Berlusconi è ancora armato e pericoloso
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Alla manifestazione a Bari "se si vota io sarò candiato premier"
A Fox News "Non sarò più candidato premier"
E questo lo vota più del 20%
Italiani idioti, idioti, idioti, idioti....
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E questo lo vota più del 20%
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
l'umore è alto. le cose vanno bene e lo spirito torna quello di sempre .
Roma, 27 apr. (TMNews) - "Segreteria del professor Brunetta": Una giornalista di SkyTg24 che cercava il capogruppo del Pdl Renato Brunetta si è sentita rispondere con queste parole dalla voce di Silvio Berlusconi. Scopo della telefonata all'esponente azzurro era la richiesta di un commento sulle parole di Dario Fo a proposito del "seggiolino" che gli servirebbe per giurare se entrasse al governo.
"Stavamo provando - ha scherzato il leader del Pdl - le scale, i seggiolini, i tavolini anche. E poi c'era anche una gomma di rimbalzo che poteva essere opportunamente usata, dal momento che la scheda nella cabina non è un momento lungo ma può essere preso al volo". Meno desideroso di scherzare l'interessato, "non faccio alcuna dichiarazione", ha detto Brunetta impugnando il telefono dopo Berlusconi.
Roma, 27 apr. (TMNews) - "Segreteria del professor Brunetta": Una giornalista di SkyTg24 che cercava il capogruppo del Pdl Renato Brunetta si è sentita rispondere con queste parole dalla voce di Silvio Berlusconi. Scopo della telefonata all'esponente azzurro era la richiesta di un commento sulle parole di Dario Fo a proposito del "seggiolino" che gli servirebbe per giurare se entrasse al governo.
"Stavamo provando - ha scherzato il leader del Pdl - le scale, i seggiolini, i tavolini anche. E poi c'era anche una gomma di rimbalzo che poteva essere opportunamente usata, dal momento che la scheda nella cabina non è un momento lungo ma può essere preso al volo". Meno desideroso di scherzare l'interessato, "non faccio alcuna dichiarazione", ha detto Brunetta impugnando il telefono dopo Berlusconi.
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Quando brunetta oltraggiò i precari la discarica che disse?
Niente
Chi la fa...
Niente
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
L'ESPRESSO
Chi brinda per Angelino
di Lirio Abbate
Quando Alfano era ministro della Giustizia, gli strumenti più efficaci nella lotta alle cosche sono state smantellate. Adesso che è al Viminale, puó fare molto di più(27 aprile 2013)Il nuovo ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha puntato molto per ottenere il comando del Viminale. Un ruolo strategico, in particolare in questo momento difficile del Paese, che fino adesso Annamaria Cancellieri ha saputo portar avanti con grande abilità.
Alfano dal canto suo porta in dote alcuni suoi contatti siciliani, quando frequentava con più assiduità Palermo. E qualcuno ricorda quando decise di seguire le orme di Silvio Berlusconi, non solo quelle politiche, ma anche quelle estetiche. Angelino Alfano nello stesso periodo in cui il Cavaliere si fece il trapianto dei capelli, lo volle seguire in questa scelta. E la persona alla quale Alfano si rivolse per chiedere consiglio di un fatto così privato e personale fu, fra le tante, proprio Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco mafioso di Palermo. E in quel periodo Ciancimino jr non aveva ancora deciso di avviare quella intrigata e contorta collaborazione con la giustizia. Era ancora il figlio del mafioso e faceva la bella vita con i soldi sporchi del papà. E Alfano con lui si confidò per ottenere in cambio l'indirizzo di un professore di chirurgia estetica con ambulatorio a Roma. Il trapianto, come dimostrano le foto del ministro, non andò bene, perchè come rivelò lo stesso medico che eseguì l'intervento, Alfano avrebbe dovuto effettuare tre sedute nel suo ambulatorio, ma ne fece solo una e dunque non ebbe il successo sperato della ricrescita dei capelli.
Oggi Enrico Letta ha nominato Alfano suo vice presidente del consiglio e responsabile del Viminale. L'agrigentino delfino di Berlusconi è stato anche ministro della Giustizia e in tanti ricordano come un pezzo alla volta gli strumenti più efficaci nella lotta alle cosche siano state smantellate durante la sua attività di Guardasigilli.
Il nuovo Codice antimafia, voluto dall'allora ministro della Giustizia Alfano, ha reso di fatto impossibile l'attacco alle ricchezze dei clan. Le richieste di sequestro di grandi aziende colluse con le mafie da Milano a Trapani sono rimaste ferme per mesi nelle cancellerie dei tribunali. Perché i giudici temevano che il loro intervento si sarebbe trasformato nella sconfitta dello Stato: le nuove regole infatti rischiavano di provocare il licenziamento dei dipendenti in caso di sequestro. E quindi rendendo l'azione dei magistrati non un trionfo della legalità a danno delle cosche, ma una condanna per aziende e lavoratori che così sarebbero finiti per rimpiangere i padrini. L'unica alternativa che sembrava emergere era quella di riconsegnare tutto ai mafiosi, sancendo l'impotenza delle istituzioni.
Il nuovo Codice antimafia è entrato in vigore a ottobre 2011 con decreto legislativo del Consiglio dei ministri. Il governo di allora non prese in considerazione le osservazioni critiche (addirittura 66) formulate dalla commissione Giustizia, che comunque non aveva parere vincolante. Il provvedimento paralizzò l'attività dei sequestri, ossia il cardine di quella strategia ispirata da Pio La Torre, il parlamentare del Pci ucciso a Palermo trent'anni fa, e perseguita da Giovanni Falcone.
Le regole sono state poi cambiate con un decreto legislativo fatto approvare in fretta e furia dall'allora Guardasigilli Alfano, che introduceva una serie di vincoli normativi che - applicati nella crisi della giustizia italiana - di fatto si stavano trasformando in un regalo per le cosche. Ad esempio, obbliga i giudici a confiscare i beni entro due anni e mezzo dall'avvio del procedimento, e nel caso in cui il termine venga superato prevede che si debba restituire il bene al mafioso, impedendone per sempre la confisca.
Principi garantisti, che si scontrano con la situazione attuale: un procedimento di confisca oggi dura dieci anni. Ma i tribunali non sono stati messi in condizione di accelerare i tempi: basta pensare che per alcuni sequestri di grossa rilevanza la perizia effettuata dall'amministratore giudiziario sui beni dura non meno di due anni. Per questo il Codice Alfano rischia di diventare uno strumento prezioso per i prestanome dei padrini, gestori di un patrimonio sempre più grande. Le nuove regole hanno costretto i magistrati a una scelta drammatica: restituire i beni che non si è riusciti a confiscare nei 30 mesi previsti, oppure mettere in liquidazione le grandi aziende, chiudendole e licenziando gli impiegati. In pratica, lo Stato metterebbe i lavoratori sulla strada, spingendoli a sostenere i boss come quando trent'anni fa a Palermo gli operai disoccupati sfilavano con i cartelli inneggianti a Cosa nostra: «Con la mafia si lavora, senza no».
Chi brinda per Angelino
di Lirio Abbate
Quando Alfano era ministro della Giustizia, gli strumenti più efficaci nella lotta alle cosche sono state smantellate. Adesso che è al Viminale, puó fare molto di più(27 aprile 2013)Il nuovo ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha puntato molto per ottenere il comando del Viminale. Un ruolo strategico, in particolare in questo momento difficile del Paese, che fino adesso Annamaria Cancellieri ha saputo portar avanti con grande abilità.
Alfano dal canto suo porta in dote alcuni suoi contatti siciliani, quando frequentava con più assiduità Palermo. E qualcuno ricorda quando decise di seguire le orme di Silvio Berlusconi, non solo quelle politiche, ma anche quelle estetiche. Angelino Alfano nello stesso periodo in cui il Cavaliere si fece il trapianto dei capelli, lo volle seguire in questa scelta. E la persona alla quale Alfano si rivolse per chiedere consiglio di un fatto così privato e personale fu, fra le tante, proprio Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco mafioso di Palermo. E in quel periodo Ciancimino jr non aveva ancora deciso di avviare quella intrigata e contorta collaborazione con la giustizia. Era ancora il figlio del mafioso e faceva la bella vita con i soldi sporchi del papà. E Alfano con lui si confidò per ottenere in cambio l'indirizzo di un professore di chirurgia estetica con ambulatorio a Roma. Il trapianto, come dimostrano le foto del ministro, non andò bene, perchè come rivelò lo stesso medico che eseguì l'intervento, Alfano avrebbe dovuto effettuare tre sedute nel suo ambulatorio, ma ne fece solo una e dunque non ebbe il successo sperato della ricrescita dei capelli.
Oggi Enrico Letta ha nominato Alfano suo vice presidente del consiglio e responsabile del Viminale. L'agrigentino delfino di Berlusconi è stato anche ministro della Giustizia e in tanti ricordano come un pezzo alla volta gli strumenti più efficaci nella lotta alle cosche siano state smantellate durante la sua attività di Guardasigilli.
Il nuovo Codice antimafia, voluto dall'allora ministro della Giustizia Alfano, ha reso di fatto impossibile l'attacco alle ricchezze dei clan. Le richieste di sequestro di grandi aziende colluse con le mafie da Milano a Trapani sono rimaste ferme per mesi nelle cancellerie dei tribunali. Perché i giudici temevano che il loro intervento si sarebbe trasformato nella sconfitta dello Stato: le nuove regole infatti rischiavano di provocare il licenziamento dei dipendenti in caso di sequestro. E quindi rendendo l'azione dei magistrati non un trionfo della legalità a danno delle cosche, ma una condanna per aziende e lavoratori che così sarebbero finiti per rimpiangere i padrini. L'unica alternativa che sembrava emergere era quella di riconsegnare tutto ai mafiosi, sancendo l'impotenza delle istituzioni.
Il nuovo Codice antimafia è entrato in vigore a ottobre 2011 con decreto legislativo del Consiglio dei ministri. Il governo di allora non prese in considerazione le osservazioni critiche (addirittura 66) formulate dalla commissione Giustizia, che comunque non aveva parere vincolante. Il provvedimento paralizzò l'attività dei sequestri, ossia il cardine di quella strategia ispirata da Pio La Torre, il parlamentare del Pci ucciso a Palermo trent'anni fa, e perseguita da Giovanni Falcone.
Le regole sono state poi cambiate con un decreto legislativo fatto approvare in fretta e furia dall'allora Guardasigilli Alfano, che introduceva una serie di vincoli normativi che - applicati nella crisi della giustizia italiana - di fatto si stavano trasformando in un regalo per le cosche. Ad esempio, obbliga i giudici a confiscare i beni entro due anni e mezzo dall'avvio del procedimento, e nel caso in cui il termine venga superato prevede che si debba restituire il bene al mafioso, impedendone per sempre la confisca.
Principi garantisti, che si scontrano con la situazione attuale: un procedimento di confisca oggi dura dieci anni. Ma i tribunali non sono stati messi in condizione di accelerare i tempi: basta pensare che per alcuni sequestri di grossa rilevanza la perizia effettuata dall'amministratore giudiziario sui beni dura non meno di due anni. Per questo il Codice Alfano rischia di diventare uno strumento prezioso per i prestanome dei padrini, gestori di un patrimonio sempre più grande. Le nuove regole hanno costretto i magistrati a una scelta drammatica: restituire i beni che non si è riusciti a confiscare nei 30 mesi previsti, oppure mettere in liquidazione le grandi aziende, chiudendole e licenziando gli impiegati. In pratica, lo Stato metterebbe i lavoratori sulla strada, spingendoli a sostenere i boss come quando trent'anni fa a Palermo gli operai disoccupati sfilavano con i cartelli inneggianti a Cosa nostra: «Con la mafia si lavora, senza no».
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Vorrei ribadire al caimano che non odierò mai abbastanza lui e i suoi accoliti. Spero di vedervi tutti ai lavori socialmente utili, un giorno, tranne brunetta al quale darei 10 anni di precariato
Amici vostri? Pacificazione? Dopo 20 anni di schifezze e insulti a chi lavora?
Mai, mai e poi mai
E stessa sorte a chi vi vota, ovviamente. Tutti ad assistera anziani, a riparare strade, a potare gli alberi
Zozzoni!
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Mai, mai e poi mai
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Speriamo che sia la solita bufala altrimenti qui, tutti, han fatto bingoooelio ha scritto:Berlusconi padre costituente? Questo fà parte di accordi con la formazione del Governo? Evviva!
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... me/578053/
El tacon xe prso del buso , si dice dalle mie parti venete
Ama' che ne dici? Hanno fatto bingo??
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
1. CAMBIA IL GOVERNO, CAMBIANO GLI AVVOCATI: SILVIO SILURA GHEDINI E ASSUME COPPI - 2. SE IL BANANA FINISSE CONDANNATO O AGLI ARRESTI, CADREBBERO LETTA, NAPOLITANO, E TUTTO IL CUCUZZARO. L’ITALIA SAREBBE SENZA GUIDA E ANCORA IN BALIA DELLO SPREAD. È ARRIVATO IL MOMENTO DI NON DIFENDERSI DAI PROCESSI MA NEI PROCESSI - 3. FRANCO COPPI, CHE FECE ASSOLVERE ANDREOTTI, È STIMATO DAI MAGISTRATI E RIPUDIA LA STRATEGIA DELLA “POLITICIZZAZIONE”, DIVERSAMENTE DAI FALCHI GHEDINI E LONGO - 4. IL “SALVACONDOTTO” NON È QUINDI UN DECRETO, MA UNA SERIE DI MOSSE CONCERTATE TRA RE GIORGIO E B. SU CORTE COSTITUZIONALE, CASSAZIONE, E GIUDICI MILANESI -
Ugo Magri per "La Stampa"
Berlusconi rovescia la strategia politica, e prova a indossare i panni dello statista, addirittura di padre della patria (casomai gli riuscisse il colpo di guidare la futura Convenzione per le riforme...).
Ma la metamorfosi, o travestimento, non si esaurisce qui. Con una mossa che alcuni dei suoi fan giudicano geniale, altri invece tardiva, il Cavaliere cambia pure la tattica giudiziaria. Anziché insistere con gli assalti al Palazzo di Giustizia lanciati dalle sue «amazzoni», risultati controproducenti e processualmente dannosi, Silvio vuole imboccare adesso la strada di una difesa «tecnica». Vale a dire sobria. Composta.
Rispettosa dei giudici e della corte. Impossibile sapere se si tratti di una sua intuizione, oppure di un suggerimento che gli giunge da molto in alto, nel quadro di una pacificazione politica e giudiziaria insieme. Fatto sta che alla vigilia del redde rationem, con la sentenza di appello per Mediaset e quella per Ruby attese tra breve, Berlusconi ha deciso di «integrare» il collegio difensivo. In realtà di cambiarlo.
Quello attuale non gli sembra il più idoneo per questa repentina «inversione a u»: nel corso degli anni l'avvocato Ghedini ha in parte condiviso e in parte subito le intemerate di Silvio contro le toghe rosse, contro i magistrati politicizzati definiti a più riprese «un cancro», diventando un tutt'uno col suo assistito. Troppo schierato con Berlusconi, insomma, troppo suo amico e «politicizzato» per cambiare improvvisamente pelle.
Da uomo di mondo, Ghedini è il primo a rendersene conto. Ciò spiega come mai sia stato proprio lui a chiedere, insieme con Denis Verdini, l'aiuto di uno scienziato del diritto penale: il professor Franco Coppi. Temuto e riverito negli ambienti giudiziari per l'autorevolezza specie sulle materie che, guarda caso, più da vicino interessano il Cavaliere (all'università di Roma fanno testo due suoi libri dedicati ai reati sessuali e a quelli contro la Pubblica amministrazione). Sebbene non abbia ancora firmato l'incarico, Coppi è orientato a lanciarsi nell'impresa. Ma alle sue rigidissime condizioni.
Per dirne una, Berlusconi dovrà comportarsi proprio come un altro celebre assistito di Coppi, Giulio Andreotti. Che per tutta la durata del processo a Palermo si dimostrò imputato modello. Mai un tentativo di buttarla in politica, zero esternazioni. Una condotta che gli valse alla fine l'assoluzione. Quando invece don Gelmini (altro cliente del prof) si mise a rilasciare interviste, Coppi non esitò un attimo a congedarlo. Sarà capace Berlusconi di contenersi?
E soprattutto: il cambio di rotta verrà premiato come avvenne per il Divo Giulio? Le migliori carte della difesa sono già state giocate, qualcuna in modo azzardato. Per esempio, il 6 maggio la Cassazione dovrà pronunciarsi sulla richiesta di trasferire da Milano a Brescia il processo su Ruby. Molti indizi fanno pensare che l'istanza verrà rigettata. E l'aver contestato davanti alla Suprema Corte i giudici milanesi non li disporrà certo a un verdetto più sereno...
Coppi eredita questi svarioni tattici, che adesso Berlusconi ripudia. Per dirla con un fedelissimo, «lui vuole verificare se davvero esiste una magistratura senza pregiudizi nei suoi confronti, in grado di assolverlo. Dunque sceglie un avvocato non politicizzato che sa trattare con i giudici non politicizzati...».
Dalle sue parti sono in molti a credere che pure la mansuetudine politica sia finalizzata all'esito dei processi. Cosicché si interrogano su cosa mai potrebbe accadere, nel caso in cui le condanne si abbattessero implacabili ugualmente. «Ogni previsione», dicono, «sarebbe azzardata».
Ugo Magri per "La Stampa"
Berlusconi rovescia la strategia politica, e prova a indossare i panni dello statista, addirittura di padre della patria (casomai gli riuscisse il colpo di guidare la futura Convenzione per le riforme...).
Ma la metamorfosi, o travestimento, non si esaurisce qui. Con una mossa che alcuni dei suoi fan giudicano geniale, altri invece tardiva, il Cavaliere cambia pure la tattica giudiziaria. Anziché insistere con gli assalti al Palazzo di Giustizia lanciati dalle sue «amazzoni», risultati controproducenti e processualmente dannosi, Silvio vuole imboccare adesso la strada di una difesa «tecnica». Vale a dire sobria. Composta.
Rispettosa dei giudici e della corte. Impossibile sapere se si tratti di una sua intuizione, oppure di un suggerimento che gli giunge da molto in alto, nel quadro di una pacificazione politica e giudiziaria insieme. Fatto sta che alla vigilia del redde rationem, con la sentenza di appello per Mediaset e quella per Ruby attese tra breve, Berlusconi ha deciso di «integrare» il collegio difensivo. In realtà di cambiarlo.
Quello attuale non gli sembra il più idoneo per questa repentina «inversione a u»: nel corso degli anni l'avvocato Ghedini ha in parte condiviso e in parte subito le intemerate di Silvio contro le toghe rosse, contro i magistrati politicizzati definiti a più riprese «un cancro», diventando un tutt'uno col suo assistito. Troppo schierato con Berlusconi, insomma, troppo suo amico e «politicizzato» per cambiare improvvisamente pelle.
Da uomo di mondo, Ghedini è il primo a rendersene conto. Ciò spiega come mai sia stato proprio lui a chiedere, insieme con Denis Verdini, l'aiuto di uno scienziato del diritto penale: il professor Franco Coppi. Temuto e riverito negli ambienti giudiziari per l'autorevolezza specie sulle materie che, guarda caso, più da vicino interessano il Cavaliere (all'università di Roma fanno testo due suoi libri dedicati ai reati sessuali e a quelli contro la Pubblica amministrazione). Sebbene non abbia ancora firmato l'incarico, Coppi è orientato a lanciarsi nell'impresa. Ma alle sue rigidissime condizioni.
Per dirne una, Berlusconi dovrà comportarsi proprio come un altro celebre assistito di Coppi, Giulio Andreotti. Che per tutta la durata del processo a Palermo si dimostrò imputato modello. Mai un tentativo di buttarla in politica, zero esternazioni. Una condotta che gli valse alla fine l'assoluzione. Quando invece don Gelmini (altro cliente del prof) si mise a rilasciare interviste, Coppi non esitò un attimo a congedarlo. Sarà capace Berlusconi di contenersi?
E soprattutto: il cambio di rotta verrà premiato come avvenne per il Divo Giulio? Le migliori carte della difesa sono già state giocate, qualcuna in modo azzardato. Per esempio, il 6 maggio la Cassazione dovrà pronunciarsi sulla richiesta di trasferire da Milano a Brescia il processo su Ruby. Molti indizi fanno pensare che l'istanza verrà rigettata. E l'aver contestato davanti alla Suprema Corte i giudici milanesi non li disporrà certo a un verdetto più sereno...
Coppi eredita questi svarioni tattici, che adesso Berlusconi ripudia. Per dirla con un fedelissimo, «lui vuole verificare se davvero esiste una magistratura senza pregiudizi nei suoi confronti, in grado di assolverlo. Dunque sceglie un avvocato non politicizzato che sa trattare con i giudici non politicizzati...».
Dalle sue parti sono in molti a credere che pure la mansuetudine politica sia finalizzata all'esito dei processi. Cosicché si interrogano su cosa mai potrebbe accadere, nel caso in cui le condanne si abbattessero implacabili ugualmente. «Ogni previsione», dicono, «sarebbe azzardata».
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Cassazione: no a trasferimento,
processi Berlusconi restano a Milano
La sesta sezione penale della Cassazione ha respinto la richiesta di trasferimento dei procedimenti Ruby e Mediaset presentata dai legali del Cavaliere
processi Berlusconi restano a Milano
La sesta sezione penale della Cassazione ha respinto la richiesta di trasferimento dei procedimenti Ruby e Mediaset presentata dai legali del Cavaliere
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Prossimo impedimento il funerale di Andreotti...
A quando quello del Nano?
A quando quello del Nano?
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Tranquilli, il processo mediaset (quello dei 4 anni + 5 di interdizione dai p.u.) verrà schiantato dalla corte costituzionale.
Per quello Ruby poi si vede.
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Chi c’è in linea
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