La guerra in Mali
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La guerra in Mali
Mozione Mali
Commissione Affari Esteri e Comunitari Movimento Cinque Stelle
La Camera,
premesso che:
− l’Italia con il c.d. “decreto missioni” (D.L. 227/2012 del 28 dicembre 2012) ha provveduto alla
“Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia”;
− il predetto Decreto Legge è stato poi convertito, con modificazioni, nella Legge 1 febbraio 2013
n. 12;
− tra le tante missioni “prorogate” è ricompresa (all’art. 1 comma 17) “la partecipazione di
personale militare … alle iniziative dell’Unione Europea per il Mali”, per la quale – unitamente
alla missione Ue denominata Eucap Sahel Niger – è stata autorizzata una spesa pari ad €
1.900.524,00;
− in merito all’adozione del predetto decreto legge sono molte le criticità e le questioni da
sottoporre, finalmente, all’Assemblea;
− si evidenzia che, a differenza degli altri interventi per i quali si è provveduto al rifinanziamento,
per quanto riguarda il Mali non si è in presenza di una proroga quando, in realtà, si tratta di un
vero e proprio finanziamento ex novo di una missione ancora da intraprendere e, come si dirà,
ancora da deliberare;
− il provvedimento oggetto del presente atto, infatti, non fa minimamente riferimento ad una
specifica missione deliberata in seno all’Unione Europea, alle Nazioni Unite o ad altri organismi
internazionali, né, tantomeno, richiama una determinata decisione del Consiglio Ue (come pure
richiede il Trattato in ambito PESC);
− per tale via lo Stato italiano stanzia un ingente importo per finanziare ogni e qualsivoglia attività
in Mali sotto l’egida dell’Unione Europea;
− l’obiettivo perseguito dal comma 17 dell’art. 1 del D.L. 227, sembra essere, in effetti, proprio
quello di rimettere l’Italia totalmente e passivamente alle decisioni europee, di qualunque tipo
esse siano, in quanto, alla data di adozione del decreto legge, nessuna missione in Mali era
stata ancora decisa ed autorizzata in seno all’Unione Europea;
− solo il 17 gennaio 2013, con decisione del Consiglio dell’Ue – ai sensi dell’art. 42 paragrafo 4 e
dell’art. 43 paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea – è stata deliberata la missione militare
di formazione delle forze armate maliane denominata EUTM Mali (con sede a Bamako ed a
comando Francese nella persona del generale di Brigata François Leicointre); di conseguenza
solo a partire dalla stessa data l’Unione europea ha stabilito modalità e costi comuni
ammontanti ad € 12,3 milioni (nonché gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC istitutiva
del meccanismo c.d. ATHENA);
− la missione EUTM Mali è stata poi definitivamente avviata con decisione del Consiglio del 18
febbraio 2013;
− il Governo Italiano, dunque, ha utilizzato la decretazione ex art. 77 Cost. – almeno per quanto
riguarda il Mali – in assenza del requisito di necessità e di urgenza poiché, come visto, non vi
era alcuna missione da finanziare né, tantomeno, da prorogare;
− circostanza ancor più grave è che, in questo contesto, il Parlamento è stato chiamato solo ad
una successiva e, pertanto, intempestiva convalida dell’operato del Governo, “a giochi fatti” e
senza che vi sia stato alcun dibattito in aula (ad eccezione di uno sbrigativo e rapido voto, in
sede di conversione del decreto legge, dove i due rami del Parlamento hanno provveduto ad
un automatico rifinanziamento di tante missioni senza la materiale possibilità di entrare nel
merito delle singole iniziative e, dunque, senza possibilità di valutarne la reale portata);
− si tratta della conversione di un decreto legge che si inserisce in una meccanismo decisionale
interamente rimesso ad una dimensione sovranazionale in quanto è una decisione del
Consiglio dell’Unione europea a stabilire termini e modalità delle missioni “di pace” e con una
ulteriore e considerevole cessione della sovranità italiana;
− tali tipologie di intervento militare sul territorio di uno Stato terzo sovrano, pur deliberate
nell’ambito e sotto la vigenza dei Trattati Ue, non si conciliano con la nostra Carta
Costituzionale almeno per due ragioni: a) violazione dell’art. 78 Cost. in quanto sono le
Camere (per di più con legge formale) a dover deliberare l’ingresso in operazioni militari e non
può essere il Governo ad assumerne l’iniziativa con un atto avente forza di legge; b) violazione
del c.d. principio pacifista di cui all’art. 11 Cost. in quanto l’operazione militare oggetto del
presente atto, non può che porsi in contrasto con principi fondamentali della Costituzione quali
il divieto di una guerra che non sia unicamente difensiva;
− in particolare si ricorda, infatti, che il citato art. 11 Cost. stabilisce, inequivocabilmente, che
“l’Italia ripudia la Guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali”;
− la missione EUTM Mali, pur nel dichiarato intento di riportare pace e stabilità in un paese terzo,
non fa, però, che intervenire in un vero e proprio conflitto, fornendo una cornice legale e
giuridica alla unilaterale azione francese (avviata, dallo scorso 11 gennaio, con l’Operazione
“Serval”);
− in questo conflitto la Francia ha effettuato raid aerei, bombardamenti ed attacchi via terra; di
conseguenza un apporto in termini di uomini ed un appoggio logistico da parte dell’Italia ad
iniziative che non possono che definirsi belliche, finiscono per contravvenire al dettato
Costituzionale;
− in nome della lotta al terrorismo o del ristabilimento di pace e democrazia non possono più
essere accettati interventi o missioni internazionali di questo tipo che, invece, si traducono in
veri e propri conflitti armati il cui prezzo viene pagato soltanto dai soliti, tanti civili;
− senza contare che la volontà di intervenire in Mali nasconde, in realtà, interessi economici –
che attengono soprattutto al settore energetico e minerario (ad esempio oro, uranio, petrolio e
gas) – che poco hanno a che fare con un intervento di tipo umanitario volto alla tutela dei diritti
umani;
− devono essere, invece, privilegiate le vie diplomatiche non solo per risolvere i conflitti
internazionali, ma soprattutto per prevenirli, ove possibile, in quanto la guerra non serve a nulla
se non ad alimentare il conflitto e le ostilità;
− in questa direzione andrebbero di conseguenza sempre e comunque ascoltate, nonché
sostenute, le Organizzazioni Non Governative presenti sui territori da anni;
− è dunque di primaria importanza valorizzare una gestione non violenta dei conflitti laddove la
guerra e qualunque tipo di conflitto armato sono, oltre che in palese violazione della
Costituzione, contro la logica, contro le tasche degli italiani nonché contro la volontà del popolo
italiano che si è sempre dimostrato contrario a qualsivoglia missione di guerra;
− in quest’ottica si rende imprescindibile lo studio di una strategia di ritiro dei nostri soldati
impegnati in Mali proponendo un’azione nelle opportune sedi europee e comunque
sovranazionali affinché si possa finalmente parlare di un’Unione europea dei diritti e dei popoli.
− la questione Mali non è stata minimamente portata all’attenzione della opinione pubblica e non
vi è stata la benché minima informazione e trasparenza;
− il Governo non ha mai fornito dati certi in relazione alla missione EUTM Mali sia con riferimento
ai militari che sarebbero impiegati, sia in relazione al vero e proprio appoggio logistico in
quanto in commissione gli ex-ministri Terzi di Sant’Agata e Di Paola hanno affermato come
necessaria la fornitura un supporto logistico consistente in velivoli utili al rifornimento in volo (in
particolare due C-130 ed un 767);
− infine con la risoluzione 2100 del 25 aprile 2013 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha
approvato la creazione di una forza di pace di 12640 uomini, la UN Multidimensional Integrated
Stabilization Mission in Mali, (MINUSMA), da dispiegare in Mali entro il 1° luglio, che riceverà le
consegne dalla Missione di supporto internazionale a guida africana (AFISMA), istituita dalla
Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale;
impegna il Governo:
a fornire tutti i dati e le informazioni relative alla Missione EUTM Mali sia per quanto concerne
l’impegno di soldati sia con riferimento all’apporto logistico;
a fornire altresì tutti i dati e le informazioni, nonché rendere trasparenti i costi, riguardo l’eventuale
partecipazione italiana alla missione di cui alla risoluzione 2100 del 25 aprile 2013 del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA);
a definire un piano di ritiro di tutti i militari italiani eventualmente impegnati nelle predette missioni,
intraprendendo ogni azione utile in sede europea e nelle ulteriori sedi a livello sovranazionale;
a presentare, per il futuro, disegni di legge per ogni e qualsivoglia missione (in particolare la
missione EUTM Mali) che vede impiegati e che vedrà impiegati i nostri militari ed i nostri velivoli, al
fine di consentire al Parlamento dapprima di discutere e poi di deliberare in ordine all’opportunità di
tali missioni ed al relativo finanziamento, nel pieno rispetto del dettato Costituzionale;
ad intraprendere ogni azione utile a promuovere la soluzione di conflitti internazionali privilegiando
le vie diplomatiche ed ascoltando le Associazioni non governative presenti sui territori oggetto di
conflitto.
http://www.beppegrillo.it/
Ciao
Paolo11
Commissione Affari Esteri e Comunitari Movimento Cinque Stelle
La Camera,
premesso che:
− l’Italia con il c.d. “decreto missioni” (D.L. 227/2012 del 28 dicembre 2012) ha provveduto alla
“Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia”;
− il predetto Decreto Legge è stato poi convertito, con modificazioni, nella Legge 1 febbraio 2013
n. 12;
− tra le tante missioni “prorogate” è ricompresa (all’art. 1 comma 17) “la partecipazione di
personale militare … alle iniziative dell’Unione Europea per il Mali”, per la quale – unitamente
alla missione Ue denominata Eucap Sahel Niger – è stata autorizzata una spesa pari ad €
1.900.524,00;
− in merito all’adozione del predetto decreto legge sono molte le criticità e le questioni da
sottoporre, finalmente, all’Assemblea;
− si evidenzia che, a differenza degli altri interventi per i quali si è provveduto al rifinanziamento,
per quanto riguarda il Mali non si è in presenza di una proroga quando, in realtà, si tratta di un
vero e proprio finanziamento ex novo di una missione ancora da intraprendere e, come si dirà,
ancora da deliberare;
− il provvedimento oggetto del presente atto, infatti, non fa minimamente riferimento ad una
specifica missione deliberata in seno all’Unione Europea, alle Nazioni Unite o ad altri organismi
internazionali, né, tantomeno, richiama una determinata decisione del Consiglio Ue (come pure
richiede il Trattato in ambito PESC);
− per tale via lo Stato italiano stanzia un ingente importo per finanziare ogni e qualsivoglia attività
in Mali sotto l’egida dell’Unione Europea;
− l’obiettivo perseguito dal comma 17 dell’art. 1 del D.L. 227, sembra essere, in effetti, proprio
quello di rimettere l’Italia totalmente e passivamente alle decisioni europee, di qualunque tipo
esse siano, in quanto, alla data di adozione del decreto legge, nessuna missione in Mali era
stata ancora decisa ed autorizzata in seno all’Unione Europea;
− solo il 17 gennaio 2013, con decisione del Consiglio dell’Ue – ai sensi dell’art. 42 paragrafo 4 e
dell’art. 43 paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea – è stata deliberata la missione militare
di formazione delle forze armate maliane denominata EUTM Mali (con sede a Bamako ed a
comando Francese nella persona del generale di Brigata François Leicointre); di conseguenza
solo a partire dalla stessa data l’Unione europea ha stabilito modalità e costi comuni
ammontanti ad € 12,3 milioni (nonché gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC istitutiva
del meccanismo c.d. ATHENA);
− la missione EUTM Mali è stata poi definitivamente avviata con decisione del Consiglio del 18
febbraio 2013;
− il Governo Italiano, dunque, ha utilizzato la decretazione ex art. 77 Cost. – almeno per quanto
riguarda il Mali – in assenza del requisito di necessità e di urgenza poiché, come visto, non vi
era alcuna missione da finanziare né, tantomeno, da prorogare;
− circostanza ancor più grave è che, in questo contesto, il Parlamento è stato chiamato solo ad
una successiva e, pertanto, intempestiva convalida dell’operato del Governo, “a giochi fatti” e
senza che vi sia stato alcun dibattito in aula (ad eccezione di uno sbrigativo e rapido voto, in
sede di conversione del decreto legge, dove i due rami del Parlamento hanno provveduto ad
un automatico rifinanziamento di tante missioni senza la materiale possibilità di entrare nel
merito delle singole iniziative e, dunque, senza possibilità di valutarne la reale portata);
− si tratta della conversione di un decreto legge che si inserisce in una meccanismo decisionale
interamente rimesso ad una dimensione sovranazionale in quanto è una decisione del
Consiglio dell’Unione europea a stabilire termini e modalità delle missioni “di pace” e con una
ulteriore e considerevole cessione della sovranità italiana;
− tali tipologie di intervento militare sul territorio di uno Stato terzo sovrano, pur deliberate
nell’ambito e sotto la vigenza dei Trattati Ue, non si conciliano con la nostra Carta
Costituzionale almeno per due ragioni: a) violazione dell’art. 78 Cost. in quanto sono le
Camere (per di più con legge formale) a dover deliberare l’ingresso in operazioni militari e non
può essere il Governo ad assumerne l’iniziativa con un atto avente forza di legge; b) violazione
del c.d. principio pacifista di cui all’art. 11 Cost. in quanto l’operazione militare oggetto del
presente atto, non può che porsi in contrasto con principi fondamentali della Costituzione quali
il divieto di una guerra che non sia unicamente difensiva;
− in particolare si ricorda, infatti, che il citato art. 11 Cost. stabilisce, inequivocabilmente, che
“l’Italia ripudia la Guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali”;
− la missione EUTM Mali, pur nel dichiarato intento di riportare pace e stabilità in un paese terzo,
non fa, però, che intervenire in un vero e proprio conflitto, fornendo una cornice legale e
giuridica alla unilaterale azione francese (avviata, dallo scorso 11 gennaio, con l’Operazione
“Serval”);
− in questo conflitto la Francia ha effettuato raid aerei, bombardamenti ed attacchi via terra; di
conseguenza un apporto in termini di uomini ed un appoggio logistico da parte dell’Italia ad
iniziative che non possono che definirsi belliche, finiscono per contravvenire al dettato
Costituzionale;
− in nome della lotta al terrorismo o del ristabilimento di pace e democrazia non possono più
essere accettati interventi o missioni internazionali di questo tipo che, invece, si traducono in
veri e propri conflitti armati il cui prezzo viene pagato soltanto dai soliti, tanti civili;
− senza contare che la volontà di intervenire in Mali nasconde, in realtà, interessi economici –
che attengono soprattutto al settore energetico e minerario (ad esempio oro, uranio, petrolio e
gas) – che poco hanno a che fare con un intervento di tipo umanitario volto alla tutela dei diritti
umani;
− devono essere, invece, privilegiate le vie diplomatiche non solo per risolvere i conflitti
internazionali, ma soprattutto per prevenirli, ove possibile, in quanto la guerra non serve a nulla
se non ad alimentare il conflitto e le ostilità;
− in questa direzione andrebbero di conseguenza sempre e comunque ascoltate, nonché
sostenute, le Organizzazioni Non Governative presenti sui territori da anni;
− è dunque di primaria importanza valorizzare una gestione non violenta dei conflitti laddove la
guerra e qualunque tipo di conflitto armato sono, oltre che in palese violazione della
Costituzione, contro la logica, contro le tasche degli italiani nonché contro la volontà del popolo
italiano che si è sempre dimostrato contrario a qualsivoglia missione di guerra;
− in quest’ottica si rende imprescindibile lo studio di una strategia di ritiro dei nostri soldati
impegnati in Mali proponendo un’azione nelle opportune sedi europee e comunque
sovranazionali affinché si possa finalmente parlare di un’Unione europea dei diritti e dei popoli.
− la questione Mali non è stata minimamente portata all’attenzione della opinione pubblica e non
vi è stata la benché minima informazione e trasparenza;
− il Governo non ha mai fornito dati certi in relazione alla missione EUTM Mali sia con riferimento
ai militari che sarebbero impiegati, sia in relazione al vero e proprio appoggio logistico in
quanto in commissione gli ex-ministri Terzi di Sant’Agata e Di Paola hanno affermato come
necessaria la fornitura un supporto logistico consistente in velivoli utili al rifornimento in volo (in
particolare due C-130 ed un 767);
− infine con la risoluzione 2100 del 25 aprile 2013 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha
approvato la creazione di una forza di pace di 12640 uomini, la UN Multidimensional Integrated
Stabilization Mission in Mali, (MINUSMA), da dispiegare in Mali entro il 1° luglio, che riceverà le
consegne dalla Missione di supporto internazionale a guida africana (AFISMA), istituita dalla
Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale;
impegna il Governo:
a fornire tutti i dati e le informazioni relative alla Missione EUTM Mali sia per quanto concerne
l’impegno di soldati sia con riferimento all’apporto logistico;
a fornire altresì tutti i dati e le informazioni, nonché rendere trasparenti i costi, riguardo l’eventuale
partecipazione italiana alla missione di cui alla risoluzione 2100 del 25 aprile 2013 del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA);
a definire un piano di ritiro di tutti i militari italiani eventualmente impegnati nelle predette missioni,
intraprendendo ogni azione utile in sede europea e nelle ulteriori sedi a livello sovranazionale;
a presentare, per il futuro, disegni di legge per ogni e qualsivoglia missione (in particolare la
missione EUTM Mali) che vede impiegati e che vedrà impiegati i nostri militari ed i nostri velivoli, al
fine di consentire al Parlamento dapprima di discutere e poi di deliberare in ordine all’opportunità di
tali missioni ed al relativo finanziamento, nel pieno rispetto del dettato Costituzionale;
ad intraprendere ogni azione utile a promuovere la soluzione di conflitti internazionali privilegiando
le vie diplomatiche ed ascoltando le Associazioni non governative presenti sui territori oggetto di
conflitto.
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