Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Fiom a Roma: adesione M5S, il Pd tace
Landini: "Le assenze parlano da sole"
Epifani non risponde all'invito. Cofferati polemico: "Avrei voluto vedere il mio partito in piazza"
“Ringrazio coloro che ci sono e chi non c’e parla da solo”. Il riferimento di Maurizio Landini è all’assenza del Pd e al silenzio del segretario Guglielmo Epifani sul corteo Fiom su lavoro e pensioni in corso a Roma. ”Ieri ho ricevuto una telefonata da parte del capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza, che mi ha spiegato come non potrà venire alla manifestazione, assicurando una presenza di una delegazione del partito”. Pippo Civati e Matteo Orfini (contestato da alcuni manifestanti che gridavano “ci prendete per il culo) hanno annunciato la loro presenza, hanno dovuto precisare di esserci “a titolo personale”. Polemico con Epifani l’altro ex capo della Cgil, a sua volta esponente Pd Sergio Cofferati: “Avrei sperato che il mio partito ci fosse”.
A sorpresa, invece, è arrivato il sostegno del Movimento 5 Stelle. E’ questa la novità nel panorama di adesioni al corteo promosso dal sindacato dei metalmeccanici guidato da Maurizio Landini. Che dice: “Il lavoro deve tornare al centro dei temi della politica”. I capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi non saranno presenti, perché impegnati per la campagna per le comunali, ma c’è la loro formale adesione in una lettera scritta a Landini. Missiva in cui i due parlamentari ringraziano a nome dei gruppi e promettono un “impegno concreto” dei cinque stelle “sulla base di progetti condivisi e comuni”. Sarà presente una delegazione dei Cinque Stelle che vedrà il senatore Francesco Campanella, i deputati Claudio Cominardi, Davide Tripiedi e Dino Alberti e un corposo gruppo del movimento romano.
Per che cosa si manifesta? I temi sono quelli più difficili in questo periodo di crisi e di tagli allo stato sociale: lavoro e pensioni. L’altra idea è quella del reddito di “piena cittadinanza di inoccupati, disoccupati e studenti”. Fiom propone alle forze politiche la “larga intesa in difesa dei diritti, della democrazia e della Carta”.
Per il resto, molta società civile e molta sinistra: ci sarà Gustavo Zagrebelsky, Emergency con Gino e Cecilia Strada, il Gruppo Abele e poi Antonio Ingroia per Azione Civile, Stefano Rodotà, Nichi Vendola. Don Ciotti ha inviato alla Fiom una lunga lettera: “Anche se non fisicamente sappiatemi con voi con il cuore e l’impegno. Dobbiamo camminare insieme” scrive a nome del Gruppo Abele e di Libera. C’è pure Andrea Camilleri che firma l’appello su Micromega per la mobilitazione e lo fa anche “a nome” della sua creatura letteraria, il commissario Montalbano, che difende: lui potrebbe apparire un privilegiato, lavoratore dipendente pubblico con contratto a tempo indeterminato e invece, osserva, “fa solo parte di una generazione di uomini e donne per cui il lavoro era un diritto e un dovere”. E poi è lo stesso Montalbano a rispondere ne “Una voce di notte”: “Io – è la battuta del Commissario – sono preoccupato non per la mia carriera, ma per il mio Paese. Ma che Paese siamo diventati? Questo è un paese dove un ministro dice che con la mafia si deve convivere?”.
LANDINI: MERKEL ASCOLTI PAPA FRANCESCO – “Spero che la Cancelliera Merkel ascolti le parole di Papa Francesco, che sta lanciando messaggi contro la precarietà e l’austerità”. Il segretario generale della Fiom Maurizio Landini commenta così la presenza di Angela Merkel oggi in Italia in visita dal Santo Padre. “Si deve costruire un’Europa sociale, oppure non ce la farà neanche la Germania” osserva Landini.
GIOVANNINI CONVOCA PARTI SOCIALI – Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha convocato mercoledì 22 maggio le parti sociali per un “monitoraggio del mercato del lavoro e delle politiche sull’occupazione”. A quanto si apprende, al tavolo – che si terrà alle 16 alla sede di via Veneto – parteciperanno, oltre ai segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, anche i presidenti delle sigle industriali, Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia, Confcommercio e Confcooperative.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... pd/597979/
Landini: "Le assenze parlano da sole"
Epifani non risponde all'invito. Cofferati polemico: "Avrei voluto vedere il mio partito in piazza"
“Ringrazio coloro che ci sono e chi non c’e parla da solo”. Il riferimento di Maurizio Landini è all’assenza del Pd e al silenzio del segretario Guglielmo Epifani sul corteo Fiom su lavoro e pensioni in corso a Roma. ”Ieri ho ricevuto una telefonata da parte del capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza, che mi ha spiegato come non potrà venire alla manifestazione, assicurando una presenza di una delegazione del partito”. Pippo Civati e Matteo Orfini (contestato da alcuni manifestanti che gridavano “ci prendete per il culo) hanno annunciato la loro presenza, hanno dovuto precisare di esserci “a titolo personale”. Polemico con Epifani l’altro ex capo della Cgil, a sua volta esponente Pd Sergio Cofferati: “Avrei sperato che il mio partito ci fosse”.
A sorpresa, invece, è arrivato il sostegno del Movimento 5 Stelle. E’ questa la novità nel panorama di adesioni al corteo promosso dal sindacato dei metalmeccanici guidato da Maurizio Landini. Che dice: “Il lavoro deve tornare al centro dei temi della politica”. I capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi non saranno presenti, perché impegnati per la campagna per le comunali, ma c’è la loro formale adesione in una lettera scritta a Landini. Missiva in cui i due parlamentari ringraziano a nome dei gruppi e promettono un “impegno concreto” dei cinque stelle “sulla base di progetti condivisi e comuni”. Sarà presente una delegazione dei Cinque Stelle che vedrà il senatore Francesco Campanella, i deputati Claudio Cominardi, Davide Tripiedi e Dino Alberti e un corposo gruppo del movimento romano.
Per che cosa si manifesta? I temi sono quelli più difficili in questo periodo di crisi e di tagli allo stato sociale: lavoro e pensioni. L’altra idea è quella del reddito di “piena cittadinanza di inoccupati, disoccupati e studenti”. Fiom propone alle forze politiche la “larga intesa in difesa dei diritti, della democrazia e della Carta”.
Per il resto, molta società civile e molta sinistra: ci sarà Gustavo Zagrebelsky, Emergency con Gino e Cecilia Strada, il Gruppo Abele e poi Antonio Ingroia per Azione Civile, Stefano Rodotà, Nichi Vendola. Don Ciotti ha inviato alla Fiom una lunga lettera: “Anche se non fisicamente sappiatemi con voi con il cuore e l’impegno. Dobbiamo camminare insieme” scrive a nome del Gruppo Abele e di Libera. C’è pure Andrea Camilleri che firma l’appello su Micromega per la mobilitazione e lo fa anche “a nome” della sua creatura letteraria, il commissario Montalbano, che difende: lui potrebbe apparire un privilegiato, lavoratore dipendente pubblico con contratto a tempo indeterminato e invece, osserva, “fa solo parte di una generazione di uomini e donne per cui il lavoro era un diritto e un dovere”. E poi è lo stesso Montalbano a rispondere ne “Una voce di notte”: “Io – è la battuta del Commissario – sono preoccupato non per la mia carriera, ma per il mio Paese. Ma che Paese siamo diventati? Questo è un paese dove un ministro dice che con la mafia si deve convivere?”.
LANDINI: MERKEL ASCOLTI PAPA FRANCESCO – “Spero che la Cancelliera Merkel ascolti le parole di Papa Francesco, che sta lanciando messaggi contro la precarietà e l’austerità”. Il segretario generale della Fiom Maurizio Landini commenta così la presenza di Angela Merkel oggi in Italia in visita dal Santo Padre. “Si deve costruire un’Europa sociale, oppure non ce la farà neanche la Germania” osserva Landini.
GIOVANNINI CONVOCA PARTI SOCIALI – Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha convocato mercoledì 22 maggio le parti sociali per un “monitoraggio del mercato del lavoro e delle politiche sull’occupazione”. A quanto si apprende, al tavolo – che si terrà alle 16 alla sede di via Veneto – parteciperanno, oltre ai segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, anche i presidenti delle sigle industriali, Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia, Confcommercio e Confcooperative.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gino Strada alla manifestazione della Fiom a Roma: "Pdl e Pd sono i responsabili dello sfascio"
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ieri sera dalla Gruber 8e mezzo c'era D'Agostino.E adesso parlava non bene del M5S.Motico quando il PD ha votato Prodi , secondo lui doveva votarlo pure il M5S.Intanto volevo dirgli che il M5S nella candidatura a presidente della repubblica, loro sono partiti come è giusto da quelli che avevano preso più voti E Prodi non era uno di questi.Secondo li rimproverava che ora il PD non sarebbe alleato con il PDL.Allora il M5S non è un partito ma un movimento ,nato per andare oltre i partiti.Poi aveva chiesto al PD di rinunciare al rimborso elettorale, e destinarlo in seguito a chi ne ha bisogno,come Hanno fatto loro.Poi rinunciare al contributo ai partiti.E anche su questo il PD non erano tutti d'accordo, infine il reddito di cittadinanza.La mia opinione: è meglio che non si sia fatto niente, in seguito dovevano andare a dei compromessi .E questo movimento non è nato per compromessi ma per governare da solo.
Una cosa che esula da questo Il porcellum la cassazione si è espressa se non sbaglio non legittimo.
Allora mi chiedo se ne sono accorti ora?Non subito?.
http://m5smeetup.com/forum.aspx?f=205&t ... =1#Focused
Ciao
Paolo11
Una cosa che esula da questo Il porcellum la cassazione si è espressa se non sbaglio non legittimo.
Allora mi chiedo se ne sono accorti ora?Non subito?.
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Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 210
La cruna dell’ago – 177
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 177
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 157
Cronaca di un affondamento annunciato - 157
In mezzo alla tempesta - 94
La pietra sepolcrale sulla ex nuova frontiera - 1
...................In hoc signo vinces
-
La pietra sepolcrale sulla ex nuova frontiera l’ha posta definitivamente Romano Prodi.
Da pagina 9 del cartaceo de La Repubblica di stamani:
Epifani chiama Prodi: “Lo incontrerò presto”
====================================================
Il Professore: grande distanza tra la mia idea di centrosinistra e questo disastro
====================================================
GIOVANNA CASADIO
ROMA – <<Prodi l’ho chiamato e ci vedremo presto>>. Guglielmo Epifani alla fine della terza giornata d’incontri con i leader democratici, telefona al Professore.
Si spezza così il silenzio tra Prodi e il Pd, che è stato sinora pesante come una cappa.
Di questo gelo l’ex presidente ha parlato con gli amici.
Come Aldo Civico, amico di lunga data, antropologo, che lo ha incontrato tornando dagli Usa e twitta:
<<Chiacchierata mesta con Prodi sul suo addio al Pd.
L’ho ringraziato per il suo servizio all’Italia>>.
Notizia retwittata da militanti, simpatizzanti, circoli democratici.
In realtà il Professore che, così come la moglie Flavia, non ha ritirato la tessera del partito, evita di commentare.
=========================================================================
L’amarezza l’ha già espressa: è molto grande la distanza – ha confidato – tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
=========================================================================
*
Non c’è che dire, Romano è stato un temerario testardo a gettare la spugna soltanto ora, nella primavera del 2013.
Ha voluto dar credito a un bordellame che non lo meritava per ben 18 anni, ricevendo solo in cambio calci sui denti.
Ieri sera se n’è occupato anche Crozza ad “Alice nel Paese delle meraviglie”
http://www.la7.it/crozza/pvideo-stream?id=i708064
Hannah Arendt
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La pietra sepolcrale sulla ex nuova frontiera l’ha posta definitivamente Romano Prodi.
Da pagina 9 del cartaceo de La Repubblica di stamani:
Epifani chiama Prodi: “Lo incontrerò presto”
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Il Professore: grande distanza tra la mia idea di centrosinistra e questo disastro
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GIOVANNA CASADIO
ROMA – <<Prodi l’ho chiamato e ci vedremo presto>>. Guglielmo Epifani alla fine della terza giornata d’incontri con i leader democratici, telefona al Professore.
Si spezza così il silenzio tra Prodi e il Pd, che è stato sinora pesante come una cappa.
Di questo gelo l’ex presidente ha parlato con gli amici.
Come Aldo Civico, amico di lunga data, antropologo, che lo ha incontrato tornando dagli Usa e twitta:
<<Chiacchierata mesta con Prodi sul suo addio al Pd.
L’ho ringraziato per il suo servizio all’Italia>>.
Notizia retwittata da militanti, simpatizzanti, circoli democratici.
In realtà il Professore che, così come la moglie Flavia, non ha ritirato la tessera del partito, evita di commentare.
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L’amarezza l’ha già espressa: è molto grande la distanza – ha confidato – tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
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Non c’è che dire, Romano è stato un temerario testardo a gettare la spugna soltanto ora, nella primavera del 2013.
Ha voluto dar credito a un bordellame che non lo meritava per ben 18 anni, ricevendo solo in cambio calci sui denti.
Ieri sera se n’è occupato anche Crozza ad “Alice nel Paese delle meraviglie”
http://www.la7.it/crozza/pvideo-stream?id=i708064
Ultima modifica di camillobenso il 18/05/2013, 21:47, modificato 1 volta in totale.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Da un'intervista a Guccini :
Grillo ?: sta facendo il suo gioco, spietato, da vecchio forlaniano, abile. Anche lì, nel Movimento Cinque Stelle, ci sono equilibri da conservare, da arrangiare e finché possono si fanno vedere, fanno i loro interessi. Peccato si sbraccino per giurare che a loro sta a cuore il Paese, a differenza delle forze della sinistra. Mah! Poveri noi...».
E le conseguenze spesso fan soffrire...
«Sicura una cosa: nessuno in Italia – a parte i poveracci sfrattati, licenziati, falliti, impoveriti – sta soffrendo quanto il popolo della sinistra. Mentre, tra l'altro, Grillo e Berlusconi fanno i loro armeggi per aggravare le nostre spaccature interne. Ma questo, se si vuole, fa parte della sceneggiatura. Non c'è sorpresa nell'annotare che anche Grillo adotti proprio i comportamenti denunciati nei comizi come prodotto di una cultura politica morta e sepolta. C'è sorpresa nell'essere costretti a prendere atto di come la sinistra sia a disposizione di queste manovre, di come sia fragile, ben disposta verso l'implosione. Mentre la base è in grado di dare, com'è avvenuto, disposizioni positive, chiare, intellegibili. C'è una scollatura pesante tra dirigenza e base, questo è chiaro, e non solo questo...».
Vedi che non tutto è nebuloso? Che altro osservi nella tua sfera di cristallo?
«Credo che la sofferenza di oggi possa insegnare qualcosa alla sinistra: per esempio, che non si vive di sole tattiche, la sinistra non può farlo. Che non si può passar sopra i principi, non sono trattabili. Che con Berlusconi non si fanno riforme né accordi. Che le ambiguità del passato si pagano tutte. Berlusconi, la destra, possono fare quello che vogliono, possono sfondare il muro della decenza e della costituzionalità e restano in piedi lo stesso. Ma se la sinistra non è limpida, unita, sinceramente agganciata a dei principi di igiene politica che tutti riconoscono, allora la sinistra paga e duramente. Non ha alternative all'essere “brava”, sincera, unita, pulita. Aggiungerei generosa. È come se la storia la richiamasse senza sconti al rispetto della sua natura, della sua vocazione. Quel fronte ideale che Grillo si impegna a rivendicare per sé e per la sua formazione esiste già: sta nella base della sinistra».
Grillo ?: sta facendo il suo gioco, spietato, da vecchio forlaniano, abile. Anche lì, nel Movimento Cinque Stelle, ci sono equilibri da conservare, da arrangiare e finché possono si fanno vedere, fanno i loro interessi. Peccato si sbraccino per giurare che a loro sta a cuore il Paese, a differenza delle forze della sinistra. Mah! Poveri noi...».
E le conseguenze spesso fan soffrire...
«Sicura una cosa: nessuno in Italia – a parte i poveracci sfrattati, licenziati, falliti, impoveriti – sta soffrendo quanto il popolo della sinistra. Mentre, tra l'altro, Grillo e Berlusconi fanno i loro armeggi per aggravare le nostre spaccature interne. Ma questo, se si vuole, fa parte della sceneggiatura. Non c'è sorpresa nell'annotare che anche Grillo adotti proprio i comportamenti denunciati nei comizi come prodotto di una cultura politica morta e sepolta. C'è sorpresa nell'essere costretti a prendere atto di come la sinistra sia a disposizione di queste manovre, di come sia fragile, ben disposta verso l'implosione. Mentre la base è in grado di dare, com'è avvenuto, disposizioni positive, chiare, intellegibili. C'è una scollatura pesante tra dirigenza e base, questo è chiaro, e non solo questo...».
Vedi che non tutto è nebuloso? Che altro osservi nella tua sfera di cristallo?
«Credo che la sofferenza di oggi possa insegnare qualcosa alla sinistra: per esempio, che non si vive di sole tattiche, la sinistra non può farlo. Che non si può passar sopra i principi, non sono trattabili. Che con Berlusconi non si fanno riforme né accordi. Che le ambiguità del passato si pagano tutte. Berlusconi, la destra, possono fare quello che vogliono, possono sfondare il muro della decenza e della costituzionalità e restano in piedi lo stesso. Ma se la sinistra non è limpida, unita, sinceramente agganciata a dei principi di igiene politica che tutti riconoscono, allora la sinistra paga e duramente. Non ha alternative all'essere “brava”, sincera, unita, pulita. Aggiungerei generosa. È come se la storia la richiamasse senza sconti al rispetto della sua natura, della sua vocazione. Quel fronte ideale che Grillo si impegna a rivendicare per sé e per la sua formazione esiste già: sta nella base della sinistra».
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Re: Come se ne viene fuori ?
Per legge il Cavaliere non può entrare in Senato perché concessionario di frequenze pubbliche. La giunta di Palazzo Madama ora deve applicare questa norma. Ma i parlamentari democratici chiamati a votare sono imbarazzati: «Non so, vedremo, devo leggere le carte». E la decisione potrebbe essere rinviata. Per sempre
Camillobenso.
....................................................
La prova l'ha dimostrata su canale 5 facendosi un filmato delle serate ad Arcore.Piu di questa cosa si vuole?
Ciao
Paolo11
Camillobenso.
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La prova l'ha dimostrata su canale 5 facendosi un filmato delle serate ad Arcore.Piu di questa cosa si vuole?
Ciao
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 212
La cruna dell’ago – 178
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 178
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 158
Cronaca di un affondamento annunciato - 158
In mezzo alla tempesta - 95
Alta tensione - 1
Mara Carfagna ad In onda
Mara Carfagna insultata al supermercato a Roma. L’ex ministro PdL, secondo quanto racconta il Corriere della Sera, è finita in un piccolo incidente in piena Roma:
Mara Carfagna ha raccontato di essere stata insultata in un supermercato in via del Tritone, a poche centinaia di metri da Palazzo Chigi. I due sconosciuti le si sarebbero avvicinati e, dopo averla ingiuriata, si so- no allontanati subito. La parlamentare è uscita dal market e ha fermato un carabiniere spiegando cosa era successo.
http://www.giornalettismo.com/archives/ ... ermercato/
Forse per questo motivo è stata invitata ad In onda.
La Carfagna ha un bel viso, ma niente più. Politicamente è vuota come una campana.
Né lei, né i due conduttori, Porro e Telese si sono resi conto di aver complicato la situazione.
Le fesserie gratuite propinate dalla parlamentare legate agli obblighi di propaganda dei 20 Stalle, sono generatori di insofferenza naturale ed immediata, soprattutto se esposte in un mezzo di comunicazione di massa come la televisione.
Sarebbe opera meritoria se chi è addetto alla scelta della scorta dei poco onorevoli parlamentari, sottraesse 2 g man della Finocchiaro per destinarli alla Carfagna, soprattutto dopo il monte fesserie vomitato questa sera dalla ingenua propagandista.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 212
La cruna dell’ago – 178
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Mara Carfagna ad In onda
Mara Carfagna insultata al supermercato a Roma. L’ex ministro PdL, secondo quanto racconta il Corriere della Sera, è finita in un piccolo incidente in piena Roma:
Mara Carfagna ha raccontato di essere stata insultata in un supermercato in via del Tritone, a poche centinaia di metri da Palazzo Chigi. I due sconosciuti le si sarebbero avvicinati e, dopo averla ingiuriata, si so- no allontanati subito. La parlamentare è uscita dal market e ha fermato un carabiniere spiegando cosa era successo.
http://www.giornalettismo.com/archives/ ... ermercato/
Forse per questo motivo è stata invitata ad In onda.
La Carfagna ha un bel viso, ma niente più. Politicamente è vuota come una campana.
Né lei, né i due conduttori, Porro e Telese si sono resi conto di aver complicato la situazione.
Le fesserie gratuite propinate dalla parlamentare legate agli obblighi di propaganda dei 20 Stalle, sono generatori di insofferenza naturale ed immediata, soprattutto se esposte in un mezzo di comunicazione di massa come la televisione.
Sarebbe opera meritoria se chi è addetto alla scelta della scorta dei poco onorevoli parlamentari, sottraesse 2 g man della Finocchiaro per destinarli alla Carfagna, soprattutto dopo il monte fesserie vomitato questa sera dalla ingenua propagandista.
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Re: Come se ne viene fuori ?
La proposta rivoluzionaria di Hollande all'Europa
di EUGENIO SCALFARI
Riformisti o rivoluzionari? Questa domanda sta al centro del problema italiano ed europeo, ma può essere declinata in molti altri modi. Per esempio: socialisti o liberali? Progressisti o moderati? Di destra o di sinistra? Innovatori o conservatori? Sostenitori dei diritti o anche dei doveri?
Spaccare la società in due è quasi sempre una semplificazione e semplificare i problemi complessi è quasi sempre un errore. Senza dire che bisogna analizzare con attenzione il significato delle parole. Se restiamo alla prima domanda che tutte le riassume, arriviamo alla conclusione che spesso una riforma fatta come le condizioni concrete richiedono può rappresentare una svolta radicale e quindi una rivoluzione; mentre accade altrettanto spesso che una rivoluzione che abbatta tutta l'architettura sociale preesistente spesso sbocca nel suo contrario, cioè in una dittatura.
Ma applichiamo questa griglia di domande all'Europa di oggi e all'Italia chiamando in soccorso anche qualche esperienza storica che possa aiutarci a capire il presente col ricordo di un passato analogo e quindi attuale.
La moneta unica europea è stata una riforma rivoluzionaria: ha reso impossibili le svalutazioni delle monete nazionali come strumento di competitività, ha unificato il tasso del cambio estero per una popolazione di oltre 300 milioni di persone, ha consentito un mercato libero per le persone, le merci e i capitali.
Un'altra riforma rivoluzionaria è stata quella del servizio sanitario nazionale. Un'altra
ancora quella della scuola dell'obbligo. Una quarta il divieto di licenziamento senza giusta causa, una quinta il riconoscimento di pari diritti tra uomo e donna, una sesta quella delle pari opportunità e cioè della lotta contro le diseguaglianze nelle posizioni di partenza. Infine ultima della serie la tutela della libera concorrenza sul mercato degli scambi economici.
È pur vero che alcune di queste conquiste, tutte avvenute nel mezzo secolo trascorso dopo la fine della guerra, sono state in parte vanificate o deformate da interessi precostituiti che ne hanno impedito o limitato la piena realizzazione. Ed è altrettanto vero che nuove esigenze, nuovi bisogni e nuove tecnologie sono nel frattempo emersi rendendo necessari ulteriori mutamenti che spesso sono mancati. La necessità di una continua manutenzione e di mutamenti successivi è una dinamica indispensabile senza la quale le riforme effettuate si trasformano in uno stato di fatto che non progredisce ma invecchia. Il riformismo correttamente inteso coincide con l'innovazione, se diventa consuetudine cessa di esistere.
Purtroppo l'Europa e gli Stati che ne fanno parte versano in questa condizione. Il dinamismo delle riforme è cessato da almeno 20 anni e forse più. Perciò molti invocano la rivoluzione e rimproverano i riformisti di essersi addormentati. Ma che cos'è la rivoluzione quando è sganciata dal riformismo ed anzi gli si oppone?
* * *
La rivoluzione che si oppone al riformismo di solito si ispira all'utopia. I rivoluzionari utopisti si propongono la distruzione dell'esistente, non il suo ammodernamento. Perciò usano il "senza se e senza ma" e dicono di no a tutto. Nove volte su dieci finiscono in una dittatura.
Nel suo libro appena uscito col titolo "E se noi domani - L'Italia e la sinistra che vorrei" Walter Veltroni ricorda e concorda su una frase che Piero Calamandrei pronunciò in un ampio discorso da lui tenuto all'Assemblea costituente il 5 settembre 1946. La frase è questa: "Le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dall'impossibilità di governare dei governi democratici".
Veltroni ricorda anche che l'ultimo governo democratico governante fu quello dell'Ulivo presieduto da Romano Prodi dal '96 al '98. Dopo di allora i governi arrancarono e dal 2001 al novembre del 2011 furono gestiti dal populismo berlusconiano con la breve parentesi del biennio prodiano 2006-2008 che registrò il penoso spettacolo d'una coalizione che andava da Mastella a Bertinotti e un solo voto di maggioranza al Senato.
Per fortuna - aggiunge Veltroni - si susseguirono al Quirinale Scalfaro, Ciampi e Napolitano che sono stati i migliori presidenti della Repubblica che l'Italia abbia avuto ed hanno supplito alle terribili carenze del sistema.
Concordo pienamente con questi giudizi e con la necessità d'un profondo mutamento dei partiti e della società. Siamo percossi da una terribile crisi economica e sociale e in Italia ma anche in Europa da uno smarrimento della pubblica opinione. E siamo schiacciati da due populismi contrapposti e dalla crisi profonda del partito che ha la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e quella relativa al Senato, ma non è in grado di risollevarsi dalla crisi che l'ha atterrato.
Quanto all'Europa, versa anch'essa in condizioni che dire drammatiche è dir poco: una marea di disoccupati, una recessione che ha colpito quasi tutti i Paesi che la compongono, una politica economica profondamente sbagliata, una politica bancaria in fase di stallo, una lentezza decisionale che aggrava i malanni e vanifica le incerte terapie.
Questa è la situazione. Ci sono speranze di riportarla sulla giusta rotta?
* * *
La speranza (lo dico con le parole di Calamandrei) è un governo che governi e che duri. Quello di Enrico Letta è nato per necessità e si regge su una maggioranza anomala e rissosa ma, allo stato dei fatti, senza alternative. Grillo non è un'alternativa e i suoi voti, quand'anche saltassero ancora in avanti (ma i sondaggi attuali lo danno al 23 per cento) da soli non bastano. Dal bacino elettorale di Berlusconi non succhia più, anzi sta avvenendo il contrario: è Berlusconi che si sta riprendendo i voti dei delusi che erano emigrati dal Pdl verso l'astensione o verso Grillo.
I cinque stelle continuano invece ad affascinare i giovani di sinistra, i delusi del Pd, i sognatori della palingenesi, quelli che sono rimasti schifati dall'apparato chiuso e correntizio d'un partito che nel 2008 si era presentato come una sorta di partito d'azione moderno, aperto, che avrebbe dovuto plasmare una società civile forte e porsi al suo servizio.
Su questi delusi i cinque stelle esercitano la loro tentazione che però ha un punto debole: non esprimono nulla che sia di sinistra, né di quella tradizionale né di quella che pensa in termini di cultura moderna. Ce ne sono ancora nel Pd e molti, ma non pare che abbiano voce o almeno non abbastanza, capace di rovesciare gli equilibri malsani che ancora dominano quel partito.
Un Pd moderato non corrisponde alla sua genesi e soprattutto non riempirebbe alcun vuoto, al contrario ne aprirebbe uno a sinistra con conseguenze letali nel quadro italiano ed europeo.
Il Pd può avere, dovrebbe avere, i voti dei liberali, che non sono affatto moderati nel senso conservatore del termine. Nelle democrazie mature i liberali sono sempre stati alleati della sinistra riformatrice, è sempre stato così dovunque, in Inghilterra, in Usa, in Francia, in Germania, in Spagna. Ed anche in Italia, nei rari momenti di democrazia vincente. Rari, perché una parte rilevante di italiani non ama lo Stato, lo considera estraneo se non addirittura nemico e soggiace alle lusinghe della demagogia e del populismo. Predomina in loro un elemento anarcoide ed un'indifferenza verso la politica che porta inevitabilmente verso forme a volte nascoste e a volte palesi di dittatura.
Questo è il dramma italiano, un risvolto del quale, certamente non marginale, estende l'antipatia verso lo Stato nazionale ad un'analoga antipatia verso l'ipotesi di uno Stato europeo. Da questo punto di vista il populismo berlusconiano coincide con il populismo grillino: lo Stato italiano, per quel che poco che esiste, dev'essere raso al suolo e lo Stato federale europeo non deve nascere. Quel tanto che esiste dell'uno e dell'altro dev'essere completamente abbattuto. Poi, sulle loro ceneri, si potrà forse edificare il nuovo. Ma se li interroghi sul come distruggerli e come ricostruirli, riceverai come risposta una scrollata di spalle e un generico "si vedrà".
* * *
Non è così che si costruisce il futuro dell'Europa e quello dell'Italia che le è strettamente legato. Da questo punto di vista giovedì scorso è avvenuto un fatto nuovo di straordinaria importanza: il presidente francese Hollande per la prima volta nella storia politica della Francia ha abbandonato la posizione tradizionale del suo paese di scetticismo e di ostile distacco verso un'Europa federata ed ha chiesto in modo perentorio la nascita entro il 2015 d'un governo unitario europeo con un bilancio comune, un debito pubblico sovrano comune, una politica economica, estera e di difesa comuni, un sistema bancario ed una Banca centrale con i poteri di tutte le Banche centrali dei paesi sovrani.
Non era mai accaduto prima, la Francia era anzi vista come un ostacolo insuperabile a questa evoluzione, imposta ormai dall'esistenza d'una società mondiale globale. Il progetto di Hollande prevede anche l'elezione del presidente dell'Europa col voto diretto dell'intero popolo europeo.
Il governo spagnolo si è già dichiarato pronto a sostenere la proposta francese. Il nostro presidente del Consiglio Enrico Letta aveva anch'egli sostenuto per primo questa necessità ma non aveva fissato date. Hollande ha rotto gli indugi: due anni di tempo e se gli altri paesi europei (la Germania soprattutto perché a lei è rivolto il messaggio di Hollande) non saranno d'accordo, la Francia andrà avanti con chi ci sta.
I partiti italiani finora non si sono fatti sentire; i giornali hanno riportato la notizia ma senza rilevarne la novità e la fondamentale importanza. Questa sì, sarebbe una rivoluzione: un governo ed un presidente eletto di uno Stato europeo fra due anni. Le elezioni tedesche che avranno luogo in autunno dovranno cimentarsi soprattutto su questo tema e così pure quelle italiane quando avverranno e le elezioni europee che si svolgeranno interamente su questi temi. La messa in comune dei debiti sovrani nazionali fu, non a caso, il primo passo della Confederazione americana verso la Federazione.
Il futuro si può costruire soltanto così e soltanto così può rinascere la speranza nel cuore degli europei e degli italiani.
(19 maggio 2013)
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ref=HREA-1
di EUGENIO SCALFARI
Riformisti o rivoluzionari? Questa domanda sta al centro del problema italiano ed europeo, ma può essere declinata in molti altri modi. Per esempio: socialisti o liberali? Progressisti o moderati? Di destra o di sinistra? Innovatori o conservatori? Sostenitori dei diritti o anche dei doveri?
Spaccare la società in due è quasi sempre una semplificazione e semplificare i problemi complessi è quasi sempre un errore. Senza dire che bisogna analizzare con attenzione il significato delle parole. Se restiamo alla prima domanda che tutte le riassume, arriviamo alla conclusione che spesso una riforma fatta come le condizioni concrete richiedono può rappresentare una svolta radicale e quindi una rivoluzione; mentre accade altrettanto spesso che una rivoluzione che abbatta tutta l'architettura sociale preesistente spesso sbocca nel suo contrario, cioè in una dittatura.
Ma applichiamo questa griglia di domande all'Europa di oggi e all'Italia chiamando in soccorso anche qualche esperienza storica che possa aiutarci a capire il presente col ricordo di un passato analogo e quindi attuale.
La moneta unica europea è stata una riforma rivoluzionaria: ha reso impossibili le svalutazioni delle monete nazionali come strumento di competitività, ha unificato il tasso del cambio estero per una popolazione di oltre 300 milioni di persone, ha consentito un mercato libero per le persone, le merci e i capitali.
Un'altra riforma rivoluzionaria è stata quella del servizio sanitario nazionale. Un'altra
ancora quella della scuola dell'obbligo. Una quarta il divieto di licenziamento senza giusta causa, una quinta il riconoscimento di pari diritti tra uomo e donna, una sesta quella delle pari opportunità e cioè della lotta contro le diseguaglianze nelle posizioni di partenza. Infine ultima della serie la tutela della libera concorrenza sul mercato degli scambi economici.
È pur vero che alcune di queste conquiste, tutte avvenute nel mezzo secolo trascorso dopo la fine della guerra, sono state in parte vanificate o deformate da interessi precostituiti che ne hanno impedito o limitato la piena realizzazione. Ed è altrettanto vero che nuove esigenze, nuovi bisogni e nuove tecnologie sono nel frattempo emersi rendendo necessari ulteriori mutamenti che spesso sono mancati. La necessità di una continua manutenzione e di mutamenti successivi è una dinamica indispensabile senza la quale le riforme effettuate si trasformano in uno stato di fatto che non progredisce ma invecchia. Il riformismo correttamente inteso coincide con l'innovazione, se diventa consuetudine cessa di esistere.
Purtroppo l'Europa e gli Stati che ne fanno parte versano in questa condizione. Il dinamismo delle riforme è cessato da almeno 20 anni e forse più. Perciò molti invocano la rivoluzione e rimproverano i riformisti di essersi addormentati. Ma che cos'è la rivoluzione quando è sganciata dal riformismo ed anzi gli si oppone?
* * *
La rivoluzione che si oppone al riformismo di solito si ispira all'utopia. I rivoluzionari utopisti si propongono la distruzione dell'esistente, non il suo ammodernamento. Perciò usano il "senza se e senza ma" e dicono di no a tutto. Nove volte su dieci finiscono in una dittatura.
Nel suo libro appena uscito col titolo "E se noi domani - L'Italia e la sinistra che vorrei" Walter Veltroni ricorda e concorda su una frase che Piero Calamandrei pronunciò in un ampio discorso da lui tenuto all'Assemblea costituente il 5 settembre 1946. La frase è questa: "Le dittature sorgono non dai governi che governano e che durano, ma dall'impossibilità di governare dei governi democratici".
Veltroni ricorda anche che l'ultimo governo democratico governante fu quello dell'Ulivo presieduto da Romano Prodi dal '96 al '98. Dopo di allora i governi arrancarono e dal 2001 al novembre del 2011 furono gestiti dal populismo berlusconiano con la breve parentesi del biennio prodiano 2006-2008 che registrò il penoso spettacolo d'una coalizione che andava da Mastella a Bertinotti e un solo voto di maggioranza al Senato.
Per fortuna - aggiunge Veltroni - si susseguirono al Quirinale Scalfaro, Ciampi e Napolitano che sono stati i migliori presidenti della Repubblica che l'Italia abbia avuto ed hanno supplito alle terribili carenze del sistema.
Concordo pienamente con questi giudizi e con la necessità d'un profondo mutamento dei partiti e della società. Siamo percossi da una terribile crisi economica e sociale e in Italia ma anche in Europa da uno smarrimento della pubblica opinione. E siamo schiacciati da due populismi contrapposti e dalla crisi profonda del partito che ha la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e quella relativa al Senato, ma non è in grado di risollevarsi dalla crisi che l'ha atterrato.
Quanto all'Europa, versa anch'essa in condizioni che dire drammatiche è dir poco: una marea di disoccupati, una recessione che ha colpito quasi tutti i Paesi che la compongono, una politica economica profondamente sbagliata, una politica bancaria in fase di stallo, una lentezza decisionale che aggrava i malanni e vanifica le incerte terapie.
Questa è la situazione. Ci sono speranze di riportarla sulla giusta rotta?
* * *
La speranza (lo dico con le parole di Calamandrei) è un governo che governi e che duri. Quello di Enrico Letta è nato per necessità e si regge su una maggioranza anomala e rissosa ma, allo stato dei fatti, senza alternative. Grillo non è un'alternativa e i suoi voti, quand'anche saltassero ancora in avanti (ma i sondaggi attuali lo danno al 23 per cento) da soli non bastano. Dal bacino elettorale di Berlusconi non succhia più, anzi sta avvenendo il contrario: è Berlusconi che si sta riprendendo i voti dei delusi che erano emigrati dal Pdl verso l'astensione o verso Grillo.
I cinque stelle continuano invece ad affascinare i giovani di sinistra, i delusi del Pd, i sognatori della palingenesi, quelli che sono rimasti schifati dall'apparato chiuso e correntizio d'un partito che nel 2008 si era presentato come una sorta di partito d'azione moderno, aperto, che avrebbe dovuto plasmare una società civile forte e porsi al suo servizio.
Su questi delusi i cinque stelle esercitano la loro tentazione che però ha un punto debole: non esprimono nulla che sia di sinistra, né di quella tradizionale né di quella che pensa in termini di cultura moderna. Ce ne sono ancora nel Pd e molti, ma non pare che abbiano voce o almeno non abbastanza, capace di rovesciare gli equilibri malsani che ancora dominano quel partito.
Un Pd moderato non corrisponde alla sua genesi e soprattutto non riempirebbe alcun vuoto, al contrario ne aprirebbe uno a sinistra con conseguenze letali nel quadro italiano ed europeo.
Il Pd può avere, dovrebbe avere, i voti dei liberali, che non sono affatto moderati nel senso conservatore del termine. Nelle democrazie mature i liberali sono sempre stati alleati della sinistra riformatrice, è sempre stato così dovunque, in Inghilterra, in Usa, in Francia, in Germania, in Spagna. Ed anche in Italia, nei rari momenti di democrazia vincente. Rari, perché una parte rilevante di italiani non ama lo Stato, lo considera estraneo se non addirittura nemico e soggiace alle lusinghe della demagogia e del populismo. Predomina in loro un elemento anarcoide ed un'indifferenza verso la politica che porta inevitabilmente verso forme a volte nascoste e a volte palesi di dittatura.
Questo è il dramma italiano, un risvolto del quale, certamente non marginale, estende l'antipatia verso lo Stato nazionale ad un'analoga antipatia verso l'ipotesi di uno Stato europeo. Da questo punto di vista il populismo berlusconiano coincide con il populismo grillino: lo Stato italiano, per quel che poco che esiste, dev'essere raso al suolo e lo Stato federale europeo non deve nascere. Quel tanto che esiste dell'uno e dell'altro dev'essere completamente abbattuto. Poi, sulle loro ceneri, si potrà forse edificare il nuovo. Ma se li interroghi sul come distruggerli e come ricostruirli, riceverai come risposta una scrollata di spalle e un generico "si vedrà".
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Non è così che si costruisce il futuro dell'Europa e quello dell'Italia che le è strettamente legato. Da questo punto di vista giovedì scorso è avvenuto un fatto nuovo di straordinaria importanza: il presidente francese Hollande per la prima volta nella storia politica della Francia ha abbandonato la posizione tradizionale del suo paese di scetticismo e di ostile distacco verso un'Europa federata ed ha chiesto in modo perentorio la nascita entro il 2015 d'un governo unitario europeo con un bilancio comune, un debito pubblico sovrano comune, una politica economica, estera e di difesa comuni, un sistema bancario ed una Banca centrale con i poteri di tutte le Banche centrali dei paesi sovrani.
Non era mai accaduto prima, la Francia era anzi vista come un ostacolo insuperabile a questa evoluzione, imposta ormai dall'esistenza d'una società mondiale globale. Il progetto di Hollande prevede anche l'elezione del presidente dell'Europa col voto diretto dell'intero popolo europeo.
Il governo spagnolo si è già dichiarato pronto a sostenere la proposta francese. Il nostro presidente del Consiglio Enrico Letta aveva anch'egli sostenuto per primo questa necessità ma non aveva fissato date. Hollande ha rotto gli indugi: due anni di tempo e se gli altri paesi europei (la Germania soprattutto perché a lei è rivolto il messaggio di Hollande) non saranno d'accordo, la Francia andrà avanti con chi ci sta.
I partiti italiani finora non si sono fatti sentire; i giornali hanno riportato la notizia ma senza rilevarne la novità e la fondamentale importanza. Questa sì, sarebbe una rivoluzione: un governo ed un presidente eletto di uno Stato europeo fra due anni. Le elezioni tedesche che avranno luogo in autunno dovranno cimentarsi soprattutto su questo tema e così pure quelle italiane quando avverranno e le elezioni europee che si svolgeranno interamente su questi temi. La messa in comune dei debiti sovrani nazionali fu, non a caso, il primo passo della Confederazione americana verso la Federazione.
Il futuro si può costruire soltanto così e soltanto così può rinascere la speranza nel cuore degli europei e degli italiani.
(19 maggio 2013)
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ref=HREA-1
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Re: Come se ne viene fuori ?
. Hollande ha rotto gli indugi: due anni di tempo e se gli altri paesi europei (la Germania soprattutto perché a lei è rivolto il messaggio di Hollande) non saranno d'accordo, la Francia andrà avanti con chi ci sta.
Per me sarebbe una soluzione anche se la Germania non sarebbe d'accordo, e per Letta o il PD ?
Per me sarebbe una soluzione anche se la Germania non sarebbe d'accordo, e per Letta o il PD ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Penso concordano tutti che l'Europa così non và.iospero ha scritto:. Hollande ha rotto gli indugi: due anni di tempo e se gli altri paesi europei (la Germania soprattutto perché a lei è rivolto il messaggio di Hollande) non saranno d'accordo, la Francia andrà avanti con chi ci sta.
Per me sarebbe una soluzione anche se la Germania non sarebbe d'accordo, e per Letta o il PD ?
E' come una macchina che si trova in pista e deve necessariamente scegliere velocemente se frenare o accelerare.
Frenare e far vincere la forza centripeta dei nazionalismi e dai mìopi interessi corporativi ed egoistici,
o scegliere la forza centrifuga ed accelerare la costruzione politica di un unico governo vero
dell'Europa sognata dai fondatori e basata tutto sulla integrazione e sulla solidarietà.
Penso che ci si può salvare solo scegliendo rapidamente e optando per la soluzione dell'integrazione vera,
senza troppi calcoli di breve respiro e di mancanza di prospettiva futura, per arrivare ad avere:
un unico governo, una sola politica estera, un unico vero stato.
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