Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Il Pd e l’illusione del voto che premia le larghe intese
di Daniela Gaudenzi
| 11 giugno 2013Commenti (41)
La vittoria di Ignazio Marino che era probabile dall’inizio ma non scontata, è una buona notizia per Roma, in preda da tempo a una spirale di degrado palpabile persino per i visitatori più occasionali e distratti. E stando alle parole del neo-eletto che ha indicato la capitale come “guida morale per il nostro paese”, anche per i non romani.
La tentazione per il Pd, peraltro già ampiamente assecondata fin dal primo turno, con il presidente del Consiglio che si era avventurato a dichiarare che il voto delle amministrative rappresentava addirittura una conferma e un successo delle larghe intese è ovviamente e inopinatamente quella di trarne ulteriore motivo di soddisfazione per le scelte a livello nazionale.
Ha fatto bene Ignazio Marino a dichiarare di impegnarsi per le romane e i romani che non si sono recati a votare “perché disillusi” anche se il termine più adeguato sarebbe stato tout court “disgustati” in quanto ormai consapevoli a destra come a sinistra di non contare praticamente niente. Come è stato giustamente osservato il dato della vittoria del Pd va valutato nel quadro d’ insieme di “chi ha perso di meno” in un voto che ha registrato un’affluenza del 48,51% a livello generale e del 44,93% a Roma con un meno 11% di votanti rispetto al dato già bassissimo del primo turno.
A piazza di Pietra nella festa della vittoria di Marino, che ha ottenuto circa 664mila voti, più del doppio di quelli di Alemanno, non a caso sventolavano le bandiere del suo comitato elettorale mentre era difficile individuare quelle del Pd, per il semplice motivo che come quella della Serracchiani in Friuli e anche di più, questa è una vittoria personale del candidato, a prescindere o “nonostante” il partito.
Epifani in conferenza stampa ha sottolineato il dato omogeneo del voto che “ha premiato il Pd ovunque, una rivincita rispetto le politiche, anche se deve essere tenuto distinto il dato amministrativo da quello nazionale” e ha cercato di evitare il più possibile di nominare le larghe intese, pur condividendo la valutazione di Letta, secondo il quale il governo ne esce rafforzato.
E’ innegabile che questo voto amministrativo certifica con un sedici a zero del Pd sul Pdl, nell’ambito di un’ astensione che derubrica qualsiasi vittoria in una “non sconfitta” lo stato di putrescenza del partito di Berlusconi che sul territorio e nel voto amministrativo non può schermare l’impresentabilità della sua classe politica dietro la patacca della restituzione dell’Imu. E la coalizione di centrodestra ne esce distrutta in tutte le sue componenti, dalla destra di Alemanno alla Lega di Maroni che aveva puntato tutto sulla rinascita dal territorio e che evapora in Lombardia come in Veneto.
Due sconfitte sonore, tra le tante, sono particolarmente illuminanti sulla “saturazione” dell’elettorato berlusconiano: quella di Imperia che ha messo una pietra tombale sulla rete di potere del fu inossidabile Scajola e quella di Brescia teatro della tragicomica manifestazione antimagistrati che non ha evidentemente giovato al sindaco uscente Adriano Paroli “sostenuto” personalmente dal Berlusconi post condanna Mediaset.
Ma se il Pd trae il convincimento di aver fatto terra bruciata del M5S, al cui programma i candidati vincenti sono molto vicini come è avvenuto in Friuli con la Serracchiani, o non tiene conto che Marino a Roma ha vinto con e grazie al suo comitato e che a Brescia il vincitore Del Bono non ha voluto in campagna elettorale la sfilata della nomenclatura piddina, potrebbe arrivare alle politiche in condizioni peggiori di quelle della recente “non vittoria”. Naturalmente tutto può succedere e qualsiasi previsione è arbitraria tanto più se questa legislatura non sarà “a termine” come era lecito augurarsi.
Però non è da escludere che il pegno che il Pd dovrà pagare in termini elettorali per le larghe intese, a prescindere dalla grave responsabilità per le forzature agli equilibri costituzionali, sia altrettanto pesante del tributo al tanto vituperato (ex post) governo tecnico.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... se/621939/
di Daniela Gaudenzi
| 11 giugno 2013Commenti (41)
La vittoria di Ignazio Marino che era probabile dall’inizio ma non scontata, è una buona notizia per Roma, in preda da tempo a una spirale di degrado palpabile persino per i visitatori più occasionali e distratti. E stando alle parole del neo-eletto che ha indicato la capitale come “guida morale per il nostro paese”, anche per i non romani.
La tentazione per il Pd, peraltro già ampiamente assecondata fin dal primo turno, con il presidente del Consiglio che si era avventurato a dichiarare che il voto delle amministrative rappresentava addirittura una conferma e un successo delle larghe intese è ovviamente e inopinatamente quella di trarne ulteriore motivo di soddisfazione per le scelte a livello nazionale.
Ha fatto bene Ignazio Marino a dichiarare di impegnarsi per le romane e i romani che non si sono recati a votare “perché disillusi” anche se il termine più adeguato sarebbe stato tout court “disgustati” in quanto ormai consapevoli a destra come a sinistra di non contare praticamente niente. Come è stato giustamente osservato il dato della vittoria del Pd va valutato nel quadro d’ insieme di “chi ha perso di meno” in un voto che ha registrato un’affluenza del 48,51% a livello generale e del 44,93% a Roma con un meno 11% di votanti rispetto al dato già bassissimo del primo turno.
A piazza di Pietra nella festa della vittoria di Marino, che ha ottenuto circa 664mila voti, più del doppio di quelli di Alemanno, non a caso sventolavano le bandiere del suo comitato elettorale mentre era difficile individuare quelle del Pd, per il semplice motivo che come quella della Serracchiani in Friuli e anche di più, questa è una vittoria personale del candidato, a prescindere o “nonostante” il partito.
Epifani in conferenza stampa ha sottolineato il dato omogeneo del voto che “ha premiato il Pd ovunque, una rivincita rispetto le politiche, anche se deve essere tenuto distinto il dato amministrativo da quello nazionale” e ha cercato di evitare il più possibile di nominare le larghe intese, pur condividendo la valutazione di Letta, secondo il quale il governo ne esce rafforzato.
E’ innegabile che questo voto amministrativo certifica con un sedici a zero del Pd sul Pdl, nell’ambito di un’ astensione che derubrica qualsiasi vittoria in una “non sconfitta” lo stato di putrescenza del partito di Berlusconi che sul territorio e nel voto amministrativo non può schermare l’impresentabilità della sua classe politica dietro la patacca della restituzione dell’Imu. E la coalizione di centrodestra ne esce distrutta in tutte le sue componenti, dalla destra di Alemanno alla Lega di Maroni che aveva puntato tutto sulla rinascita dal territorio e che evapora in Lombardia come in Veneto.
Due sconfitte sonore, tra le tante, sono particolarmente illuminanti sulla “saturazione” dell’elettorato berlusconiano: quella di Imperia che ha messo una pietra tombale sulla rete di potere del fu inossidabile Scajola e quella di Brescia teatro della tragicomica manifestazione antimagistrati che non ha evidentemente giovato al sindaco uscente Adriano Paroli “sostenuto” personalmente dal Berlusconi post condanna Mediaset.
Ma se il Pd trae il convincimento di aver fatto terra bruciata del M5S, al cui programma i candidati vincenti sono molto vicini come è avvenuto in Friuli con la Serracchiani, o non tiene conto che Marino a Roma ha vinto con e grazie al suo comitato e che a Brescia il vincitore Del Bono non ha voluto in campagna elettorale la sfilata della nomenclatura piddina, potrebbe arrivare alle politiche in condizioni peggiori di quelle della recente “non vittoria”. Naturalmente tutto può succedere e qualsiasi previsione è arbitraria tanto più se questa legislatura non sarà “a termine” come era lecito augurarsi.
Però non è da escludere che il pegno che il Pd dovrà pagare in termini elettorali per le larghe intese, a prescindere dalla grave responsabilità per le forzature agli equilibri costituzionali, sia altrettanto pesante del tributo al tanto vituperato (ex post) governo tecnico.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... se/621939/
Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Concordo solo in parte. Le cosiddette larghe intese in quanto tali non sono ciò che l'elettorato mostra di addebitare maggiormente al PD.camillobenso ha scritto:
Però non è da escludere che il pegno che il Pd dovrà pagare in termini elettorali per le larghe intese, a prescindere dalla grave responsabilità per le forzature agli equilibri costituzionali, sia altrettanto pesante del tributo al tanto vituperato (ex post) governo tecnico.
Che si tratti di una necessità dovuta anche alla ottusità di Grillo è opinione passata abbastanza.
Sono le logiche di potere che stanno dietro alla sua gestione che potranno abbattere le illusioni che alcuni stanno traendo da queste elezioni.
Questi risultati hanno messo ancor di più in risalto il fossato ormai incolmabile che c'è tra la base ed i vertici.
Se i "soliti noti" pensano di essersi salvati o rilegittimati si sbagliano di grosso.
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Sono passate 24 ore e letta non ha spiegato perché il voto rafforzerebbe le larghe intese
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
peanuts ha scritto:Sono passate 24 ore e letta non ha spiegato perché il voto rafforzerebbe le larghe intese
Quando ti tengono per le palle in questo modo, anche un allentamento della presa si pensa che possa dare sollievo.
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Sono le logiche di potere che stanno dietro alla sua gestione che potranno abbattere le illusioni che alcuni stanno traendo da queste elezioni.
Penso che in questo momento di caos evidente possa sorgere più di una scuola di pensiero.
1) Non si comprende il disegno finale delle decisioni degli ultimi 19 mesi.
Un ragionamento logico e razionale, indipendentemente dal colore politico e dalla partigianeria associata, era quella di voltare pagina dopo le dimissioni del Caimano a metà novembre 2011.
La situazione veniva data allora come quella di un’Italia sull’orlo del baratro.
I suicidi di piccoli imprenditori e operai facevano già parte della cronaca quotidiana.
La presidente di Confindustria dell’epoca, Emma Marcegaglia, già nel febbraio dello stesso anno aveva rotto il patto di ferro con il governo che l’aveva legata negli anni precedenti, mettendosi a strillare pubblicamente che così non si poteva andare avanti e che bisognava prendere provvedimenti.
Dobbiamo comunque registrare a margine, la presa di posizione delle cosche della criminalità organizzata di stampo politico.
Nell’aprile del 2011, quando già da tre anni le aziende, comprese tutte le partite Iva, chiudevano al ritmo di 1.000 al giorno, la liquidità scarseggiava, il lavoro scarseggiava e le banche avevano fortemente ridotto il credito a imprese e cittadini comuni, i dati economici in picchiata, il tesoriere del Pd Sposetti, presenta, previo accordo con esponenti del Pdl, il disegno di legge 3809, in cui si chiedeva il raddoppio del rimborso spese ai partiti e una particolare attenzione alle fondazioni. E sappiamo il perché, per via del suo legame stretto con l’omino coi baffi.
In pratica, si chiedeva il raddoppio di un’importo che le cosche avevano già aggirato negli anni ’90, che corrispondeva a 4 volte quanto abrogato con referendum popolare nel 1993.
Quindi, Sposetti, voleva portare a 8 volte quanto abrogato perché sembrava allora un’enormità.
D’altra parte non può stupire questa richiesta quando apprendiamo che Bossi percepisce 800 mila euro anno, dall’orgia di denaro che va ai partiti.
Inoltre, occorre prendere anche atto, che un’intero Paese accetta senza battere ciglio le cretinate di un bandito che racconta alla stampa estera per 2 volte nel novembre 2011, che in Italia la crisi non esiste, che ristoranti, alberghi, luoghi di villeggiatura sono pieni, che occorre prenotare gli aerei per poter viaggiare.
Queste scemenze sono state accettate dalle istituzioni, tutte quante fino ai massimi livelli, dal mondo politico, dalla cittadinanza.
Un fatto del genere non sarebbe mai accaduto in un Paese civile al di là del confine di Chiasso.
Qui invece succede senza battere becco.
Continua - 1
Penso che in questo momento di caos evidente possa sorgere più di una scuola di pensiero.
1) Non si comprende il disegno finale delle decisioni degli ultimi 19 mesi.
Un ragionamento logico e razionale, indipendentemente dal colore politico e dalla partigianeria associata, era quella di voltare pagina dopo le dimissioni del Caimano a metà novembre 2011.
La situazione veniva data allora come quella di un’Italia sull’orlo del baratro.
I suicidi di piccoli imprenditori e operai facevano già parte della cronaca quotidiana.
La presidente di Confindustria dell’epoca, Emma Marcegaglia, già nel febbraio dello stesso anno aveva rotto il patto di ferro con il governo che l’aveva legata negli anni precedenti, mettendosi a strillare pubblicamente che così non si poteva andare avanti e che bisognava prendere provvedimenti.
Dobbiamo comunque registrare a margine, la presa di posizione delle cosche della criminalità organizzata di stampo politico.
Nell’aprile del 2011, quando già da tre anni le aziende, comprese tutte le partite Iva, chiudevano al ritmo di 1.000 al giorno, la liquidità scarseggiava, il lavoro scarseggiava e le banche avevano fortemente ridotto il credito a imprese e cittadini comuni, i dati economici in picchiata, il tesoriere del Pd Sposetti, presenta, previo accordo con esponenti del Pdl, il disegno di legge 3809, in cui si chiedeva il raddoppio del rimborso spese ai partiti e una particolare attenzione alle fondazioni. E sappiamo il perché, per via del suo legame stretto con l’omino coi baffi.
In pratica, si chiedeva il raddoppio di un’importo che le cosche avevano già aggirato negli anni ’90, che corrispondeva a 4 volte quanto abrogato con referendum popolare nel 1993.
Quindi, Sposetti, voleva portare a 8 volte quanto abrogato perché sembrava allora un’enormità.
D’altra parte non può stupire questa richiesta quando apprendiamo che Bossi percepisce 800 mila euro anno, dall’orgia di denaro che va ai partiti.
Inoltre, occorre prendere anche atto, che un’intero Paese accetta senza battere ciglio le cretinate di un bandito che racconta alla stampa estera per 2 volte nel novembre 2011, che in Italia la crisi non esiste, che ristoranti, alberghi, luoghi di villeggiatura sono pieni, che occorre prenotare gli aerei per poter viaggiare.
Queste scemenze sono state accettate dalle istituzioni, tutte quante fino ai massimi livelli, dal mondo politico, dalla cittadinanza.
Un fatto del genere non sarebbe mai accaduto in un Paese civile al di là del confine di Chiasso.
Qui invece succede senza battere becco.
Continua - 1
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
mariok ha scritto:Concordo solo in parte. Le cosiddette larghe intese in quanto tali non sono ciò che l'elettorato mostra di addebitare maggiormente al PD.camillobenso ha scritto:
Però non è da escludere che il pegno che il Pd dovrà pagare in termini elettorali per le larghe intese, a prescindere dalla grave responsabilità per le forzature agli equilibri costituzionali, sia altrettanto pesante del tributo al tanto vituperato (ex post) governo tecnico.
Che si tratti di una necessità dovuta anche alla ottusità di Grillo è opinione passata abbastanza.
Sono le logiche di potere che stanno dietro alla sua gestione che potranno abbattere le illusioni che alcuni stanno traendo da queste elezioni.
Questi risultati hanno messo ancor di più in risalto il fossato ormai incolmabile che c'è tra la base ed i vertici.
Se i "soliti noti" pensano di essersi salvati o rilegittimati si sbagliano di grosso.
Non sono daccordo con la tua analisi caro amico Mariok. Troppo semplice e credulona per uno come me che ha bazzicato una vita in mezzo a costoro.Che si tratti di una necessità dovuta anche alla ottusità di Grillo è opinione passata abbastanza.
Il Bersani sapeva che all'interno del M5S c'era un'area disposta a collaborare. E i numeri certamente si sarebbero trovati.
Bastava dare tempo e forza a questa iniziativa e, probabilmente, ora non saremmo in questo gran casino pieno di ricatti che alla fine gioveranno solo al natetto e co. E' cosi' caro mio. Inutile che alcuni non se ne rendano conto.
Questa defezioni all'interno del M5S c'erano sin dall'inizio. Bastava coltivarle ed alaborare un piano.
Quello che succede oggi e forse succedera' domani , sarebbe successo con molto ingegno politico gia' allora. Non era sprovvedta questa iniziative del "vecchio" Bersani. Di politica ne ha mangiato piu' di questi pivellini inciucioni ex democristiani il cui obiettivo non sara' mai di spostarsi a sinistra. Sarebbero immediatamente scomunicati dalle caste acclesiatiche.
Purtroppo ha visto la linea dell'inciuco e non ci sono scuse per questo imbroglio.
Hanno annusato che in questa mossa di Bersani uno spostamento a sinistra e quindi... meglio buttare la palla in corner prima che facciano rete.
Non raccontiamola anche questa volta. Come dice continuamente l'amico CamilloBenso ci potranno essere certamente si tanti merli ma non tutti lo sono.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Casse vuote, urne vuote
di Antonio Padellaro
| 11 giugno 2013Commenti (420)
Le larghe intese non c’entrano nulla, la catastrofe Pdl è la fotografia di un partito padronale che quando il padrone non scende in campo è costretto a schierare vecchi catorci o giovani nullità e i risultati si vedono. La destra perde a Brescia a furor di popolo, tracolla a Imperia dove l’ex potente Scajola è finito in un buco nero e crolla a Treviso dove quel Gentilini che voleva sparare agli immigrati è finito impallinato lui.
Poi c’è Alemanno, il peggior sindaco che si ricordi, con la Capitale ridotta a una discarica attraversata da bande di raccomandati e grassatori. Le larghe intese non c’entrano nulla, il 16 a 0 del centrosinistra è frutto di candidature mediamente decenti che al confronto con gli impresentabili dell’altra sponda fanno per forza un figurone. Poi c’è Ignazio Marino, marziano a Roma, come Pisapia a Milano o De Magistris a Napoli o Zedda a Cagliari solo che questa volta il Pd ci ha messo il timbro. Chirurgo di fama, dovrà amministrare una città con immensi problemi dove per la prima volta nella storia repubblicana ha votato meno della metà degli elettori.
Ma questo è anche il ritratto di un Paese, massacrato dalla crisi e imbrogliato dalle false promesse, che fugge velocemente dalla politica. C’è un nesso strettissimo tra le casse vuote e le urne vuote. L’Italia amava votare ed era in materia la prima della classe in Europa. Adesso non è più così, ma i politologi del reparto frenatori dicono: niente paura e parlano di fenomeno fisiologico, come se fosse una botta di cattivo umore collettivo e non il segno di un disgusto sempre più profondo. E perché mai non dovrebbe essere così? Mentre il progressivo calo del Pil è il segnale di un declino industriale forse irreversibile, il governo galleggia nell’incertezza, convalidata dai segnali del Quirinale che un giorno sì e l’altro pure fissano un termine all’esperienza del giovane Letta. Una politica degli annunci che si sposa a quella del rinvio, mentre lo Stato ha già speso i soldi destinati a tutto il 2013. In queste condizioni, votare non è dunque un atto eroico?
Il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2013
di Antonio Padellaro
| 11 giugno 2013Commenti (420)
Le larghe intese non c’entrano nulla, la catastrofe Pdl è la fotografia di un partito padronale che quando il padrone non scende in campo è costretto a schierare vecchi catorci o giovani nullità e i risultati si vedono. La destra perde a Brescia a furor di popolo, tracolla a Imperia dove l’ex potente Scajola è finito in un buco nero e crolla a Treviso dove quel Gentilini che voleva sparare agli immigrati è finito impallinato lui.
Poi c’è Alemanno, il peggior sindaco che si ricordi, con la Capitale ridotta a una discarica attraversata da bande di raccomandati e grassatori. Le larghe intese non c’entrano nulla, il 16 a 0 del centrosinistra è frutto di candidature mediamente decenti che al confronto con gli impresentabili dell’altra sponda fanno per forza un figurone. Poi c’è Ignazio Marino, marziano a Roma, come Pisapia a Milano o De Magistris a Napoli o Zedda a Cagliari solo che questa volta il Pd ci ha messo il timbro. Chirurgo di fama, dovrà amministrare una città con immensi problemi dove per la prima volta nella storia repubblicana ha votato meno della metà degli elettori.
Ma questo è anche il ritratto di un Paese, massacrato dalla crisi e imbrogliato dalle false promesse, che fugge velocemente dalla politica. C’è un nesso strettissimo tra le casse vuote e le urne vuote. L’Italia amava votare ed era in materia la prima della classe in Europa. Adesso non è più così, ma i politologi del reparto frenatori dicono: niente paura e parlano di fenomeno fisiologico, come se fosse una botta di cattivo umore collettivo e non il segno di un disgusto sempre più profondo. E perché mai non dovrebbe essere così? Mentre il progressivo calo del Pil è il segnale di un declino industriale forse irreversibile, il governo galleggia nell’incertezza, convalidata dai segnali del Quirinale che un giorno sì e l’altro pure fissano un termine all’esperienza del giovane Letta. Una politica degli annunci che si sposa a quella del rinvio, mentre lo Stato ha già speso i soldi destinati a tutto il 2013. In queste condizioni, votare non è dunque un atto eroico?
Il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2013
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
VIDEO - LA SORA CESIRA: "DON'T CRY FOR ME ARDEATINA"
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... -57457.htm
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... -57457.htm
Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Questo è quello che, a mio giudizio, pensa la gente. Non tu o io, che siamo, con motivazioni diverse, minoranza.Che si tratti di una necessità dovuta anche alla ottusità di Grillo è opinione passata abbastanza.
L'affermazione è basata sul fatto che il PD non ha avuto il crollo che in molti prevedevamo. mentre il M5S è calato sensibilmente.
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 199#p24199
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Re: Alcune riflessioni sul dopo voto del 9-10/06/2013
Ma te ci credi ancora ai sondaggi dopo tutto quello che e' successo? Penso che il mio termometro politico che uso continuamente nella mia piazza sia il piu' sicuro. Almeno nella mia piazza .mariok ha scritto:Questo è quello che, a mio giudizio, pensa la gente. Non tu o io, che siamo, con motivazioni diverse, minoranza.Che si tratti di una necessità dovuta anche alla ottusità di Grillo è opinione passata abbastanza.
L'affermazione è basata sul fatto che il PD non ha avuto il crollo che in molti prevedevamo. mentre il M5S è calato sensibilmente.
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 199#p24199
Che ne dici?
Non sara' da meravigliarsi se fra qualche anno scoppiara anche un "caso" anche per i sondaggi.
Questi, se paghi, si possono fare anche su misura e in tempi di restrittezza e' la migliore propaganda politica. Ne fanno uno per te e uno per dare in pasto ai soliti merli.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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