Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato stamani al settore "lettere" del quotidiano "La Repubblica"
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Carissimo Professor Diamanti,
come sempre, in “La Repubblica provvisoria”, Lei ha presentato con grande lucidità lo stato dell’arte dei partiti italiani.
Altrettanto ha fatto Gustavo Zagrebelsky dal palco del Teatro Smeraldo di Milano un mese fa presentando il suo manifesto “Dipende da noi”, riportando nei fatti quanto già anticipato nel suo memorabile intervento su “La Repubblica”.
A Milano il costituzionalista emerito ha pronunciato la fatidica frase: “I partiti sono falliti”. Più che vero perché se così non fosse, la Seconda Repubblica non sarebbe mai stata caratterizzata e dominata dall’ingombrante Cavaliere Nero di Hardcore se solo ci fosse stata un’opposizione adeguata.
Se tutto ciò è potuto accadere è perché gli avversari politici del noto Cavaliere glielo hanno ampiamente concesso.
Lei, Professor Diamanti, conclude oggi il suo articolo invocando un nuovo Parlamento e una nuova Assemblea costituente. Più che giusto sotto il profilo tecnico-teorico, ma mi consenta (questa frase deve già pronunciata qualcuno d’ingombrante), Le sembra mai possibile che i padri distruttori della Seconda Repubblica e del Paese, possano essere gli stessi attori di una nuova Assemblea costituente?
Lei, Professor Diamanti, si farebbe rioperare dal medesimo chirurgo piuttosto distratto che in sala operatoria Le ha amputato la gamba sana al posto di quella in cancrena?
Abbiamo già ampiamente e rovinosamente sperimentato tutti quanti gli effetti nefasti del traghettamento dei padri distruttori della Prima Repubblica nella Seconda.
Hanno regolarmente fatto affondare ogni tentativo di resurrezione dopo il culmine di Tangentopoli.
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”
Le condizioni storiche del ’46-’48 che hanno portato alla realizzazione dell’Assemblea costituente non sono le stesse di oggi, perché a farne parte allora ci stavano uomini di primordine e non fu previsto il coinvolgimento di personaggi compromessi con il passato regime. Si partiva completamente ex novo.
Qui invece, i vecchi dinosauri predatori della Prima Repubblica non paghi della distruzione della Seconda, da tempo stanno manovrando per riciclarsi tutti quanti nella Terza.
Casini, sotto mentite spoglie vuole rifare la Dc, e, da buon democristiano, cerca di non farlo sapere esplicitamente girandoci continuamente intorno raccontando fino all’esasperazione la balla che il bipolarismo non funziona.
Moriremo tutti democristiani? “Avanti e indrè che bel divertimento”. Forse caro Professore,questa remota ed obsoleta canzone della vecchia zia Evelina non se la ricorda per strette ragioni anagrafiche.
Come se esce da questo dramma tutto italiano che annovera in contemporanea la crisi economico-finanziaria che investe l’intero pianeta e la crisi tipicamente tricolore del fallimento dei partiti e non solo, che non mostrano nessunissima intenzione di autoriformarsi?
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Carissimo Professor Diamanti,
come sempre, in “La Repubblica provvisoria”, Lei ha presentato con grande lucidità lo stato dell’arte dei partiti italiani.
Altrettanto ha fatto Gustavo Zagrebelsky dal palco del Teatro Smeraldo di Milano un mese fa presentando il suo manifesto “Dipende da noi”, riportando nei fatti quanto già anticipato nel suo memorabile intervento su “La Repubblica”.
A Milano il costituzionalista emerito ha pronunciato la fatidica frase: “I partiti sono falliti”. Più che vero perché se così non fosse, la Seconda Repubblica non sarebbe mai stata caratterizzata e dominata dall’ingombrante Cavaliere Nero di Hardcore se solo ci fosse stata un’opposizione adeguata.
Se tutto ciò è potuto accadere è perché gli avversari politici del noto Cavaliere glielo hanno ampiamente concesso.
Lei, Professor Diamanti, conclude oggi il suo articolo invocando un nuovo Parlamento e una nuova Assemblea costituente. Più che giusto sotto il profilo tecnico-teorico, ma mi consenta (questa frase deve già pronunciata qualcuno d’ingombrante), Le sembra mai possibile che i padri distruttori della Seconda Repubblica e del Paese, possano essere gli stessi attori di una nuova Assemblea costituente?
Lei, Professor Diamanti, si farebbe rioperare dal medesimo chirurgo piuttosto distratto che in sala operatoria Le ha amputato la gamba sana al posto di quella in cancrena?
Abbiamo già ampiamente e rovinosamente sperimentato tutti quanti gli effetti nefasti del traghettamento dei padri distruttori della Prima Repubblica nella Seconda.
Hanno regolarmente fatto affondare ogni tentativo di resurrezione dopo il culmine di Tangentopoli.
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”
Le condizioni storiche del ’46-’48 che hanno portato alla realizzazione dell’Assemblea costituente non sono le stesse di oggi, perché a farne parte allora ci stavano uomini di primordine e non fu previsto il coinvolgimento di personaggi compromessi con il passato regime. Si partiva completamente ex novo.
Qui invece, i vecchi dinosauri predatori della Prima Repubblica non paghi della distruzione della Seconda, da tempo stanno manovrando per riciclarsi tutti quanti nella Terza.
Casini, sotto mentite spoglie vuole rifare la Dc, e, da buon democristiano, cerca di non farlo sapere esplicitamente girandoci continuamente intorno raccontando fino all’esasperazione la balla che il bipolarismo non funziona.
Moriremo tutti democristiani? “Avanti e indrè che bel divertimento”. Forse caro Professore,questa remota ed obsoleta canzone della vecchia zia Evelina non se la ricorda per strette ragioni anagrafiche.
Come se esce da questo dramma tutto italiano che annovera in contemporanea la crisi economico-finanziaria che investe l’intero pianeta e la crisi tipicamente tricolore del fallimento dei partiti e non solo, che non mostrano nessunissima intenzione di autoriformarsi?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Bisognarebbe far capire a Bersani e compagnia che è il caso di andare a votare e di fare quello che non è stato mai fatto: far pagare i ricchi.
Monti e compagnia quando mai lo faranno?
Si, ok, le ispezioni, gli accertamenti fiscali, ma non basta.
Se chi ci ha sguazzato non caccia i soldi, che risolviamo?
Poi, vanno fabbricate cose che servano, riconvertire la produzione per avviare uno sviluppo "nuovo" basato sul consumo "ecologico", per esempio.
Costruiamo filobus, tram, non quintalate di macchine che la gente non compra più. E' un esempio
Monti e compagnia quando mai lo faranno?
Si, ok, le ispezioni, gli accertamenti fiscali, ma non basta.
Se chi ci ha sguazzato non caccia i soldi, che risolviamo?
Poi, vanno fabbricate cose che servano, riconvertire la produzione per avviare uno sviluppo "nuovo" basato sul consumo "ecologico", per esempio.
Costruiamo filobus, tram, non quintalate di macchine che la gente non compra più. E' un esempio
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Come se ne viene fuori ?
Siamo nell’ottobre del 2008, la crisi è già esplosa, e a Washington si svolge l’audizione di Alan Greenspan, l’uomo che ha guidato la Fed per 18 anni.Amadeus ha scritto:@pancho
siamo già in guerra ( economica) da un bel pò di tempo , solo che il paese è stato cloroformizzato per 17 anni e abbiamo perso il treno che ci consentiva di rimanere nell'europa di francia e germania.
il bandolo della matassa pensato come evoluzione e superamento della globalizzazione è un esercizio nobile che va sicuramente nella "giusta" direzione, ma non si può aggirare qualcosa in cui sei immerso fino al collo , i paesi emergenti cina india brasile adesso battono cassa e noi arranchiamo con la lingua penzoloni, perchè è ANCORA quello il modello di riferimento.
Mezza europa è nelle nostre stesse condizioni , sta per diventare un paese povero o lo è già.
la politica non è più nè di destra nè di sinistra da troppo tempo e per questo minoranze di "minorati" hanno trovato ampie praterie in cui scorribandare, ammesso e non concesso che i maggiori partiti sappiano auto-rigenerarsi non è detto che su questo treno ci possiamo ancora salire, il gap è troppo.
e comunque sia il PD non ci vuole tornare ad essere di sinistra "sinistra" , è meglio che ce lo stampiamo bene in fronte e che sia ben chiaro così non ci sentiamo presi per i fondelli.
( sempre in my modest opinion)
Il presidente della Commissione è un democratico e il confronto si chiude in questo modo.
“Lei ritiene – chiede il presidente – che la sua ideologia possa averla indotta a decisioni che oggi rimpiange?
La risposta di Greenspan è secca:
“Guardi, per esistere, si ha bisogno di un'ideologia. Il punto è se sia valida oppure no. Nella mia ho trovato un errore del modello che vedevo come la struttura fondamentale per il funzionamento del mondo”.
“In altre parole – replica l’altro – lei ha scoperto che la sua visione del mondo, la sua ideologia, non era giusta, non funzionava?”
“Esatto, è questo è il motivo per cui sono rimasto scosso. Perché sono andato avanti per quarant'anni con conferme evidenti del suo funzionamento perfetto”.Certamente oggi saremo noi quelli poveri che un yempi erano quelli che ora sono o stanno diventando ricchi. Il sistema gira cosi' poiche se non fosse non ci sarebbe questo sistema. Se lo dice Alan Greenspan che certo non e' un comunista vorra' ben dire qualcosa.
Aggirare un sistema in cui, come dici te, in questo momento in cui sei immerso fino al collo non lo si puo' fare? Chi l'ha detto? Quando sarebbe questo momento propizio se non ora in cui c'e' la consapevolezza che questo non puo' piu' girare?
Scrive Gianni Cuperlo a proposito:
Ma se davvero ha ragione Greenspan, cioè se il collasso di questi anni ha travolto l’impianto di un liberismo svuotato dei suoi stessi anticorpi, perché siamo ancora alle prese col tentativo di uscire da questa recessione con le ricette che ci hanno precipitato dove siamo oggi?
Cioè cosa rende così complessa la costruzione di un “pensiero” in grado di sostenere un altro patto, più virtuoso, tra Stato Mercato e Società?
E dunque tra l’Economia – di cui storicamente la finanza è figlia, non matrigna – e la Democrazia?
Ecco , come dice Cuperlo, che ci impedisce di pensare qualcosa di diverso e qualora qualcuno lo osi subito viene annullato? Siamo cosi' servili ad un sistema iperliberista da autocastrarci e in qualche modo difenderlo anche?Cioè cosa rende così complessa la costruzione di un “pensiero” in grado di sostenere un altro patto, più virtuoso, tra Stato Mercato e Società?
Tutto qui
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Come se ne viene fuori ?
già stampato nel momento in cui ho preso la tessera...Amadeus ha scritto:
...omissis...e comunque sia il PD non ci vuole tornare ad essere di sinistra "sinistra" ,
è meglio che ce lo stampiamo bene in fronte e che sia ben chiaro così non ci sentiamo presi per i fondelli.
( sempre in my modest opinion) ...omissis...
ma aldilà della mia personale posizione,
mi pare che anche la base elettorale ne sia consapevole e consenziente.
ma in questo momento non è in discussione un ritorno a sinistra:
in discussione c'è proprio il contrario !!!!
cioè il fatto che il partito si sta appiattendo su posizioni che non sono neanche di centro,
ma proprio di destra e il voto sulla macelleria sociale Fornero sta lì a dimostrarlo.
aggiungo che una parte dei vertici del partito,spingono,
anche in modo goffo,scomposto e pure poco educato nei confronti di Bersani,
per un'alleanza a destra...magari anche con il PDL...
io spero che Bersani sappia quel che fa,
e comunque al prossimo giro,
se sarà "grosse coalition"...la fanno senza il mio voto.
imho...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il paese si sta impoverendo per via della chiusura delle fabbriche e per via della delocalizzazione.
L'ultima azienda a delocalizzare è stato il marchio Stock84, presente in Italia fin dal 1884.
Era già in mano americane ... infatti si è visto come la pensano (Marchionne docet).
In controtendenza l'IKEA (Svedese) ha spostato acquisti di prodotti di mobilificio dall'Asia all'Italia per una valore di 1 miliardo di euro e 1200 addetti coinvolti, con 26 aziende italiane ormai nel suo portafoglio.
E' una goccia ... ma fa bene al cuore!
Sul come uscirne, non con Monti .... visto che ancora aspettiamo la "spending review" parola straniera inutile per dire "quanto e come spende lo Stato", la vendita delle frequenze TV, la riforma fiscale ed altro.
Anch'io ho molta diffidenza in questi partiti, sia quelli che stanno dentro il parlamento che quelli che stanno fuori, ci vedo molti mestieranti, e poca propensione al bene comune.
Siccome il potere si esercita nelle forme democratiche indicate della costituzione, non ci rimane altro che plaudire ad "un nuovo soggetto politico" sia al singolare che al plurale.
Zagrebelski, Ginsborg, Revelli, ed altri si muovano subito, e se hanno bisogno di soldi per cominciare, Santoro ormai ci ha insegnato a fare una raccolta di fondi veloce.
I movimenti Indignados, I viola, Se non ora quando e Occupy Wall street, sono pieni di giovani volontari preparati che vogliono essere coinvolti nel cambiamento... basta cominciare!
un saluto
L'ultima azienda a delocalizzare è stato il marchio Stock84, presente in Italia fin dal 1884.
Era già in mano americane ... infatti si è visto come la pensano (Marchionne docet).
In controtendenza l'IKEA (Svedese) ha spostato acquisti di prodotti di mobilificio dall'Asia all'Italia per una valore di 1 miliardo di euro e 1200 addetti coinvolti, con 26 aziende italiane ormai nel suo portafoglio.
E' una goccia ... ma fa bene al cuore!
Sul come uscirne, non con Monti .... visto che ancora aspettiamo la "spending review" parola straniera inutile per dire "quanto e come spende lo Stato", la vendita delle frequenze TV, la riforma fiscale ed altro.
Anch'io ho molta diffidenza in questi partiti, sia quelli che stanno dentro il parlamento che quelli che stanno fuori, ci vedo molti mestieranti, e poca propensione al bene comune.
Siccome il potere si esercita nelle forme democratiche indicate della costituzione, non ci rimane altro che plaudire ad "un nuovo soggetto politico" sia al singolare che al plurale.
Zagrebelski, Ginsborg, Revelli, ed altri si muovano subito, e se hanno bisogno di soldi per cominciare, Santoro ormai ci ha insegnato a fare una raccolta di fondi veloce.
I movimenti Indignados, I viola, Se non ora quando e Occupy Wall street, sono pieni di giovani volontari preparati che vogliono essere coinvolti nel cambiamento... basta cominciare!
un saluto
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Come se ne viene fuori ?
Due + due fa sempre quattro?
Il primo a buttarla lì di striscio è stato Giulio Tremonti ospite di Servizio Pubblico. L’ex ministro del MEF dichiarò che temeva l’affermazione in Italia del “fascismo finanziario”.
Non aggiunse altro, non specificò di cosa in realtà si trattasse. Neppure Michele Santoro sentì la necessità di approfondire la materia incalzando l’avvocato di Sondrio.
Quella frase però generava sospetto conoscendo bene questa italietta dai mille misteri.
Tremonti sa rendersi alquanto antipatico e spesso sgradevole, …..ma non è uno stupido fino al punto di esporsi a tanto inutilmente.
L’unica ipotesi attendibile è che Tremonti dal suo osservatorio privilegiato di ministro dell’Economia abbia potuto accertare cosa succede dietro le quinte osservando le manovre dei poteri forti.
Questo accadeva qualche mese fa.
Poi a sorpresa la settimana scorsa è il Capo dello Stato che interviene lanciando un monito che Angelo Panebianco ha usato ieri per iniziare il suo editoriale sul Corriere della Sera.
“Intervenendo sulla vicenda dei finanziamenti ai partiti il presidente della Repubblica ha ammonito che ciò che rischiamo è «la fine della democrazia e della libertà»
Un monito apprezzabile anche se pronunciato con grande ritardo.
Lo stesso Panebianco si sofferma poi su di un ipotesi che francamente non riesco a capire dove intenda andare a parare.
“Quando i sentimenti antipolitici diventano dominanti, e certamente lo sono oggi in Italia, aspiranti demagoghi di ogni genere si fanno avanti per intercettarli e assicurarsi un lauto bottino. Chi pensa che alle prossime elezioni politiche il gioco, e il pallino, resteranno interamente nelle mani delle vecchie oligarchie forse si illude. È possibile che la combinazione dei tre elementi suddetti (crisi economica, discredito della politica, inadeguatezza delle risposte al discredito) favorisca il successo di movimenti di protesta a vocazione autoritaria, già esistenti o in via di costituzione, non importa di quale colore politico. Con effetti di condizionamento sull'intera politica italiana.”
Cosa vede Panebianco che io non vedo? Quali sono i movimenti di protesta a vocazione autoritaria, già esistenti o in via di costituzione?
E oggi su Repubblica dulcis in fundo.
Sostiene Formigoni in un’intervista rilasciata ad Andrea Montanari:
<< Ci sono gruppi di potere che pensano di garantire i loro interessi con un uomo forte e capace>>
A cosa si riferisce Formigoni?
In realtà poco è cambiato rispetto a sei mesi fa. Monti sta solo mettendo delle toppe e non sempre quelle giuste.
E’ pur vero che è mutata la nostra credibilità a livello internazionale, ma ci voleva poco perché cambiasse visto che con il signor B. avevamo toccato il fondo del pozzo.
Siamo alla paralisi totale e non ci sono segnali di mutamenti.
Corre l’obbligo quindi di chiedersi: Ma chi comanda realmente in Italia?
I partiti certamente no, perché sono debolissimi da anni, e quindi, sono in balia dei poteri forti, soprattutto del mondo della finanza.
Se mettiamo insieme il tutto significa che ci risiamo un'altra volta con l’uomo forte al servizio della finanza e del mondo economico?
Ha ragione quindi Sassoinbocca quando sostiene che dietro le quinte vede il “fascismo finanziario”?
Il primo a buttarla lì di striscio è stato Giulio Tremonti ospite di Servizio Pubblico. L’ex ministro del MEF dichiarò che temeva l’affermazione in Italia del “fascismo finanziario”.
Non aggiunse altro, non specificò di cosa in realtà si trattasse. Neppure Michele Santoro sentì la necessità di approfondire la materia incalzando l’avvocato di Sondrio.
Quella frase però generava sospetto conoscendo bene questa italietta dai mille misteri.
Tremonti sa rendersi alquanto antipatico e spesso sgradevole, …..ma non è uno stupido fino al punto di esporsi a tanto inutilmente.
L’unica ipotesi attendibile è che Tremonti dal suo osservatorio privilegiato di ministro dell’Economia abbia potuto accertare cosa succede dietro le quinte osservando le manovre dei poteri forti.
Questo accadeva qualche mese fa.
Poi a sorpresa la settimana scorsa è il Capo dello Stato che interviene lanciando un monito che Angelo Panebianco ha usato ieri per iniziare il suo editoriale sul Corriere della Sera.
“Intervenendo sulla vicenda dei finanziamenti ai partiti il presidente della Repubblica ha ammonito che ciò che rischiamo è «la fine della democrazia e della libertà»
Un monito apprezzabile anche se pronunciato con grande ritardo.
Lo stesso Panebianco si sofferma poi su di un ipotesi che francamente non riesco a capire dove intenda andare a parare.
“Quando i sentimenti antipolitici diventano dominanti, e certamente lo sono oggi in Italia, aspiranti demagoghi di ogni genere si fanno avanti per intercettarli e assicurarsi un lauto bottino. Chi pensa che alle prossime elezioni politiche il gioco, e il pallino, resteranno interamente nelle mani delle vecchie oligarchie forse si illude. È possibile che la combinazione dei tre elementi suddetti (crisi economica, discredito della politica, inadeguatezza delle risposte al discredito) favorisca il successo di movimenti di protesta a vocazione autoritaria, già esistenti o in via di costituzione, non importa di quale colore politico. Con effetti di condizionamento sull'intera politica italiana.”
Cosa vede Panebianco che io non vedo? Quali sono i movimenti di protesta a vocazione autoritaria, già esistenti o in via di costituzione?
E oggi su Repubblica dulcis in fundo.
Sostiene Formigoni in un’intervista rilasciata ad Andrea Montanari:
<< Ci sono gruppi di potere che pensano di garantire i loro interessi con un uomo forte e capace>>
A cosa si riferisce Formigoni?
In realtà poco è cambiato rispetto a sei mesi fa. Monti sta solo mettendo delle toppe e non sempre quelle giuste.
E’ pur vero che è mutata la nostra credibilità a livello internazionale, ma ci voleva poco perché cambiasse visto che con il signor B. avevamo toccato il fondo del pozzo.
Siamo alla paralisi totale e non ci sono segnali di mutamenti.
Corre l’obbligo quindi di chiedersi: Ma chi comanda realmente in Italia?
I partiti certamente no, perché sono debolissimi da anni, e quindi, sono in balia dei poteri forti, soprattutto del mondo della finanza.
Se mettiamo insieme il tutto significa che ci risiamo un'altra volta con l’uomo forte al servizio della finanza e del mondo economico?
Ha ragione quindi Sassoinbocca quando sostiene che dietro le quinte vede il “fascismo finanziario”?
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Re: Come se ne viene fuori ?
LE TRE CAUSE DEL DISCREDITO
Chi alimenta l'antipolitica
Intervenendo sulla vicenda dei finanziamenti ai partiti il presidente della Repubblica ha ammonito che ciò che rischiamo è «la fine della democrazia e della libertà». Ad alcuni, quella di Napolitano, sarà parsa una forzatura retorica. Ma non lo è. Gli scricchiolii sono sempre più numerosi, il rischio c'è. Si consideri la contestuale presenza di tre elementi. In primo luogo, una crisi economica destinata a durare a lungo, per anni probabilmente, con tanti giovani disoccupati e l'impoverimento di molte famiglie. In secondo luogo, una condizione di generale discredito dei partiti e della classe politica professionale. Infine, l'incapacità di quella medesima classe politica di trovare rimedi adeguati per la crisi di legittimità che l'ha investita. È la sinergia fra questi tre fatti che può provocare conseguenze devastanti.
Sbaglia chi crede che la crisi della Lega tolga semplicemente di mezzo uno dei principali strumenti di canalizzazione di umori antipolitici, che quella crisi sia un colpo all'antipolitica. Semmai, contribuisce a esasperarla. L'antipolitica è il convitato di pietra della politica italiana, si nutre del suo discredito, ne succhia il sangue, e può, in qualunque momento, esplodere in forme imprevedibili. Quando i sentimenti antipolitici diventano dominanti, e certamente lo sono oggi in Italia, aspiranti demagoghi di ogni genere si fanno avanti per intercettarli e assicurarsi un lauto bottino. Chi pensa che alle prossime elezioni politiche il gioco, e il pallino, resteranno interamente nelle mani delle vecchie oligarchie forse si illude. È possibile che la combinazione dei tre elementi suddetti (crisi economica, discredito della politica, inadeguatezza delle risposte al discredito) favorisca il successo di movimenti di protesta a vocazione autoritaria, già esistenti o in via di costituzione, non importa di quale colore politico. Con effetti di condizionamento sull'intera politica italiana.
Soffermiamoci sulla inadeguatezza delle risposte della classe politica al discredito. Si prenda il caso dei rimborsi pubblici ai partiti. L'andazzo durava da anni. Quando finalmente è esplosa la vicenda Lusi i politici hanno solo finto di scandalizzarsi. Adesso che è scoppiato il caso della Lega sembrano decisi a muoversi. Per fare cosa? A quanto pare, per «riformare» il sistema dei rimborsi, stabilire controlli, regole, eccetera. Senza tener conto di due fatti che pesano come macigni: il primo è che il finanziamento pubblico che vogliono mantenere, sia pure riformandolo, ha un non emendabile vizio d'origine, è figlio di un grave vulnus alle regole democratiche. È stato messo in piedi aggirando, e annullando di fatto, i risultati di un referendum popolare che imponeva la fine del finanziamento pubblico (i radicali di Pannella, che lo hanno sempre denunciato, hanno ragione). Se il sistema viene solo «riformato», il vulnus e la connessa illegittimità restano intatti. Il secondo macigno è dato dal fatto che, essendo i partiti giunti a questo livello di impopolarità, è l'idea stessa di finanziamento pubblico (camuffato o meno da rimborso) che è diventato inaccettabile per il grosso dei cittadini-contribuenti, i quali, per giunta, sono soggetti a una pressione fiscale altissima.
Occorrerebbe una rivoluzione, il coraggio di rinunciare ai soldi pubblici e di puntare sui finanziamenti privati (con tutti i paletti, i tetti, i limiti e i controlli che si vuole). Sulla base del principio: il cittadino, se vuole, «si paga» il partito che preferisce. Sarebbe un modo per assicurare che vivano (o si ricostituiscano) i partiti veri, capaci di mobilitare cuori e portafogli, e che muoiano invece le camarille oligarchiche in grado di sopravvivere solo come strutture parastatali, grazie ai soldi pubblici. Non si può fare? Sarebbe una cosa troppo «americana»? E allora tenetevi tutto il pacchetto: i soldi pubblici assieme al disgusto dell'opinione pubblica.
Oppure prendiamo il caso delle riforme istituzionali su cui si è realizzato un accordo di massima fra Pdl, Pd e Udc. Luciano Violante, autore di quella bozza, non me ne voglia se dico che quello schema mi sembra, anche al di là delle sue personali intenzioni, un «Manuale di autodifesa per oligarchie partitiche in pericolo». Un manuale, aggiungo, che non può dare ciò che promette. È surreale, nelle attuali condizioni, puntare su una legge elettorale i cui scopi sono quelli di assicurare (come nella legge che si vuole sostituire) il controllo di pochi dirigenti sulle candidature e di ritornare all'epoca in cui i governi si facevano e si disfacevano in Parlamento, senza riguardo per la governabilità. In Italia, dal 1948 al 1992, in 44 anni, si succedettero 45 governi. Non c'è più nessun Muro di Berlino in grado di tenere in piedi un sistema politico così inefficiente.
Se non fosse perché troppo preoccupati della propria sopravvivenza politica a breve termine, i politici italiani comprenderebbero che la sola strada rimasta per rimettere in sicurezza la democrazia consiste in un vero ampliamento dei poteri del governo (Cancellierato) o in un ampliamento dei poteri unito alla elezione diretta (Presidenzialismo). E in una legge elettorale coerente con lo scopo. Per iniettare più capacità decisionale nella democrazia e dare alle cariche di governo quel prestigio e quella forza perduti dai partiti e che questi ultimi potrebbero recuperare solo dopo anni di buon lavoro.
Le democrazie muoiono di solito per eccesso di frammentazione, instabilità, incapacità decisionale, e per il discredito che, in certe fasi, colpisce i loro partiti. Oggi i partiti italiani vengono percepiti da tanti come un problema anziché una soluzione (ciò spiega la popolarità di Monti). Ai loro dirigenti converrebbe uscire dall'angolo mediante qualche risposta adeguata. Altrimenti, la democrazia potrebbe in breve tempo vacillare sotto l'urto di ondate di protesta sempre più impetuose e pericolose.
Angelo Panebianco
10 aprile 2012 | 16:58
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi alimenta l'antipolitica
Intervenendo sulla vicenda dei finanziamenti ai partiti il presidente della Repubblica ha ammonito che ciò che rischiamo è «la fine della democrazia e della libertà». Ad alcuni, quella di Napolitano, sarà parsa una forzatura retorica. Ma non lo è. Gli scricchiolii sono sempre più numerosi, il rischio c'è. Si consideri la contestuale presenza di tre elementi. In primo luogo, una crisi economica destinata a durare a lungo, per anni probabilmente, con tanti giovani disoccupati e l'impoverimento di molte famiglie. In secondo luogo, una condizione di generale discredito dei partiti e della classe politica professionale. Infine, l'incapacità di quella medesima classe politica di trovare rimedi adeguati per la crisi di legittimità che l'ha investita. È la sinergia fra questi tre fatti che può provocare conseguenze devastanti.
Sbaglia chi crede che la crisi della Lega tolga semplicemente di mezzo uno dei principali strumenti di canalizzazione di umori antipolitici, che quella crisi sia un colpo all'antipolitica. Semmai, contribuisce a esasperarla. L'antipolitica è il convitato di pietra della politica italiana, si nutre del suo discredito, ne succhia il sangue, e può, in qualunque momento, esplodere in forme imprevedibili. Quando i sentimenti antipolitici diventano dominanti, e certamente lo sono oggi in Italia, aspiranti demagoghi di ogni genere si fanno avanti per intercettarli e assicurarsi un lauto bottino. Chi pensa che alle prossime elezioni politiche il gioco, e il pallino, resteranno interamente nelle mani delle vecchie oligarchie forse si illude. È possibile che la combinazione dei tre elementi suddetti (crisi economica, discredito della politica, inadeguatezza delle risposte al discredito) favorisca il successo di movimenti di protesta a vocazione autoritaria, già esistenti o in via di costituzione, non importa di quale colore politico. Con effetti di condizionamento sull'intera politica italiana.
Soffermiamoci sulla inadeguatezza delle risposte della classe politica al discredito. Si prenda il caso dei rimborsi pubblici ai partiti. L'andazzo durava da anni. Quando finalmente è esplosa la vicenda Lusi i politici hanno solo finto di scandalizzarsi. Adesso che è scoppiato il caso della Lega sembrano decisi a muoversi. Per fare cosa? A quanto pare, per «riformare» il sistema dei rimborsi, stabilire controlli, regole, eccetera. Senza tener conto di due fatti che pesano come macigni: il primo è che il finanziamento pubblico che vogliono mantenere, sia pure riformandolo, ha un non emendabile vizio d'origine, è figlio di un grave vulnus alle regole democratiche. È stato messo in piedi aggirando, e annullando di fatto, i risultati di un referendum popolare che imponeva la fine del finanziamento pubblico (i radicali di Pannella, che lo hanno sempre denunciato, hanno ragione). Se il sistema viene solo «riformato», il vulnus e la connessa illegittimità restano intatti. Il secondo macigno è dato dal fatto che, essendo i partiti giunti a questo livello di impopolarità, è l'idea stessa di finanziamento pubblico (camuffato o meno da rimborso) che è diventato inaccettabile per il grosso dei cittadini-contribuenti, i quali, per giunta, sono soggetti a una pressione fiscale altissima.
Occorrerebbe una rivoluzione, il coraggio di rinunciare ai soldi pubblici e di puntare sui finanziamenti privati (con tutti i paletti, i tetti, i limiti e i controlli che si vuole). Sulla base del principio: il cittadino, se vuole, «si paga» il partito che preferisce. Sarebbe un modo per assicurare che vivano (o si ricostituiscano) i partiti veri, capaci di mobilitare cuori e portafogli, e che muoiano invece le camarille oligarchiche in grado di sopravvivere solo come strutture parastatali, grazie ai soldi pubblici. Non si può fare? Sarebbe una cosa troppo «americana»? E allora tenetevi tutto il pacchetto: i soldi pubblici assieme al disgusto dell'opinione pubblica.
Oppure prendiamo il caso delle riforme istituzionali su cui si è realizzato un accordo di massima fra Pdl, Pd e Udc. Luciano Violante, autore di quella bozza, non me ne voglia se dico che quello schema mi sembra, anche al di là delle sue personali intenzioni, un «Manuale di autodifesa per oligarchie partitiche in pericolo». Un manuale, aggiungo, che non può dare ciò che promette. È surreale, nelle attuali condizioni, puntare su una legge elettorale i cui scopi sono quelli di assicurare (come nella legge che si vuole sostituire) il controllo di pochi dirigenti sulle candidature e di ritornare all'epoca in cui i governi si facevano e si disfacevano in Parlamento, senza riguardo per la governabilità. In Italia, dal 1948 al 1992, in 44 anni, si succedettero 45 governi. Non c'è più nessun Muro di Berlino in grado di tenere in piedi un sistema politico così inefficiente.
Se non fosse perché troppo preoccupati della propria sopravvivenza politica a breve termine, i politici italiani comprenderebbero che la sola strada rimasta per rimettere in sicurezza la democrazia consiste in un vero ampliamento dei poteri del governo (Cancellierato) o in un ampliamento dei poteri unito alla elezione diretta (Presidenzialismo). E in una legge elettorale coerente con lo scopo. Per iniettare più capacità decisionale nella democrazia e dare alle cariche di governo quel prestigio e quella forza perduti dai partiti e che questi ultimi potrebbero recuperare solo dopo anni di buon lavoro.
Le democrazie muoiono di solito per eccesso di frammentazione, instabilità, incapacità decisionale, e per il discredito che, in certe fasi, colpisce i loro partiti. Oggi i partiti italiani vengono percepiti da tanti come un problema anziché una soluzione (ciò spiega la popolarità di Monti). Ai loro dirigenti converrebbe uscire dall'angolo mediante qualche risposta adeguata. Altrimenti, la democrazia potrebbe in breve tempo vacillare sotto l'urto di ondate di protesta sempre più impetuose e pericolose.
Angelo Panebianco
10 aprile 2012 | 16:58
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Re: Come se ne viene fuori ?
@ camillobenso si domanda:
Purtroppo lo dice chi non dovrebbe dirlo e chi dovrebbe dirlo tace!...purtroppo
Basterebbe chiederci su chi dispone davvero oggi del “potere” reale. Se sapessimo dare una risposta a queto e di conseguenza agire avremmo risolto gran parte dei problemi che oggi assillano non solo l'Italia ma tutto il pianeta.
Oggi per fortuna, scrive ancora Cuparlo, non siamo davanti a una guerra. Ma fa impressione l’impudenza di una cosiddetta “austerità fiscale ed espansiva” come presupposto per ottenere aiuti d’emergenza in un quadro di recessione.
Qui il punto è che noi siamo di fronte a una linea che in nome del rigore finisce col comprimere lo spazio della crescita.
L’austerità – ha scritto Krugman – come la “libbra di carne che i prestatori istituzionali pretendono per non chiudere del tutto il rubinetto della liquidità”.
------omissis...
Tutto questo ci riconduce al tema del “potere”, di dove si colloca, di chi lo esercita.
Che poi è il problema della Democrazia. Di come si formano e si regolano la rappresentanza e i conflitti.
un salutone
ps:
come non essere daccordo con Cuperlo anche se appartiena ad un'area che non e' la mia.
Ripete le stesse cose che in un'altro 3D e in un'altro forum andavo dicendo da tempo. Certo, esposta in maniera migliore.
Ragione? Piu' che ragione!! Ma fino a quando lo dicevamo noi tutto poteva passare inosservato. Gia' noi chi siamo?Ha ragione quindi Sassoinbocca quando sostiene che dietro le quinte vede il “fascismo finanziario”?
Purtroppo lo dice chi non dovrebbe dirlo e chi dovrebbe dirlo tace!...purtroppo
Basterebbe chiederci su chi dispone davvero oggi del “potere” reale. Se sapessimo dare una risposta a queto e di conseguenza agire avremmo risolto gran parte dei problemi che oggi assillano non solo l'Italia ma tutto il pianeta.
Oggi per fortuna, scrive ancora Cuparlo, non siamo davanti a una guerra. Ma fa impressione l’impudenza di una cosiddetta “austerità fiscale ed espansiva” come presupposto per ottenere aiuti d’emergenza in un quadro di recessione.
Qui il punto è che noi siamo di fronte a una linea che in nome del rigore finisce col comprimere lo spazio della crescita.
L’austerità – ha scritto Krugman – come la “libbra di carne che i prestatori istituzionali pretendono per non chiudere del tutto il rubinetto della liquidità”.
------omissis...
Tutto questo ci riconduce al tema del “potere”, di dove si colloca, di chi lo esercita.
Che poi è il problema della Democrazia. Di come si formano e si regolano la rappresentanza e i conflitti.
un salutone
ps:
come non essere daccordo con Cuperlo anche se appartiena ad un'area che non e' la mia.
Ripete le stesse cose che in un'altro 3D e in un'altro forum andavo dicendo da tempo. Certo, esposta in maniera migliore.
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Come se ne viene fuori ?
pancho ha scritto:@ camillobenso si domanda:Ragione? Piu' che ragione!! Ma fino a quando lo dicevamo noi tutto poteva passare inosservato. Gia' noi chi siamo?Ha ragione quindi Sassoinbocca quando sostiene che dietro le quinte vede il “fascismo finanziario”?
Purtroppo lo dice chi non dovrebbe dirlo e chi dovrebbe dirlo tace!...purtroppo
un salutone
E in questi casi che si fà?
Re: Come se ne viene fuori ?
@pancho
sì, certamente è il momento della consapevolezza quello che ti spinge a rompere lo status quo, gli equilibri che sono diventati soffocanti.
ma questa consapevolezza non è mai sufficiente per via della globalizzazione.
rimane settoriata e non è mai globale, c'è sempre di turno un paese ricco che mette il piede sull'acceleratore e uno che è diventato povero ( e saggio) che vuole sfatare il mito ...quanti suicidi ha fatto la crisi del '29 ? quanti discorsi ha fatto kennedy sul PIL? eppure la finanza non l'ha mai fermata nessuno , anzi siamo arrivati a parossismi allucinanti perfino dopo la prima bolla del 2008 quando ci fu tutto un coro di " rivediamo le regole" .... che sappiamo che fine ha fatto. per questo dico che non ci credo in un cambio di sistema , non dico di smettere di sognare ma i sogni hanno bisogno della realtà per realizzarsi...e non vedo l'europa ( unico soggetto che potrebbe alzare una timida vocina ) proporre una alternativa di sistema o farsi promotrice di idee di grosse personalità dell'economia e della cultura che si sono esposte nella critica del sistema.
@camillo
< Ci sono gruppi di potere che pensano di garantire i loro interessi con un uomo forte e capace>>
A cosa si riferisce Formigoni?
il partito dei carini?
il ritorno del duca conte cordero di montezemolo mazzanti vien dal mare?
sì, certamente è il momento della consapevolezza quello che ti spinge a rompere lo status quo, gli equilibri che sono diventati soffocanti.
ma questa consapevolezza non è mai sufficiente per via della globalizzazione.
rimane settoriata e non è mai globale, c'è sempre di turno un paese ricco che mette il piede sull'acceleratore e uno che è diventato povero ( e saggio) che vuole sfatare il mito ...quanti suicidi ha fatto la crisi del '29 ? quanti discorsi ha fatto kennedy sul PIL? eppure la finanza non l'ha mai fermata nessuno , anzi siamo arrivati a parossismi allucinanti perfino dopo la prima bolla del 2008 quando ci fu tutto un coro di " rivediamo le regole" .... che sappiamo che fine ha fatto. per questo dico che non ci credo in un cambio di sistema , non dico di smettere di sognare ma i sogni hanno bisogno della realtà per realizzarsi...e non vedo l'europa ( unico soggetto che potrebbe alzare una timida vocina ) proporre una alternativa di sistema o farsi promotrice di idee di grosse personalità dell'economia e della cultura che si sono esposte nella critica del sistema.
@camillo
< Ci sono gruppi di potere che pensano di garantire i loro interessi con un uomo forte e capace>>
A cosa si riferisce Formigoni?
il partito dei carini?
il ritorno del duca conte cordero di montezemolo mazzanti vien dal mare?
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