La collaudata tecnica degli annunci e degli insabbiamenti.

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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mariok

La collaudata tecnica degli annunci e degli insabbiamenti.

Messaggio da mariok »

Anche questo governo sembra esperto nella tecnica degli annunci magistralmente utilizzata dai governi del caimano.

Si annuncia una riforma facendola passare come fatta, tanto poi chi vuoi che si ricorderà di quello che era stato annunciato e non è stato fatto.

E' un metodo che ha finora funzionato benissimo con l'eliminazione delle province, con le liberalizzazioni fantasma, come quelle delle farmacie, delle assicurazioni e dei servizi, che evidentemente si pensa di utilizzare per la questione sensibile del finanziamento dei partiti.

Nessun riferimento nel comunicato riguarda i tempi di attuazione.
Ma da questo punto di vista la raccomandazione venuta dal Pd, ma assolutamente condivisa dal Pdl (entrambi i partiti sono in rosso, ecco il punto) è la previsione di una gradualità nella entrata in vigore della nuova normativa: si immagina un termine di tre anni.
In tre anni, sai quante cose succedono!

Per la verità, niente di originale. L'arte dell'insabbiamento viene da molto lontano ed ha avuto nella DC una grande scuola.


POLITICA
25/05/2013

Il nuovo “tesoretto” arriverà
con l’uno per mille ai partiti


I partiti saranno finanziati solo dai privati, che potranno donare attraverso un nuovo «uno per mille» in dichiarazione dei redditi

Maggioranza d’accordo
Il premier avverte:
se vi bloccate faremo un decreto

FABIO MARTINI

ROMA

Entrando nel salone del Consiglio dei ministri, Enrico Letta lo sa già: i “suoi” partiti, stavolta, stanno con lui senza riserve. Eppure, una volta spiegate le linee guida della riforma del finanziamento pubblico, il presidente del Consiglio fa un annuncio ai ministri: «Abbiamo preferito lo strumento del disegno di legge, per consentire su una materia come questa, il più ampio confronto parlamentare, ma se nell’arco di sei mesi dovessero manifestarsi resistenze che snaturano l’essenza del provvedimento, a quel punto non escludiamo di legiferare con un decreto legge».

Quella pronunciata davanti al plenum del Consiglio dei ministri non è una minaccia: quello che conta è il testo innovativo presentato e le modalità soft attraverso le quali si dovrebbe arrivare alla sua approvazione. Ma Letta ci tiene ad essere, ed anche ad apparire, determinato.

Tanto più che in materia di riforma della politica, il presidente del Consiglio è sempre stato un passo avanti ai suoi compagni di partito, con la presentazione, tre legislature fa, del primo disegno di legge sull’abolizione dei vitalizi ai parlamentari o con la proposta di autoriduzione dello stipendio da premier, di circa centomila euro. Una sensibilità su questi temi che corrisponde anche ad una scommessa: su questi temi si può riguadagnare un consenso in fasce di opinione pubblica in disarmo verso la politica.

E infatti Letta ha ripetuto in Consiglio un concetto che ha ripetuto spesso negli ultimi mesi: «Il sistema dei partiti o sa autoriformarsi o muore». I partiti lo hanno capito e perciò hanno deciso di appoggiare una riforma incisiva.

La vera novità sta proprio nel via libera arrivato a Letta dai due principali partiti della sua maggioranza, Pd e Pdl. I principi guida, approvati dal Cdm, erano stati preparati nei giorni scorsi nel corso di una istruttoria alla quale avevano contribuito il sottosegretario alla Presidenza Filippo Patroni Griffi, il sottosegretario del Pd Giovanni Legnini, il ministro del Pdl Gaetano Quagliariello, mentre l’inquadramento e alcuni suggerimenti operativi dirimenti sono venuti dal giurista Gregorio Gitti, parlamentare di Scelta civica.

La sintesi è toccata ad Enrico Letta, ben consapevole che non mancheranno increspature da qui alla approvazione da parte di un prossimo Cdm del disegno di legge definitivo.

Nel comunicato diffuso al termine del Consiglio ci sono parole-chiave e alcuni omissis. La prima espressione è contenuta nel primo punto ed è netta: «Abrogazione delle vigenti norme sul finanziamento pubblico».

Espressione netta, abrogazione, voluta da Letta ma appoggiata - e questo è il primo dato interessante - anche dal partito più strutturato, che sulla carta ha tutto da perdere: il Pd. Attraverso il suo tesoriere Misiani sono arrivati a Letta segnali inequivocabili: mai più finanziamento pubblico, neppure in forme blande. Nessun riferimento nel comunicato riguarda i tempi di attuazione.

Ma da questo punto di vista la raccomandazione venuta dal Pd, ma assolutamente condivisa dal Pdl (entrambi i partiti sono in rosso, ecco il punto) è la previsione di una gradualità nella entrata in vigore della nuova normativa: si immagina un termine di tre anni. Ma le novità più corpose, seppur espresse in modo ellittico, stanno al punto tre e quattro del comunicato: «La semplificazione delle procedure per le erogazioni liberali dei privati in favore dei partiti» e «l’introduzione di meccanismi di natura fiscale, fondati sulla libera scelta dei contribuenti».

Si allude a detrazioni alla contribuzione privata da parte dei cittadini, ma soprattutto - ecco la novità - alla destinazione volontaria dell’uno per mille dell’Irpef. In altre parole negli allegati alla dichiarazione dei redditi, ogni contribuente, troverà altrettante caselle, equivalenti a partiti e movimenti che si sono presentati alle elezioni nazionali o regionali. È da proprio da qui che i partiti immaginano di trarre la quota più corposa degli introiti per la propria sopravvivenza.

http://www.lastampa.it/2013/05/25/itali ... agina.html
camillobenso
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Re: La collaudata tecnica degli annunci e degli insabbiament

Messaggio da camillobenso »

Annunciaziò annunciaziò tu marì marì...- 1
http://www.youtube.com/watch?v=0_kBxlmbAzs


Partiti e tornati

(Marco Travaglio).
25/05/2013 di triskel182

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Per ora l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è solo un tweet di Enrico Letta che annuncia un disegno di legge che verrà esaminato dalle commissioni parlamentari competenti e poi, se nel frattempo non sarà caduto il governo o finita la legislatura, approderà nelle aule di Camera e Senato che dovranno discuterlo, emendarlo e infine approvarlo con doppia lettura conforme. Insomma, i titoli trionfalistici dei giornaloni (Repubblica : “Soldi ai partiti, stop entro luglio”, Corriere : “Letta: basta soldi ai partiti”, La Stampa: “Partiti, stop ai soldi pubblici”) sono la solita propaganda a un governo che finora non ha fatto altro se non promettere mari e monti senz’avere un soldo in cassa. Dipendesse dai giornali, Letta e i suoi ministri sarebbero disoccupati, perché l’Italia l’avrebbe già salvata il governo Monti a colpi di “Salva Italia”, “Semplifica Italia”, “Sviluppa Italia”, “Modernizza Italia”, “Cresci Italia”, piani per la crescita, agende e tavoli e road map delle riforme (ovviamente condivise), fasi-1 e fasi-2, spending review, superconsulenti, supersaggi e supercazzole. Insomma avrebbe rivoluzionato la sanità, la scuola, l’università, le infrastrutture e la pubblica amministrazione, sbaragliato la corruzione, l’evasione e la disoccupazione, varato la miglior legge elettorale di tutti i tempi. Ora il copione si ripete con i mirabolanti annunci del governo Letta, regolarmente seguiti dal nulla. Vedremo se i fondi ai partiti avranno una sorte diversa, nel qual caso lo riconosceremo con gioia, visto che furono abrogati già vent’anni fa dal referendum del ’93, subito annullato dalla legge-truffa che li fece rientrare dalla finestra sotto le mentite spoglie dei “rimborsi elettorali”. Da allora i partiti hanno incassato indebitamente 3 miliardi di euro solo per i “rimborsi”, cui però vanno aggiunte altre fonti di approvvigionamento: i contributi ai gruppi parlamentari e regionali, gli sgravi fiscali sulle donazioni dei privati, le agevolazioni postali, i soldi ai giornali di partito (veri o finti). Decenza e coerenza vorrebbero che i partiti di maggioranza, mentre annunciano una riforma così impegnativa, rinunciassero alla rata che sta per piovergli addosso per le scorse elezioni: 45,8 milioni al Pd, 38 al Pdl, 15 a Monti. Il tanto bistrattato M5S l’ha già fatto con i “suoi” (cioè nostri) 42,7. Non è difficile: basta non ritirarli. Perché non lo fanno? Perché l’annunciata abrogazione del finanziamento pubblico puzza tanto di fregatura, cioè di una legge che i rimborsi non li abolirà, ma li chiamerà con un altro nome. Il ddl non c’è ancora, ma già si sa che introdurrà il meccanismo dell’1 per mille sulla dichiarazione dei redditi, affinché i contribuenti possano devolvere una parte delle tasse ai partiti: non è chiaro se al proprio partito o a un unico bottino che le forze politiche si spartiranno in proporzione ai voti. Questa seconda ideona fu sperimentata nel 1999 col 4 per mille, ma quasi nessuno contribuì: un po’ perché non si poteva scegliere il partito da sostenere, un po’ perché i partiti stavano sulle palle agli elettori. In ogni caso, con l’1 per mille il gettito fiscale diminuirebbe per confluire in parte nelle casse di associazioni private quali sono i partiti: dunque sarebbe un’altra forma di finanziamento pubblico, non certo un’abrogazione. Non solo: il ddl confermerà gli sgravi fiscali del 26% sui contributi privati (70 volte superiori a quelli sulle donazioni benefiche), regalerà ai partiti sedi, spazi tv e spese postali gratuiti (cioè pagati da noi). E il nuovo sistema entrerà in vigore gradualmente in tre anni, perché i partiti vanno disintossicati poco per volta, come i drogati col metadone. Infine, nulla si sa del controllore (la Corte dei Conti o le Camere, cioè i partiti stessi che si coprono a vicenda?) né delle sanzioni: l’esclusione dalle elezioni, come in Germania, è respinta con orrore dal ministro Quagliariello. Ma allora, se chi viola la legge può candidarsi come se nulla fosse, perché dovrebbe rispettarla?

Da Il Fatto Quotidiano del 26/05/2013.
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