che pure è sempre così confusa ma stavolta no. Se la Bindi non gli risponde per le rime, se non gli dà (più) addosso, significa che il vento (là fuori) è cambiato – ma questo lo abbiamo capito anche noi cittadini – ma soprattutto appare chiaro che sta cambiando dentro, dentro il Pd.
Per portare la Bindi sull’orlo di una crisi di nervi non serve più l’olio di ricino somministrato da un toscano come lei, seppure non le piacciano neppure adesso i toni, la sbrigatività liquidatoria, quel ditino puntato sulle magagne del Pd da parte del sindaco di Firenze. Questa donna coriacea sente in qualche modo che la battaglia contro Renzi è definitivamente persa, almeno in quella geometria poco variabile che comprendeva Pierluigi Bersani come unico avversario.
La firma sulla sconfitta è certificata soprattutto dal fallimento di Bersani stesso, dalla sua cocciutaggine, dalla preoccupante mancanza di senso del partito. Il segretario, l’uomo che in questi ultimi mesi ha gettato via l’ultimo miglio che lo vedeva in netto vantaggio e che ora ha mandato in soffitta le residue speranze del Colle di mettere in piedi uno straccio di governo. Perchè è su questo che Rosy Bindi è ferma e picchia duro. Sulla testardaggine di un segretario che ha badato a se stesso e alla sua sopravvivenza.
Presidente, le chiediamo, perché non avete proposto a Napolitano un nome terzo, autorevole e sopra le parti, che potesse far calare su tutti i partiti un ulteriore carico di responsabilità? (Le facciamo come esempio il nome di Rodotà). La Bindi rimane in silenzio per qualche istante, poi certifica il suo definitivo distacco da un certo modo di governare il Partito democratico: «Semplice, perché Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, quella sera ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con estrema forza e convinzione.
A quel punto che poteva fare il Capo dello Stato senza un passo indietro palese del presidente che aveva incaricato? Ha preso tempo e poi, come sappiamo, ha proposto i saggi». Nella strategia fallimentare del segretario, Bindi fa comprendere anche il rapporto con il Movimento 5 Stelle e ne identifica il passaggio stretto ancora e sempre in quella mancata rinuncia all’incarico di Bersani: «Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico, come poteva essere Rodotà ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì…».
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…». Lo sguardo sul domani è buio. Se chiediamo a Rosy Bindi se il partito non si senta ostaggio di un segretario che sembra aver ingaggiato una lotta troppo personale, non riesce a negarsi la gravità della situazione: «E’ così, purtroppo. Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva».
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013 ... iene.shtml
Il misterioso sfascista su Marte tornato sulla Terra per violare la ferrea presidente piddosaura, ha un nome e cognome, lo quereli.
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…».
La Marzano abbiamo potuto vedere che è tutt'altro che stupida, ma non sapeva che il suo ruolo è quello dello schiacciabottoni.
Strano però che Civati, che non sta in Francia non sappia pure lui che era stato chiamato a fare lo schiabottoni portando doglianze analoghe.
"Ma perché non stanno zitti", vogliono rovinare i piddosauri???
Bindi: «Bersani? Ci tiene in ostaggio»
Michele Fusco
Roma - Rimane calma. Insospettabilmente calma. Pronunci il nome di Renzi con estrema circospezione, consapevole dei rischi, eppure Rosy Bindi non ti salta alla giugulare. Ti guarda, sospira, mentre le sciorini il tono del giovincello toscano che in questi giorni, sui giornali e alle televisioni, sta recitando in salse plurime e saporite il de profundis di Bersani, dei bersaniani, e dell’intero Partito democratico, almeno concepito com’è oggi.
Sbuffa, questo è il massimo della reazione consentita a una delle grandissime nemiche di Matteo Renzi, la rottamanda non rottamata, l’obiettivo preferito dei suoi strali nuovisti, la “vecchia” democristiana che non gli ha ceduto il passo come invece hanno fatto D’Alema e Veltroni. Rosy Bindi non si inquieta, riflette semmai, e dice semplicemente che «Renzi sta facendo il suo in questo momento, sta dicendo cose che pensano molti cittadini» e allora il segnale è chiaro, inequivocabile, nell’algebra politica che pure è sempre così confusa ma stavolta no. Se la Bindi non gli risponde per le rime, se non gli dà (più) addosso, significa che il vento (là fuori) è cambiato – ma questo lo abbiamo capito anche noi cittadini – ma soprattutto appare chiaro che sta cambiando dentro, dentro il Pd.
Per portare la Bindi sull’orlo di una crisi di nervi non serve più l’olio di ricino somministrato da un toscano come lei, seppure non le piacciano neppure adesso i toni, la sbrigatività liquidatoria, quel ditino puntato sulle magagne del Pd da parte del sindaco di Firenze. Questa donna coriacea sente in qualche modo che la battaglia contro Renzi è definitivamente persa, almeno in quella geometria poco variabile che comprendeva Pierluigi Bersani come unico avversario.
La firma sulla sconfitta è certificata soprattutto dal fallimento di Bersani stesso, dalla sua cocciutaggine, dalla preoccupante mancanza di senso del partito. Il segretario, l’uomo che in questi ultimi mesi ha gettato via l’ultimo miglio che lo vedeva in netto vantaggio e che ora ha mandato in soffitta le residue speranze del Colle di mettere in piedi uno straccio di governo. Perchè è su questo che Rosy Bindi è ferma e picchia duro. Sulla testardaggine di un segretario che ha badato a se stesso e alla sua sopravvivenza.
Presidente, le chiediamo, perché non avete proposto a Napolitano un nome terzo, autorevole e sopra le parti, che potesse far calare su tutti i partiti un ulteriore carico di responsabilità? (Le facciamo come esempio il nome di Rodotà). La Bindi rimane in silenzio per qualche istante, poi certifica il suo definitivo distacco da un certo modo di governare il Partito democratico: «Semplice, perché Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, quella sera ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con estrema forza e convinzione.
A quel punto che poteva fare il Capo dello Stato senza un passo indietro palese del presidente che aveva incaricato? Ha preso tempo e poi, come sappiamo, ha proposto i saggi». Nella strategia fallimentare del segretario, Bindi fa comprendere anche il rapporto con il Movimento 5 Stelle e ne identifica il passaggio stretto ancora e sempre in quella mancata rinuncia all’incarico di Bersani: «Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico, come poteva essere Rodotà ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì…».
Fa ancora a tempo, Rosy Bindi, a riacquistare interamente la sua vis a-diplomatica, quando le accenniamo a una fresca deputata piddina, tal filosofa Marzano, esule professoressa in Francia riportata in Patria (come da lei stessa confessato) da duo Letta-Bersani, che alle “Invasioni barbariche” della Bignardi si era lamentata del nulla lavorativo che toccava ai novelli deputati, facendone questione di decoro collettivo. «Ma perché non stanno zitte, farebbero meglio, è troppo facile sparare ora che tutto è paralizzato, non ci sono nemmeno le commissioni, non c’è nulla…». Lo sguardo sul domani è buio. Se chiediamo a Rosy Bindi se il partito non si senta ostaggio di un segretario che sembra aver ingaggiato una lotta troppo personale, non riesce a negarsi la gravità della situazione: «E’ così, purtroppo. Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva».
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013 ... iene.shtml
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Re: quo vadis PD ????
Visto a in Onda
La teoria del caos nei media e nella fiction
Il termine "teoria del caos" ha colpito parte dell'immaginario collettivo ed è entrata a far parte della cultura pop, insieme all'effetto farfalla. Nella grande maggioranza dei lavori la teoria del caos è rappresentata soprattutto come negazione del riduzionismo o in relazione all'effetto farfalla. Quest'ultimo (inteso come l'influenza di fatti minimi sul corso degli eventi) era già rappresentato in un racconto di Ray Bradbury, Rumore di tuono, pubblicato nel 1952 e quindi antecedente alla teoria. Questo racconto viene da taluni ritenuto tra i "precursori". Un ulteriore rilevante riferimento letterario è poi il romanzo di Joyce Finnegans wake, per la creazione del neologismo caosmosi, concetto poi molto utilizzato nella filosofia contemporanea e estremamente interessante per la sua possibile funzionalizzazione teorica.
La teoria del caos nei media e nella fiction
Il termine "teoria del caos" ha colpito parte dell'immaginario collettivo ed è entrata a far parte della cultura pop, insieme all'effetto farfalla. Nella grande maggioranza dei lavori la teoria del caos è rappresentata soprattutto come negazione del riduzionismo o in relazione all'effetto farfalla. Quest'ultimo (inteso come l'influenza di fatti minimi sul corso degli eventi) era già rappresentato in un racconto di Ray Bradbury, Rumore di tuono, pubblicato nel 1952 e quindi antecedente alla teoria. Questo racconto viene da taluni ritenuto tra i "precursori". Un ulteriore rilevante riferimento letterario è poi il romanzo di Joyce Finnegans wake, per la creazione del neologismo caosmosi, concetto poi molto utilizzato nella filosofia contemporanea e estremamente interessante per la sua possibile funzionalizzazione teorica.
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Re: quo vadis PD ????
LA MARCIA SCOMPOSTA DEL PD VERSO BERLUSCONI
(Wanda Marra).
07/04/2013 di triskel182
BERSANI LO INCONTRA GIOVEDÌ. FRANCESCHINI INCALZA E METTE ALL’ANGOLO IL LEADER:SENZA DIALOGO COL PDL NESSUN GOVERNO.
Sono mesi che il Partito Democratico non fa una segreteria. E nelle ultime due direzioni ha blindato all’unanimità una linea – quella del governo del “cambiamento” di Bersani – che ormai è abbondantemente superata dai fatti.
Mentre il segretario si prepara all’incontro con Silvio Berlusconi giovedì, mentre Matteo Renzi scende in campo per la premiership con l’artiglieria pesante, Fabrizio Barca si mette a disposizione per la segreteria e i dirigenti del partito si lasciano andare a dichiarazioni più o meno controllate, più o meno strategiche sulle ineluttabili convergenze col Pdl, i Democratici parlano solo nelle proprie correnti, in incontri informali e caminetti ristretti. O sui giornali.
Nessuna linea politica condivisa, nessun punto della situazione.
Un Bersani sempre più isolato, “eroso” da sinistra e da destra, sta trattando per trovare un nome “condiviso” con il Pdl per il Colle. Né Bonino, né Prodi, ma una figura che possa andar giù a Berlusconi (un Amato, un D’Alema, un Marini). In modo da poter poi arrivare a formare un governo “col consenso” del Pdl. Sull’interpretazione e i confini di quest’operazione si gioca la battaglia interna.
LA GIORNATA di ieri segna un passo verso Berlusconi. Artefice Dario Franceschini, che pur tra le righe manda a dire al segretario: senza un rapporto col Pdl non si va da nessuna parte; se lo fai tu, ti appoggio, se no sono pronto ad appoggiare qualcun altro, e magari a passare con Renzi.
Le interviste che segnano la giornata di ieri sono due, una (smentita) di Rosy Bindi al Secolo XIX e una di Franceschini al Corriere della Sera. “Bersani tiene in ostaggio tutto il partito. Non sa più che fare, e il Pd è fermo senza prospettive” , le frasi della presidente democratica, riportate dal quotidiano genovese. Un attacco frontale, senza appello. Tanto che la Bindi si affanna a smentire: “Non c’è stato alcun colloquio con il Secolo XIX, le frasi virgolettate non sono mie”.
Fornisce dettagli: “Sono stata fermata per strada da un signore che non ricordavo neppure fosse un giornalista, il quale mi ha subissato con le sue considerazioni e i suoi giudizi sulla situazione politica a cui non ho replicato”.
“Smentita diplomatica”, replica il quotidiano: “Michele Fusco ha incontrato la presidente Bindi in via di Ripetta a Roma. Hanno scambiato una serie di considerazioni, alcune fatte dal giornalista, altre dall’esponente del Pd”.
Controreplica la portavoce della Bindi: “Non c’è stato alcun colloquio, nè nel senso etimologico della parola né in quello giornalistico”.
Un episodio che la dice lunga sulla confusione che regna nel Pd in questi giorni.
E chiunque abbia incontrato la Bindi nelle ultime settimane ha notato un’aria non esattamente soddisfatta su come stanno andando le cose.
L’intervista che agita le acque del partito è però quella di Franceschini. “Ci piaccia o no, gli italiani hanno scelto Berlusconi. È con lui che bisogna dialogare”. Per “un governo di transizione”. Per inciso, più o meno quello che vuole Renzi, che punta a un esecutivo breve in modo da potersi presentare al voto a ottobre. Non a caso, rispetto alle critiche al sindaco di Firenze, Franceschini chiarisce: “Chiusa la possibilità di un rapporto con Grillo, i numeri dicono che o si accetta un rapporto col Pdl, o non passerà nessun governo”. Entusiasmo nel Pdl, dalla Carfagna alla Santanchè.
Per i bersaniani commento ufficiale affidato a Davide Zoggia, che si affretta a interpretare: “Bene Franceschini, no al governissimo”. Ma “dialogo e confronto”. Per dirla con Stefano Fassina: “Si lavora per il coinvolgimento del Pdl”. In realtà, Franceschini si gioca la sua partita nel Pd e facendolo spinge il segretario a fare un altro passo verso Berlusconi, in un percorso che lui ha già segnato. Ma provando ad allargarne i confini. Magari anche fino alle larghe intese. E senza Bersani. “Se così fosse, ha cambiato idea”, chiosa Orfini, annunciando battaglia.
IRONICA la fotografia di Renzi: “Le alternative sono tre: governo Pd-Pdl, Pd-M5S o elezioni. Il governo Pd-M5S, Grillo non vuole; le elezioni mi sa che non le vogliono in tanti. Su un governo Pd-Pdl staremo a vedere”. “Divisi si perde”, si intitolava l’editoriale della newsletter di Areadem a firma Roberto Cuillo di venerdì. Come dire: Bersani ha sbagliato ad attaccare in quel modo il sindaco di Firenze. Antonello Giacomelli, tra i suoi fedelissimi, chiarisce su Twitter: “L’intervista di Dario non divide, ma unisce il Pd”. A metà pomeriggio Silvio Berlusconi tira fuori le sue 8 idee per il governo: non sono certo gli 8 punti di Bersani. Tra l’altro c’è anche l’abolizione del finanziamento ai partiti, che ormai Bersani è l’unico a non chiedere, pur se ammette che va rivisto. Ma Franceschini lo prende sul serio e al Tg1 : “Sono idee da mettere sul piano del confronto, anche se c’è molta propaganda”.
Da Il Fatto Quotidiano del 07/04/2013.
(Wanda Marra).
07/04/2013 di triskel182
BERSANI LO INCONTRA GIOVEDÌ. FRANCESCHINI INCALZA E METTE ALL’ANGOLO IL LEADER:SENZA DIALOGO COL PDL NESSUN GOVERNO.
Sono mesi che il Partito Democratico non fa una segreteria. E nelle ultime due direzioni ha blindato all’unanimità una linea – quella del governo del “cambiamento” di Bersani – che ormai è abbondantemente superata dai fatti.
Mentre il segretario si prepara all’incontro con Silvio Berlusconi giovedì, mentre Matteo Renzi scende in campo per la premiership con l’artiglieria pesante, Fabrizio Barca si mette a disposizione per la segreteria e i dirigenti del partito si lasciano andare a dichiarazioni più o meno controllate, più o meno strategiche sulle ineluttabili convergenze col Pdl, i Democratici parlano solo nelle proprie correnti, in incontri informali e caminetti ristretti. O sui giornali.
Nessuna linea politica condivisa, nessun punto della situazione.
Un Bersani sempre più isolato, “eroso” da sinistra e da destra, sta trattando per trovare un nome “condiviso” con il Pdl per il Colle. Né Bonino, né Prodi, ma una figura che possa andar giù a Berlusconi (un Amato, un D’Alema, un Marini). In modo da poter poi arrivare a formare un governo “col consenso” del Pdl. Sull’interpretazione e i confini di quest’operazione si gioca la battaglia interna.
LA GIORNATA di ieri segna un passo verso Berlusconi. Artefice Dario Franceschini, che pur tra le righe manda a dire al segretario: senza un rapporto col Pdl non si va da nessuna parte; se lo fai tu, ti appoggio, se no sono pronto ad appoggiare qualcun altro, e magari a passare con Renzi.
Le interviste che segnano la giornata di ieri sono due, una (smentita) di Rosy Bindi al Secolo XIX e una di Franceschini al Corriere della Sera. “Bersani tiene in ostaggio tutto il partito. Non sa più che fare, e il Pd è fermo senza prospettive” , le frasi della presidente democratica, riportate dal quotidiano genovese. Un attacco frontale, senza appello. Tanto che la Bindi si affanna a smentire: “Non c’è stato alcun colloquio con il Secolo XIX, le frasi virgolettate non sono mie”.
Fornisce dettagli: “Sono stata fermata per strada da un signore che non ricordavo neppure fosse un giornalista, il quale mi ha subissato con le sue considerazioni e i suoi giudizi sulla situazione politica a cui non ho replicato”.
“Smentita diplomatica”, replica il quotidiano: “Michele Fusco ha incontrato la presidente Bindi in via di Ripetta a Roma. Hanno scambiato una serie di considerazioni, alcune fatte dal giornalista, altre dall’esponente del Pd”.
Controreplica la portavoce della Bindi: “Non c’è stato alcun colloquio, nè nel senso etimologico della parola né in quello giornalistico”.
Un episodio che la dice lunga sulla confusione che regna nel Pd in questi giorni.
E chiunque abbia incontrato la Bindi nelle ultime settimane ha notato un’aria non esattamente soddisfatta su come stanno andando le cose.
L’intervista che agita le acque del partito è però quella di Franceschini. “Ci piaccia o no, gli italiani hanno scelto Berlusconi. È con lui che bisogna dialogare”. Per “un governo di transizione”. Per inciso, più o meno quello che vuole Renzi, che punta a un esecutivo breve in modo da potersi presentare al voto a ottobre. Non a caso, rispetto alle critiche al sindaco di Firenze, Franceschini chiarisce: “Chiusa la possibilità di un rapporto con Grillo, i numeri dicono che o si accetta un rapporto col Pdl, o non passerà nessun governo”. Entusiasmo nel Pdl, dalla Carfagna alla Santanchè.
Per i bersaniani commento ufficiale affidato a Davide Zoggia, che si affretta a interpretare: “Bene Franceschini, no al governissimo”. Ma “dialogo e confronto”. Per dirla con Stefano Fassina: “Si lavora per il coinvolgimento del Pdl”. In realtà, Franceschini si gioca la sua partita nel Pd e facendolo spinge il segretario a fare un altro passo verso Berlusconi, in un percorso che lui ha già segnato. Ma provando ad allargarne i confini. Magari anche fino alle larghe intese. E senza Bersani. “Se così fosse, ha cambiato idea”, chiosa Orfini, annunciando battaglia.
IRONICA la fotografia di Renzi: “Le alternative sono tre: governo Pd-Pdl, Pd-M5S o elezioni. Il governo Pd-M5S, Grillo non vuole; le elezioni mi sa che non le vogliono in tanti. Su un governo Pd-Pdl staremo a vedere”. “Divisi si perde”, si intitolava l’editoriale della newsletter di Areadem a firma Roberto Cuillo di venerdì. Come dire: Bersani ha sbagliato ad attaccare in quel modo il sindaco di Firenze. Antonello Giacomelli, tra i suoi fedelissimi, chiarisce su Twitter: “L’intervista di Dario non divide, ma unisce il Pd”. A metà pomeriggio Silvio Berlusconi tira fuori le sue 8 idee per il governo: non sono certo gli 8 punti di Bersani. Tra l’altro c’è anche l’abolizione del finanziamento ai partiti, che ormai Bersani è l’unico a non chiedere, pur se ammette che va rivisto. Ma Franceschini lo prende sul serio e al Tg1 : “Sono idee da mettere sul piano del confronto, anche se c’è molta propaganda”.
Da Il Fatto Quotidiano del 07/04/2013.
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Re: quo vadis PD ????
il nuovo leader del PD:
Renzusconi
Renzusconi
Re: quo vadis PD ????
C'è arrivato anche Scalfari, anche se il tipo di governo che credo abbia in testa lui non è quello che mi piacerebbe.eugenio scalfari ha scritto:Una cosa però mi sembra certa: non c'è spazio per un governo guidato da un dirigente di partito.
..........................................................
Bersani è stato molto coraggioso nel tentare un governo di cambiamento ed ha spiazzato molti portando alla guida delle Camere personaggi fuori dai partiti e provenienti da altre esperienze civili. Ma ora il suo tentativo di ottenere una seconda investitura non è a mio avviso realizzabile e sarebbe destinato ad un fallimento.
Quand'anche riuscisse ad ottenere la fiducia con l'aiuto di qualche voto fluttuante, non durerebbe che poche settimane e comunque non sarebbe in grado di recuperare la credibilità necessaria per rassicurare l'Europa e i mercati.
Il futuro Capo dello Stato dovrà dunque inventarsi un governo di tipo nuovo, che rappresenti la società civile ma i cui componenti e chi lo guida abbiano non solo competenze e moralità ma anche fiuto politico.
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HREC1-1
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Re: quo vadis PD ????
mariok ha scritto:C'è arrivato anche Scalfari, anche se il tipo di governo che credo abbia in testa lui non è quello che mi piacerebbe.eugenio scalfari ha scritto:Una cosa però mi sembra certa: non c'è spazio per un governo guidato da un dirigente di partito.
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Bersani è stato molto coraggioso nel tentare un governo di cambiamento ed ha spiazzato molti portando alla guida delle Camere personaggi fuori dai partiti e provenienti da altre esperienze civili. Ma ora il suo tentativo di ottenere una seconda investitura non è a mio avviso realizzabile e sarebbe destinato ad un fallimento.
Quand'anche riuscisse ad ottenere la fiducia con l'aiuto di qualche voto fluttuante, non durerebbe che poche settimane e comunque non sarebbe in grado di recuperare la credibilità necessaria per rassicurare l'Europa e i mercati.
Il futuro Capo dello Stato dovrà dunque inventarsi un governo di tipo nuovo, che rappresenti la società civile ma i cui componenti e chi lo guida abbiano non solo competenze e moralità ma anche fiuto politico.
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HREC1-1
Ai tempi dell’era glaciale, nelle scuole della Repubblica, il voto “ 6 “, veniva classificato come sufficienza.
Sotto il “ 6 “ in una varia scala si veniva ritenuti “scarsi”. Sopra il “ 6 “ quanto di meglio.
Applicato alla casta e all’intero sottobosco della casta che la sostiene, il giornalismo, ci si chiede :
I politici e i giornalisti che partecipano all’ultimo atto della tragicommedia all’italiana: “Seconda Repubblica,..fine di un ciclo.” sono da ritenersi con intelligenza da “ 6 “?
La risposta è senz’altro SI.
Anche Scilipoti, anche Ggaaazio, pure Gasparri, come le megere Santadeché, Biancofiore, Gelmini, Saltamartini, Santelli, Ravetto, anche se trasmettono antipatia.
Quindi la domanda sorge spontanea:
Perché fanno finta tutti quanti di non vedere che siamo andati a sbattere contro un muro e che la folle corsa è finita e di conseguenza bisogna uscirne in modalità non ordinaria?
Perché tutti quanti ripropongono formule come se fossimo in regime ordinario e non in un’emergenza straordinaria prima del crac definitivo?
L’intelligenza per capirlo ce l’hanno tutti quanti e allora cosa li frena continuando a girarci in torno come topi in gabbia che cercano il buco per il passaggio a Nord Ovest???
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Re: quo vadis PD ????
Ho letto l'articolo di E.Scalfari indicato da @mariok nel suo post.
Premesso che da tempo non considero E. Scalfari come mio mentore, e che da un anno e mezzo egli appoggi Monti ed il montismo mi ha schifato, ma l'analisi politica che Scalfari fa è sempre degna di essere letta. Riporto dal suo articolo la parte in cui giudica sia le mosse di Bersani che di Renzi
Che poi alle prossime elezioni Renzi voglia riprovare a puntare alla premiership del PD è libero di farlo.
Premesso che da tempo non considero E. Scalfari come mio mentore, e che da un anno e mezzo egli appoggi Monti ed il montismo mi ha schifato, ma l'analisi politica che Scalfari fa è sempre degna di essere letta. Riporto dal suo articolo la parte in cui giudica sia le mosse di Bersani che di Renzi
Come lettore di repubblica ed elettore giudico sbagliato andare ad elezioni a giugno, ma andarci quanto prima con una nuova legge elettorale, tramite un governo di scopo, niente governissimo o larghe intese.Estratto dall'editoriale Eugeno Scalfari 7/4/13
....................................
4. Matteo Renzi accusa la politica in genere e il segretario del suo partito in particolare, di perdere un tempo prezioso. E di allontanare quello che secondo lui è il solo sbocco possibile ed urgente e cioè lo scioglimento delle Camere appena elette e, per quanto riguarda il Pd, nuove primarie per designare il candidato premier. Non ha detto però, il sindaco di Firenze, con quale legge elettorale si dovrebbe votare. Sempre con il "Porcellum" così com'è? E non ha detto neppure chi sarebbe il responsabile del tempo perduto.
Forse allude a Bersani? Ma dimentica che Bersani non ha alcun potere di perdere o di guadagnar tempo: lo scioglimento delle Camere auspicato al più presto da Renzi (e da Berlusconi) è nelle mani del prossimo Capo dello Stato, per la nomina del quale - come indicato al punto 1 - Napolitano ha accorciato e non rallentato il tempo.
5. La maggior parte degli osservatori stranieri e delle autorità internazionali ritiene che nuove elezioni in Italia sarebbero esiziali per l'economia italiana e di conseguenza per quella europea e americana.
Napolitano ed anche Bersani la pensano allo stesso modo. Renzi invece ritiene che elezioni a breve siano la sola e vera soluzione. Lascio ai lettori di giudicare chi sia nel vero e chi nel falso.
Che poi alle prossime elezioni Renzi voglia riprovare a puntare alla premiership del PD è libero di farlo.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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