RODOTà: la NUOVa FRONTIERa DEI DIRITTI
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RODOTà: la NUOVa FRONTIERa DEI DIRITTI
la NUOVa FRONTIERa DEI DIRITTI
la NUOVa FRONTIERa DEI DIRITTI
Rodotà “Ma la proprietà
è divisa per tutti”
ANSA
Stefano Rodotà ”Il terribile diritto”
Il Mulino pp. 514, € 42
“Dall’acqua alla Rai, alla conoscenza sul Web: più dell’appartenenza conta la gestione dei beni”
mirella serri
“Agli occhi sei barlume che vacilla, / al piede teso ghiaccio che s’incrina; / e dunque non ti tocchi chi più ti ama». Recita a memoria - «Felicità raggiunta, si cammina» di Montale - Stefano Rodotà.
Dopo le settimane burrascose che l’hanno visto al centro della contesa per l’ascesa al Colle, il noto giurista è tornato il professore di sempre. E prosegue nella non casuale evocazione montaliana: da anni ragiona sul complicato tema dei diritti e i versi del poeta ligure esemplificano bene il diritto alla felicità, lo stesso che si affaccia nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America. In una versione aggiornata con nuovi capitoli arriva in questi giorni in libreria Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni (Il Mulino), pietra miliare sul tema dei patrimoni, delle forme societarie ma anche sui beni più anomali, come l’ingegno o la privacy. E da qualche tempo è sugli scaffali il bellissimo excursus Il diritto di avere diritti (Laterza). Rodotà, in Italia solitario hidalgo (ha il physique du rôle di un nobile spagnolo), è stato uno dei padri fondatori della riflessione sul rapporto tra libertà e nuove tecnologie.
La nostra epoca, Norberto Bobbio, la chiamava l’età dei diritti. Professore, possiamo continuare a considerarla tale?
«A fianco delle conquiste classiche, come il diritto alla libertà personale, alla manifestazione del pensiero, alla libertà di associazione, nascono sempre inedite acquisizioni. Oggi c’è chi parla di “diritti di nuova generazione”’. Non mi convince. Se viene applicata ai cellulari questa definizione ha una sua ragion d’essere, vuol dire che l’ultimo arrivato surclassa tutti gli altri modelli. Ma in campo legislativo le new entry non cancellano il passato ma lo rendono più ricco e funzionale alle nostre esigenze».
Lei parla di una lunga marcia dei diritti. Si è arrestata?
«Ai principi di libertà, eguaglianza e fraternità, sostituita dalla più moderna solidarietà, è stato aggiunto quello di dignità. Quando è accaduto? Con la Costituzione tedesca del ‘49 che all’articolo 1 recita: “La dignità dell’uomo è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”. Dopo l’olocausto, che aveva reso gli uomini privi di ogni umanità, si sente la necessità di introdurre un’innovazione. Un principio che sarà la linfa dell’ordinamento europeo».
Altri recenti diritti?
«L’autodeterminazione. Il Codice di Norimberga, è un altro esempio, nasce dalle carte del processo che si è svolto al termine della seconda guerra mondiale anche contro i medici nazisti che avevano perpetrato torture e sperimentazioni sui detenuti nei campi di sterminio. Si è avvertita l’urgenza di tracciare una linea di divisione tra sperimentazione lecita e tortura. Piergiorgio Welby, militante del partito radicale, proprio in base al principio di autodeterminazione chiese ripetutamente che venissero interrotte le cure che lo tenevano in vita».
Dopo la repressione del 1848 in Francia la proprietà era diventata veramente una forma di religione. Alexis de Tocqueville parlava come di un perenne «campo di battaglia tra chi possiede e chi non possiede». E’ ancora attuale la questione?
«All’improvviso, l’Italia ha cominciato a essere percorsa dalla “ragionevole follia dei beni comuni”, come è stata definita: l’acqua e la conoscenza, la Rai e così via, tutto è diventato tale, persino “i poeti sono un bene comune”, è stato detto. Esagerando, ovviamente. In realtà la dimensione collettiva scardina la moderna dimensione proprietaria. Ci porta al di là della tradizionale gestione pubblica dei beni. Che devono essere salvaguardati sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo delle generazioni future. Il punto chiave, di conseguenza, non è più quello dell’”appartenenza” del bene, ma quello della sua gestione. Se si considera, ad esempio, la conoscenza consentita dalla Rete, l’accesso è un diritto fondamentale poiché contribuisce alla libera costruzione della personalità».
E il diritto d’autore, va a farsi benedire?
«Il web offre tante opportunità inedite: la musica si scarica gratis ma i concerti sono sempre più affollati. E se un’opera letteraria viene consumata online lo scrittore potrà avere molti altri benefici: in America, dove questo accade sempre più di frequente, si può, grazie alla notorietà acquisita sul web, diventare un conferenziere superpagato. In politica la Rete è stata capace non solo di dare voce alle persone, ma di costruire nuove soggettività politiche. Il movimento 5Stelle, che deve il suo successo a internet, poi però riempie le piazze. Vecchi e nuovi diritti si integrano e i cittadini da questo mix possono trarre molti vantaggi».
la NUOVa FRONTIERa DEI DIRITTI
Rodotà “Ma la proprietà
è divisa per tutti”
ANSA
Stefano Rodotà ”Il terribile diritto”
Il Mulino pp. 514, € 42
“Dall’acqua alla Rai, alla conoscenza sul Web: più dell’appartenenza conta la gestione dei beni”
mirella serri
“Agli occhi sei barlume che vacilla, / al piede teso ghiaccio che s’incrina; / e dunque non ti tocchi chi più ti ama». Recita a memoria - «Felicità raggiunta, si cammina» di Montale - Stefano Rodotà.
Dopo le settimane burrascose che l’hanno visto al centro della contesa per l’ascesa al Colle, il noto giurista è tornato il professore di sempre. E prosegue nella non casuale evocazione montaliana: da anni ragiona sul complicato tema dei diritti e i versi del poeta ligure esemplificano bene il diritto alla felicità, lo stesso che si affaccia nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America. In una versione aggiornata con nuovi capitoli arriva in questi giorni in libreria Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni (Il Mulino), pietra miliare sul tema dei patrimoni, delle forme societarie ma anche sui beni più anomali, come l’ingegno o la privacy. E da qualche tempo è sugli scaffali il bellissimo excursus Il diritto di avere diritti (Laterza). Rodotà, in Italia solitario hidalgo (ha il physique du rôle di un nobile spagnolo), è stato uno dei padri fondatori della riflessione sul rapporto tra libertà e nuove tecnologie.
La nostra epoca, Norberto Bobbio, la chiamava l’età dei diritti. Professore, possiamo continuare a considerarla tale?
«A fianco delle conquiste classiche, come il diritto alla libertà personale, alla manifestazione del pensiero, alla libertà di associazione, nascono sempre inedite acquisizioni. Oggi c’è chi parla di “diritti di nuova generazione”’. Non mi convince. Se viene applicata ai cellulari questa definizione ha una sua ragion d’essere, vuol dire che l’ultimo arrivato surclassa tutti gli altri modelli. Ma in campo legislativo le new entry non cancellano il passato ma lo rendono più ricco e funzionale alle nostre esigenze».
Lei parla di una lunga marcia dei diritti. Si è arrestata?
«Ai principi di libertà, eguaglianza e fraternità, sostituita dalla più moderna solidarietà, è stato aggiunto quello di dignità. Quando è accaduto? Con la Costituzione tedesca del ‘49 che all’articolo 1 recita: “La dignità dell’uomo è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla”. Dopo l’olocausto, che aveva reso gli uomini privi di ogni umanità, si sente la necessità di introdurre un’innovazione. Un principio che sarà la linfa dell’ordinamento europeo».
Altri recenti diritti?
«L’autodeterminazione. Il Codice di Norimberga, è un altro esempio, nasce dalle carte del processo che si è svolto al termine della seconda guerra mondiale anche contro i medici nazisti che avevano perpetrato torture e sperimentazioni sui detenuti nei campi di sterminio. Si è avvertita l’urgenza di tracciare una linea di divisione tra sperimentazione lecita e tortura. Piergiorgio Welby, militante del partito radicale, proprio in base al principio di autodeterminazione chiese ripetutamente che venissero interrotte le cure che lo tenevano in vita».
Dopo la repressione del 1848 in Francia la proprietà era diventata veramente una forma di religione. Alexis de Tocqueville parlava come di un perenne «campo di battaglia tra chi possiede e chi non possiede». E’ ancora attuale la questione?
«All’improvviso, l’Italia ha cominciato a essere percorsa dalla “ragionevole follia dei beni comuni”, come è stata definita: l’acqua e la conoscenza, la Rai e così via, tutto è diventato tale, persino “i poeti sono un bene comune”, è stato detto. Esagerando, ovviamente. In realtà la dimensione collettiva scardina la moderna dimensione proprietaria. Ci porta al di là della tradizionale gestione pubblica dei beni. Che devono essere salvaguardati sottraendoli alla logica distruttiva del breve periodo, proiettando la loro tutela nel mondo delle generazioni future. Il punto chiave, di conseguenza, non è più quello dell’”appartenenza” del bene, ma quello della sua gestione. Se si considera, ad esempio, la conoscenza consentita dalla Rete, l’accesso è un diritto fondamentale poiché contribuisce alla libera costruzione della personalità».
E il diritto d’autore, va a farsi benedire?
«Il web offre tante opportunità inedite: la musica si scarica gratis ma i concerti sono sempre più affollati. E se un’opera letteraria viene consumata online lo scrittore potrà avere molti altri benefici: in America, dove questo accade sempre più di frequente, si può, grazie alla notorietà acquisita sul web, diventare un conferenziere superpagato. In politica la Rete è stata capace non solo di dare voce alle persone, ma di costruire nuove soggettività politiche. Il movimento 5Stelle, che deve il suo successo a internet, poi però riempie le piazze. Vecchi e nuovi diritti si integrano e i cittadini da questo mix possono trarre molti vantaggi».
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